Responsabilità Solidale Appalto: Pagare i Dipendenti Giustifica il Mancato Pagamento alla Ditta?
La responsabilità solidale appalto è un principio fondamentale nel diritto del lavoro, pensato per proteggere i lavoratori garantendo il pagamento delle loro retribuzioni. Ma cosa succede se il committente, per tutelare i dipendenti dell’appaltatore, decide di pagarli direttamente, trattenendo le somme dovute all’impresa? Un’ordinanza della Corte di Cassazione, che dichiara l’estinzione di un procedimento a seguito di un accordo, offre spunti cruciali su questo tema, consolidando l’orientamento dei giudici di merito.
I Fatti del Caso
Una fondazione committente aveva affidato un appalto di servizi a una società cooperativa. Quest’ultima, a fronte di fatture non pagate per un valore di oltre 122.000 euro, otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti della fondazione. La fondazione si opponeva, sostenendo di aver già pagato tale somma, ma non alla cooperativa, bensì direttamente ai dipendenti di quest’ultima. La ragione di tale scelta risiedeva nel fatto che i lavoratori, non ricevendo lo stipendio, avevano avviato una procedura esecutiva contro la loro datrice di lavoro (la cooperativa), ottenendo l’assegnazione dei crediti che quest’ultima vantava nei confronti della fondazione committente.
La Decisione dei Giudici di Merito e la Responsabilità Solidale Appalto
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto l’opposizione della fondazione. I giudici hanno chiarito un punto essenziale: la responsabilità solidale appalto, prevista dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, obbliga il committente a rispondere, insieme all’appaltatore, per i crediti retributivi e contributivi dei lavoratori. Tuttavia, questo non conferisce al committente il diritto di sospendere i pagamenti dovuti all’appaltatore per sostituirsi a lui nel saldo delle retribuzioni.
Secondo la Corte d’Appello, il credito della cooperativa era esigibile e non contestato. La solidarietà prevista dalla legge non rende il credito dell’appaltatore inesigibile. La fondazione, quindi, non poteva legittimamente rifiutarsi di pagare la cooperativa. Il percorso giuridicamente corretto sarebbe stato un altro: pagare il corrispettivo alla cooperativa e, qualora fosse stata chiamata a pagare anche i dipendenti, esercitare un’azione di regresso contro l’appaltatore per recuperare le somme versate.
L’Epilogo in Cassazione: Estinzione del Giudizio
La fondazione ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione. Tuttavia, prima che la Suprema Corte potesse pronunciarsi nel merito, le parti hanno raggiunto una definizione stragiudiziale della lite. La fondazione ricorrente ha rinunciato al ricorso e la società cooperativa ha accettato la rinuncia. Di conseguenza, la Corte di Cassazione non ha emesso una sentenza sul principio di diritto, ma si è limitata a dichiarare l’estinzione del procedimento. Sebbene non vi sia un verdetto finale della Cassazione, le decisioni dei giudici di merito rimangono un punto di riferimento importante sulla questione.
Le Motivazioni
Le motivazioni alla base delle decisioni dei giudici di merito risiedono nella netta distinzione tra i due rapporti giuridici esistenti: il rapporto contrattuale tra committente e appaltatore e il rapporto di garanzia, derivante dalla legge, a favore dei dipendenti. Il primo obbliga il committente a pagare il corrispettivo pattuito. Il secondo, la responsabilità solidale appalto, è uno strumento di tutela per i lavoratori, che possono rivolgersi anche al committente per ottenere quanto loro dovuto, ma non modifica gli obblighi contrattuali tra le parti principali dell’appalto. Interrompere il flusso di pagamento verso l’appaltatore è considerato una forma di autotutela non consentita, che espone il committente al rischio di un’azione legale, come il decreto ingiuntivo in questo caso.
Le Conclusioni
Il caso, pur conclusosi con un’estinzione processuale, offre una lezione chiara per tutti i committenti. La responsabilità solidale appalto non deve essere interpretata come una licenza per gestire direttamente le inadempienze dell’appaltatore verso i suoi dipendenti, trattenendo i pagamenti. Questa pratica, sebbene mossa da intenti potenzialmente protettivi verso i lavoratori, è giuridicamente rischiosa. La via maestra indicata dai tribunali è quella di adempiere ai propri obblighi contrattuali e, successivamente, utilizzare gli strumenti legali, come l’azione di regresso, per rivalersi sull’appaltatore inadempiente. Agire diversamente significa esporsi a condanne per inadempimento contrattuale, con conseguente obbligo di pagamento di capitale, interessi e spese legali.
Un committente può rifiutarsi di pagare l’appaltatore per versare la somma direttamente ai dipendenti di quest’ultimo?
No. Secondo le decisioni dei giudici di merito analizzate nel caso, il committente è tenuto a onorare il contratto pagando l’appaltatore. Il pagamento diretto ai dipendenti non estingue il debito verso l’appaltatore e può portare a un decreto ingiuntivo contro il committente.
Cosa significa responsabilità solidale appalto in questo contesto?
Significa che il committente e l’appaltatore sono entrambi responsabili per il pagamento dei crediti dei lavoratori. Tuttavia, questa norma serve a garantire i lavoratori, non a dare al committente il potere di modificare unilateralmente gli obblighi di pagamento derivanti dal contratto di appalto.
Quale strumento legale avrebbe dovuto usare il committente per tutelarsi?
Il committente avrebbe dovuto pagare il corrispettivo all’appaltatore come previsto dal contratto. Se successivamente fosse stato costretto a pagare anche i dipendenti in virtù della responsabilità solidale, avrebbe potuto esercitare l’azione di regresso nei confronti dell’appaltatore per recuperare le somme versate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19682 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19682 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27005/2020 R.G. proposto da :
FONDAZIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOME, poi FONDAZIONE NOME COGNOME IMPRESA SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n.751/2020 depositata il 23/07/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.6.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con la sentenza n. 751/2020, la Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Vercelli n. 1002/2019, di rigetto dell’opposizione della RAGIONE_SOCIALE, committente dell’appalto di servizi affidato alla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo, emesso a favore di quest’ultima, per il pagamento della somma di €122.867,14 oltre interessi dalla domanda (per il corrispettivo dei servizi dalla stessa prestati a favore della ricorrente di cui alla fattura n. 31/2016 con scadenza 31.3.2017, e n. 1/2017 con scadenza 30.4.2017). Il Tribunale di Vercelli aveva dato atto che, nel corso del giudizio di opposizione, la sola sorte capitale del suddetto credito era stata pagata dalla Fondazione a favore dei dipendenti dell’appaltatore, che avevano ottenuto l’assegnazione di tale credito nell’ambito della procedura di esecuzione presso terzi promossa contro la RAGIONE_SOCIALE
A giustificazione della decisione adottata, la Corte d’Appello rilevava che il credito di cui alle fatture azionate in sede monitoria, esigibile alla data del ricorso monitorio (16.5.2017), non era stato contestato dalla Fondazione, che in forza dell’art. 29 del D. Lgs. n.276/2003 era responsabile in solido quale committente, con l’appaltatore, per i crediti retributivi e contributivi vantati dai lavoratori dipendenti di quest’ultimo che avevano reso le prestazioni occorrenti per apprestare il servizio appaltato, che da tale solidarietà non derivava però l’inesigibilità del credito dell’appaltatore nei confronti della committente, normativamente non prevista, per effetto della diffida che l’appaltatore aveva ricevuto il 23.3.2017 dalla CGIL, soggetto estraneo al rapporto
contrattuale, a non pagare alla committente le sue spettanze perché morosa nei confronti dei suoi dipendenti, e che solo nel caso in cui la committente avesse già pagato all’appaltatore le sue spettanze, avrebbe potuto, nel proporre opposizione a decreto ingiuntivo, esercitare l’azione di regresso nei confronti della committente e far valere in compensazione le somme pagate, in sostituzione dell’appaltatore, ai lavoratori dipendenti del medesimo. Il giudice di secondo grado aggiungeva poi, che la Fondazione non poteva invocare, a giustificazione del proprio mancato pagamento del credito dell’appaltatore a favore dei lavoratori dipendenti dello stesso, la mancata collaborazione dell’appaltatore nell’indicazione delle spettanze retributive, di TFR e contributive dei lavoratori, posto che anche quando il 10.4.2017 la Fondazione aveva ricevuto i documenti dell’appaltatore con i relativi conteggi, aveva omesso di provvedere al pagamento in favore dei lavoratori.
Avverso la sentenza di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso con tre motivi, ed ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Nelle more del giudizio la Fondazione NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con atto del notaio NOME COGNOME del 14.3.2023, rep. n.77983, é divenuta successore per fusione della ricorrente RAGIONE_SOCIALE ed ha depositato, a seguito di intervenuta definizione stragiudiziale della lite, rinuncia al ricorso, che é stata accettata dalla RAGIONE_SOCIALE
Rileva la Corte che rinuncia ed accettazione sono state accompagnate dal deposito delle procure speciali allo scopo conferite dalle parti, che hanno chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio, senza alcuna pronuncia in punto spese
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, visto l’art. 391 c.p.c. dichiara l’estinzione del procedimento n. 27005/2020 RG.
Roma 5.6.2025 Il Presidente NOME COGNOME