LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità Stato: mancata esecuzione del giudicato

La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio relativo alla responsabilità Stato per la mancata esecuzione di una sentenza di condanna al pagamento di indennità di esproprio. Il caso nasceva da un’espropriazione degli anni ’70, seguita da una condanna del 2001 contro un consorzio poi divenuto insolvente. La Corte d’Appello aveva condannato lo Stato a risarcire il danno per violazione della CEDU. Prima della decisione della Cassazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rinunciato al ricorso, portando all’estinzione del processo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità Stato per mancata esecuzione: un caso emblematico

Il tema della responsabilità Stato emerge con forza quando un cittadino, pur avendo ottenuto una sentenza favorevole, non riesce a vederla eseguita. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, pur concludendosi con una declaratoria di estinzione, offre spunti cruciali su questo argomento, originato da una vicenda di espropriazione per pubblica utilità durata oltre cinquant’anni.

I Fatti: Una Lunga Attesa per la Giustizia

La vicenda ha inizio negli anni ’70, quando alcuni terreni di proprietà privata vengono espropriati per la realizzazione di un’importante infrastruttura industriale. Nonostante il procedimento di esproprio, il pagamento dell’indennità ai proprietari non viene finalizzato correttamente. Ne scaturisce un contenzioso che, nel 2001, si conclude con una sentenza di condanna, divenuta definitiva, a carico del Consorzio concessionario dell’opera.

Tuttavia, il Consorzio si rivela insolvente e viene messo in liquidazione, rendendo di fatto impossibile per i proprietari recuperare le somme dovute. Di fronte a questa paralisi, nel 2015 l’erede di uno dei proprietari originali decide di citare in giudizio non solo il Consorzio, ma anche diversi enti pubblici, tra cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero delle Infrastrutture, chiedendo che venisse accertata la loro inadempienza e disposto il risarcimento del danno per il mancato godimento del bene per decenni.

La Decisione della Corte d’Appello e la Responsabilità Stato

In secondo grado, la Corte d’appello accoglie le ragioni del cittadino. I giudici riconoscono una chiara responsabilità Stato per la violazione di norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Nello specifico, vengono richiamati l’articolo 1 del Protocollo Addizionale (diritto al rispetto dei beni) e l’articolo 6 della Convenzione (diritto a un giusto processo).

La Corte territoriale sottolinea che il diritto a un giusto processo include anche la fase di esecuzione della sentenza. Lasciare un cittadino con in mano una decisione favorevole ma ineseguibile per oltre vent’anni a causa dell’insolvenza di un concessionario pubblico costituisce una violazione dei suoi diritti fondamentali. Di conseguenza, la Corte d’appello estende la condanna al risarcimento direttamente allo Stato italiano, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Le Motivazioni del Ricorso e la Rinuncia

Contro questa decisione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ricorso in Cassazione. L’argomento principale è di natura procedurale: secondo l’appellante, una corte nazionale non potrebbe accertare autonomamente una violazione della CEDU ed estendere la condanna allo Stato. Tale potere spetterebbe esclusivamente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Tuttavia, prima che la Corte di Cassazione potesse pronunciarsi sul merito di questa interessante questione giuridica, avviene un colpo di scena. La stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri deposita un atto di rinuncia al ricorso, a cui aderisce il cittadino controricorrente. Questo atto unilaterale, accettato dalla controparte, determina la fine del processo.

Le Conclusioni: Estinzione del Giudizio per Rinuncia

La Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà delle parti e dichiarare l’estinzione del giudizio. Questo significa che non esiste una pronuncia della Suprema Corte sul principio della responsabilità Stato in casi simili. La rinuncia, tuttavia, lascia intendere che le parti abbiano raggiunto un accordo transattivo, che di fatto ha soddisfatto le pretese del cittadino.

Pur in assenza di una sentenza di merito, la vicenda rimane emblematica. Evidenzia come il principio, affermato dalla Corte d’Appello e basato sulla giurisprudenza europea, secondo cui lo Stato deve garantire l’effettiva esecuzione delle sentenze, anche quando il debitore è un ente concessionario, sia un pilastro fondamentale dello Stato di diritto. La mancata esecuzione di un giudicato per un tempo irragionevole non è solo un’inefficienza, ma una vera e propria lesione dei diritti fondamentali del creditore.

Può lo Stato essere ritenuto responsabile se un cittadino non riesce a ottenere l’esecuzione di una sentenza favorevole contro un ente concessionario insolvente?
Secondo la Corte d’appello che ha deciso nel merito, sì. La responsabilità dello Stato sorge per la violazione del diritto a un giusto processo (art. 6 CEDU) e del diritto di proprietà (art. 1 Prot. Add. CEDU), poiché l’esecuzione di una sentenza è parte integrante del processo stesso. La Cassazione non si è pronunciata su questo principio a causa dell’estinzione del giudizio.

Qual è la conseguenza della rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, comporta l’estinzione del giudizio. Ciò significa che la Corte di Cassazione non esamina il caso nel merito e non emette una sentenza, ma si limita a dichiarare concluso il processo.

L’esecuzione di una sentenza è considerata parte del diritto a un giusto processo secondo la CEDU?
Sì. Come emerge dal testo, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) considera l’esecuzione di una sentenza come parte integrante del processo ai sensi dell’art. 6 della Convenzione. La mancata o tardiva esecuzione può quindi costituire una violazione di tale diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati