Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16722 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16722 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2484/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, e COGNOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE con riferimento al rischio di cui alla polizza n. 1868545, in persona del Rappresentante Generale per l’Italia, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
nonché
COGNOME NOME, CITTA’ METROPOLITANA DI REGGIO CALABRIA (già Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria), -intimati – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Reggio Calabria n. 530/2023, pubblicata in data 30 giugno 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10
marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME dopo avere introdotto giudizio per accertamento tecnico preventivo, con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Locri, l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria , chiedendone la condanna, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., al risarcimento dei danni subiti all’immobile adibito ad uso commerciale , di sua proprietà, sito nel Comune di Careri.
Esponeva, a fondamento della domanda, che l’Ente convenuto aveva disposto, mediante gara pubblica, l’esecuzione dei lavori per la realizzazione dell’infrastruttura viaria a scorrimento veloce Bagnara Bovalino e che nel corso di tali lavori si erano verificati cedimenti franosi nell’area immediatamente circostante la sua proprietà, che avevano provocato gravi lesioni al l’immobile .
L’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, contestando la domanda dell’attrice, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la RAGIONE_SOCIALE, società capogruppo dell’associazione temporanea di imprese alla quale era stata affidata la progettazione e
la direzione dei lavori, NOME COGNOME quale direttore dei lavori, e la società RAGIONE_SOCIALE impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori.
All’esito della cos tituzione delle parti chiamate in causa, che chiedevano, in via gradata, che venisse accertata, ai sensi degli artt. 1227 e 2055 cod. civ., la percentuale di responsabilità in capo all’Ente convenuto nella causazione dell’evento, il Tribunale autorizzava la chiamata in causa degli Assicuratori RAGIONE_SOCIALE, con i quali RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME avevano stipulato polizza assicurativa per la responsabilità civile professionale, e di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, su istanza della Domoter s.p.a.
A seguito di interruzione del giudizio per intervenuto fallimento di quest’ultima società e di successiva riassunzione, si co stituivano in giudizio pure gli Assicuratori dei Lloyd’s; disposto il mutamento di rito da sommario ad ordinario ed espletata la c.t.u., il Tribunale di Locri, con sentenza n. 1021 del 15 luglio 2018, rigettava la domanda risarcito ria proposta dall’attrice nei confronti della Provincia di Reggio Calabria e accertava e dichiarava la concorrente responsabilità dei terzi chiamati in causa RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 2050 cod. civ., condannandoli, in solido tra loro, al pagamento a titolo di risarcimento dei danni, in favore del l’attrice, della somma di euro 1.108.242,00; accoglieva pure la domanda di manleva svolta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e degli Assicuratori dei Lloyd’s.
In particolare, il Giudice di primo grado motivava , sulla base della c.t.u., che il fatto dannoso era riconducibile ad un errore progettuale imputabile alla RAGIONE_SOCIALE, all’ing. COGNOME ed alla RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE, che dovevano pertanto rispondere ai sensi dell’art. 2055 cod. civ.; escludeva, invece, la sussistenza di responsabilità in capo alla Provincia, in quanto l’errore progettuale non era ad essa imputabile,
non avendo potuto controllare la progettazione e non avendo impartito direttive.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, pronunciando sul gravame interposto dagli Assicuratori dei Lloyd’s e sull’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e Curatela del RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato improcedibile la domanda proposta nei confronti della società fallita e quella proposta da quest’ultima nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE quale società incorporante la società RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE ha, quindi, condannato, in solido, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore della COGNOME ed ha rigettato la domanda di manleva proposta nei confronti degli Assicuratori dei Lloyd’s, rilevando la non invocabilità della polizza assicurativa, che prevedeva la clausola claims made , ritenuta valida e non avente natura vessatoria, per avere gli assicurati denunciato la richiesta di risarcimento solo in data 21 gennaio 2014, con la notifica dell’atto di chiamata in causa del terzo a seguito di riassunzione del giudizio di primo grado, quando la polizza assicurativa, rinnovata sino alle ore 24 del 26 luglio 2012, non era più in vigore.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta sentenza, con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE con riferimento al rischio di cui alla polizza n. 1868545, quale successore nella titolarità dei contratti, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2021, resiste mediante controricorso.
NOME COGNOME e la Città Metropolitana di Reggio Calabria non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio
ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione i ricorrent i denunziano ‹‹ Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2055 e 840 c.c., dell’art. 4 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 7, 16, comma 2, e 25 della legge n. 109 del 1994 e degli att. 8, 9, 46, 47, 48, 134 d.P.R. n. 554/99, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. ›› , censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la responsabilità della Provincia di Reggio Calabria.
Deducono che sia in primo sia in secondo grado avevano rappresentato che, per i fatti di causa, sussisteva una corresponsabilità, ex art. 2055 cod. civ., della stazione appaltante, in quanto la stessa aveva approvato il progetto preliminare e definitivo dell’opera redatto da RAGIONE_SOCIALE ed il progetto esecutivo di cantiere predisposto dall’impresa RAGIONE_SOCIALE e che, in base alla normativa in materia di appalti di opere pubbliche, il responsabile del procedimento della stazione appaltante aveva l’obbligo di vigilare preventivamente circa la conformità a legge di detta progettazione. Nello specifico, secondo i ricorrenti, sebbene la Città Metropolitana di Reggio Calabria non avesse realizzato la progettazione, né avesse eseguito i lavori, aveva comunque concorso al danno subito dalla COGNOME, perché non aveva rilevato le deficienze progettuali, pur essendo a conoscenza, già prima della progettazione, della franosità dei terreni su cui insisteva l’immobile di proprietà della danneggiata; né ad escludere la corresponsabilità della committente poteva giovare che dall’istruttoria espletata non fosse emerso che l’ Ente, in forza del contratto di appalto, avesse la possibilità di impartire prescrizioni nell’esecuzione dei lavori o di intervenire, dal momento che
l’ Amministrazione Provinciale appaltante, in forza della normativa pubblicistica dettata in materia di lavori pubblici, aveva il preventivo obbligo di controllo con riferimento alla fase iniziale di progettazione dei lavori, come previsto dalle disposizioni normative evocate e dalle Convenzioni del 29 aprile 2004 e del 4 novembre 2005 sottoscritte dalla Provincia e dalla società incaricata della progettazione.
Soggiungono che, nella specie, l’attività pericolosa (scavi del tratto stradale) fonte dei danni era stata svolta su terreno di proprietà della Provincia di Reggio Calabria, che lo aveva espropriato proprio al fine di realizzare il tratto stradale, con la conseguenza che l’Ente non poteva non rispondere, anche ai sensi degli artt. 840, 2043 e 2055 cod. civ., dei danni prodotti da ll’ attività di escavazione eseguita su terreno di sua proprietà, avendo colposamente omesso di controllare preventivamente che la stessa fosse rispettosa della normativa in materia geognostica.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano la decisione gravata per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., lamentando che la Corte territoriale, nell’escludere la responsabilità della committente pubblica, sarebbe incorsa in un travisamento della prova, posto che dagli atti di causa risultava che la Provincia di Reggio Calabria aveva approvato il progetto preliminare, definitivo ed esecutivo del tratto stradale ed il progetto di cantiere della ditta appaltatrice, senza rilevare deficienze progettuali, come emergeva dalla relazione tecnica del 1° dicembre 2010, prot. n. 326419, sottoscritta dal responsabile unico del procedimento e completa di visto del dirigente dello stesso Ente; la stessa Provincia neppure aveva mai contestato nel corso del giudizio l’approvazione dei progetti, né la circostanza che fosse a conoscenza, già prima della progettazione in esame, della franosità dei terreni su cui insisteva l ‘immobile di proprietà della Pangallo.
