Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23572 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 23572 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 16086/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE pro tempore, rappresentata e difesa, per mandato ex lege, dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE e presso la stessa per legge domiciliata a Roma in INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, i quali dichiarano di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria agli indirizzi pec indicati, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
E
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, Regione RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente RAGIONE_SOCIALEa Giunta Regionale pro tempore, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona del Prefetto, pro tempore
-intimati – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello RAGIONE_SOCIALE‘Aquila n. 146/2023, depositata in data 26 gennaio 2023;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 10/7/2025 dal AVV_NOTAIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio con compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese del grado;
FATTI DI CAUSA
Con deliberazione del 14/11/1969 il RAGIONE_SOCIALE di amministrazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE approvava il progetto relativo ai «lavori di completamento RAGIONE_SOCIALE‘asse attrezzato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘agglomerato principale RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE», assumendo a carico RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE stessa l’importo totale RAGIONE_SOCIALEe opere, comprensivo degli oneri per espropriazione.
La RAGIONE_SOCIALE assentiva la concessione RAGIONE_SOCIALE‘opera al RAGIONE_SOCIALE.
Il Prefetto di RAGIONE_SOCIALE, con decreto del 17/11/1970, disponeva l’espropriazione degli immobili, tra i quali alcuni terreni di proprietà del defunto NOME COGNOME, ordinando il pagamento diretto RAGIONE_SOCIALEe indennità in favore dei proprietari accettanti e il deposito presso
la RAGIONE_SOCIALE di quelle spettanti ai proprietari non accettanti, tra i quali il COGNOME.
Quest’ultimo, unitamente ad altri proprietari dei terreni espropriati, adiva il tribunale di RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza n. 306 del 1988, accertava incidentalmente l’illegittimità del decreto di esproprio, condannando il RAGIONE_SOCIALE a pagare in favore di NOME COGNOME la somma di lire 13.072.510,00.
La Corte d’appello, in riforma di tale sentenza, con la pronuncia n. 326 del 2001, divenuta irrevocabile, condannava il RAGIONE_SOCIALE a pagare ai proprietari la somma di lire 7600 per il numero di mq espropriati per la realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘asse attrezzato nonché la medesima somma per mq 2730 relitti ed inutilizzabili.
Il RAGIONE_SOCIALE non aveva però la possibilità di pagare, tanto da essere posto in liquidazione.
Il COGNOME, con atto del dicembre 2015, citava in giudizio il RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, per accertare e dichiarare che il RAGIONE_SOCIALE e gli altri enti erano stati inadempienti rispetto agli obblighi di pagamento connessi al procedimento espropriativo e, per l’effetto, accertare e dichiarare ovvero disporre la risoluzione del negozio a prestazioni corrispettive sottostante il decreto di esproprio.
Si chiedeva anche la condanna RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano e del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni patiti da NOME COGNOME per il mancato godimento di un bene immobile durante i 45 anni di occupazione illecita, nella misura di euro 1.800.000,00.
Il tribunale RAGIONE_SOCIALE‘Aquila, con sentenza n. 256 del 2020, rigettava le domande presentate da NOME COGNOME, dichiarando il difetto di giurisdizione con riferimento alla domanda principale, tesa ad accertare la nullità RAGIONE_SOCIALE‘originario decreto di esproprio.
La Corte d’appello RAGIONE_SOCIALE‘Aquila, con sentenza n. 146/2023, depositata il 26/1/2023, accertava il totale inadempimento da parte del RAGIONE_SOCIALE all’obbligo di soddisfare i crediti dei proprietari espropriati; l’opera compiuta, ossia l’asse attrezzato, era stato classificato come strada statale; era pacifico il subentro RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, e in particolare del RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, nei rapporti concessori già facenti capo alla RAGIONE_SOCIALE; era pacifica la situazione di insolvenza del RAGIONE_SOCIALE, con impossibilità di far fronte alle obbligazioni derivanti dall’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa concessione; sussisteva un autonomo obbligo di garanzia in capo alla RAGIONE_SOCIALE in ragione RAGIONE_SOCIALE‘insolvenza del RAGIONE_SOCIALE; vi era responsabilità RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘appellante anche per violazione, non solo RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 del Protocollo Addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo, ma anche RAGIONE_SOCIALE‘art. 6, paragrafo 1, RAGIONE_SOCIALEa Convenzione stessa, per mancata o tardiva esecuzione RAGIONE_SOCIALEe decisioni di corti nazionali, con conseguente estensione alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa condanna risarcitoria.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
Sono rimasti intimati il RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE, la Regione RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE ha rinunciato al ricorso, con adesione del controricorrente COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce «in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 del Protocollo Aggiuntivo RAGIONE_SOCIALEa CEDU, RAGIONE_SOCIALE‘art. 6, paragrafo 1, CEDU e RAGIONE_SOCIALE‘art. 46
CEDU, nella parte in cui estende la condanna al pagamento in favore di NOME COGNOME di 1/3 RAGIONE_SOCIALEe somme spettanti alla dante causa in base alla sentenza n. 326/2001 RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale anche allo RAGIONE_SOCIALE italiano».
