LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità solidale ente delegato: la Cassazione

Una cooperativa di costruzioni, delegata da un comune per la realizzazione di un’opera, è stata ritenuta corresponsabile per i danni derivanti da un’occupazione illegittima di un terreno privato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della cooperativa, confermando il principio della responsabilità solidale dell’ente delegato. Secondo la Corte, il delegato ha il dovere di verificare la legittimità della procedura e non può essere esonerato dalla responsabilità solo perché gli atti amministrativi erano validi al momento dell’esecuzione dei lavori, se poi annullati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Responsabilità Solidale Ente Delegato: La Cassazione Conferma i Principi

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nei rapporti tra pubblica amministrazione e soggetti privati incaricati di realizzare opere pubbliche: la responsabilità solidale dell’ente delegato. Quando un’occupazione di un terreno si rivela illegittima, chi paga i danni al proprietario? Solo l’ente pubblico che ha ordinato i lavori o anche l’impresa che li ha materialmente eseguiti? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19462/2019, ribadisce un principio consolidato, chiarendo i confini dei doveri e delle responsabilità dell’esecutore materiale.

I Fatti di Causa: Un’Occupazione Controversa

La vicenda nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una cittadina privata, proprietaria di un immobile, nei confronti di un Comune e di una Cooperativa Edilizia. Quest’ultima, in qualità di delegata dal Comune, aveva materialmente occupato il terreno della donna per la realizzazione di un’opera. La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva riconosciuto la ragione della proprietaria, condannando il Comune e la Cooperativa, in solido tra loro, al pagamento di un cospicuo risarcimento per la perdita della proprietà.

La Corte territoriale aveva motivato la responsabilità della Cooperativa sul presupposto che, avendo dato causa ed eseguito materialmente l’occupazione illegittima, non potesse sottrarsi alle conseguenze dannose. Contro questa decisione, la Cooperativa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando cinque distinti motivi di doglianza.

L’Analisi dei Motivi e la Responsabilità Solidale dell’Ente Delegato

Il ricorso della Cooperativa tentava di scardinare la decisione d’appello su più fronti, da questioni puramente procedurali a contestazioni sul merito della responsabilità e sulla quantificazione del danno. La Cassazione ha, tuttavia, respinto integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascun punto.

La Questione della Diligenza del Delegato

Il motivo centrale del ricorso riguardava la presunta assenza di colpa della Cooperativa. L’impresa sosteneva di aver agito con la dovuta diligenza, poiché all’epoca dell’esecuzione dei lavori gli atti amministrativi che autorizzavano l’occupazione erano pienamente validi e legittimi. Essi furono annullati solo in un momento successivo, nel 1997. Secondo la ricorrente, non potevano ricadere su di essa gli effetti negativi di decisioni giudiziarie “postume”.

La Cassazione ha ritenuto questo motivo infondato. Ha richiamato la giurisprudenza costante secondo cui, in caso di occupazione appropriativa, sono corresponsabili sia l’ente pubblico delegante sia l’ente privato delegato. Quest’ultimo non è un mero esecutore passivo, ma ha l’onere specifico non solo di verificare la validità del titolo che lo autorizza ad agire, ma anche di attivarsi affinché l’intera procedura si mantenga entro i binari della legalità. Il fatto che l’opera fosse stata completata durante un periodo di occupazione formalmente legittima non è sufficiente a esonerare il delegato dalla responsabilità.

Le Obiezioni Procedurali e di Merito

Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili o infondati:
1. Omessa pronuncia: La doglianza su presunte eccezioni procedurali non esaminate è stata ritenuta inammissibile, in quanto il vizio di omessa pronuncia riguarda questioni di merito e non di rito.
2. Quantificazione del danno: La critica alla valutazione economica del terreno effettuata dalla Corte d’Appello è stata liquidata come un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, non consentito in sede di legittimità.
3. Pagamenti a terzi: L’argomento secondo cui un pagamento transattivo a dei coloni del fondo escludesse il diritto della proprietaria è stato dichiarato inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non avendo la ricorrente dimostrato di aver sollevato la questione nei precedenti gradi di giudizio.
4. Spese legali: Infine, la Corte ha respinto la censura sulla ripartizione delle spese, chiarendo che il giudice d’appello, nel riformare una sentenza, deve ricalcolare le spese in base all’esito complessivo della lite, non per singoli gradi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi giuridici consolidati. Il fulcro della decisione è la conferma della responsabilità solidale dell’ente delegato. La Corte ribadisce che il soggetto che materialmente realizza l’opera e apprende il bene non può considerarsi un soggetto terzo estraneo all’illecito. Egli ha un dovere di cooperazione e controllo sulla legittimità dell’azione amministrativa. La successiva declaratoria di illegittimità degli atti, anche se avvenuta dopo la fine dei lavori, non spezza il nesso di causalità tra la condotta del delegato e il danno subito dal proprietario.

Inoltre, la Corte applica con rigore i principi processuali dell’inammissibilità per le censure che mirano a una rivalutazione dei fatti e per quelle che introducono temi nuovi non trattati in appello (principio di autosufficienza).

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutte le imprese private che operano come delegate della Pubblica Amministrazione. La decisione chiarisce che la delega non è uno scudo che protegge da ogni responsabilità. L’impresa esecutrice non può limitarsi a eseguire gli ordini, ma deve assumere un ruolo proattivo nel verificare la correttezza della procedura espropriativa.

Le implicazioni pratiche sono significative:
* Aumento della diligenza richiesta: Le imprese devono dotarsi di competenze legali e tecniche per valutare la legittimità degli atti amministrativi che sono alla base del loro intervento.
* Rischio d’impresa: La potenziale responsabilità solidale per danni da occupazione illegittima diventa un rischio d’impresa da calcolare e, se possibile, assicurare.
* Tutela del proprietario: Per il cittadino che subisce un’espropriazione illegittima, questo orientamento rafforza la sua posizione, consentendogli di agire per il risarcimento non solo contro l’ente pubblico, spesso lento nei pagamenti, ma anche contro il soggetto privato esecutore, solitamente più solvibile.

L’ente privato delegato a eseguire un’opera pubblica è responsabile per i danni da occupazione illegittima?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’ente delegato è corresponsabile in solido con l’ente pubblico delegante. È suo onere verificare la validità del titolo e attivarsi affinché la procedura si mantenga nella legalità.

Se gli atti amministrativi che autorizzano l’occupazione erano validi al momento dei lavori, il delegato è comunque responsabile se vengono annullati in seguito?
Sì. La responsabilità non viene meno. Il fatto che l’opera sia stata ultimata in un periodo di occupazione formalmente legittima non esonera definitivamente il delegato da responsabilità, poiché su di lui ricade l’onere di armonizzare l’attività amministrativa e materiale.

Come vengono ripartite le spese legali se una sentenza di primo grado viene modificata in appello?
Il giudice d’appello deve procedere a un nuovo regolamento delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio. La valutazione della “soccombenza” (chi ha perso) deve essere basata sull’esito complessivo e globale della lite, non analizzando separatamente ogni grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati