Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32950 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 32950 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 27459/2019) proposto da:
R.G.N. 27459/19
U.P. 3/12/2024
Cessione a titolo oneroso aree edificabili -Costituzione consorzio -Equiparazione del prezzo all’indennità di espropriazione corrisposta
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
Comune di ARZERGRANDE (C.F.: P_IVA, in persona del Sindaco pro -tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME in forza di deliberazione di Giunta comunale n. 89 del 25
settembre 2019, giusta procura in calce al controricorso e all’atto di costituzione di nuovo difensore depositato il 9 ottobre 2024;
-controricorrente –
nonché
COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: GRF PLG CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: GRF LCU 67T43 L270W), COGNOME NOME (C.F.: GRF MCR 59T44 L270W), Consorzio RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , e RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2107/2019, pubblicata il 22 maggio 2019, notificata a mezzo PEC il 14 giugno 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente e l’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 2651/2007 del 3 agosto 2007, il Tribunale di Padova ingiungeva, verso il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Arzergrande e i consorziati RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, il pagamento, in favore del Comune di Arzergrande, della somma di euro 201.864,72, a titolo di saldo dell’indennità di espropriazione corrisposta dalla cedente, oltre interessi legali, e della somma di euro 32.173,95, a titolo di rimborso parziale delle spese del giudizio di opposizione all’indennità di esproprio, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio davanti alla Corte d’appello e di rimborso parziale delle spese di consulenza tecnica d’ufficio, oltre interessi legali, in ragione della clausola contenuta nel rogito di cessione delle aree del 4 settembre 1992, secondo cui, attesa la corrispondenza del prezzo di cessione all’indennità definitiva di esproprio, le parti erano obbligate al relativo conguaglio, come confermato dalla responsabilità solidale assunta dai consorziati nel contratto di cessione del 28 febbraio 1996, anche in caso di scioglimento del Consorzio.
Con atto di citazione notificato il 23 ottobre 2007, NOME proponeva opposizione avverso l’emesso provvedimento monitorio, eccependo: A) la propria non debenza del pagamento delle somme pretese, in quanto l’atto di compravendita del 4 settembre 1992 aveva avuto ad oggetto due distinti acquisti, posti
in essere dal Consorzio quale procuratore speciale -come da procure conferite con il verbale di assemblea del Consorzio del 31 agosto 1992 -di ciascun singolo consorziato, riguardanti rispettivamente, in nome e per conto della consorziata Selve, i terreni espropriati ai Coin e, in nome e per conto del consorziato Canale, il solo terreno di proprietà comunale non oggetto di alcuna espropriazione, inserito nel nuovo catasto terreni al foglio n. 4, mappale n. 1156; B) l’inesistenza di una propria responsabilità solidale, poiché il Consorzio aveva agito per i mappali espropriati nel solo interesse della consorziata Selve, sicché la responsabilità di cui all’art. 2615, primo comma, c.c. avrebbe dovuto applicarsi ad esclusivo carico del fondo consortile oppure, in estremo limite, in via concorrente, a carico della sola consorziata Selve, ai sensi dell’art. 2615, secondo comma, c.c.; C) la natura meramente ricognitiva -degli impegni già assunti dalle parti con il rogito del 4 settembre 1992 -della clausola di cui al rogito del 28 febbraio 1996; D) in ogni caso, la non debenza delle ulteriori somme pretese a titolo di spese legali, processuali e di consulenza tecnica d’ufficio rispetto all’indennità di esproprio.
Anche il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Arzergrande, la consorziata RAGIONE_SOCIALE nonché i soci RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano opposizione.
Si costituiva nei giudizi di opposizione il Comune di Arzergrande, il quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, delle ricostruzioni avversarie, concludendo per il rigetto delle opposizioni.
I giudizi erano riuniti.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1484/2014, depositata il 14 maggio 2014, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto, sostenendo che, in base alle clausole dei rogiti del 4 settembre 1992 e del 28 febbraio 1996, era configurabile la responsabilità del Canale quale consorziato, dovendo considerarsi parte contrattuale dell’acquisto il solo Consorzio e non i singoli consorziati e degradando le intestazioni dei beni ai consorziati a meri accordi interni, cui doveva considerarsi estraneo il Comune.
Rilevava altresì che il debito si estendeva anche agli accessori, poiché l’operazione doveva concludersi a costo zero per l’Amministrazione, ai sensi della normativa regionale di riferimento (legge Regione Veneto n. 61/1985).
2. -Con atto di citazione notificato il 5 dicembre 2014, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado NOME GiuseppeCOGNOME il quale lamentava: 1) l’erronea affermazione della sua qualità di coobbligato solidale con gli altri consorziati per il pagamento del conguaglio, con la correlata erronea interpretazione delle clausole contenute nel contratto del 4 settembre 1992, intervenuto tra il Comune di Arzergrande, quale cedente, e ciascuno dei singoli consorziati acquirenti dei rispettivi mappali, rappresentati dal Consorzio intervenuto quale mandatario con poteri di rappresentanza dei consorziati, come comprovato dalla spendita del nome dell’appellante da parte del Consorzio con riferimento all’acquisto del mappale n. 1156, Consorzio che aveva quindi acquistato in nome e per conto del Canale, sicché l’effetto traslativo si era perfezionato direttamente tra il Comune e il Canale, da un lato, e il Comune e Selve RAGIONE_SOCIALE,
dall’altro, con la conseguenza che gli obblighi di pagamento del conguaglio dell’indennità di esproprio non erano riferibili e imputabili alla posizione del Canale, non interessato dalla procedura ablativa; 2) la mancata rilevazione della nullità della clausola contenuta nell’atto del 28 febbraio 1996, in quanto implicante un accollo con efficacia esterna, assunto dal Canale e da Selve, di un debito gravante sul Consorzio a favore del Comune, come tale privo di causa e/o di oggetto, che avrebbe comportato l’assunzione, a cura dei consorziati, di un’obbligazione di garanzia in relazione ad un’obbligazione principale non ancora sorta, e quindi futura, senza la previsione di un importo massimo garantito; 3) l’esclusione dal rimborso dovuto al Comune, per quanto pagato agli espropriati dissenzienti a seguito della maggiore indennità stabilita dalla Corte d’appello in sede di rinvio, degli accessori, quali spese legali, compenso di consulenza tecnica d’ufficio, attenendo il conguaglio alla sola copertura dell’indennità di esproprio; 4) l’omessa pronuncia sulla domanda proposta dal Canale verso gli altri consorziati.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione il Comune di Arzergrande, il quale instava per il rigetto del gravame.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, in base alle disposizioni della legge urbanistica della Regione Veneto n. 61/1985 -che stabiliva le regole da seguire in caso di lottizzazione alla quale non avessero inteso aderire tutti gli aventi
titolo, ma solo la maggioranza rappresentante almeno i tre quarti del valore degli immobili del comparto -, unicamente il Consorzio costituito da detta maggioranza sarebbe stato legittimato ad acquistare gli immobili espropriati e obbligato a corrispondere al Comune la versata indennità di esproprio degli immobili appartenenti agli aventi titolo dissenzienti; b ) che il Consorzio -dopo avere ottenuto l’esproprio a proprio favore delle aree degli aventi titolo dissenzienti -aveva raggiunto un accordo interno per cedere dette aree unicamente al consorziato RAGIONE_SOCIALE, mentre altra area acquistata dal Comune, non proveniente da esproprio, doveva essere ceduta a Canale Giuseppe; c ) che l’atto con cui era stata data esecuzione a tale accordo interno, all’evidente fine di risparmiare i costi di un doppio passaggio di proprietà, era stato impostato come un trasferimento diretto degli immobili espropriati dal Comune a RAGIONE_SOCIALE e di quelli non oggetto di esproprio dal Comune al Canale, forzando il dettato normativo e la delibera del Comune; d ) che nel contratto del 4 settembre 1992 erano chiaramente enunciati i due passaggi: 1) all’inizio era convenuto che il Comune di Arzergrande vendesse al Consorzio il terreno, senza spendere il nome di ulteriori acquirenti, con ciò rendendo evidente che il Comune non intendeva trasferire la proprietà ad un singolo consorziato, il quale mai avrebbe potuto beneficiare di un esproprio diretto a suo favore; 2) solo nel prosieguo dell’atto era stabilito che il Consorzio acquistasse le aree oggetto di esproprio in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE e quelle non oggetto di esproprio in nome e per conto di Canale Giuseppe, senza che peraltro vi fosse un’espressa adesione del Comune; e ) che tale ultima previsione aveva consentito di ottenere la trascrizione e la
voltura catastale delle aree in oggetto direttamente in favore dei soggetti interessati al loro acquisto finale, benché ciò apparisse censurabile dal punto di vista tecnico, in quanto la spendita del nome degli acquirenti finali doveva avvenire fin dall’inizio e non dopo aver declinato la convenzione del trasferimento come se lo stesso avvenisse nei confronti del Consorzio, al punto di prevedere testualmente che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Arzergrande accettava ed acquistava il terreno; f ) che, nella sostanza, era avvenuta la cessione da parte del Comune al Consorzio, nell’interesse di tutti i consorziati, delle aree espropriate, al prezzo corrispondente all’indennità di esproprio, e la successiva cessione di dette aree da parte del Consorzio a Selve, in virtù di un diverso e ulteriore accordo, con l’effetto che tutti i consorziati erano solidalmente responsabili nei confronti del Comune per il pagamento dell’indennità definitiva di esproprio; g ) che il Consorzio aveva agito per conto dei consorziati, ma in nome proprio, operando quale loro mandatario, con la conseguenza che tale sua qualifica giuridica avrebbe dovuto importare la responsabilità del solo Consorzio per le obbligazioni assunte verso i terzi e l’inammissibilità di azioni del terzo contraente nei confronti del consorziato, fatta salva la deroga ex art. 2615, secondo comma, c.c. della responsabilità del singolo consorziato in cumulo con quella del Consorzio che aveva agito per suo conto, con la creazione, per effetto di questo vincolo solidale, di una duplicità di legittimazioni passive, quella del Consorzio e quella del consorziato, in via alternativa o cumulativa; h ) che, pertanto, con l’atto del 26 ( recte 28) febbraio 1996 era stato soltanto riconfermato l’obbligo dei consorziati di pagare il prezzo della
cessione, senza peraltro che vi fosse una garanzia assunta per un’obbligazione futura, bensì per un’obbligazione già sorta, i cui limiti erano determinabili e individuabili per relationem , una volta concluso il procedimento che doveva determinare l’entità definitiva dell’indennità di esproprio; i ) che il rimborso da corrispondersi al Comune, per quanto pagato agli espropriati dissenzienti a seguito della maggiore indennità stabilita dalla Corte d’appello, doveva essere totale, ossia comprensivo di interessi e spese giudiziali, alla luce della legislazione regionale in base alla quale l’intervento del Comune era solo finalizzato a procedere all’espropriazione dei terreni in esclusivo favore del Consorzio e dei consorziati, senza che lo stesso dovesse sostenere alcun costo a seguito dell’acquisizione coattiva dei terreni.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, COGNOME NOMECOGNOME
Ha resistito, con controricorso, il Comune di Arzergrande.
Sono rimasti intimati COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Arzergrande RAGIONE_SOCIALE Selve RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, le parti costituite hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza
impugnata per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. per manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte di merito -per un verso -individuato la responsabilità solidale del consorziato NOMECOGNOME ritenendo che sussistesse un primo acquisto delle aree da parte del Consorzio nell’interesse dei consorziati, ai sensi dell’art. 2615, secondo comma, c.c., con successiva cessione delle aree espropriate da parte del Consorzio nei confronti della consorziata Selve, in virtù di un diverso ulteriore accordo, e -per altro verso -sostenuto, invece, che -all’evidente fine di risparmiare i costi di un doppio passaggio di proprietà -vi era stato un trasferimento diretto degli immobili espropriati dal Comune a Selve S.n.cRAGIONE_SOCIALE e di quelli non oggetto di esproprio dal Comune al Canale; determinandosi così un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
Osserva l’istante che l’affermazione circa il doppio passaggio di proprietà, per effetto dell’atto di acquisto del 4 settembre 1992, prima, dal Comune al Consorzio e, poi, dal Consorzio a ciascuno dei consorziati sarebbe incompatibile con l’affermazione del trasferimento diretto degli immobili espropriati dal Comune a Selve e di quelli non oggetto di esproprio dal Comune al Canale, con la conseguente trascrizione e voltura catastale delle aree in oggetto direttamente in favore dei soggetti interessati al loro acquisto finale.
1.1. -Il motivo è fondato.
Ed invero la sentenza impugnata ha confermato la responsabilità solidale del Consorzio e dei consorziati a corrispondere al Comune l’indennità di esproprio versata agli
aventi titolo dissenzienti (rispetto al piano di lottizzazione) sull’assunto secondo cui nella fattispecie, attraverso l’atto del 4 settembre 1992, si fosse perfezionata la cessione da parte del Comune al Consorzio, nell’interesse di tutti i consorziati, delle aree espropriate (appunto includendo nel prezzo la corresponsione dell’indennità di esproprio versata dal Comune agli espropriati), con la successiva cessione di dette aree espropriate, da parte del Consorzio, a Selve, in virtù di un diverso e ulteriore accordo contenuto nello stesso atto.
A supporto di questa ricostruzione la pronuncia si è riferita al fatto che il Consorzio -dopo avere ottenuto l’esproprio, a proprio favore, delle aree di proprietà degli aventi titolo dissenzienti -aveva raggiunto un accordo interno per cedere dette aree unicamente al consorziato RAGIONE_SOCIALE, mentre altra area acquistata dal Comune, non proveniente da esproprio, doveva essere ceduta a Canale Giuseppe.
Dopodiché -in termini del tutto contraddittori -la sentenza d’appello ha sostenuto che l’atto con cui era stata data esecuzione a tale accordo interno, all’evidente fine di risparmiare i costi di un doppio passaggio di proprietà, era stato impostato come un ‘trasferimento diretto’ degli immobili espropriati dal Comune a Selve S.nRAGIONE_SOCIALE e di quelli non oggetto di esproprio dal Comune al Canale, forzando il dettato normativo e la delibera del Comune, previsione, quest’ultima, che aveva consentito di ottenere la trascrizione e la voltura catastale delle aree in oggetto direttamente (dal Comune) in favore dei soggetti interessati al loro acquisto finale.
Sicché, come espressamente argomentato dalla Corte d’appello, nel contratto sarebbero coesistiti due passaggi (tra essi incompatibili): 1) all’inizio era convenuto che il Comune di Arzergrande vendesse al Consorzio il terreno, senza spendere il nome di ulteriori acquirenti, con ciò rendendo evidente che il Comune non intendeva trasferire la proprietà ad un singolo consorziato, il quale mai avrebbe potuto beneficiare di un esproprio diretto a suo favore; 2) solo nel prosieguo dell’atto era stabilito che il Consorzio acquistasse le aree oggetto di esproprio in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE e quelle non oggetto di esproprio in nome e per conto di Canale Giuseppe, senza che peraltro vi fosse un’espressa adesione del Comune.
Da una parte, si è dunque evidenziato che il Consorzio avrebbe agito nell’interesse dei consorziati ma in nome proprio (mero rapporto gestorio), dall’altra, si è rilevato che il Consorzio avrebbe agito in nome e per conto dei consorziati, con la conseguente integrazione di una fattispecie di rappresentanza diretta mediante spendita del nome ( contemplatio domini ), tale da giustificare la produzione degli effetti negoziali immediatamente nella sfera giuridico-patrimoniale dei consorziati rappresentati.
Le due affermazioni sono inconciliabili e non vi è una comprensibile argomentazione che consenta di propendere per la prima ricostruzione.
Infatti, a fronte delle contraddizioni riportate ed eventualmente desumibili dal testo del contratto, non è stata fornita un’adeguata prospettazione idonea a sciogliere il nodo sui termini di perfezionamento degli accordi. E, di conseguenza, sulla valenza negoziale del successivo atto del 28 febbraio 1996.
E segnatamente non è stata fornita una lineare argomentazione giustificativa dell’operatività del disposto di cui all’art. 2615, secondo comma, c.c., a mente del quale per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio ‘per conto’ dei singoli consorziati rispondono questi ultimi solidamente col fondo consortile.
In tale evenienza il consorzio si atteggia quale organizzazione autonoma avente, nell’attività di gestione svolta, rilevanza esterna, sicché, nel contattare con i terzi, opera quale mandatario dei consorziati, senza bisogno di spenderne il nome, con la conseguenza che l’obbligazione sorge in capo ad essi per il solo fatto che sia stata assunta nel loro interesse (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6569 del 09/03/2020; Sez. 3, Sentenza n. 3664 del 21/02/2006; Sez. 1, Sentenza n. 3829 del 16/03/2001; Sez. 1, Sentenza n. 9509 del 27/09/1997; Sez. 2, Sentenza n. 6822 del 16/11/1983).
Ove, per contro, il consorzio agisca, nei rapporti con i terzi, in rappresentanza dei consorziati, è necessario innanzitutto verificare se l’atto costitutivo e lo statuto prevedano la spendita del nome dei consorziati mentre, nel silenzio dell’atto costitutivo e dello statuto, occorre prendere in esame i singoli negozi a cui ha partecipato il consorzio allo scopo di individuare i poteri concretamente esercitati, in base ad un complessivo apprezzamento degli interessi perseguiti e tenendo conto del comportamento del consorzio e dei consorziati sul piano civilistico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24703 del 17/08/2023).
Emerge, in conseguenza, un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, tanto da implicare la perplessità ed
obiettiva incomprensibilità della decisione, vizio risultante dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, e riconducibile al dettato di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
2. -Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1388 c.c. e dell’art. 62, secondo comma, della legge Regione Veneto n. 61/1985, per avere la Corte d’appello ritenuto che gli effetti del contratto si fossero prodotti in favore del Consorzio e non dei consorziati, nonostante avesse accertato la sussistenza dell’avvenuta spendita del nome dei consorziati all’interno dell’atto, spendita che sarebbe stata decisiva ai fini di determinare gli effetti unicamente e direttamente nella sfera giuridica dei rappresentati.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., per avere la Corte territoriale reputato che, all’interno dello stesso rogito del 4 settembre 1992, coesistessero due cessioni autonome e successive, qualificando il Consorzio come parte contrattuale acquirente autonoma.
Tale conclusione sarebbe stata sostenuta facendo affidamento sulla ritenuta inesistenza di una spendita del nome ‘fin dall’inizio’ dei consorziati, cosicché sarebbe stata adottata una
lettura settoriale, separata, limitata ad alcune parti dell’atto, non collegate con le altre.
4. -Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale tralasciato di fare riferimento alle seguenti circostanze: A) l’avvenuta costituzione del Consorzio nell’atto di cessione non in proprio ma in rappresentanza, quale procuratore speciale delle ditte consorziate, e nei limiti dei poteri autorizzativi di cui alla procura speciale allegata sub E, sicché, fin dall’inizio, sarebbe stato inequivoco il ruolo del Consorzio di solo procuratore speciale delle singole ditte consorziate; B) la procura speciale allegata sub E, che avrebbe trasmesso al Consorzio il solo potere di acquistare, in nome e per conto dei singoli consorziati, separati beni e precisamente per il Canale l’area non oggetto di esproprio mentre per la RAGIONE_SOCIALE i beni espropriati; C) la delibera consortile del 31 agosto 1992 -allegato sub D al rogito del 4 settembre 1992 -, che av rebbe stabilito l’acquisto diretto delle separate aree in questione da parte dei rispettivi consorziati Selve e Canale Giuseppe, dando, al riguardo, mandato al presidente del consiglio del Consorzio solo di acquistare dal Comune, in nome e per conto dei consorziati, i beni poi loro trasferiti con il rogito; D) il chiaro riferimento nel corpo dell’atto di vendita alla spendita del nome dei consorziati da parte del Consorzio; E) la consapevolezza del Comune del fatto che il Consorzio si sarebbe costituito quale procuratore speciale dei singoli consorziati, con l’accettazione, a cura del Comune, dell’acquisto effettuato per conto e in nome dei consorziati
medesimi mediante la sottoscrizione del contratto in calce, dopo la dichiarazione di spendita del nome; F) lo statuto del Consorzio RAGIONE_SOCIALE, che, all’art. 2, lett. d, avrebbe previsto espressamente tra gli scopi dell’ente quello di procedere con la richiesta di attivazione delle procedure di esproprio, ai sensi degli artt. 60 e 62 della legge Regione Veneto n. 61/1985, nei confronti dei proprietari o comproprietari aventi titolo dissenzienti e all’assegnazione anche ai singoli consorziati, in alternativa all’assegnazione al Consorzio.
Nel corpo dello stesso motivo il ricorrente estende le doglianze, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., anche alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2615, primo e secondo comma, c.c., per avere la Corte distrettuale prospettato una responsabilità solidale e concorrente dei consorziati con il Consorzio, sebbene, allorché il consorzio agisca in nome proprio ma nell’interesse di tutti i consorziati, si applichi la regola dell’esclusiva responsabilità del fondo consortile, applicandosi la regola della responsabilità dell’impresa e del fondo consortile solo nell’ipotesi in cui il consorzio agisca in nome proprio ma nell’interesse di un’impresa consorziata.
Per l’effetto, il ricorrente adduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, avendo la sentenza impugnata ricostruito, sotto il profilo fattuale, l’acquisto che il Consorzio avrebbe perfezionato dal Comune, in ragione del rogito del 4 settembre 1992, come avvenuto nell’interesse di tutti i singoli consorziati, omettendo l’esame della delibera del 31 agosto 1992, secondo cui le aree espropriate sarebbero state
acquistate separatamente in nome e per conto del consorziato Selve e quelle comunali solo in nome e per conto del consorziato NOME ovvero separatamente per ciascun consorziato.
5. -Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., per avere la Corte del gravame ritenuto che l’obbligo dei consorziati di pagare il prezzo della cessione fosse confermato dal rogito del 28 febbraio 1996, attesa la sua portata meramente ricognitiva.
Espone l’istante che la determinabilità per relationem dell’oggetto della prestazione avrebbe presupposto l’esistenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione, di tutti gli elementi concreti cui rifarsi per avere conoscibilità in ordine alla determinazione dell’oggetto, sicché non sarebbe stata determinabile l’obbligazione di pagamento di somme, i cui parametri fossero stati ancora in divenire dopo l’assunzione dell’impegno.
6. -Con il sesto motivo il ricorrente rileva, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello affermato che i limiti della garanzia sarebbero individuabili per relationem una volta concluso il procedimento di determinazione della definitiva indennità di esproprio, tralasciando di considerare: A) che alla data del 28 febbraio 1996, data di stipula del rogito di ritrasferimento, non era an cora pendente il contenzioso di opposizione all’indennità di stima e comunque non sussisteva una decisione di riconoscimento dell’indennità, che sarebbe stata accertata solo nel 2006, sicché
non vi sarebbero stati i criteri per determinare l’indennità; B) che l’obbligazione di pagamento del conguaglio dell’indennità era sorta con la sentenza di riconoscimento della maggiore indennità, che la Corte medesima aveva collocato in epoca successiva al 28 febbraio 1996.
Con l’ulteriore rilievo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54, primo comma, del T.U. edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001, secondo cui, con l’opposizione alla stima, la domanda è volta ad ottenere la determinazione giudiziale dell’indennità, con il corollario del collocamento del sorgere dell’obbligazione, e della relativa determinabilità, al solo momento di accertamento giudiziale dell’indennità medesima.
E con la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362, 1363, 1364 e 1366 c.c., per avere la Corte d’appello interpretato la clausola di cui al punto 4 del rogito del 28 febbraio 1996 -che richiamava la clausola pattizia sul prezzo della cessione -nel senso della configurabilità di una garanzia sull’obbligazione di pagare il conguaglio-prezzo già esistente e determinabile nel relativo ammontare, quando, al contrario, la misura definitiva dell’indennità di esproprio sarebbe stata ancora inesistente, in violazione delle regole ermeneutiche che avrebbero imposto la ricerca della comune intenzione dei contraenti, la ricostruzione della volontà pattizia alla luce del complessivo significante del testo contrattuale, il riferimento all’oggetto della contrattazione e una valutazione del significato degli impegni e dei patti improntata al principio di lealtà e correttezza.
Afferma, ancora, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia sul secondo motivo di appello, quanto alla dedotta non debenza del Canale, in ragione del recesso unilaterale esercitato ex art. 1373 c.c., con la conseguente estinzione dell’obbligazione di garanzia assunta.
7. -Con il settimo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 62, secondo comma, della legge Regione Veneto n. 61/1985, per avere la Corte di secondo grado confermato il riconoscimento, in favore del Comune, anche del credito collegato non al conguaglio per l’indennità definitiva di esproprio, ma alle spese di lite che il Comune aveva dovuto sopportare, in spregio al dettato della legge regionale, che avrebbe previsto, quale corrispettivo per la cessione, il solo costo rappresentato dall’indennità di esproprio.
8. -L’ottavo motivo del ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte veneziana riconosciuto il diritto alla corresponsione anche delle somme sborsate dal Comune per spese, senza che gli accordi del 4 settembre 1992 e del 28 febbraio 1996 si riferissero a tale voce, in violazione del dovere di pronunciare nei limiti della domanda, ossia dei fatti costitutivi della pretesa azionata, fondata sulla previsione secondo cui il prezzo della cessione sarebbe stato pari a quello dell’esproprio, con l’effetto che le parti si sarebbero
obbligate reciprocamente a versare l’eventuale differenza derivante dalla determinazione definitiva dell’indennità.
-Il nono (subordinato) motivo del ricorso riguarda, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2615, secondo comma, c.c. e degli artt. 61 e 62 della legge Regione Veneto n. 61/1985, per avere la Corte d’appello prospettato la responsabilità solidale di NOME senza confinare tale responsabilità entro i limiti della sua quota consortile.
-I precedenti motivi sono assorbiti dall’accoglimento del primo (pregiudiziale) motivo, in quanto da esso dipendenti.
11. -In definitiva, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, con la necessità di una rinnovata ponderazione dei termini della cessione del 4 settembre 1992, mentre i residui motivi sono assorbiti.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla
Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda