Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8776 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8776 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16431/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- nonché contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME E NOME COGNOME
-intimati avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 471/2019 depositata il 28/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano davanti al Tribunale di Firenze la RAGIONE_SOCIALE dalla quale avevano acquistato villette a
schiera in cui si erano manifestati vizi, in particolare, di insonorizzazione, perché fosse condannata al pagamento della somma necessaria ad eliminare i vizi o al risarcimento dei danni.
La convenuta chiamava in causa la propria compagnia di assicurazioni, spa RAGIONE_SOCIALE, la società appaltatrice della costruzione delle villette, RAGIONE_SOCIALE, il progettista e direttore dei lavori COGNOME NOME.
Quest’ultimo chiamava a sua volta in causa la RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale dichiarava ‘improponibile’ la domanda degli attori in ragione dell’intervenuto fallimento della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda degli attori nei confronti della società venditrice e del direttore dei lavori e condannava questi ultimi a pagamento degli importi corrispondenti al deprezzamento delle singole villette così come stimato tramite ctu. Tanto sul rilievo che il difetto di insonorizzazione riscontrato dal ctu ‘pregiudicava e menomava’ il normale godimento delle villette e non poteva essere eliminato in quanto le opere a ciò necessarie avrebbero coinvolto proprietà di terzi e avrebbero compromesso la fruibilità stessa degli immobili incidendo sulla dimensione delle scale interne.
La Corte di Appello accoglieva la domanda di manleva della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del progettista e direttore dei lavori per la misura del 50%.
Affermava che se la domanda di manleva nei confronti della appaltatrice fallita non fosse stata improcedibile, ‘vi sarebbe stata una responsabilità concorsuale di tutti i soggetti coinvolti nella esecuzione dell’opera: l’appaltatore/costruttore che non ha eseguito opere conformi alla rispondenza tecnica dei manufatti, il progettista COGNOME che non ha offerto le indicazioni tecniche per il rispetto deli requisiti acustici passivi e il direttore dei lavori (sempre il COGNOME) che, investito di tal incarico dalla committente
RAGIONE_SOCIALE, non ha fornito all’appaltatore le indicazioni necessarie per l’esecuzione delle opere e non ne ha controllato la corretta esecuzione. Le responsabilità si dovevano presumere uguali (art. 2055 c.c.) non essendo emersi elementi per differenziare le posizioni delle parti chiamate in causa (appaltatore e progettista/direttore). Tuttavia, data la dichiarazione di improcedibilità della domanda nei confronti del fallimento COGNOME, ne discende che la società RAGIONE_SOCIALE ha diritto di essere manlevata solo del 50% e dal solo AVV_NOTAIO COGNOME, trattandosi di azione di regresso ex artt. 1292 e 2053 c.c.’.
La Corte di Appello rigettava la domanda di manleva proposta da COGNOME NOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione della sentenza della Corte di Appello ricorrono COGNOME NOME, in via principale con quattro motivi, e la RAGIONE_SOCIALE, in via incidentale con un motivo. Quest’ultima chiede anche l’accoglimento del quarto motivo di ricorso principale.
La RAGIONE_SOCIALE si oppone, con controricorso, all’accoglimento dei primi due motivi del ricorso di COGNOME NOME.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato controricorso.
A seguito del decesso del difensore del ricorrente, questi si è ‘costituito nuovamente … a ministero dell’AVV_NOTAIO‘, con atto del 26 aprile 2022.
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso principale, COGNOME NOME, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. per avere la Corte di Appello
ritenuto non operante la garanzia in base ad una errata interpretazione del contratto tra esso ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di Appello ha evidenziato che le parti, in deroga alla condizione generale di ‘esclusione’ prevista ‘per i danni patrimoniali, derivanti al committente dalla mancata rispondenza delle opere all’uso per il quale sono destinate’, avevano pattuito con apposita clausola inserita nella ‘scheda di polizza’, che la garanzia era estesa ai danni ‘per le perdite patrimoniali cagionate al committente per gravi difetti dell’opera progettata e/o diretta che rendano inidonea l’opera all’uso a cui è destinata riscontrati entro tre mesi dalla data di ultimazione dei lavori e non successivamente al collaudo ove previsto’.
La Corte di Appello ha ritenuto inoperante la clausola in ragione del fatto che le villette erano state consegnate il 30 aprile 2007 mentre i vizi erano stati denunciati oltre i tre mesi e precisamente l’11 febbraio 2008.
Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha errato in quanto, per un verso, la clausola richiamata è specificamente riferita a vizi che rendano l’opera inidonea all’uso a cui è destinata mentre, per altro verso, i vizi riscontrati dalla Corte di Appello sono stati dalla stessa Corte ritenuti tali non da rendere l’opera inidonea all’uso ma da incidere sul valore dell’opera.
Sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto fare riferimento alla previsione generale per cui l’assicurazione copriva ‘la responsabilità civile per danni causati a terzi nell’espletamento delle prestazioni professionali …’.
2. Il motivo è fondato.
2.1. La clausola del contratto di assicurazione con cui era stato pattuito che la garanzia era estesa ai danni ‘per le perdite patrimoniali cagionate al committente per gravi difetti dell’opera progettata e/o diretta che rendano l’opera inidonea all’uso a cui è destinata riscontrati entro tre mesi dalla data di ultimazione dei
lavori a non successivamente al collaudo ove previsto’, è letteralmente riferita a difetti ‘che rendano l’opera inidonea all’uso’. La clausola stabilisce un termine decadenziale ancorato alla consegna o al collaudo in coerenza con l’immediata evidenza dei vizi che siano tali da rendere l’opera inidonea all’uso. La Corte di Appello ha applicato quella clausola in riferimento ad un difetto delle villette -‘difetto di isolamento acustico’ – che la stessa Corte di Appello stessa ha affermato poter (‘può’) ‘pregiudicare e menomare il normale godimento dell’immobile’. Non, quindi, in riferimento ad un vizio tale da rendere le villette inidonee all’uso a cui sono destinate.
In questo modo ha commesso un errore che può ricondursi a violazione dell’art. 1362 c.c. o di sussunzione della fattispecie concreta nella previsione contrattuale, non avendo considerato la clausola attinente all’oggetto dell’assicurazione ;
3. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., la ‘omessa applicazione dell’art. 1341, secondo comma, c.c.’.
Il ricorrente deduce che la clausola con cui la garanzia era stata resa operante per i danni ‘per le perdite patrimoniali cagionate al committente per gravi difetti dell’opera progettata e/o diretta che rendano inidonea l’opera all’uso a cui è destinata riscontrati entro tre mesi dalla data di ultimazione dei lavori a non successivamente al collaudo ove previsto’, era solo in apparenza una clausola che, sub specie di eliminazione di una ‘esclusione’, ampliava la copertura assicurativa garanzia essendo invece in realtà una clausola vessatoria ‘perché aggiunge senza evidenziare la circostanza un limite temporale alla garanzia comunque esistente’. Tanto dedotto e deducendo altresì che la clausola non era stata specificamente sottoscritta, il ricorrente assume che la questione della nullità della clausola vessatoria, in quanto mai sollevata prima
e quindi non coperta da alcun giudicato, possa essere sollevata in ogni stato e grado del processo;
Questo secondo motivo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del primo.
con il terzo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c. la ‘violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa applicazione dell’art. 1227 c.c.’ e l’ ‘omesso esame circa il fatto decisivo costituito dalla mancata specifica contestazione da parte della RAGIONE_SOCIALE ed ai sensi e per gli effetti dell’art. 115 c.p.c. dell’eccezione proposta ex art. 1227 c.c. circa il concorso colposo del preteso creditore (l’RAGIONE_SOCIALE) nel determinare il danno non avendo eccepito la decadenza e la prescrizione’ nei confronti degli originari attori. Il ricorrente, sempre in relazione alla dedotta ‘mancata specifica contestazione da parte della RAGIONE_SOCIALE … dell’eccezione proposta ex art. 1227 c.c.’, lamentata la violazione anche dell’art. 116 c.p.c. ‘per non avere la Corte di Appello rilevato la mancata specifica contestazione’.
Nel corpo del motivo si sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto ritenere che era ‘era la RAGIONE_SOCIALE a dover eccepire la decadenza e la prescrizione’ nei confronti degli attori e non avrebbe dovuto ‘certo l’AVV_NOTAIO COGNOME‘ onerato di tali eccezioni.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
6.1. È infondato per quanto riferito alla violazione dell’art. 112 c.p.c.
Non sussiste alcun difetto di pronuncia posto che la Corte di Appello ha dato conto della eccezione per cui ‘l’AVV_NOTAIO COGNOME continua a sostenere il fatto colposo della chiamante RAGIONE_SOCIALE per non avere eccepito tanto la decadenza quanto la prescrizione della relativa azione da parte degli attori’ ed ha risposto alla eccezione esplicitamente evidenziando che i vizi ‘risultava[no
essere stati] denunziati quando ne hanno avuto conoscenza’ e che a fronte di ciò ‘niente era stato allegato in punto di tempistiche’ con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva o avrebbe dovuto sollevare le eccezioni’.
6.2. È inammissibile in relazione alla denuncia di violazione dell’art. 115 c.p.c., per intrinseca contraddittorietà posto che lo stesso ricorrente -nel corpo del motivoevidenzia che, ‘nella prima memoria del primo grado a pagina 8′, l’RAGIONE_SOCIALE aveva contestato ‘integralmente le argomentazioni e le eccezioni sollevate nei suoi confronti dall’ AVV_NOTAIO in specie riguardo alle presunte prescrizioni e decadenze’. Per questa ragione assorbente il motivo è parimenti inammissibile in relazione alla denuncia di violazione dell’art. 116 c.p.c. che duplica la denuncia di violazione dell’art. 115 c.p.c. e che, secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe commesso ‘per non aver valutato l’elemento di prova dato dalla mancata contestazione’. Va aggiunto che in relazione all’ipotesi in cui il giudice non valorizzi la mancata contestazione di un fatto, mentre è correttamente evocabile l’art. 115 c.p.c. l’evocazione dell’art. 116 c.p.c. è del tutto fuori luogo. ‘ La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento’ (Cass. Sez.
U , Sentenza n. del 30/09/2020);
con il quarto motivo di ricorso viene denunciato ‘in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., la violazione dell’art.
112 c.p.c. per omessa motivazione e omessa decisione sulla richiesta di rinnovazione/integrazione della ctu e/o sulla eccezione di nullità per omesso esame di fatti idonei a ridurre il danno (soluzioni tecniche) prospettate dal CTP e omesse dal CTU con violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e al contraddittorio in condizione di parità ‘(art. 111 Cost) con pronuncia che viola (art. 113 c.p.c) le norme su indicate’.
7. Il motivo è inammissibile in quanto basato su una mescolanza di deduzioni con cui il ricorrente mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (v. Cass, 3397/2024).
Nel motivo sono contenuti riferimenti a doglianze incompatibili logicamente quali quella di omessa pronuncia e quella di difetto di motivazione, si ha riguardo indistintamente ad ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., si evocano norme che non hanno alcuna connessione con la sentenza impugnata quali l’art. 113 c.p.c., si deducono errori del CTU -che avrebbe correlato la gravità dei difetti riscontrati ‘all’art. 1669 c.c. mentre tutta la sentenza fa riferimento al titolo giuridico di compravendita’ -, si sostiene che il consulente di parte avrebbe inviato al consulente d’ufficio ‘schede tecniche’ per la soluzione dei problemi di insonorizzazione, che il consulente d’ufficio non avrebbe tenuto di tali schede e viene affermato -senza che possa individuarsi un nesso logico giuridico tra premessa e conseguenze- che la condotta del ctu si ‘riflette pesantemente sulla identificazione del titolo della domanda e sulla sua quantificazione’ e ha inciso sul diritto di difesa e sul diritto al contraddittorio e sul diritto alla prova del ricorrente;
8. con il motivo di ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE lamenta violazione ‘dei principi sulla solidarietà nelle obbligazioni’ per avere la Corte di Appello accolto solo nella misura del 50% la domanda di manleva di essa RAGIONE_SOCIALE contro il progettista e direttore dei lavori.
8.1. Il motivo è fondato.
Va premesso che, ‘in tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale’ (Cass. Sez. 2 – , Sentenza n.18289 del 03/09/2020).
La Corte di Appello, accertata la responsabilità dell’appaltatrice e del progettista e direttore dei lavori nella determinazione del danno subito dalla committente, ritenute le quote di responsabilità paritarie in applicazione dell’art. 2055, comma 3, c.c. (‘Le responsabilità si dovevano presumere eguali (art. 2055 c.c.), non essendo emersi elementi per differenziare le posizioni delle parti chiamate in causa (appaltatore e progettista/direttore dei lavori)’) , ha affermato che, data la improcedibilità della domanda di manleva nei confronti della appaltatrice (in quanto fallita), la domanda di manleva della committente nei confronti del direttore dei lavori e progettista potesse essere accolta non per l’intero danno bensì solo per la metà del danno.
La Corte di Appello ha errato in quanto ha sovrapposto il piano della responsabilità solidale dell’appaltatrice e del progettista e direttore dei lavori nei confronti della committente con il piano della ripartizione interna, tra progettista e direttore dei lavori, delle quote di responsabilità.
Avrebbe dovuto porre l’attenzione solo sul primo dei due piani: i n tema di appalto, la responsabilità dell’appaltatore e del progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso a determinare il danno subito dal committente, è improntata al vincolo della solidarietà, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2055, comma 1, e 1292 c.c. (v. Cass. Sez. 2, sentenza n.20294 del 14/10/2004 : ‘In tema di contratto di appalto, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori (ovvero del progettista), entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse’) ; la committente in forza del vincolo di solidarietà tra i due suoi condebitori aveva diritto di ottenere da ciascuno di essi il totale del risarcimento del danno subito.
La questione della ripartizione delle quote di responsabilità ha rilevanza solo interna nei rapporti tra i condebitori in relazione alla possibilità di quello che abbia pagato il creditore per l’intero di rivalersi verso l’altro;
10. in conclusione, il ricorso principale va accolto limitatamente al primo motivo, restando il secondo assorbito ed essendo il terzo e il quarto motivo inammissibili, il ricorso incidentale va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese;
PQM
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo, dichiara inammissibili il terzo e il quarto motivo; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata
e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese.
Roma 20 marzo 2024.
Il Presidente NOME COGNOME