Per la ricorrente la decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello sarebbe erronea nella parte in cui ha condannato in solido anche la RAGIONE_SOCIALE, come organo rappresentante lo RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello ha ritenuto di estendere la condanna alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 6, paragrafo 1, CEDU e RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 del Protocollo Aggiuntivo n. 1 RAGIONE_SOCIALEa CEDU, nel dare tardiva esecuzione alla sentenza n. 326 del 2001 e nel non riconoscere, in tempi ragionevoli, un adeguato ristoro a seguito RAGIONE_SOCIALEa espropriazione.
La Corte territoriale muove dalla circostanza che la Corte EDU, adita da altre parti del giudizio definitivo con la sentenza n. 326 del 2001, si è pronunciata contro lo RAGIONE_SOCIALE italiano, condannandolo in base alle disposizioni sopra citate.
La CEDU, infatti, era stata adita da altre parti del giudizio definito dalla sentenza n. 326 del 2001 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello, e, con la decisione del 16/12/2021, prodotta dall’appellante, ha osservato che «non è opportuno richiedere a un soggetto che ha ottenuto un credito nei confronti RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE al termine di un procedimento giudiziario di dover successivamente avviare un procedimento esecutivo al fine di ottenere soddisfazione».
Inoltre, il RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato che i suddetti rimedi interni avrebbero potuto portare all’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza rimasta eseguita per oltre 20 anni.
Per la CEDU l’esecuzione di una sentenza deve considerarsi parte integrante del processo ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 6.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALEa ricorrente la decisione sarebbe viziata.
La Convenzione, infatti, pur presentandosi nella gerarchia RAGIONE_SOCIALEe fonti in un rango superiore rispetto a quello legislativo, non trova e non può trovare diretta applicabilità nel nostro ordinamento; tali norme possono solo fungere da parametro interpretativo per il giudice italiano nell’applicazione di norme RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento italiano, non potendosi giungere neanche ad una disapplicazione del diritto interno in assenza di una pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale.
La responsabilità patrimoniale RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE sarebbe potuta nascere solo a seguito RAGIONE_SOCIALE‘accertamento proveniente dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEa CEDU.
Tale pronuncia, nella specie, è assente.
Non rileva la circostanza per cui alcune RAGIONE_SOCIALEe parti coinvolte nella medesima sentenza definitiva (sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello n. 326 del 2001) abbiano ottenuto la condanna verso lo RAGIONE_SOCIALE italiano da parte RAGIONE_SOCIALEa CEDU; tale potere spetta esclusivamente alla CEDU e solo essa può accertare una violazione RAGIONE_SOCIALEa convenzione da parte di uno RAGIONE_SOCIALE.
Le decisioni RAGIONE_SOCIALEa Corte di Strasburgo hanno valore esclusivamente in ordine al caso concretamente trattato, non potendosi estendere la responsabilità statale, già accertata nei confronti di un soggetto, alle ulteriori parti che, seppure in una situazione affine, non abbiano ottenuto una sentenza RAGIONE_SOCIALEa CEDU in cui si accerti la violazione RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE nello specifico confronti.
Del resto l’art. 46 CEDU riconosce l’efficacia RAGIONE_SOCIALEa sentenza esclusivamente tra le parti che sono state in causa nello specifico giudizio.
Peraltro, poiché è stata riconosciuta la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, non si comprenderebbe la
ragione per cui debba rispondere solidalmente anche la RAGIONE_SOCIALE.
Il giudizio deve dichiararsi estinto per intervenuta rinuncia.
2.1. Infatti, la RAGIONE_SOCIALE con atto del 28/5/2025 ha dichiarato di rinunciare al ricorso di cui al n. 16086/2023 chiedendo pronunciarsi l’estinzione del giudizio con compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese.
2.2. Alla rinuncia ha aderito il controricorrente NOME COGNOME.
Le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti, come da accordo sottoscritto da entrambe.
In materia di impugnazioni, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo RAGIONE_SOCIALEa parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione (Cass., sez. 5, 12 ottobre 2018, n. 25485; Cass., sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025