Con il terzo motivo, deducendo la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., i ricorrenti addebitano alla Corte di merito di avere erroneamente affermato che i motivi dell’appello incidentale difettavano di specificità, sebbene, invece, i motivi di gravame rivolti alla sentenza di primo grado fossero precisi e circostanziati in ordine alla corresponsabilità della Città Metropolitana di Reggio Calabria, poiché contenevano una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati del provvedimento impugnato.
Con il quarto motivo, denunciando la ‹‹ violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, primo comma, 1343, 1375, 2935, 1419, secondo comma. 1418 e 1325 cod. civ., nonché dell’art. 2 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.›› , i ricorrenti impugnano la decisione gravata nella parte in cui è stata rigettata la domanda di manleva svolta nei confronti degli Assicuratori dei Lloyd’s e riconosciuta la piena validità della clausola claims made .
Sostengono che la clausola sarebbe affetta da nullità parziale, per mancanza di causa in concreto, e che, dalla lettura degli artt. 13, 22.1, 23.6 del contratto di assicurazione emergerebbe uno squilibrio sinallagmatico costituito dalla ‘limitazione della concreta operatività della polizza al solo periodo complessivo di efficacia del contratto assicurativo senza alcuna possibilità di posticipazione del periodo di denunciabilità dei sinistri verificatisi in tale periodo’; detto squilibrio dipenderebbe dal fatto che, sebbene, nella specie, il danno risaliva al 2010, nella vigenza del contratto assicurativo, che costituiva un ‘rinnovo’ di quello originario, il giudice d’appello aveva comunque negato la copertura, stante la operatività della clausola claims made , considerato che il danno per cui era causa era stato denunciato dalla Provincia di Reggio Calabria per la prima volta con l’atto di citazione in chiamata in causa del 3 ottobre 2012, ossia successivamente alla
cessazione di efficacia della polizza avvenuta in data 26 luglio 2012; tale limitazione determinava dei buchi di copertura, perché faceva assurgere il tempo di formulazione della richiesta del terzo danneggiato a condizione per l’applicazione della copertura assicurativa. Inoltre, secondo i ricorrenti, ulteriore squilibrio del contratto era dato dalla clausola di cui all’art. 8 della Polizza che prevedeva la facoltà di recesso dell’assicuratore, con conseguente frustrazione dell’alea del contratto; e la nullità della clausola claims made non poteva essere esclusa nemmeno dalla cd. deeming clause (art. 22.1), che prevedeva l’estensione della copertura assicurativa anche alle richieste di risarcimento pervenute dopo la scadenza della polizza, a condizione però che fossero conseguenti a diffide -anche verbali -da parte di terzo nel periodo di validità della polizza.
Da tanto consegue -proseguono i ricorrenti -che, al fine di rendere il contratto idoneo allo scopo, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto procedere alla integrazione dello stesso, ai sensi dell’art. 1419, secondo comma, cod. civ.
Con il medesimo motivo, i ricorrenti rappresentano pure che la polizza avrebbe causa illecita contraria a norme imperative, e precisamente all’art. 2935 cod. civ., in quanto prevedeva varie clausole di decadenza (nell’art. 22.1.i e nell’art. 23.6 del contratto) che rendevano eccessivamente difficile l’esercizio del diritto dell’assicurato.
Il primo motivo è fondato nei termini che di seguito si precisano.
È incontestato, sulla base di quanto emerge dalla sentenza impugnata e dalla narrativa del ricorso, che le risultanze istruttorie hanno consentito di confermare la ricostruzione dell’evento dannoso nei termini prospettati dalla danneggiata e di accertare il nesso di causalità tra tale fatto ed i danni derivati all’immobile di proprietà
della Pangallo.
La Corte d’appello, facendo proprie le argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado, che aveva fondato la decisione sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio la quale aveva posto in rilievo che la causa della frana che aveva determinato la rovina dell’immobile di proprietà dell’attrice andava individuata ‘nello scavo di sbancamento profondo eseguito per realizzare l’opera viaria commissionata dalla Provincia’ e che ‘ i lavori, così come previsti nel progetto preliminare e nel successivo progetto esecutivo, non avrebbero potuto essere realizzati mancando uno studio progettuale che prevedesse le opere necessarie al contenimento del movimento franoso in quiescenza nell’area dei lavori’ -ha ritenuto esclusivamente ascrivibile alla SRAGIONE_SOCIALE, al RAGIONE_SOCIALE ed alla impresa RAGIONE_SOCIALE ‹‹l’omissione di obblighi connessi alla posizione rispettivamente ricoperta per l’adozione, da un lato, di una adeguata progettazione che avesse tenuto conto della frana silente e, dall’altro, di tutti i necessari accorgimenti volti a garantirne la realizzazione immune da vizi costruttivi ›› . In particolare, ha richiamato le considerazioni svolte dal c.t.u., secondo cui ‘era compito del progettista una volta in possesso delle relazioni geologiche e geotecniche (carenti) accertare in sito le caratteristiche del terreno, prevedere e progettare le opere necessarie, per la buona riuscita dell’opera viaria’, mentre ‘era compito anche del direttore dei lavori, prima che gli stessi iniziassero, rendersi conto dell’inefficienza della relazione geologica allegata al progetto esecutivo, che risultava necessario ordinare tempestivamente una sospensione dei lavori e procedere alla stesura di una perizia di variante e suppletiva, redigendo una relazione geologica e geotecnica, effettuando prove in sito’. Ha invece escluso una qualsiasi responsabilità della committente, sulla base di quanto ulteriormente specificato nella
c.t.u.: ‘l’Ente Provincia, per come riportato all’articolo 6 della convenzione per l’incarico della progettazione, aveva il compito di verificare la qualità degli elaborati progettuali e la conformità alla normativa vigente, avvalendosi di tecnici della Provincia o di società esterne specializzate. Anche se il fenomeno verificatosi risultava di rilevante importanza, il tecnico esaminatore della Provincia era solamente tenuto a rilevare la presenza degli elaborati richiesti (art. 8 della stessa convenzione) senza entrare nel merito dei calcoli statici, della relazione geologica e della relazione geotecnica dell’opera, allegati al progetto. Risulta vero che l’Ente Provincia nell’esaminare il progetto doveva porre maggiore attenzione, ma l’esame del progetto non implica che il tecnico esaminatore possa entrare nel merito delle calcolazioni, imponendo ai progettisti particolari studi. In sintesi, l’Ente provincia ha eseguito l’iter amministrativo secondo i canoni previsti dalla legge e dai regolamenti, pubblicando i bandi della progettazione e dell’asta pubblica per l’aggiudicazione dei lavori, redigendo le dovute determine amministrative… ma non può imporre direttive tali da apportare varianti al progetto, in quanto queste devono essere proposte al RUP dalla direzione dei lavori, art. 25 legge 109/94 ed art. 134 Regolamento DPR 554/99… L’Ente Provincia sino alla sospensione dei lavori, ha sempre eseguito l’iter amministrativo con diligenza, tramite il RUP e la commissione collaudo, quindi alcuna responsabilità potrà essere attribuita a loro ed all’Ente Provincia’.
La conseguenza giuridica che la Corte d’appello ha tratto dalle conclusioni del c.t.u. non tiene conto, tuttavia, che, vertendosi, nella specie, nell’ambito di appalto di opere pubbliche, la stazione appaltante è tenuta ad esercitare precisi poteri, assolvendo, contestualmente, a specifici obblighi legali previsti dalla normativa pubblicistica, che impongono di mettere in atto le necessarie attività di ingerenza, di propulsione e di adeguata (oltre che continua)
sorveglianza nella realizzazione dell’opera, al fine di garantire il corretto svolgimento dei lavori, l’esatta esecuzione delle opere progettate e, quindi, implicanti l’indispensabile controllo, preliminare e successivo, della conformità a legge e alle prescritte regole tecniche delle opere stesse.
Del resto, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di risarcimento del danno, con riferimento all’appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. nell’esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi (evenienza effettivamente concretatasi nell’esaminata fattispecie), non possono esonerare da ogni responsabilità l’ente committente (cfr., tra le tante, Cass., sez. 3, 22/02/2008, n. 4591; Cass., sez. 6 -3, 27/01/2012, n. 1263; Cass, sez. 1, 12/12/2016, n. 25408; Cass., sez. 2, 13/12/2019, n. 32991).
Nella specie, la necessaria ingerenza derivante dalla natura pubblicistica dell’appalto era imposta non solo dalle disposizioni normative invocate dai ricorrenti, che esigono un controllo nella fase della progettazione e l’obbligo di integrare o modificare il progetto qualora lo stesso risulti inadeguato o insufficiente, in rapporto alla specifica tipologia dei lavori, ma maggiormente dal fatto, pure emerso dallo stessa c.t.u. , che la zona interessata dai lavori, ‘per come riportato nella cartina del PAI Calabria’, era ‘ posta parte in zona franosa quiescente e parte in zona franosa quiescente e profonda ‘, sicché era soggetta a scivolamenti caratterizzati da movimenti traslatori e rotatori, situazione questa di cui la Provincia non poteva non essere a conoscenza e che avrebbe dovuto indurla a più accurate verifiche al fine di prevenire eventi dannosi a terzi.
Deve, pertanto, ritenersi che la Corte territoriale, tralasciando di
prendere in considerazione e valorizzare gli specifici obblighi inerenti al ruolo svolto dalla Provincia committente, abbia, sul piano propriamente giuridico, erroneamente ritenuto di far ricadere la responsabilità del fatto dannoso esclusivamente sulle parti odierne ricorrenti e sulla ditta appaltatrice, omettendo di verificare se potesse configurarsi una eventuale corresponsabilità dello stesso Ente, ai sensi degli artt. 2043 e 2055 cod. civ., alla luce degli obblighi sul medesimo incombenti, avuto riguardo alle fase iniziale della progettazione e a quelle, successive, dell’esecuzione e dell’ultimazione delle opere appaltate.
L ‘accoglimento del motivo in disamina, nei limiti di cui in motivazione, consente di dichiarare assorbito il secondo motivo.
6. Fondato è pure il terzo motivo.
Preliminarmente è opportuno richiamare i consolidati insegnamenti di questa Corte alla cui stregua, per un verso, la specificità dei motivi di appello dev’essere commisurata all’ampiezza e alla portata della sentenza impugnata (in termini, tra le tante, Cass., sez. 6 -3, 26/07/2021, n. 21401) e, per altro verso, ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado; non è, pertanto, necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (così Cass., sez. 2, 28/10/2020, n. 23781).
Come chiarito dalle Sezioni Unite, gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con
modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., sez. U, 13/12/2022, n. 36481).
Ciò posto, deve osservarsi che il diretto esame della sentenza di primo grado e dell’atto di appello, di cui sono stati ritrascritti ampi stralci in ricorso, operato da questa Corte in ragione della natura processuale della questione posta con il ricorso, consente di apprezzare l’idoneità delle censure mosse nell’atto di appello a sottoporre a critica adeguata e specifica la decisione impugnata e, quindi, la sufficiente specificità delle stesse.
Non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità il quarto motivo.
Come emerge dalla sentenza impugnata, le odierne parti ricorrenti nel giudizio di merito si sono limitate ad eccepire la presunta vessatorietà della clausola claims made contenuta nella polizza n. 1868545 e la sua invalidità ai sensi dell’art. 1322 cod. civ., ma non hanno, invece, sollevato le ulteriori censure oggetto del motivo in esame, che non possono pertanto essere in questa sede prese in esame.
Manca, invero, non soltanto l’allegazione dell’avvenuta deduzione delle relative questioni dinanzi al giudice di merito, ma anche
l’indicazione degli atti specifici dei gradi precedenti in cui quelle sono state allo stesso sottoposte, onde dar modo a questa Corte, a cui sono proposte questioni giuridiche che implicano anche accertamenti di fatto, di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito le questioni stesse; non avendo ottemperato a tale onere, ne consegue l’inammissibilità della censura, per novità, nella parte in cui si assume una (presunta) violazione degli artt. 1343, 1375, 2935 cod. civ. (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988; Cass., sez. 6 -1, 13/06/2018, n. 15430; Cass., sez. 2, 24/01/2019, n. 2038; Cass., sez. 1, 01/07/2024, n. 18018).
La doglianza, per il resto, non si confronta con la ratio della decisione, che si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità Cass., sez. U, 24/09/2018, n. 22437 – la quale ha evidenziato, in armonia con il precedente approdo nomofilattico (Cass., sez. U, 06/05/2016, n. 9140), che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole ‘ on claims made basis ‘, quale deroga convenzionale all’art. 1917, primo comma, cod. civ., consentita dall’art. 1932 cod. civ., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, secondo comma, cod. civ., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, primo comma, stesso codice, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine, devoluta al giudice del merito, riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto, sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase
precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle ” claims made “) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale on claims made basis vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati (Cass., sez. U, 24/09/2018, n. 22437; successivamente, in senso conforme, v. Cass., sez. 3, 26/04/2022, n. 12981; Cass., sez. 3, 12/03/2024, n. 6490; Cass., sez. 3, 08/05/2024, n. 12462; Cass., sez. 3, 30/05/2024, n. 15216; Cass., sez. 3, 26/07/2024, n. 21036).
In questo quadro, richiamando l’estraneità del disposto dell’art. 2965 cod. civ. al giudizio relativo alla clausola claims made , la quale costituisce una delimitazione dell’oggetto del contratto, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite (v. già, oltre Cass., sez. U, n. 22437 del 2018, cit.; Cass., n. 9140/2016, cit.), è stato precisato che «non può essere affetta da nullità, ex art. 2965 cod. civ, la clausola claims made ‘perché fa dipendere la decadenza dalla scelta di un terzo’, giacché l’atteggiarsi della richiesta del terzo, quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni (nel cui ambito … è da ricondursi la polizza con clausola claims made ), in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato» (Cass., sez. 3, 22/04/2022, n. 12908 -diversamente si era orientata, sulla questione dell’art. 2965 cod. civ., Cass. , sez. 3, 13/05/2020, n. 8894, rimasta isolata, ma si veda, in senso contrario, già Cass., 21/11/2019, n. 30309).
A l fine dell’indagine in ordine alla causa concreta, il giudice del merito deve pertanto svolgere l’analisi dell’assetto sinallagmatico del
contratto assicurativo. Tanto ha fatto la Corte d’appello, la quale, analizzando puntualmente le clausole della polizza, è pervenuta, con accertamento di fatto qui non scrutinabile, a rilevare che la clausola claims made offriva tutela anche nel suo ultimo giorno di validità, non prevedeva usi strumentali della facoltà di recesso, né forme di recesso unilaterale da parte dell’assicurazione , né ancora particolari forme di decadenza che rendessero eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto in capo all’assicurato, concludendo per la piena validità della clausola e, dunque, per l’insussistenza del prospettato squilibrio tra le contrapposte prestazioni.
La censura svolta in questa sede ripropone le medesime questioni già adeguatamente vagliate dai giudici di merito, omettendo di confrontarsi idoneamente con il percorso argomentativo che sorregge la decisione impugnata.
8. In conclusione, vanno accolti il primo ed il terzo motivo, dichiarato assorbito il secondo ed inammissibile il quarto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, per nuovo esame in relazione alle censure accolte, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, dichiara assorbito il secondo ed inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione