Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27163 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
Oggetto
Responsabilità professionale ─ Associazione tra professionisti ─ Obbligo solidale dei singoli associati ─ Decadenza ex art. 1957 cod. civ. ─ Applicabilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3745/2024 R.G. proposto da COGNOME AVV_NOTAIONOME, in proprio ex art. 86 cod. proc. civ. nonché rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, domiciliato digitalmente ex lege ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, domiciliati digitalmente ex lege ;
-controricorrenti – e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE assuntori del rischio di cui al NUMERO_DOCUMENTO;
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, n. 2167/2023, depositata in data 26 ottobre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
AVV_NOTAIO convenne in giudizio, nel 2016, davanti al Tribunale di Lucca il rag. NOME COGNOME e il dott. comm. NOME COGNOME chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da responsabilità professionale;
dedusse che, nell’espletamento dell’ incarico di consulenti fiscali e tributari del suo RAGIONE_SOCIALE legale, i convenuti avevano agito con negligenza, facendogli pagare l’Irap dal 1998 al 2014, nonostante non ne sussistessero i presupposti;
esteso il contraddittorio nei confronti degli « RAGIONE_SOCIALE assuntori del rischio di cui al NUMERO_DOCUMENTO », chiamati dai convenuti per esserne manlevati in caso di soccombenza, l’adito Tribunale, con sentenza n. 355 del 2020, in parziale accoglimento della domanda, condannò il COGNOME ed il COGNOME, in solido, al pagamento dell’importo di Euro 86.126,89, maggiorato di rivalutazione monetaria e interessi legali , in relazione all’ indebito versamento Irap dal 1998 al 2010, escludendo dal computo le annualità dal 2011 al 2014, poiché l’RAGIONE_SOCIALE aveva già restituito le imposte indebitamente versate per quegli anni; in accoglimento, inoltre, della domanda di manleva condannò gli assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE a tenere indenni i due professionisti RAGIONE_SOCIALE somme poste a loro carico, nei limiti del contratto di garanzia;
in accoglimento del gravame interposto dai soccombenti e in riforma di tale decisione, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza n.
2167/2023, resa pubblica il 26 ottobre 2023, ha rigettato la domanda risarcitoria dichiarando decaduto il COGNOME dalla relativa pretesa « ai sensi del combinato disposto dell’art. 38 comma 2 c.c. e dell’art. 1957 comma 1 c.c. »; ha per l’effetto ‘revocato’ entrambe le statuizioni di condanna contenute nella sentenza di primo grado, condannando l’attore/appell ato alle spese del doppio grado di giudizio in favore degli appellanti;
in motivazione i giudici d’appello hanno in premessa rilevato che, benché risultasse fondata la doglianza del COGNOME secondo cui l’incarico in questione non era stato a lui conferito personalmente ma allo RAGIONE_SOCIALE, cui non era diretta la domanda, ne sussisteva comunque la legittimazione passiva, quale obbligato in solido ex art. 38 c.c., in quanto RAGIONE_SOCIALE che aveva svolto un ruolo attivo nell’ambito del rapporto d’opera professionale;
hanno, però, ritenuto fondato il secondo motivo di gravame con il quale gli appellanti avevano iterato l’eccezione di liberazione degli associati dall’obbligazione risarcitoria ai sensi dell’art. 1957 c.c., non avendo l’attore intrapreso tempestivamente azioni giudiziarie contro lo RAGIONE_SOCIALE;
lAVV_NOTAIO impugna tale decisione con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono gli intimati, depositando controricorso;
gli altri intimati ─ « RAGIONE_SOCIALE assuntori del rischio di cui al NUMERO_DOCUMENTO » ─ già contumaci in appello, non svolgono difese nella presente sede;
l a trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis.1 cod. proc. civ.;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero;
sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memorie;
considerato che:
con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art.
360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione dell’art. 38 cod. civ. e falsa applicazione alla fattispecie dell’art. 1957, primo comma, cod. civ. »;
sostiene che erroneamente l a Corte d’ appello ha ritenuto applicabile l’art. 1957 c.c. in combinato disposto con l’art. 38 c.c. , argomentando al riguardo che:
─ l’art. 38 c.c. non prescrive affatto, a tutela RAGIONE_SOCIALE persone fisiche che abbiano agito in nome e per conto dell’ente collettivo, norme limitative della loro responsabilità, ovvero previ oneri di comportamento da adempiere a cura del creditore dell’a ssociazione non riconosciuta, né richiama l’art. 1957 c.c. o alcuna RAGIONE_SOCIALE altre norme dettate per la fideiussione; l ‘astratta fattispecie prevista dall’art. 38 c.c. -in cui spicca l’avverbio « anche » senza ulteriori indicazioni e precisazioni- è specifica ed affatto diversa, per struttura sostanziale, da quella prevista per la fideiussione;
─ la responsabilità di chi agisce per un’associazione non riconosciuta è una responsabilità diretta e solidale, derivante dall’aver agito in nome e per conto dell’associazione , mentre la fattispecie costitutiva del diritto del creditore verso il fideiussore si compone del rapporto obbligatorio principale e di un distinto rapporto di garanzia;
─ l’applicazione dell’art. 1957 c.c. comport a un ingiustificato vantaggio per chi agisce in nome di un’associazione non riconosciuta, limitando la responsabilità solidale prevista dall’art. 38 c.c. e contravvenendo al principio di tutela del creditore;
con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in subordine, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 1957, primo comma, c.c., per avere la Corte ritenuto maturata la decadenza;
sostiene che l ‘art. 1957 c.c. non richiede che l’azione sia proposta necessariamente contro il debitore principale (l’associazione), ma è sufficiente che sia proposta contro uno dei coobbligati solidali (in
questo caso, i professionisti): ratio della norma essendo quella di tutelare il fideiussore, essa è soddisfatta dall’azione tempestiva nei suoi confronti promossa;
la Corte di merito avrebbe inoltre dovuto considerare che, trattandosi di obbligazione solidale, l’azione contro i professionisti interrompe la decadenza anche nei confronti dell’associazione, in base agli artt. 1292 e 1294 c.c.;
il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1 cod. proc. civ.;
la Corte di merito ha, infatti, deciso la questione ad essa sottoposta conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
ed invero, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di associazioni non riconosciute ─ alle quali le più recenti decisioni di questa Corte ormai pacificamente riconducono l’ associazione tra professionisti, sub specie di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (v. ex aliis Cass. Sez. 1, sentenza n. 15694 del 15/07/2011; Sez. 2, ordinanza n. 17718 del 2/07/2019; Sez. 2, ordinanza n. 11940 del 3/05/2024 ) ─ la responsabilità personale e solidale di chi abbia agito in nome e per conto dell’associazione è inquadrabile tra le garanzie ex lege assimilabili alla fideiussione, sicché trova applicazione l’art. 1957 c.c. e il termine di decadenza ivi stabilito, senza che tale assetto, comportando una sorta di avvalimento di una garanzia personale, menomi alcun diritto, determini un trattamento deteriore per eventuali terzi ovvero attesa la durata semestrale (e, dunque, non meramente apparente) del termine decadenziale leda il diritto di azione del creditore (v. ex plurimis Cass. n. 12508 del 17/06/2015, Rv. 635870; Sez. 3, n. 3421 del 13/02/2018; Sez. 1, n. 10490 del 18/04/2024; Sez. 5, n. 11593 del 3/05/2025);
come è stato ripetutamente evidenziato, in termini idonei a
confutare ciascuno degli argomenti spesi in ricorso, tale principio si spiega in ragione del fatto che la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 c.c. di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta:
─ non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurimis : Cass., Sez. L, n. 1657 del 26/02/1985; Sez. L, n. 5089 del 21/05/1998; Sez. L, n. 8919 del l’ 11/05/2004; Sez. 3, n. 718 del 16/01/2006; Sez. 3, n. 26290 del 14/12/2007; Sez. 3, n. 25748 del 24/10/2008; Sez. L, n. 11207 del 14/05/2009; Sez. 3, n. 18188 del 25/08/2014; Sez. 6 L, n. 8752 del 4/04/2017; Sez. 3, n. 12714 del 14/05/2019);
─ non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’RAGIONE_SOCIALE, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione stessa, ed è disposta a tutela dei terzi, che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro (cfr., ex plurimis , Cass., Sez. L, n. 1655 del 26/02/1985; Sez. L, n. 13946 del 27/12/1991; Sez. L, n. 2471 del 4/03/2000; Sez. 3, n. 11759 del 6/08/2002; Sez. 3, n. 22982 del 7/12/2004; Sez. 3, n. 25748 del 24/10/2008; Sez. 3, n. 29733 del 29/12/2011; Sez. 1, n. 12508 del 17/06/2015; Sez. 3, n. 3421 del 13/02/2018; Sez. 1, n. 10490 del 18/04/2024);
è invece fondato il secondo motivo;
va al riguardo rilevato in premessa che la Corte d’appello afferma di prendere in considerazione, « per favor creditoris», quale dies a quo
per la decorrenza del termine semestrale di decadenza, quello della interruzione del rapporto per effetto « della revoca ad opera dell’AVV_NOTAIO del mandato del settembre 2016 » (v. sentenza, pag. 18, primo cpv.);
tale affermazione è, da un lato, nella sua componente fattuale (la datazione della revoca del mandato a settembre 2016), insindacabile in mancanza di impugnazione incidentale condizionata da parte degli intimati ; dall’altro, sotto il profilo giuridico, corretta, essendo quella data ragionevolmente considerata, in mancanza di altri elementi, quale indice inequivoco dell’acquisita consapevolezza in capo al creditore della negligente esecuzione della prestazione professionale e del danno derivatone;
sul punto la decisione di merito si conforma a pacifico insegnamento di questa Corte secondo cui, « agli effetti previsti dall’art. 1957 c. c., per aversi scadenza dell’obbligazione principale, ove questa abbia per oggetto il risarcimento del danno da obbligazione contrattuale, deve ritenersi sufficiente che detta obbligazione sia sorta e quindi sia suscettibile di essere accertata giudizialmente per avere il creditore avuto conoscenza del fatto da cui l’obbligazione deriva » (Cass. 18/07/1984, n. 4189, v. anche Cass. 18/02/1982, n. 1025, secondo cui « il momento di decorrenza del termine per la proposizione RAGIONE_SOCIALE istanze nei confronti del debitore principale, ai fini previsti dall’art. 1957 c. c., coincide con quello di azionabilità del relativo diritto e perciò con il momento di scadenza della obbligazione principale, ove si tratti della prestazione indotta in contratto, ovvero con quello in cui il creditore ha la giuridica possibilità di domandare il succedaneo risarcimento del danno »);
posta dunque tale decorrenza del relativo termine, nessuna decadenza poteva nella specie predicarsi, dal momento che ben prima di sei mesi, e segnatamente nell’ottobre del 2016, è stata pacificamente notificata la domanda giudiziale nei confronti degli
odierni resistenti;
al riguardo erroneamente la Corte territoriale mostra di ritenere che il termine semestrale di decadenza ex art. 1957 cod. civ. possa essere interrotto solo da iniziativa giudiziale nei confronti del debitore principale (nella specie, lo RAGIONE_SOCIALE professionale), essendo invece idonea allo scopo anche l’azione rivolta nei confronti dello stesso fideiussore;
ed infatti, secondo indirizzo altrettanto consolidato ─ e richiamato anche nella sentenza impugnata (là dove cita testualmente, a pag. 17, in fine, uno stralcio della motivazione di Cass. n. 12508 del 2015) ─ secondo i principi riguardanti la fideiussione solidale, pur non richiedendosi la tempestiva escussione del debitore principale, deve ritenersi comunque indispensabile, ad impedire l’estinzione della garanzia, che il creditore eserciti tempestivamente l’azione nei confronti, a sua scelta, del debitore principale o del fideiussore (Cass. Sez. 3, n. 11759 del 6/08/2002; n. 3421 del 2018, cit.);
in accoglimento, dunque, del secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata al giudice a quo , al quale va anche demandato il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio;
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME