Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13758 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9427/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente – contro
Oggetto: Azione di responsabilità verso sindaci -Transazione -Art. 1304 c.c. -Assicurazione -Art. 1917 c.c. -Ambito – Regresso
R.G.N. 9427/2021
Ud. 07/05/2025 CC
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 585/2021 depositata il 26/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 07/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 585/2021, pubblicata il 26 gennaio 2021, pronunciata nell’ambito dell’azione di responsabilità ex art. 2393 c.c. promossa dalla RAGIONE_SOCIALE
confronti dei propri ex amministratori e sindaci, questi ultimi incaricati anche della revisione contabile.
La decisione impugnata ha:
-dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione agli appelli principali e incidentali tra la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-preso atto della dichiarazione resa ex art. 1304 c.c. da NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME di avvalersi delle transazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE e gli altri appellanti;
-accertato e dichiarato che l’importo del debito doveva essere ridotto di quanto versato dai corresponsabili in base alle rispettive transazioni, anche per il tramite delle compagnie di assicurazioni alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE;
-accertato e dichiarato il diritto di rivalsa e regresso, nei confronti di ciascuno degli altri corresponsabili, nella misura pari al 10% ciascuno per i sindaci -tra i quali NOME COGNOME e per l’ulteriore 70% a carico degli amministratori della società in parti uguali;
-accertato e dichiarato ‘che la maggior somma dovuta all’esito delle transazioni intercorse tra le parti va ripartita tra le due compagnie di assicurazione in base ai rispettivi massimali’ .
In particolare -e per quanto ancora rileva nella presente sede -la Corte d’appello -decidendo sul l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ha esaminato il primo luogo il motivo
di gravame col quale l’appellante aveva censurato la decisione di prime cure nella parte in cui la stessa non aveva accolto l’eccezione di inoperatività della polizza ai sensi dell’art. 1917 c.c. e degli artt. 16 e 18, lett. a) delle condizioni generali, e scludendo, in capo all’assicurato NOME COGNOME ed agli altri componenti del collegio sindacale il dolo, anche nella forma di quello eventuale, pur avendo ritenuto sussistenti profili di piena consapevolezza delle gravi situazioni di carenze gestionali da parte degli amministratori.
La Corte ha disatteso il motivo, dichiarando di condividere le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, nel momento in cui quest’ultimo aveva escluso che la società di assicurazioni avesse fornito la prova -su di essa gravante -della sussistenza in ca po all’assicurato di un dolo anche solo eventuale, in quanto, ‘pur a fronte della elevata inerzia almeno sino alla metà dell’anno 2010 e pur in presenza dei molteplici segnali nella gestione da parte degli amministratori’ , non erano emersi elementi nel senso di ‘un sostanziale accordo tra gli amministratori medesimi ed il Collegio sindacale’ .
La Corte territoriale ha poi affrontato il motivo d’appello con il quale la società assicuratrice invocava l’Allegato A) della polizza per concludere nel senso della limitazione della garanzia alla parte di responsabilità diretta dell’assicurato, con esclusione quindi di ogni responsabilità derivante dal meccanismo della solidarietà.
Al riguardo, la Corte capitolina, esaminata la relativa clausola, ha concluso che, alla luce di una ‘lettura costituzionalmente orientata’ anche dei precedenti di questa Corte, è da ritenersi che l’assicurato debba essere garantito dall’assicurazione per tutta la somma che sia tenuto a pagare a terzi anche in via solidale, argomentando che, diversamente opinando, sarebbe ‘vanificata ingiustamente la portata dell’art. 1917 c.c.’ .
La Corte, tuttavia, ha precisato che, potendo la compagnia di assicurazione esercitare l’azione di regresso nei confronti degli altri coobbligati ed a fronte di una specifica domanda diretta alla gradazione di responsabilità ex art. 2055 c.c. al fine di consentire il corretto esercizio dell’azione di regresso, era conseguentemente necessario procedere alla gradazione di responsabilità dei vari coobbligati.
A tal fine, la Corte territoriale -in parziale revisione delle conclusioni raggiunte dal Tribunale – ha ritenuto che la responsabilità principale dei gravi danni causati alla società fosse addebitabile agli amministratori nella percentuale del 70%, mentre la quota di responsabilità del Collegio sindacale doveva essere determinata nella complessiva misura del 30%, e quindi nella misura del 10% per ciascuno dei sindaci, tra i quali, appunto, l’assicurato NOME COGNOME
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resistono con separati controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Sono rimasti intimati gli soggetti evocati.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
I controricorrenti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non si articola in motivi contenenti puntuale riferimento alle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c. ma si compone di tre paragrafi (il secondo dei quali suddiviso in due sottoparagrafi) con mera intitolazione.
1.1. La ricorrente deduce in primo luogo la ‘la illegittimità del capo della sentenza impugnata che ha rigettato l’eccezione ex art. 1917 c.c.
opposta da assicuratrice milanese alla domanda di garanzia del rag. COGNOME .
Il paragrafo sviluppa censure nei confronti della decisione impugnata, per avere la stessa disatteso il motivo di gravame con il quale veniva riproposta l’eccezione di inoperatività della copertura assicurativa ai sensi degli artt. 1917 c.c. e 16 e 18, lett. a), delle condizioni generali nonché dell’Allegato A) alla Polizza.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che sarebbe stato onere della ricorrente provare il dolo anche solo eventuale, dimostrando l’esistenza di un accordo tra sindaci ed amministratori.
Argomenta per contro che l’esistenza di tale accordo avrebbe dimostrato il dolo diretto, mentre il dolo eventuale ben poteva essere desunto mediante l’utilizzo delle presunzioni di cui all’art. 2729 c.c. valorizzando la totale inerzia dell’assicurato nonché una pluralità di elementi di cui la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame.
Conclude la ricorrente affermando che ‘In ragione di quanto fin qui esposto e documentato, è pertanto certa ed evidente la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 1917 c.c. che inficia la legittimità del presente capo della Sentenza Impugnata, avendo la Corte di Appello di Roma totalmente omesso di considerare e valutare che, come dedotto e domandato da Assicuratrice Milanese, gli stessi elementi probatori acquisiti agli atti di causa sulla cui base è stata accertata e dichiarata la responsabilità (anche) del rag. COGNOME forniscono -in via necessariamente presuntiva ex art. 2729 c.c. la prova positiva della ricorrenza in capo allo stesso rag. COGNOME di uno stato soggettivo di dolo eventuale’
1.2. In secondo luogo, il ricorso deduce la ‘la illegittimità del capo della sentenza impugnata che ha rigettato l’eccezione di parte della
responsabilità opposta da assicuratrice milanese alla domanda di garanzia del rag. COGNOME e che ha pronunciato sulla domanda di gradazione della responsabilità’ .
Il ricorso censura la decisione impugnata sia nella parte in cui la stessa ha disatteso il motivo di gravame col quale veniva riproposta l’eccezione di operatività della polizza per la sola parte di responsabilità diretta dell’assicurato, con esclusione quindi di ogni responsabilità derivante dal meccanismo della solidarietà, sia nella parte in cui ha ritenuto di ascrivere agli amministratori il 70% di responsabilità, attribuendo ai sindaci la sola percentuale del 10% di responsabilità per ciascuno.
Argomenta la ricorrente che:
-col primo dei due capi, la Corte d’appello sarebbe incorsa in violazione o falsa applicazione degli artt. 1375, 1362 ss., 1932 e 1917 c.c., omettendo di considerare la valida clausola di limitazione della responsabilità prevista nella Polizza;
-col secondo dei due capi, la Corte d’appello sarebbe giunta ad attribuire ai sindaci una quota di responsabilità superiore a quella degli amministratori, in tal modo incorrendo nella violazione o falsa applicazione degli artt. 1298, 2055 e 2697 c.c.
1.3. In terzo luogo, il ricorso deduce la ‘illegittimità del capo della sentenza impugnata che ha pronunciato sulle transazioni intercorse nel corso del giudizio di appello i signori COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, da una parte, e la Marina di Nettuno, dall’altra parte’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello, nel prendere atto dell’intervento delle transazioni intervenute tra la società ed alcuni dei soggetti convenuti come responsabili nonché della
dichiarazione resa ex art. 1304 c.c. dall’odierno controricorrente e dall’altro originario convenuto NOME COGNOME di avvalersi delle transazioni, dichiarando conseguentemente che l’importo del debito doveva essere ridotto di quanto versato dai corresponsabili in base alle rispettive transazioni, sarebbe incorsa nella violazione o falsa applicazione degli artt. 1292 ss., 1304, 1311 e 1362 c.c.
Sostiene, infatti, che la Corte d’appello in tal modo ha omesso ‘di considerare anche l’ipotesi alternativa di versamento, da parte del debitore solidale a favore della Società, di un importo inferiore a quello corrispondente alla sua quota di responsabilità diretta dichiarata in sede di gradazione delle responsabilità, con conseguente obbligo di riduzione dell’importo del debito in misura pari all’importo corrispondente alla quota di responsabilità diretta del debitore solidale transigente’ , laddove la Cor te d’appello avrebbe dovuto ‘accertare e dichiarare che l’importo del danno dichiarato risarcibile deve essere ridotto:
per la transazione in cui il debitore solidale ha versato alla Marina di Nettuno un importo superiore a quello corrispondente alla sua quota di responsabilità diretta dichiarata in sede di gradazione delle responsabilità, dell’importo effettivamente corr isposto;
per la transazione in cui il debitore solidale ha invece versato alla Marina di Nettuno un importo inferiore a quello corrispondente alla sua quota di responsabilità diretta dichiarata in sede di gradazione delle responsabilità, dell’importo corrisponden te alla sua quota di responsabilità diretta’ .
Deduce, in particolare, che, per effetto della transazione, gli ex amministratori sono stati chiamati a corrispondere una somma inferiore (€ 400.000,00) rispetto a quella che sarebbe la loro quota complessiva di responsabilità (€ 1.969.595,00).
Questa Corte deve rilevare preliminarmente la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME non rinvenendosi la notifica nei confronti di quest’ultimo, sebbene lo stesso sia stato parte -contumace -del giudizio di appello e debba considerarsi litisconsorte necessario processuale per effetto della proposizione delle domande di rivalsa.
Non si ritiene, tuttavia, di disporre l’integrazione del contraddittorio, potendo nella specie trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, con la conseguenza che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
In secondo luogo -e preliminarmente -deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente NOME COGNOME
È ben vero, infatti, che il ricorso risulta confezionato con modalità non pienamente corrispondenti ad una formale individuazione dei
motivi di ricorso , al punto di omettere l’indicazione della rubrica dei motivi medesimi, limitandosi alla mera indicazione di titoli di paragrafi.
Nondimeno, il contenuto di tali paragrafi risulta sufficientemente univoco da consentire a questa Corte di procedere alla individuazione del vizio dedotto e quindi alla sua sussunzione nelle singole ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c.
4. Il primo motivo di ricorso è, tuttavia, infondato.
Il motivo, invero, viene a sindacare il giudizio di fatto espresso dalla Corte di merito nella parte in cui quest’ultima è giunta alla conclusione per cui nella specie non solo non era ravvisabile in capo all’odierno controricorrente un dolo diretto, ma non risultavano elementi probatori che consentissero di affermare la sussistenza di un dolo eventuale, sussistendo prova adeguata unicamente dell ‘elemento soggettivo dell a colpa grave.
Nel suo sviluppo argomentativo, anzi, il motivo rasenta l’inammissibilità , in quanto nel concreto si traduce nella sollecitazione, rivolta a questa Corte, a procedere ad una nuova valutazione delle prove, ulteriormente deducendo l a violazione dell’art. 2729 c.c. , laddove, secondo i principi reiteratamente enunciati da questa Corte, tale violazione si viene ad integrare unicamente quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 9054 del
21/03/2022) mentre costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023).
Il secondo motivo di ricorso deve invece ritenersi infondato quanto al primo dei profili dedotti ed inammissibile quanto al secondo.
Come già ricordato, infatti, il motivo viene a censurare la decisione impugnata sia quanto al mancato accoglimento del l’eccezione che limitava l’ operatività della polizza alla sola parte di responsabilità diretta dell’assicurato, escludendo ogni responsabilità derivante dal meccanismo della solidarietà, sia quanto alla determinazione della misura di responsabilità riconducibile ad amministratori e sindaci.
Il motivo, quindi, e viene ad operare una duplice deduzione, per cui la Corte d’appello :
sarebbe incorsa in violazione o falsa applicazione degli artt. 1375, 1362 ss., 1932 e 1917 c.c., omettendo di considerare la valida clausola di limitazione della responsabilità prevista nella Polizza;
sarebbe giunta ad attribuire ai sindaci una quota di responsabilità superiore a quella degli amministratori, in tal modo incorrendo nella violazione o falsa applicazione degli artt. 1298, 2055 e 2697 c.c.
L’infondatezza del primo profilo deriva in primo luogo dall’esser si la decisione impugnata conformata al principio -enunciato da questa Corte -per cui, in tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l’assicurato sia responsabile in solido con altri soggetti,
l’obbligo indennitario dell’assicuratore si estende all’intero importo dovuto al terzo danneggiato, solo in tal modo risultando attuata attraverso la conformazione della garanzia – la funzione, propria del suddetto contratto assicurativo, di liberare il patrimonio dell’assicurato dall’obbligazione risarcitoria (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 17656 del 20/06/2023; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20322 del 20/11/2012).
A fronte di tale dato fondamentale, le deduzioni della ricorrente risultano invece in gran parte non pertinenti, in quanto:
-la ricorrente sembra attribuire alla Corte d’appello l’affermazione per cui la clausola del contratto di assicurazione, laddove la decisione impugnata non contiene alcuna affermazione di tal fatta, essendosi la Corte d’appello limitata a procedere ad un’interpretazione della previsione contrattuale;
-del tutto anodini risultano i richiami alla buona fede integrativa di cui all’art. 1375 c.c., non avendo la ricorrente neppure specificato sotto quale profilo si sarebbe integrata una violazione del canone generale di buona fede;
-altrettanto indeterminato è il richiamo alla regola generale dell’art. 1932 c.c., la quale stabilisce l’ inderogabilità, se non in favore dell’assicurato , di una serie di previsioni relative al contratto di assicurazione;
-il motivo risulta del tutto inadeguato a censurare l’affermazione della Corte territoriale che costituisce ratio fondamentale della decisione sul punto, e cioè l’affermazione per cui ‘(…) non c’è dubbio che l’assicurato debba essere garantito dalla assicurazione per tutta la somma che questi dovesse essere tenuto a pagare anche in via solidale, atteso che viceversa verrebbe vanificata ingiustamente la portata
dell’art. 1917 c.c. che, senza operare alcuna distinzione, testualmente recita: (…)’ .
L’inammissibilità del secondo profilo discende dalla constatazione che lo stesso viene a censurare la valutazione operata dal giudice di merito in ordine alla percentuale di responsabilità attribuibile ai singoli organi sociali ed ai loro componenti, valutazione che la Corte d’appello ha operato in conformità proprio al precedente di questa Corte richiamato dalla ricorrente (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23581 del 22/11/2010) ed in ordine alla quale la ricorrente medesima viene a dedurre un profilo -l’esito concreto della ripartizione di r esponsabilità derivante dal numero di componenti dei singoli organi -che risulta del tutto contingente e non tale da poter concretamente incidere sull’applicazione del principio enunciato da questa Corte.
6. Il terzo motivo di ricorso, infine, è inammissibile.
Il motivo, infatti, presenta un duplice profilo di inammissibilità, costituito dal fatto che lo stesso, da un lato, che si sostanzia in un sindacato al giudizio di fatto compiuto dalla Corte d’appello e, dall’altro lato, risulta carente sul piano della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
Infatti, avendo la Corte territoriale ripartito la somma dovuta all’esito delle transazioni fra i due assicuratori in base ai rispettivi massimali, sarebbe stato onere della ricorrente -al fine di evidenziare quell’interesse ad impugnare che, non a caso, viene contestato dalla controricorrente NOME RAGIONE_SOCIALE -quello di specificare l’idoneità del diverso criterio di calcolo invocato nel motivo a condurre ad una determinazione di importo minore rispetto al massimale.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore di ciascuno dei controricorrenti
delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
8. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in € 8.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima