Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22718 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22718 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 25648/2019
promosso da
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE Agenzia per le erogazioni in agricoltura , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ex lege ;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
nonché contro
COGNOME NOME e NOME NOME , in qualità di eredi beneficiati di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME che li
rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME e COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrenti e ricorrenti incidentali
e contro
COGNOME NOME COGNOME
intimata
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE Agenzia per le erogazioni in agricoltura , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ex lege ;
contro
ricorrente al ricorso incidentale degli eredi COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4516/2018, pubblicata il 03/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME con accoglimento del ricorso incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 02/12/2005 il C.RAGIONE_SOCIALE (di seguito, COM) – conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma l ‘ RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) per sentirla condannare al pagamento in suo favore di € 278.755,96, oltre interessi dalle rendicontazioni periodiche fino al soddisfo, a titolo di compensi per il servizio di stoccaggio (introduzione, custodia e vendita) di
cui al contratto stipulato con l ‘ RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) il 28/11/1994, più volte prorogato, relativo al periodo 01/11/2004-31/10/2005 e alle giacenze di magazzino di 351,00+83,600 tonnellate di olio, rispettivamente provenienti dalle campagne di commercializzazione 1991/1992 e 1992/1993.
Costituitasi in giudizio il 04/05/2006, l ‘ AGEA chiedeva che, previo differimento dell’udienza ai sensi dell’art. 169, comma 2, c.p.c., il Giudice adito respingesse la domanda e, accogliendo la riconvenzionale, condannasse il terzo chiamato RAGIONE_SOCIALE e il COM a pagare, in solido tra loro, la somma di € 877.076,73 per capitale e € 380.897,58 per interessi, oltre gli ulteriori interessi dovuti fini al saldo con la rivalutazione monetaria, a titolo di danno, pari al quantitativo di olio sottratto per appropriazione indebita da NOME NOME, con la responsabilità solidale di COM per inadempimento dell’obbligazione di custodire l’olio , sorta con il contratto di assuntoria del 28/11/1994.
Alla base della chiamata del terzo, la convenuta deduceva i fatti illeciti accertati con la sentenza penale n. 395/2000 resa dal Tribunale di Brindisi (Sezione distaccata di Ostuni), a carico di RAGIONE_SOCIALE NOME, Presidente del Consorzio, per appropriazione indebita di 3950 quintali di olio di proprietà dell’ RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), depositati nello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE (società consorziata al COM), che il RAGIONE_SOCIALE aveva falsamente denunciato come oggetto di furto il 23/02/1995.
Costituitosi in giudizio, COGNOME NOME, dedotta preliminarmente la decadenza dell ‘ AGEA dalla chiama in causa del terzo, eccepiva la prescrizione estintiva del credito risarcitorio da fatto illecito, essendo trascorsi non solo il termine ordinario ma anche quello più lungo derivante dalla sentenza penale di condanna passata in giudicato, peraltro non opponibile all’AGEA, che non aveva partecipato al processo. Deduceva, inoltre, che le somme richieste non corrispondevano al prezzo di mercato dell’olio al momento della sottoscrizione.
Con sentenza n. 3332/2011, il Tribunale di Roma, pronunziando sulla domanda principale e su quella riconvenzionale, condannava POMES Eugenio, in solido con il COM, questo però fino a concorrenza di € 1.131.201,60, al pagamento in favore della AGEA, di € 1.258.874,31, oltre interessi di legge e rivalutazione monetaria in base agli indici ISTAT, nonché al pagamento delle spese, operando una compensazione tra l’importo preteso dal COM e quello richiesto in via riconvenzionale.
Avverso detta pronuncia il COM, rappresentato da COGNOME Eugenio, e COGNOME Eugenio in proprio. Successivamente anche il COM, in persona del liquidatore pro tempore , proponevano autonomi appelli con distinti atti di citazione.
Con la prima impugnazione veniva richiesto che, previa sospensione dell ‘ esecutività della sentenza appellata, la Corte di Appello: 1) condannasse l’AGEA al pagamento in favore del COM della somma di € 278.755,96, oltre interessi dal 2005 fino all’effettivo soddisfo; 2) dichiarasse inammissibile la domanda riconvenzionale d ell’ AGEA e la chiamata di terzo, entrambe per tardività della costituzione in giudizio della chiamante; 3) accertasse l’estinzione del diritto fatto valere dall ‘ AGEA per avvenuta prescrizione; 4) rigettasse comunque la domanda riconvenzionale perché non provata; 5) dichiarasse la temerarietà della lite promossa dalla convenuta.
Con la seconda impugnazione il COM, in persona del liquidatore pro tempore , conveniva davanti alla Corte d ‘appe llo di Roma l’ RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, adducendo quattro motivi di gravame: 1) nullità della sentenza impugnata per la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., stante l’omessa valutazione dell’eccezione di prescrizione; 2) errata valutazione del giudice di prime cure in ordine al quantitativo di olio in uscita dal magazzino al netto dei cali naturali e delle dispersioni verificate durante il periodo di conservazione, fino al limite massimo delle tolleranze comunitarie; 3) inopponibilità al COM della sentenza penale di condanna pronunciata dal Tribunale di Brindisi –
Sezione distaccata di Ostuni nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Eugenio; 4) errata valutazione operata dal giudice di prime cure, nel riconoscere il nesso causale tra la responsabilità contrattuale del COM con la responsabilità extracontrattuale del RAGIONE_SOCIALE. Chiedeva quindi: a) che fosse accertata e dichiarata la nullità della prima sentenza per mancata pronuncia sull’eccezione di prescrizione; b) che fosse dichiarato estinto il diritto azionato dall ‘ AGEA; c) che fossero comunque rigettate le eccezioni e la domanda riconvenzionale proposte dall’AGEA in primo grado ; d) che l ‘ AGEA fosse condannata al pagamento in favore del Consorzio della somma richiesta nell’ atto introduttivo del giudizio di primo grado nonché degli interessi fino al saldo.
Riuniti i due giudizi, con ordinanza del 23/12/2012 la Corte di merito sospendeva l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata esclusivamente nei confronti del COM e rinviava la causa all’udienza per la precisazione delle conclusioni, ove il processo veniva interrotto per la sopravvenuta morte di NOME NOME
Riassunto il giudizio, la causa veniva trattenuta per la decisione.
Con sentenza n. 4516/2018 del 03/07/2018, la Corte d ‘a ppello di Roma, definitivamente pronunciando, respingeva le impugnazioni, condannando gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali.
In primo luogo, la menzionata Corte respingeva le eccezioni formulate in rito, compresa quella di inammissibilità della domanda riconvenzionale, sollevata in ragione della ritenuta non dipendenza dal titolo dedotto in giudizio dal COM, evidenziando che la AGEA «aveva chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa il COGNOME per aver arrecato all’allora Aima – ora COGNOME -, quale presidente del Consorzio, il danno pari al quantitativo di olio sottratto per € 877.976,73 oltre agli interessi pari a € 380.897,58 e successivi al saldo, deducendo che la responsabilità era da estendersi al COM per inadempimento all’obbligo di custodire l’olio in base al contratto di assunto-
ria; pertanto, aveva eccepito in compensazione, ed in via di condanna riconvenzionale per la differenza, il proprio controcredito nei confronti del COM, assumendo che il compenso richiesto con la citazione non fosse dovuto “fino alla concorrenza di € 121.728,67 pari al controvalore dell’olio mancante” già detratto il calo dello 0,6%, oltre accessori.»
Sulla scorta di tale rilievo, la Corte escludeva che «la pretesa possa definirsi estranea al thema decidendum introdotto dalla domanda principale, essendo stato opposto un controcredito in compensazione pur sempre fondato su un inadempimento contrattuale – ancorché derivato da un fatto illecito – ma strettamente connesso, poiché addebitabile al soggetto persona fisica che rappresentava il Consorzio e che avrebbe dovuto curare l’esatto adempimento del contratto. … omissis… Se ne trae il convincimento che in ogni caso in cui, come quello di specie, l’oggetto della pretesa della parte convenuta derivi dal medesimo rapporto sostanziale, vi sia quella dipendenza dal medesimo titolo di cui all’art. 36 cpc che rende opportuna la trattazione in unico procedimento.»
Esaminando il merito della vertenza, la Corte d’appello riteneva che non poteva dirsi maturata la prescrizione, eccepita dagli appellanti rispetto alla riconvenzionale dell ‘A GEA, considerato che in atti era prodotta un ‘ attestazione proveniente dal direttore di cancelleria del Registro Generate della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi del 10/12/2004, con la quale si dichiarava che la sentenza penale a carico di COGNOME Eugenio del 10/11/2000 (confermata in appello il 18/02/2002) era passata in giudicato in data 13/02/2004, con la conseguenza che le pretese in via di compensazione e condanna proposte da AGEA non potevano dirsi prescritte, poiché azionate nel 2006 (a meno di due anni di distanza dalla possibilità di far valere i diritti nascenti dalla pronuncia di condanna in sede penale), in applicazione dell ‘ art. 2947, comma 3, c.c., che, per le domande risarcitorie,
quale era quella di cui è causa, prevede l’applicazione del termine quinquennale a far data dalla irrevocabilità della sentenza di condanna.
La Corte d’appello rilevava, poi, che non era stata attinta da specifica censura la qualificazione operata della domanda nei confronti del Consorzio, quale responsabile civile per il fatto-reato di appropriazione indebita, commesso dal proprio Presidente in virtù del rapporto organico intercorrente.
Quanto all’ammanco riscontrato dopo la vendita, la Corte di merito evidenziava che il COM aveva invocato la previsione di cui all’art. 1780 c.c., sull’assunto che la perdita dell’olio non era ad esso imputabile, e tuttavia nulla aveva obiettato rispetto al passaggio argomentativo della sentenza, laddove aveva ritenuto che sarebbe stato onere dell’assuntore provare che la differenza nel quantitativo in entrata e in uscita fosse stata determinata da un eccezionale calo del prodotto o da altre circostanze esterne, non riconducibili al potere di controllo sulla merce depositata per contratto.
La stessa Corte precisava, inoltre, che, in ordine ai fatti costitutivi dell’eccezione di compensazione e della richiesta di condanna (quantità dell’olio sottratto, ammanco riscontrato nel deposito di Fasano al momento dell’asporto per la consegna all’acquirente, percentuale di calo ponderale annuo stabilito in via negoziate nello 0,6%) non erano state articolate specifiche censure.
Richiamando le difese del COM e degli eredi di POMES, che avevano eccepito la mancanza di prova che sia l’ olio sottratto sia quello non rinvenuto (facente parte della vendita in seguito a gara) fossero di proprietà de ll’AGEA , posto che il Consorzio svolgeva attività assuntoria anche per altri soggetti, la Corte distrettuale riteneva trattarsi di eccezione nuova, formulata inammissibilmente in violazione dell’art. 345 c.p.c., aggiungendo che non era neppure stato dimostrato che le note di contestazione del l’AGEA fossero state riscontrate ovvero contestate in termini idonei.
Avverso tale sentenza il COM ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di doglianza.
L’AGEA si è difesa con controricorso e ha formulato ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo di censura.
Anche COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME in qualità di eredi beneficiati di COGNOME NOME, si sono difesi con controricorso, formulando anche ricorso incidentale affidato ad un motivo di impugnazione.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso al ricorso incidentale degli eredi beneficiati di COGNOME NOME.
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME in data 01/04/2025 ha depositato la propria memoria, chiedendo il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME con accoglimento del ricorso incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente principale e i ricorrenti in via incidentale COGNOME NOME Alfonso e COGNOME NOME hanno depositato memorie difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione dell’art. 2947 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso la prescrizione del diritto al risarcimento del danno vantato dall’AGEA , non tenendo conto che l’art. 2947, comma 3, c.c. opera solo nel caso in cui per il reato sia stabilito un termine di prescrizione più lungo di quello previsto dal diritto civile, mentre, ove il termine di prescrizione penale sia uguale, o più breve di quello civile, il diritto al risarcimento del danno è soggetto alla prescrizione fissata nei primi due commi dello stesso articolo e decorre dal giorno del fatto.
In tale ottica, secondo il ricorrente, tenuto conto che il reato di appropriazione indebita (in base alla legge vigente ratione temporis ) si prescrive
nel termine di cinque anni, l’azione di risarcimento si era prescritta decorsi cinque anni dall’appropriazione e, quindi, il 22/5/2000, ovvero decorsi dieci anni, ove si volesse configurare la responsabilità indiretta del COM, e quindi il 22/05/2005, comunque prima della chiamata in causa della AGEA, effettuata con la comparsa del 04/05/2006.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per avere la Corte d’appello ritenuto che non fosse stata attinta da specifica censura la qualificazione della domanda di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COM quale responsabile civile per il fatto-reato del suo Presidente, in virtù del rapporto organico esistente, mentre, invece, la COM aveva effettuato una specifica censura con il terzo motivo di doglianza con cui era stata censurata la decisione del primo giudice, che aveva ritenuto sussistente la responsabilità civile del COM per il reato commesso da COGNOME NOMECOGNOME
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 2602, comma 2, n. 4, e 2613 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che il Consorzio potesse ritenersi responsabile civile del fatto commesso dal Presidente, poiché, invece, in base alle norme sopra richiamate, il Presidente del Consorzio non è anche Amministratore, se tale potere non gli è conferito dallo Statuto, e solo con il conferimento del potere di amministrare e gestire può ritenersi esistente il rapporto organico fonte della menzionata responsabilità.
Secondo il ricorrente, dunque, il POMES aveva per legge solo ed esclusivamente la rappresentanza processuale del COM, circostanza che aveva trovato inconfutabile conferma in due circostanze: 1) il fatto/reato era stato commesso dal POMES quale depositario di un ingente quantitativo di olio, nonché quale amministratore e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE; 2)
con ordinanza resa il 23/10/2012, la Corte di Appello di Roma aveva sospeso l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado impugnata solo ed esclusivamente nei confronti del COM.
La parte ha aggiunto che i Consorzi non svolgono attività d’impresa, avendo la funzione di mettere in comune singole fasi delle attività delle imprese consorziate o di coordinare le attività di queste ultime. Nel caso di specie, il COM annoverava solo società cooperative ed aveva preso in locazione dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Eugenio le cisterne presenti presso la sede di quest’ultima società per lo stoccaggio dell’olio in questione, sicch é il Consorzio doveva ritenersi piuttosto il principale danneggiato del fatto-reato commesso.
Inoltre, secondo il ricorrente, il Consorzio non poteva rispondere delle obbligazioni assunte dalle consorziate nei confronti dei terzi, come era la RAGIONE_SOCIALE, che aveva concesso in locazione le cisterne per lo stoccaggio.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., p er non avere la Corte d’appello colto le argomentazioni articolate dal COM nel secondo motivo di appello, ove aveva ravvisato un errore del Tribunale nel calcolare gli ammanchi, che invece non erano presenti, perché avrebbe dovuto tenere conto del calo ponderale, evidenziando, comunque, che spettava ad AGEA dimostrare la quantità complessivamente stoccate, in modo tale da consentire il calcolo dei cali e quindi dell’ultima giacenza dell’olio.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, l’AGEA ha dedotto la falsa applicazione dell’art. 2947, comma 2, c.c. e dell’art. 2049 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere La Corte d ‘appello erroneamente applicato alla fattispecie la prescrizione quinquennale sul falso assunto che la responsabilità di COM fosse extracontrattuale derivante da reato e che la stessa responsabilità dovesse essere inquadrata nei tipi dell’art. 2049 c.c.
Secondo l’AGEA, la Corte di merito non si è avveduta che la responsabilità di COM discende dall’inadempimento all’obbligo di custodia traente fonte dal contratto di assuntoria (fatto pacifico ed incontroverso tra le parti), con la conseguenza che la prescrizione è decennale ed è stata sospesa e interrotta per le ragioni espresse nei motivi di controricorso (sospensione per dolo del debitore che ha simulato il furto, interruzione per effetto della ricezione del provvedimento di fermo amministrativo del 01/10/1997 e, poi, della richiesta di pagamento di AGEA del 25/10/2005).
Quanto alla configurabilità della responsabilità di COM ai sensi dell’ art. 2049 c.c., la AGEA ha ritenuto non condivisibile la tesi estensiva della Corte d ‘a ppello, trattandosi, come appena evidenziato, di responsabilità diretta da inadempimento contrattuale e non di responsabilità indiretta da fatto illecito.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2497 c.c. e degli artt. 157 (testo previgente alla l. n. 251 del 2005) e 646 (testo previgente alla l. n. 3/2019) c.p., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché la violazione e/o falsa applicazione dei principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di decorrenza della prescrizione nella ipotesi in cui il fatto contestato è considerato dalla legge come reato, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Secondo le parti, l’art. 2947, comma 3, c.c. opera solo nel caso in cui per il reato sia stabilito un termine di prescrizione più lungo, mentre, ove il termine di prescrizione penale sia uguale o più breve di quello civile, il diritto al risarcimento del danno è soggetto alla prescrizione fissata nei primi due commi dello stesso articolo e decorre dal giorno del fatto.
Nel caso di specie, dunque, tenuto conto che la prescrizione penale per il reato di appropriazione indebita (in base alla legge vigente ratione temporis ) era di cinque anni, doveva applicarsi il termine di prescrizione civile,
che era di cinque anni dal fatto-reato, sicché l’azione di risarcimento si era prescritta , essendo l’azione risarcitoria promossa con la comparsa depositata nel primo grado di giudizio il 04/05/2006.
La controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha eccepito la tardività del ricorso incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME in quanto obbligati in solido con il ricorrente principale, la cui posizione dava origine a cause scindibili, con la conseguenza che avrebbero dovuto proporre l’impugnazione nel termine previsto dall’art. 327 c.p.c.
L’eccezione è infondata.
Come precisato di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8486 del 28/03/2024).
Nel caso di specie si verifica proprio quest’evenienza, poiché COGNOME NOME Alfonso e COGNOME NOME hanno proposto ricorso incidentale tardivo, formulando una censura che ricalca quella formulata nel primo motivo di ricorso principale, all’esito della presentazione del ricorso incidentale condizionato dell’AGEA , che, con il suo motivo di doglianza, ha attinto lo stesso capo della decisione censurato dal COM, riguardante la statuizione sulla prescrizione, ma sotto un diverso profilo, al fine di ottenere una statuizione dagli effetti opposti a quelli che avrebbe prodotto l’accoglimento del ricorso principale.
Il primo motivo di ricorso principale può essere esaminato unitamente ai motivi di ricorso incidentale, formulati rispettivamente da RAGIONE_SOCIALE e dai germani RAGIONE_SOCIALE, rivelandosi tutti fondati, sia pure nei limiti di seguito evidenziati.
5.1. Come sopra evidenziato, la Corte d’appello ha ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale formulata da AGEA perché con essa era stato «opposto un controcredito in compensazione pur sempre fondato su un inadempimento contrattuale – ancorché derivato da un fatto illecito – ma strettamente connesso, poiché addebitabile al soggetto persona fisica che rappresentava il Consorzio e che avrebbe dovuto curare l’esatto adempimento del contratto» , aggiungendo che «in ogni caso in cui, come quello di specie, l’oggetto della pretesa della parte convenuta derivi dal medesimo rapporto sostanziale, vi sia quella dipendenza dal medesimo titolo di cui all’art. 36 cpc che rende opportuna la trattazione in unico procedimento.»
Secondo la Corte di merito, dunque, la domanda riconvenzionale formulata da RAGIONE_SOCIALE aveva titolo in una responsabilità contrattuale del COM, derivante dall’inadempimento dello Consorzio al contratto da quest’ultim o azionato, anche se il dedotto inadempimento scaturiva da un fatto-reato commesso dal RAGIONE_SOCIALE.
Ciò posto, la stessa Corte d’appello ha escluso che fosse maturata la prescrizione del credito vantato dalla AGEA, ritenendo di dover applicare il disposto dell’art. 2947, comma 3, c.c., con la conseguenza che, essendo intervenuta la sentenza irrevocabile di condanna del RAGIONE_SOCIALE per il fatto di appropriazione indebita in data 13/02/2004, il credito era stato tempestivamente azionato il 04/05/2006 con la costituzione in primo grado nel presente giudizio.
La stessa Corte ha, poi, aggiunto che non era stata attinta da specifica censura la qualificazione della domanda nei confronti del Consorzio quale responsabile civile per il fatto-reato di appropriazione indebita commesso dal proprio Presidente in virtù del rapporto organico intercorrente.
5.2. La Corte territoriale ha, in sintesi, esaminato il decorso della prescrizione, guardando al comportamento del POMES, il quale non era legato in sé da alcun rapporto contrattuale con il COM, e, considerando il fatto-
reato da quest’ultimo commesso, ha ritenuto di poter applicare il disposto dell’art. 2947, comma 3, c.c ., estendendo la stessa disciplina anche al Consorzio, inteso come responsabile civile per il fatto-reato commesso obbligato in solido con il reo.
Tale soluzione non può essere condivisa.
5.3. Questa Corte ha già precisato che la possibilità d’invocare utilmente il più lungo termine di prescrizione stabilito dall’ultimo comma dell’art. 2947 c.c., per le azioni di risarcimento del danno, se il fatto è previsto dalla legge come reato, è limitata alle sole ipotesi di azioni per responsabilità extracontrattuale (dovendo altrimenti trovare applicazione la disciplina generale della prescrizione o quella di volta in volta contemplata dalla legge per il singolo contratto) e presuppone che vi sia identità tra il fatto costituente reato e quello dal quale scaturisce la responsabilità dedotta in sede civile, con la conseguenza che l’indicato termine di prescrizione non è invocabile nel caso in cui l’imputazione penale si riferisca a fatti connessi, ma non identificabili con quello addotto a fondamento dell’azione risarcitoria in sede civile (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2432 del 21/03/1996).
Occorre, peraltro tenere presente che, quando vi siano più soggetti tenuti al risarcimento del danno, obbligati in solido tra loro, ai sensi dell’art. 2055 c.c., la diversa natura del titolo di responsabilità, che fonda la pretesa risarcitoria azionata, condiziona l’individuazione del termine di durata della prescrizione per ciascuno e, in caso di coincidenza tra fatto costituente reato e fatto determinativo dell’illecito civile, si applica la più lunga durata stabilita per il primo, in base all’art. 2947, ultimo comma, c.c., ma la diversità dei titoli di responsabilità non esclude l ‘ interruzione del termine di prescrizione per ciascun responsabile rilevante, essendo in tal caso applicabile la regola di cui all’art. 1310, comma 1, c.c., che rende l’atto interruttivo compiuto dal creditore contro uno dei debitori in solido efficace anche nei confronti degli altri debitori solidali (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22524 del 10/09/2019).
Tale principio di applica anche nel caso in cui a cagionare l’evento dannoso concorrano condotte che integrino responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, poiché, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della responsabilità solidale di cui all’art. 2055, comma 1, c.c., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità -contrattuale ed extracontrattuale -in quanto la norma considera essenzialmente l’unicità del fatto dannoso, e riferisce tale unicità unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità delle norme giuridiche violate (Cass., Sez. U, Sentenza n. 13143 del 27/04/2022; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1070 del 17/01/2019).
In sintesi, la possibilità di configurare una responsabilità solidale di soggetti obbligati al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2055 c.c., anche in forza di titolo diversi -non solo extracontrattuali, ma anche contrattuali -non esclude che ciascun titolo di responsabilità mantenga la propria disciplina, e con essa le regole che attengono al termine di prescrizione, ferma restando l ‘applicabilità delle norme che regolamentano le obbligazioni solidali, primo tra tutti il disposto dell’art. 1310, comma 1, c.c., in forza del quale l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di uno degli obbligati in solido produce effetto anche nei confronti dei coobbligati.
5.4. Nel caso di specie, dunque, non può essere condivisa la decisione del Giudice di merito, nella parte in cui ha applicato a entrambi i destinatari dell’azione risarcitoria promossa dall’AGEA la disciplina prevista per la responsabilità da fatto illecito di cui all’art. 2947 c.c ., sebbene la stessa Corte d’appello abbia qualificato la responsabilità del COM come responsabilità contrattuale e quella del POMES derivante dal fatto illecito costituente reato.
Il Giudice di merito avrebbe dovuto verificare la decorrenza del termine di prescrizione in conformità ai diversi titoli di responsabilità – contrattuale per COM ed extracontrattuale del POMES -tenendo conto delle cause di
sospensione o di interruzione dedotte ovvero emergenti dagli atti (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9810 del 13/04/2023 e Cass., Sez. 2, Sentenza n. 19567 del 30/09/2016) e considerando che gli eventi interruttivi, anche se riferiti ad uno solo dei coobbligati , ai sensi dell’art. 1310 c.c., hanno effetto nei confronti di tutti.
5.5. Infine, con riferimento alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti degli eredi di COGNOME NOME, la Corte di merito non risulta avere dato corretta applicazione all’art. 2947 c.c.
Com’è noto, in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 2947 c.c., «1. Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. … 3. In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.»
La Corte d’appello non risulta avere considerato che il termine di prescrizione del reato di appropriazione indebita, commesso dal POMES nel 1995, risultante dal previgente art. 157 c.p. (non trovando, nella specie, applicazione le modifiche apportate dall’art. 6 l. n. 251 del 2005), è di cinque anni.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che l ‘ art. 2947, comma 3, seconda parte, c.c., si riferisce, tenuto conto della formulazione letterale e collocazione nel complessivo contesto di detto terzo comma, nonché della finalità perseguita di tutelare l’affidamento del danneggiato circa la conservazione dell’azione civile negli stessi termini utili per l’esercizio della pretesa
punitiva dello Stato, alla sola ipotesi in cui per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella del diritto al risarcimento. A tale stregua, ove la prescrizione del reato sia viceversa uguale o più breve di quella fissata per il diritto al risarcimento, la norma in argomento resta inoperante, ed il diritto medesimo è soggetto alla prescrizione fissata dai primi due commi dell’art. 2947 c.c., con decorrenza dal giorno del fatto (v. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2694 del 04/02/2021; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11775 del 15/05/2013; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17142 del 09/10/2012).
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, dunque, nella specie non può darsi applicazione al disposto dell’art. 2 947, comma 3, seconda parte, c.c. , perché la prescrizione prevista per il reato di cui all’art. 646 c.p., in base alla disciplina applicabile ratione temporis , non è superiore al termine di prescrizione previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c. per il fatto illecito.
5.6. In conclusione, ai fini dell ‘accertamento della prescrizione del diritto al risarcimento del danno vantato da RAGIONE_SOCIALE, occorre tenere conto del termine di prescrizione decennale ai sensi dell’art. 29 46 c.c., in mancanza dei presupposti per l’applicazione di un diverso termine in relazione al tipo di contratto intercorso tra le parti, con riferimento all ‘azione contrattuale proposta nei confronti di COM, e occorre tenere conto del termine di prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2947 c.c., con riferimento all’azione proposta nei confronti degli eredi di COGNOME NOME, tenendo conto però che gli eventuali eventi interruttivi , ai sensi dell’art. 1310, comma 1, c.c., si applicano a tutti gli obbligati in solido.
6. L’accoglimento de l primo motivo di ricorso principale e dell’unico motivo di entrambi i ricorsi incidentali, nei limiti di cui in motivazione, comporta la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, per il compimento degli
accertamenti in fatto conseguenti, rendendo superfluo l’esame delle ulteriori censure, che presuppongono la risoluzione della questione relativa all’eccepita prescrizione , da ritenersi, pertanto, assorbiti.
In conclusione, devono essere accolti, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso principale, l’unico motivo di ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE e l’unico motivo di ricorso incidentale di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in applicazione ai seguenti principi di diritto:
«In tema di risarcimento del danno, la responsabilità solidale dei soggetti obbligati, ai sensi dell’art. 2055 c.c. , sussiste anche quando vi sono titoli di responsabilità diversi, siano essi contrattuali o extracontrattuali, ma ciascun titolo di responsabilità mantiene la propria disciplina, compresa quella che attiene al termine di prescrizione, ferma restando l’applica zione delle norme che regolamentano le obbligazioni solidali, primo tra tutti il disposto dell’art. 1310, comma 1, c.c., in forza del quale l’atto interruttivo della prescrizione nei confronti di uno degli obbligati in solido produce effetto anche nei confronti dei coobbligati.»
«In materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno che costituisce anche reato , l’art. 2947, comma 3, seconda parte, c.c., nella parte in cui prevede l’applicazione della prescrizione prevista per l’illecito penale , si riferisce alla sola ipotesi in cui per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella prevista per l’esercizio del diritto al risarcimento, mentre, ove la prescrizione del reato sia uguale o più breve, la norma in argomento resta inoperante e il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione fissata dai primi due commi dell’art. 2947 c.c. con decorrenza dal giorno del fatto.»
Dichiarati assorbiti gli altri motivi di ricorso principale, la decisione deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese di lite del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo di ricorso principale, l’unico motivo di ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE e l’unico motivo di ricorso incidentale di POMES NOME e COGNOME NOME, nei limiti indicati in motivazione, e, dichiarati assorbiti gli altri motivi di ricorso principale, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,