Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24567 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24567 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 28188 – 2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all ‘ avvocato NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all ‘ avvocato NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
e
RAGIONE_SOCIALE – p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO – in persona del procuratore speciale dottor NOME COGNOME in forza di procura speciale del 25.9.2018 autenticata per notar NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all ‘ avvocato NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
e
RAGIONE_SOCIALE c.f./p.i.v.a. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore .
INTIMATA
avverso la sentenza n. 102/2020 della Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, udita la relazione nella camera di consiglio del 26 giugno 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex artt. 633 ss. cod. proc. civ. la RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Bolzano.
Esponeva che, a seguito di procedura ad evidenza pubblica, aveva in data 22.9.2009 stipulato con la ‘ RAGIONE_SOCIALE – partecipata in toto dal Comune di Campo Tures – contratto di appalto avente ad oggetto i lavori di costruzione della centrale energetica ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ di Campo Tures (cfr. ricorso, pag. 2) .
Esponeva che, ricevuti in consegna i lavori, aveva eseguito parte dello scavo e il direttore dei lavori aveva il 2.4.2010 predisposto il primo S.A.L. dell ‘ importo di euro 207.652,45 per i lavori eseguiti sino al 23.2.2010 (cfr. ricorso, pag. 2) .
Esponeva che la fattura n. 37/2010 dell ‘ importo di euro 205.006,45 (al netto della somma di euro 2.646,00 relativa a lavori eseguiti da soggetti terzi) , oltre i.v.a., all’uopo emessa, era rimasta insoluta (cfr. ricorso, pagg. 2 – 3).
Chiedeva ingiungersi alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ il pagamento dell ‘importo fatturato .
Con decreto del 27.8.2010 il tribunale pronunciava l ‘ ingiunzione.
Con citazione notificata il 14.9.2010 la ‘ Taufer ‘ proponeva opposizione.
Deduceva che nel corso dei lavori, in data 3.11.2009, si era verificato – come da riscontro effettuato in sede di a.t.p. disposto su iniziativa di un terzo danneggiato – il sifonamento dello scavo (ovvero la rottura idraulica del sottosuolo) , sicché si era vista costretta ad abbandonare l ‘ opera, divenuta eccessivamente onerosa, con conseguente inutilizzabilità dei lavori eseguiti (cfr. ricorso, pag. 3) .
Deduceva quindi che con delibera del 10.9.2010 era stata avviata la procedura per la risoluzione del contratto (cfr. ricorso, pag. 3) .
Deduceva inoltre che l ‘ appaltatrice non aveva verificato la fattibilità del progetto con la dovuta diligenza, sicché le erano senz ‘ altro da ascrivere le conseguenze della cosiddetta ‘ sorpresa geologica ‘ , ossia il sifonamento dello scavo (cfr. ricorso, pag. 4).
Instava pertanto perché l ‘ ingiunzione fosse revocata e in via riconvenzionale perché controparte fosse condannata a rimborsarle la somma di euro
125.322,74, che aveva versato alla medesima ‘ COGNOME Paul ‘ quale corrispettivo dei lavori per la messa in sicurezza dello scavo (cfr. ricorso, pag. 4) .
4. Si costituiva la ‘ Lechner Paul ‘ .
Rappresentava che l ‘ adozione del primo SRAGIONE_SOCIALE era stata dall ‘ appaltante disposta dopo il verificarsi del sifonamento dello scavo, ‘ nella piena consapevolezza dei costi necessari per porre rimedio alla originaria carenza progettuale ‘ (così ricorso, pag. 5) .
Rappresentava, inoltre, che ‘la validazione del progetto a base di gara costituiva prerogativa esclusiva della Stazione Appaltante (…), senza alcuna responsabilità dell’appaltatrice, sulla quale non essere ribaltata la originaria carenza o la presenza di errori progettuali (…)’ (così ricorso, pag. 5) .
Instava, previa autorizzazione alla chiamata in garanzia della ‘ RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta ‘ UnipolSai RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE) , per il rigetto dell ‘ opposizione.
Si costituiva la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Spiegava intervento la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Veniva espletata la disposta c.t.u. Peraltro, l ‘ ausiliario, con riferimento al sifonamento dello scavo, determinava le percentuali di responsabilità nella misura del 35% a carico del progettista, nella misura del 35% a carico dell ‘ appaltatrice, nella misura del 20% a carico della stazione appaltante e nella misura del 10% a carico del geologo.
Con sentenza n. 323 del 21.1.2016 il tribunale accertava e dichiarava che nulla era dovuto alla ‘ Lechner Paul ‘ per il titolo di cui al ricorso monitorio e dunque revocava il decreto ingiuntivo; accoglieva in parte la domanda
riconvenzionale della ‘ COGNOME ‘ e per l ‘ effetto condannava la ‘ COGNOME Paul ‘ a corrispondere all’opponente la somma di euro 36.780,89, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; condannava la ‘ UnipolSai Assicurazioni ‘ a tener indenne la ‘ COGNOME Paul ‘ dalla disposta condanna al netto della franchigia di euro 2.500,00; regolava le spese di lite.
La ‘ COGNOME Paul ‘ proponeva appello.
Resisteva la ‘ Taufer ‘ ; esperiva appello incidentale.
Resisteva la ‘ UnipolSai Assicurazioni RAGIONE_SOCIALE ; parimenti esperiva appello incidentale.
Veniva dichiarata contumace la ‘ NOME COGNOME ‘ .
Con sentenza n. 102/2020 la Corte d ‘ Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rigettava l ‘ appello principale, rigettava l ‘ appello incidentale della ‘ UnipolSai Assicurazioni ‘ , accoglieva l ‘ appello incidentale della ‘ Taufer ‘ ed, in parziale riforma della gravata sentenza, condannava la ‘ Lechner Paul ‘ , in forza del vincolo di solidarietà, a pagare alla ‘ Taufer ‘ la maggior somma di euro 100.258,20 – in luogo della minor somma disposta dal tribunale – oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal 13.4.2010 al dì della sentenza ed ulteriori interessi sull ‘ importo complessivo computato alla data della sentenza sino al soddisfo.
Evidenziava la Corte di Bolzano – in ordine al primo motivo dell ‘ appello principale, con cui si era addotto che aveva errato il tribunale a ritenere che la ‘ Taufer ‘ avesse eccepito la risoluzione del contratto d ‘ appalto e dunque a ritenere che l ‘ opponente avesse allegato una circostanza estintiva del titolo della pretesa azionata in via monitoria e con cui si era addotto inoltre che aveva errato il tribunale a ritenere che essa appellante principale/opposta non avesse
eccepito l ‘ illegittimità del provvedimento unilaterale di risoluzione del contratto (cfr. sentenza d’appello, pag. 25) – che con la citazione in opposizione all ‘ ingiunzione la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ aveva ‘ immediatamente dedotto l ‘ inutilità dei lavori svolti dalla RAGIONE_SOCIALE e dato atto della medio tempore (…) da essa stazione appaltante assunta decisione di risolvere unilateralmente il contratto e instaurare la relativa procedura” (così sentenza d’appello, pag. 27) .
Evidenziava che del resto la ‘ Taufer ‘ aveva allegato alla citazione in opposizione, quale documento n. 21, copia per estratto del verbale della riunione in data 10.9.2010 del proprio consiglio di amministrazione, con cui si era deciso ‘ di risolvere il contratto per grave inadempimento dell ‘ appaltatrice ‘ (così sentenza d ‘ appello, pag. 28) .
Evidenziava altresì, la corte, che, allorché aveva provveduto a costituirsi nel giudizio di opposizione con la comparsa datata 30.12.2010, la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ era stata da tempo resa edotta dalla ‘ Taufer ‘ , a mezzo raccomandata ricevuta il 29.10.2010, della intervenuta – in data 10.9.2010 – risoluzione del contratto d ‘ appalto (cfr. sentenza d’appello, pag. 29) , cosicché correttamente il tribunale aveva dato atto che l ‘ opposta RAGIONE_SOCIALE, gravata dall ‘ onere di contrastare l ‘ avversa eccezione di inadempimento giustificante la risoluzione unilaterale del contratto d ‘ appalto (cfr. sentenza d ‘ appello, pagg. 29 – 30) , non aveva ‘ mai chiesto, né in via principale, né in via riconvenzionale, che la delibera venisse dichiarata illegittima e quindi disapplicata ‘ (così sentenza d ‘ appello, pag. 30) .
Evidenziava ulteriormente che le conclusioni dell ‘ opposta erano rimaste immodificate e nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. e all ‘ udienza di
precisazione delle conclusioni, con la conseguenza che -‘in mancanza di formale eccezione riconvenzionale con oggetto l’impugnazione del provvedimento di risoluzione da parte di RAGIONE_SOCIALE‘ (così sentenza d’appello, pag. 31) – la questione circa la legittimità della risoluzione non poteva costituire oggetto del giudizio d ‘ appello (cfr. sentenza d ‘ appello, pagg. 31 – 32) .
Evidenziava la Corte di Bolzano – in ordine al secondo motivo dell ‘ appello principale, con cui si era addotto che aveva errato il tribunale a ritenere, ancorché avesse correttamente riconosciuto efficacia ex nunc alla risoluzione del contratto d ‘ appalto, che nulla era dovuto alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ per i lavori eseguiti in virtù di un contratto oramai venuto meno (cfr. sentenza d ‘ appello, pag. 32) – che nell ‘ atto unico di collaudo datato 5.8.2011 si concludeva univocamente nel senso che ‘ le opere (…) non sono collaudabili ‘ e si confermava ‘in netti € 251.405,91 l’ ammontare dei lavori eseguiti e contabilizzati nello stato finale che tuttavia non essere liquidati all ‘ impresa per l ‘ accertata non collaudabilità dell ‘ opera nel suo insieme ‘ (così sentenza d ‘ appello, pag. 35) .
Evidenziava dunque, la corte, a fronte del rilievo dell ‘ appellante principale secondo cui la inutilizzabilità dei lavori per circostanze sopraggiunte non valeva ad escludere il fatto della loro esecuzione (cfr. sentenza d ‘ appello, pag. 35) , che la sopravvenuta definitiva inutilità delle opere a cagione del sifonamento dello scavo e quindi la loro non collaudabilità ‘ comporta, quale conseguenza, la impossibilità di riconoscere a carico della stazione appaltante compenso alcuno in favore di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (così sentenza d ‘ appello, pag. 36) .
Evidenziava perciò – la corte – che non rivestiva valenza alcuna l ‘ efficacia ex nunc della risoluzione unilaterale del contratto da parte della committente (cfr. sentenza d ‘ appello, pag. 37) .
Evidenziava la Corte di Bolzano – in ordine al motivo dell ‘ appello principale, con cui si era addotta l ‘ assenza di responsabilità (della ‘ COGNOME Paul ‘ ) con riferimento al sifonamento dello scavo – che il c.t.u. aveva posto a base dell ‘ operata suddivisione di responsabilità e dunque della determinazione nella misura del 35% della quota di responsabilità della ‘ COGNOME Paul ‘ ‘ argomentazioni tecniche fondate e convincenti ‘ (così sentenza d ‘ appello, pag. 39) ; che ineccepibilmente il tribunale aveva ritenuto la relazione di c.t.u. ‘ esauriente, ben motivata, priva di errori e contraddittorietà, anche nella parte in cui il consulente preso posizione su ognuna delle osservazioni mosse dai consulenti di parte riguardo alla bozza di relazione loro pervenuta ‘ (così sentenza d ‘ appello, pag. 40) .
Evidenziava segnatamente – in ordine all ‘ assunto dell ‘ appellante principale, secondo cui ai sensi degli artt. 46 e ss. del d.P.R. n. 554/1999 gravava esclusivamente sulla stazione appaltante l ‘ onere della valutazione del progetto concernente lo scavo (cfr. sentenza d’appello, pag. 40) – che l ‘ obbligo generale dell ‘ appaltatore di validazione e del progetto e dell ‘ attività del direttore dei lavori giustificava l ‘ affermazione della responsabilità della ‘ COGNOME COGNOME ‘ pur in relazione alla fase di progettazione e di indagine geologica/geotecnica, viepiù che neppure era stata prospettata l ‘ ipotesi che l ‘ appaltatrice fosse stata ridotta a mero ‘ nudus minister ‘ (cfr. sentenza d ‘ appello, pag. 41) .
Evidenziava la Corte di Bolzano – in ordine al motivo dell ‘ appello principale con cui si era addotto l ‘ erroneo accoglimento seppur nei limiti della percentuale del 35% della domanda riconvenzionale della ‘ COGNOME ‘ , volta a conseguire il risarcimento dei danni sofferti e connessi ai costi di riempimento dello scavo per la messa in sicurezza del cantiere, ed in ordine all ‘ appello incidentale della ‘ COGNOME ‘ con cui si era addotta l ‘ omessa considerazione del vincolo di solidarietà tra i plurimi responsabili, vincolo che avrebbe giustificato la condanna della ‘ COGNOME Paul ‘ con riferimento all ‘ intero importo liquidato a titolo di risarcimento del danno per i costi di riempimento dello scavo (cfr. sentenza d’appello, pag. 45) – da un canto, che l ‘ appellante principale non aveva tenuto conto, alla stregua delle ‘ considerazioni ‘ in data 9.2.2010 e a firma dell ‘ ingegner COGNOME allegate alla relazione di c.t.u., che la ripresa dei lavori (in luogo del riempimento dello scavo con la messa in sicurezza del cantiere) avrebbe comportato dei costi esorbitanti – ovvero l ‘ ulteriore spesa di euro 1.518.372,00 – e comunque dei rischi eccessivi (cfr. sentenza d’appello, pag. 46 – 49) ; d ‘ altro canto, che, a fronte della responsabilità solidale del progettista, del geologo, dell ‘ appaltatrice e della stessa appaltante, aveva senza dubbio errato il tribunale a respingere la domanda riconvenzionale (di ‘ Taufer ‘ ) di condanna della ‘ COGNOME Paul ‘ al risarcimento dell ‘ intero importo (euro 125.322,74) , recte dell ‘ 80% dell ‘ intero importo, corrisposto alla medesima ‘ Lechner Paul ‘ per l ‘ esecuzione dei lavori di messa in sicurezza dello scavo (cfr. sentenza d ‘ appello, pag. 49) .
Evidenziava la Corte di Bolzano – in ordine (per quel che qui rileva) al secondo motivo dell ‘ appello incidentale della ‘ UnipolSai ‘ , con cui la società assicuratrice aveva censurato il primo dictum , nella parte in cui il tribunale aveva rigettato
l ‘ eccezione di inoperatività della polizza di assicurazione stipulata dalla ‘ Lechner Paul ‘ con l ‘ allora ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ – che la ‘ Lechner Paul ‘ aveva depositato la scheda riassuntiva della polizza, il che era bastevole ai fini del riscontro dell ‘ esistenza del rapporto assicurativo (cfr. sentenza d’appello, pag. 54) .
Evidenziava al contempo che la ‘ UnipolSai ‘ non aveva in grado d ‘ appello atteso al deposito del proprio fascicolo né in formato cartaceo né in formato telematico, sicché non vi era prova che in prime cure avesse allegato la polizza per intero; che anzi alla stregua dell ‘ esame degli scritti depositati in prime cure vi era motivo per ritenere che la polizza non fosse stata rimessa (cfr. sentenza d’appello, pag. 55) .
Avverso tale sentenza la ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione; ne ha chiesto sulla scorta di dieci motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ‘ UnipolSai RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibili o rigettarsi segnatamente il nono ed il decimo motivo di ricorso; in ogni caso con vittoria di spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente ‘ COGNOME“.
Parimenti ha depositato memoria la ‘ UnipolSai Assicurazioni ‘ .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘, la nullità della sentenza, la violazione
del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, il vizio di ultrapetizione.
Deduce che, contrariamente a quanto assunto dalla Corte di Bolzano in sede di delibazione del primo motivo dell ‘ appello principale, in nessun modo la ‘ COGNOME ‘ nei propri scritti difensivi ovvero a verbale d ‘ udienza ha formulato eccezione ‘ basata sull ‘ intervenuta risoluzione del contratto, e come tale impeditiva all ‘ accoglimento della domanda monitoria ‘ (così ricorso, pag. 11) .
Deduce che al punto n. 20 dell ‘ esposizione in fatto dell ‘ atto di opposizione la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ si è limitata a dar atto che aveva ‘ avviato la procedura per la risoluzione del contratto con la ditta RAGIONE_SOCIALE ‘ (così ricorso, pag. 11) .
Deduce dunque che i giudici del merito non avrebbero potuto revocare il decreto ingiuntivo, ‘ ponendo a motivo la risoluzione del contratto d ‘ appalto pubblico ‘ (così ricorso, pag. 12) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Il primo mezzo difetta di specificità ed ‘autosufficienza’.
È fuor di dubbio che, qualora -è il caso di specie – venga denunciato un ‘ error in procedendo ‘ , questa Corte di legittimità diviene anche giudice del ‘ fatto processuale ‘ ed è investita del potere di esaminare direttamente gli atti di causa (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181) .
E tuttavia la ricorrente non ha indicato, così come avrebbe dovuto, gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ (ovvero la mancata proposizione ex adverso nel corso del giudizio di primo grado di una eccezione afferente alla risoluzione del contratto) di cui ha invocato il riesame (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181, ove si soggiunge che l’ ‘error in procedendo’ non
è rilevabile ex officio e che questa Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento dell’ ‘ error ‘ . Cfr. altresì Cass. 30.9.2015, n. 19410; Cass. 18.7.2002, n. 10410) .
Più esattamente, la ricorrente non ha riprodotto, neppure nelle pagine del ricorso ove è l’ ‘esposizione sommaria dei fatti’ , testualmente e specificamente, così come avrebbe dovuto, i passaggi dell’ avversa iniziale opposizione all’ingiunzione, sì da consentire l’ ‘autosufficiente’ riscontro dell’omessa formulazione dell’eccezione de qua agitur .
Be n vero, il difetto di specificità ed ‘autosufficienza’ viepiù rileva.
Da un canto, giacché la controricorrente ‘COGNOME‘ ha addotto che aveva eccepito – ne ha dato conferma anche la ricorrente (cfr. ricorso, pag. 3) – con l’opposizione all’ingiunzione l’avvio , con delibera del 10.7.2010, recte del 10.9.2010, ‘del procedimento amministrativo per la risoluzione del contratto’ (cfr. controricorso ‘COGNOME‘, pag. 7) .
D’altro canto, giacché la controricorrente ‘COGNOME‘ ha addotto che siffatta eccezione era stata formulata ai sensi degli artt. 1453 e 1460 cod. civ. (cfr. contro ricorso ‘Taufer’, pag. 7 ) .
Del resto, la corte d ‘appello ha dato atto che ‘l’opponente eccepiva il grave inadempimento della RAGIONE_SOCIALE‘ (così sentenza d’appello, pag. 27) , tant’è che ha soggiunto -in ordine alle prospettazioni di cui al punto n. 20 dell’esposizione in fatto dell’opposizione all’ingiunzione – che la delibera del 10.9.201 0 era ‘basata sulle ritenute inadempienze di RAGIONE_SOCIALE in punto di aggottamento della falda, che avevano determinato in data 03.11.2009 la rottura idrogeologica contestata’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 28) .
16. Ebbene, in ragione del difetto di specificità ed ‘autosufficienza’ del ricorso ed in correlazione con gli ulteriori testé riferiti rilievi, inevitabili sono le notazioni che seguono.
L’ ‘ exceptio inadimpleti contractus ‘ di cui all’ art. 1460 cod. civ., al pari di ogni altra eccezione, non richiede l ‘ adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall ‘ insieme delle sue difese, secondo un ‘ interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 29.9.2009, n. 20870) .
L’eccezione di inadempimento aveva di per sé attitudine a paralizzare la pretesa pecuniaria ex contractu azionata in via monitoria (cfr. Cass. 15.10.1976, n. 3471, secondo cui l’ eccezione di inadempimento deve portare a stabilire se esista o meno una causa di giustificazione del rifiuto di adempiere di una delle parti contraenti, sicché il giudizio relativo deve solo determinare la legittimità dell’uno o dell’altro tra i comportamenti contrastanti ; cfr. Cass. 14.5.1977, n. 1944, secondo cui l’art . 1460 cod. civ., che autorizza il contraente che non abbia ottenuto l ‘ adempimento della prestazione di cui è creditore, a rifiutare quella di cui è debitore, sempre che il rifiuto non sia contrario a buona fede, appresta uno strumento di tutela non solo in sede processuale, con l ‘ eccezione di inadempimento rivolta a paralizzare la domanda dell ‘ altro contraente, ma anche al di fuori del giudizio, rendendo legittimo un rifiuto della prestazione, altrimenti non consentito) .
In termini inappuntabili e congrui, quindi, la corte distrettuale ha dato corso al l’eccezione formulata dall’iniziale opponente altresì ai sensi dell’ art. 1460 cod. civ. ed espressamente connessa a lla prospettazione di ‘inutilità dei lavori svolti dalla RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 27) , prospettazione che evidentemente rifletteva il tradizionale argomento , ‘ inadimplenti non est adimplendum ‘ , sostanziante l’eccezione di inadempimento .
In dipendenza della rituale, tempestiva formulazione dell’eccezione di inadempimento, correttamente riscontrata e rilevata come tale dalla corte territoriale, vane sono le ulteriori deduzioni della ricorrente.
Ovvero la deduzione secondo cui la delibera in data 15.10.2020, con cui il c.d.a. della ‘Taufer’ ha fatto luogo alla risoluzione unilaterale del contratto d’appalto, è stata depositata con la memoria ex art. 183, 6° co., n. 2, cod. proc. civ., allorché erano già maturate le preclusioni processuali ai fini dell’integrazione delle domande (cfr. ricorso, pag. 12) .
Ovvero la deduzione secondo cui l’eccezione di intervenuta risoluzione del titolo contrattuale non poteva essere desunta dalla circostanza prospettata dall’opponente ‘secondo cui sarebbe stato onere dell’ opposta (…) il provvedimento di risoluzione contrattuale ‘ (così ricorso, pag. 13) .
17. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘, la nullità della sentenza, l’omessa pronuncia, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Deduce che l ‘ impugnato dictum , nella parte in cui ha ascritto ad essa opposta, poi appellante principale, la mancata proposizione di un ‘ eccezione
riconvenzionale finalizzata al riscontro di illegittimità della delibera di risoluzione unilaterale del contratto d ‘ appalto, è inficiata da insanabile contraddizione (così ricorso, pag. 15) .
Deduce invero che la Corte di Bolzano, per un verso, ha ritenuto che il mero deposito da parte dell ‘ opponente, successivamente alla definizione del ‘ thema decidendum ‘, dell ‘ atto di risoluzione abbia integrato gli estremi dell ‘ eccezione di risoluzione del contratto; per altro verso, a fronte di un’avversa inesistente eccezione, ha ritenuto che essa opposta non avrebbe provveduto ad impugnare tempestivamente, alla stregua di un provvedimento amministrativo, la delibera di risoluzione contrattuale (cfr. ricorso, pagg. 15 – 16) .
Deduce quindi che dalla riferita contraddizione è scaturito l ‘ omesso esame da parte della corte d ‘ appello delle deduzioni da essa opposta – poi appellante principale – svolte in merito all ‘ atto di risoluzione (cfr. ricorso, pag. 16) .
18. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 112 e 167 cod. proc. c iv., l’omessa pronuncia.
Deduce, in primo luogo, che ‘ la contestazione della risoluzione del contratto non necessita di essere formulata a mezzo di domanda principale o di eccezione in via riconvenzionale, potendovi provvedere il Giudice d ‘ ufficio sulla base delle allegazioni e delle produzioni difensive di parte ‘ (così ricorso, pag. 18).
Deduce, in secondo luogo, che la Corte di Bolzano non si è avveduta che sin dal giudizio di primo grado -e con la conclusionale e con la memoria di replica – aveva contestato la risoluzione del contratto per inadempimento (cfr. ricorso, pagg. 19 – 20) .
Il se condo motivo di ricorso ed il terzo motivo di ricorso sono all’evidenza connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso, i medesimi mezzi di impugnazione vanno parimenti respinti.
La rituale tempestiva formulazione, nell’atto di citazione in opposizione all’ingiunzione , dell’eccezione ex art. 1460 cod. civ. ed il suo, come tale, inappuntabile riscontro, con il susseguente rilievo -si dirà, ineccepibile e congruo di ‘inutilità dei lavori svolti dalla Lechner’ ancorato alla loro ‘non collaudabilità’, valgono, in fondo, ad assorbire gli ulteriori argomenti motivazionali (in precedenza riferiti in sede di illustrazione delle motivazioni dell’impugnata statuizione in ordine al primo motivo dell’appello principale , segnatamente l’argomento per cui ‘in mancanza di formale eccezione riconvenzionale con oggetto l’impugnazione del provvedimento di risoluzione da parte d i RAGIONE_SOCIALE‘ la questione circa la legittimità della risoluzione non poteva costituire oggetto del giudizio d’appello ) , oggetto di contestazione con i mezzi de quibus , cui la corte d ‘appello ha, in parte qua agitur , inteso far luogo.
In tal guisa, da un lato, invano la ricorrente assume che l’impugnato dictum sarebbe inficiato da un profilo di insanabile contraddizione.
In tal guisa, dall’altro, invano la ricorrente assume che hanno errato la corte distrettuale ed ancor prima il tribunale a ri tenere che non avesse ‘mai chiesto, né in via principale, né in via riconvenzionale, che la delibera venisse dichiarata illegittima e quindi disapplicata’.
Va debitamente soggiunto, in ogni caso, che l’ interpretazione della domanda -e più in generale degli atti processuali – spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda od una
certa eccezione erano state avanzate ed erano comprese nel ‘ thema decidendum ‘ -ovvero, come nella specie, che non erano state avanzate e non erano ricomprese nel ‘ thema decidendum ‘ – tale statuizione, ancorché in ipotesi erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione o per omessa pronuncia, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, l’ ‘ error in procedendo ‘ non è logicamente verificabile prima di avere accertato l’erroneità di quella stessa motivazione; in tal caso, il dedotto errore del giudice attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte e può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto processuale, cioè un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. sez. lav. 5.2.2014, n. 2630; Cass, sez. lav. 27.10.2015, n. 21874; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. 31.7.2006, n. 17451) .
Su tale scorta non può non darsi atto che con i motivi in esame la ricorrente ha censurato i puntuali rilievi svolti dalla corte territoriale al paragrafo 1.5 (pagg. 30 -32) dell’impugnato dictum sub specie di ‘ error in procedendo ‘ , di omessa pronuncia, non già sub specie di ‘ vizio di motivazione ‘ .
Va debitamente posto in risalto, infine, un duplice aspetto.
Per un verso, la Corte altoatesina -si ribadisce – ha dato atto che le iniziali conclusioni della ‘RAGIONE_SOCIALE Paul’ (ove non figurava ‘formale eccezione riconvenzionale con oggetto l’impugnazione del provvedimento di risoluzione da parte di RAGIONE_SOCIALE‘ : così sentenza d’appello, pag. 31) erano rimaste immutate in sede di precisazione delle conclusioni.
Per altro verso, a nulla rileva che la ricorrente, iniziale opposta, adduca di aver formulato le sue contestazioni in ordine alla risoluzione del contratto per inadempimento unilateralmente disposta dalla stazione appaltante nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica (cfr. ricorso, pagg. 19 e ss.) .
Difatti, la comparsa conclusionale di cui all’art. 190 cod. proc. civ. ha la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte, sicché, ove sia prospettata per la prima volta una questione nuova con tale atto, il giudice non può e non deve pronunciarsi al riguardo (cfr. Cass. 7.4.2004, n. 6858) . E, con le memorie di cui all ‘ art. 190 cod. proc. civ., le parti possono solo replicare alle deduzioni avversarie e illustrare ulteriormente le tesi difensive già enunciate nelle comparse conclusionali, sicché nelle memorie non possono essere esposte questioni nuove o esser formulate nuove conclusioni; pertanto, ove sia prospettata per la prima volta una questione nuova con tali atti, il giudice non può e non deve pronunciarsi al riguardo (cfr. Cass. 7.12.2004, n. 22970) .
23. Con il quarto motivo la ricorr ente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ‘ error in iudicando ‘, la violazione degli artt. 54 e 57 d.p.g.p. n. 41/2001 e degli artt. 119 e 121 nonché dell’art. 114, u.c., d.P.R. n. 544/1999.
Deduce che ha in ogni caso errato la Corte di Bolzano, allorché, a conferma acritica degli assunti del Tribunale di Bolzano e pur dando atto della efficacia ex nunc della risoluzione, ha reputata estinta la pretesa creditoria azionata in via monitoria a causa dell ‘ intervenuta risoluzione del contratto d ‘ appalto (cfr. ricorso, pagg. 22 – 23).
Deduce innanzitutto che la risoluzione pubblicistica ha effetto ex nunc , cosicché il credito insorto in conseguenza dei lavori eseguiti antecedentemente
alla risoluzione non può essere travolto dal provvedimento unilaterale (di risoluzione) della stazione appaltante (cfr. ricorso, pag. 24) .
Deduce inoltre che, allorché in data 2.4.2010 è stato adottato il primo RAGIONE_SOCIALE, relativo ai lavori eseguiti sino alla data del 23.2.2010, il provvedimento di risoluzione, datato 25.10.2010, non era ancora sopravvenuto, cosicché il contratto d ‘ appalto era ancora sussistente (cfr. ricorso, pag. 24) .
Deduce infine che non rileva la valutazione – operata dalla Corte altoatesina – di inutilità sopravvenuta dei lavori, siccome trattasi di apprezzamento svolto all ‘ esito della risoluzione contrattuale, avente tuttavia efficacia ex nunc (cfr. ricorso, pagg. 25 – 26) .
Il quarto motivo di ricorso del pari va respinto.
Sono sufficienti al riguardo i rilievi che seguono.
Nella proiezione ( ‘inadimplenti non est adimplendum’ ) dell’eccezione di inadempimento ritualmente sollevata dalla ‘Taufer’ alla stregua dell’addotta inutilità dei lavori e delle inadempienze poste a base della delibera in data 10.9.2010 di risoluzione unilaterale del contr atto d’appalto, invano la ricorrente deduce con il mezzo in esame che la risoluzione pubblicistica ha effetto ex nunc , sicché permane impregiudicato il credito azionato in via monitoria per i lavori antecedentemente eseguiti.
Invero, nella proiezione dell’ ‘ exceptio ‘ ex art. 1460 cod. civ., l’univoco riscontro di ‘non collaudabilità dei lavori’, cui l’ingegnere collaudatore ha fatto luogo ‘con l’atto unico di collaudo in da ta 05.08.2011’ e che la corte d’appello ha in toto condiviso e recepito (cfr. sentenza d’appello, pagg. 34 35) , rende in parte qua la valutazione della corte di merito ineccepibile ‘in diritto’ ed
immune ‘in fatto’ da qualsivoglia forma di ‘ anomalia motivazionale ‘ rilevante nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Propriamente , l’azionata pretesa pecuniaria , alla stregua del riscontro di ‘non collaudabilità dei lavori’, è risultata priva ab origine della correlazione sinallagmatica imprescindibilmente atta a giustificarla; ‘con consequenziale assoluta inconfigurabilità di qualsivoglia diritto dell’appaltatore di pagamento del valore dei lavori’ (così controricorso ‘Taufer’, pag. 16) .
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 46 ss. d.P.R. n. 574/1999 e dell ‘ art. 1176 cod. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Bolzano a reputarla corresponsabile nella misura del 35% per l ‘ avvenuto sifonamento dello scavo (cfr. ricorso, pag. 26) .
Deduce che nella specie non è risultato che il progetto e le istruzioni impartite dal committente potessero ritenersi ex ante palesemente errate e, come tali, contestabili ab origine dall ‘ appaltatore sulla scorta di accertamenti di ordinaria natura (cfr. ricorso, pag. 26) .
Deduce che nella specie è stato necessario ricorrere all ‘ ausilio di tecnici altamente specializzati, onde aver contezza degli errori progettuali (cfr. ricorso, pag. 27) .
Il quinto motivo di ricorso analogamente va respinto.
Le ragioni di censura veicolate dal mezzo in disamina sollecitano tout court questa Corte al riesame di profili rilevanti in relazione al giudizio ‘di fatto’ cui la corte d ‘appello ha atteso.
Cosicché soccorre l’insegnamento di questo Giudice del diritto secondo cui è i nammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. sez. un. 27.12.2019, n. 34476; Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404, secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità) .
29. Le ragioni di censura veicolate dal mezzo in disamina si svelano altresì immeritevoli di qualsivoglia seguito alla luce del consolidato insegnamento di questa Corte, puntualmente richiamato dalla corte distrettuale.
Ovvero alla luce dell’insegnamento secondo cui l’ appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale ‘ nudus minister ‘, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo; cosicché, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter
invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l ‘ efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr. Cass. (ord.) 9.10.2017, n. 23594; Cass. 21.5.2012, n. 8016) .
Si badi che la corte territoriale ha, inoltre, esplicitato -lo si è premesso – che la ‘Lechner Paul ‘ non aveva né allegato né provato di esser stata ridotta a mero ‘ nudus minister ‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 41) .
Ed ha specificato, ulteriormente , che l’appaltatrice era ditta operante nel campo degli scavi, sicché ‘avrebbe immediatamente dovuto accorgersi che il capitolato non comprendeva l’aggottamento, e quindi segnalare la problematica alla controparte contrattuale’ (così sentenza d’appello, pag. 42)
Ebbene, siffatti rilievi motivazionali non sono stati censurati o, quanto meno, non sono stati compiutamente censurati con il motivo in esame.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia – in via subordinata rispetto ai motivi precedenti ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ‘ error in iudicando ‘, la violazione degli artt. 54 e 57 d.p.g.p. n. 41/2001 e degli artt. 119 e 121 nonché dell’art. 114, u.c., d.P.R. n. 544/1999.
Premette che la sua responsabilità è stata affermata nei limiti della percentuale del 35% (cfr. ricorso, pagg. 27 – 28) .
Deduce quindi che la risoluzione per inadempimento, pur ad ammettere che fosse legittima, avrebbe dovuto incidere sui lavori eseguiti nella stessa proporzione (cfr. ricorso, pag. 28) .
Evidentemente con il mezzo in disamina la ricorrente ambisce al riconoscimento della pretesa creditoria azionata in via monitoria quanto meno
nella misura del 65%, al netto ossia della quota di responsabilità (35%) che le è stata ascritta in rapporto ai lavori eseguiti.
Pur in questi termini, tuttavia, il motivo non merita seguito.
Da un canto, i lavori sono stati reputati in toto ‘non collaudabili’ , sicché l’esperita pretesa pecuniaria è risultata integralmente priva, nella proiezione dell’eccezione ex art. 1460 cod. civ., della correlazione sinallagmatica atta a giustificarla.
D’altro canto, qualora l’appaltatore non abbia dimostrato di aver operato in veste di mero ‘ nudus minister ‘, è senz’altro tenuto lo si è anticipato all’intera garanzia, di talché non può invocare le colpe eventualmente concorrenti.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘, l’omessa pronuncia sulle domande formulate in via subordinata nel giudizio di opposizione, la nullità della sentenza.
Premette che con specifico motivo d’appello aveva censurato il primo dictum , siccome il tribunale non si era pronunciato sulla domanda subordinata finalizzata, in caso di revoca del decreto ingiuntivo, a conseguire comunque la condanna della ‘Taufer’ al pagamento delle somme dovute per l’esecuzione dei lavori oggetto del primo RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 29).
Indi deduce che la Corte di Bolzano ha sostanzialmente eluso la disamina del motivo d ‘ appello (cfr. ricorso, pag. 30) .
Il settimo motivo di ricorso egualmente va respinto.
Va debitamente premesso che il potere – dovere del giudice di qualificare giuridicamente l ‘ azione, anche in difformità rispetto alle deduzioni delle parti, trova un limite – la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione –
nel divieto di sostituire l ‘ azione proposta con una diversa, perché fondata su fatti diversi o su una diversa ‘ causa petendi ‘ (cfr. Cass. 18.4.2005, n. 8082; Cass. (ord.) 15.5.2019, n. 12875, secondo cui il giudice d ‘ appello può qualificare il rapporto dedotto in giudizio in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, purché non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto e lasci inalterati il ‘ petitum ‘ e la ‘ causa petendi ‘ ) .
36. Su tale scorta si rileva quanto segue.
Sia il tenore delle conclusioni tutte rassegnate dalla ‘COGNOME‘ nella comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quali riprodotte alle pagine 30 31 della sentenza d’appello , sia il tenore del motivo d’appello, quale riprodotto nel corpo del settimo motivo di ricorso (alle pagg. 30 -31) , danno ragione del rilievo della controricorrente ‘COGNOME‘ (cfr. controricorso, pag. 20) , cioè del rilievo per cui la domanda subordinata -correlata all’ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo – non recava indicazione del titolo del l’invocato pagamento.
Non vi è margine alcuno, dunque, per ritenere che sia il primo sia il secondo giudice avrebbero dovuto pronunciarsi sulla domanda subordinata (se del caso qualificata ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.) .
Soccorre propriamente l’insegnamento di questa Corte in virtù del quale la proposizione di una domanda inammissibile – nella specie, perché non recante specificazione della ‘ causa petendi ‘ ulteriore rispetto a quella, ‘ ex contractu ‘, azionata in via principale non determina l’insorgere di alcun potere/dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa, con conseguente esclusione di
qualsivoglia vizio di omessa pronuncia della sentenza emessa (cfr. Cass. 22.12.1998, n. 12789; Cass. 31.3.2010, n. 7951) .
Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la falsa applicazione dell’art. 129 2 cod. civ.
Premette che la Corte di Bolzano ha accolto l’appello incidentale della ‘Taufer’, con cui l a stazione appaltante aveva, a censura del primo dictum , chiesto che l’appaltatrice, quale obbligata solidale, fosse condannata a titolo risarcitorio al rimborso dell’intero importo – al netto della percentuale del 20% ascrivibile alla stessa appaltante corrisposto ai fini dell’esecuzione dei lavori di riempimento dello scavo (cfr. ricorso, pagg. 32 – 33) .
Indi deduce che l’applicazione della solidarietà all’obbligazione risarcitoria posta seppur nei limiti dell’80% – a suo carico è erronea (cfr. ricorso, pag. 33) .
Deduce infatti che la conclamata ed impregiudicata -perché non oggetto di impugnazione – responsabilità, nella misura del 20%, della committente importa che le quote di responsabilità del 35% e del 10% ascritte, rispettivamente, al direttore dei lavori e al geologo sono attratte alla sfera della responsabilità della medesima appaltante, sicché la quota di responsabilità che grava su essa ricorrente non può che contrapporsi e non affiancarsi alle ulteriori quote di responsabilità (cfr. ricorso, pagg. 34 – 35) .
Deduce d ‘altrond e che il direttore dei lavori finalizzati alla realizzazione di un’opera pubblica deve reputarsi funzionalmente e temporaneamente inserito, quale organo tecnico e straordinario, nell ‘ apparato organizzativo della P.A. che gli ha conferito l ‘ incarico (cfr. ricorso, pag. 35) .
38. L’ottavo motivo di ri corso va parimenti respinto.
39. È bastevole il rinvio a ll’elaborazione di questa Corte .
Ossia l’insegnamento dapprima richiamato -secondo cui, qualora l’appaltatore non provi è il caso de quo – di aver operato in qualità di ‘ nudus minister ‘ , è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all ‘ intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell ‘ opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l ‘ efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr. Cass. (ord.) 9.10.2017, n. 23594; Cass. 21.5.2012, n. 8016; Cass. 29.1.1983, n. 821) .
Ossia all’insegnamento secondo cui , in tema di appalto, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori (o del progettista) , entrambi rispondono solidalmente dei danni, purché le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse (cfr. Cass. 24.2.2016, n. 3651; Cass. 28.1.2000, n. 972) .
Ben vero, all’affermazione della respo nsabilità solidale della ricorrente/appaltatrice, contrariamente a quanto assume la medesima ‘COGNOME Paul’ (cfr. memoria della ricorrente, pag. 7) , non ostava la circostanza per cui gli ulteriori responsabili in solido non sono parti del presente giudizio.
40. Con il nono motivo la ricorrente denuncia ai s ensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 1917, 2055, 1203 e 1916 cod. civ.; la falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ.
Deduce subordinatamente a quanto addotto con l’ottavo motivo – che ha ulteriormente errato la Corte di Bolzano.
Deduce invero che la corte d ‘ appello ha incrementato la misura della condanna risarcitoria pronunciata a suo carico e tuttavia non ha in misura corrispondente esteso la manleva a carico della ‘UnipolSai’; e ciò quantunque avesse chiesto nell’atto di citazione per chiamata in garanzia condannarsi l’assicuratrice a manlevarla senza limitazioni (cfr. ricorso, pag. 38) .
Deduce segnatamente che la limitazione dell’obbligazione indennitaria dell a assicuratrice contrasta con l ‘ elaborazione della Corte di legittimità (cfr. ricorso, pag. 39) e priva essa ricorrente di concreta tutela, qualora il condebitore solidale sia insolvibile, viepiù che l ‘ istituto della surrogazione consente all ‘ assicuratrice di rivalersi sul corresponsabile non assicurato (cfr. ricorso, pag. 40) .
Deduce infine che ha allegato all ‘ iniziale comparsa di costituzione scheda riassuntiva della polizza, ove nulla è previsto circa eventuali esclusioni in ipotesi di responsabilità solidale; in pari tempo, che ‘ UnipolSai ‘ ‘ ha omesso di depositare la polizza per intero, non provando così la clausola di esclusione invocata ‘ (così ricorso, pagg. 40 – 41) .
Con il decimo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. ‘ error in procedendo ‘, l ‘ omessa pronuncia sulla riproposizione in appello delle sue domande assorbite in primo grado.
Deduce che la Corte di Bolzano, allorché non ha esteso la manleva alla più ampia misura della condanna solidale pronunciata a carico di essa ricorrente, è incorsa in omissione di pronuncia (cfr. ricorso, pag. 41).
Deduce segnatamente che la corte d ‘ appello avrebbe dovuto senz ‘ altro accogliere la domanda di manleva nella maggior misura invocata nella citazione per chiamata in causa, nella citazione d ‘ appello, nel verbale dell ‘ udienza del 25.1.2017 innanzi alla corte d ‘ appello e nel verbale dell ‘ udienza dell ‘ 11.10.2017 di precisazione delle conclusioni parimenti innanzi alla corte di merito (cfr. ricorso, pagg. 41 – 43).
Il nono motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe la disamina del decimo motivo.
Va premesso che la co rte d’appello, a conclusione delle argomentazioni sulla cui scorta ha rigettato il secondo motivo dell’appello incidentale della ‘UnipolSai AssicurazioniRAGIONE_SOCIALE, ha puntualizzato che, ‘non avendo provato l’assicuratrice la sussistenza di ipotesi di inoperatività della polizza, come già riconosciuto dal Tribunale, l’appello incidentale di UnipolSAI RAGIONE_SOCIALE merita rigetto, con conferma comunque del limite della copertura assic urativa alla quota di responsabilità di RAGIONE_SOCIALE (così sentenza d’appello, pag. 56) .
Ebbene, a fronte, in particolare, del rilievo finale è sufficiente il rinvio all’elaborazione di questa Corte.
Ossia all’insegnamento secondo cui, i n tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l ‘ assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l ‘ obbligo indennitario dell ‘ assicuratore nei confronti dell ‘ assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell ‘ assicurato operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l ‘ intera obbligazione
dell ‘ assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui l ‘ assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso, solo in tal modo risultando attuata – attraverso la conformazione della garanzia sulla obbligazione – la funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile di liberare il patrimonio dell ‘ assicurato dall ‘ obbligazione di risarcimento, ferma restando la surroga dell ‘ assicuratore, ex art. 1203, n. 3, cod. civ., nel diritto di regresso dell ‘ assicurato nei confronti del corresponsabile, obbligato solidale (cfr. Cass. 20.11.2012, n. 20322; Cass. 20.6.2023, n. 17656) .
45. In accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del nono motivo di ricorso la sentenza n. 102/2020 della Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, va cassata con rinvio alla stessa sezione della C orte d’ Appello di Trento in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
All’enunciazione, in ossequio all’art. 384, 1° co., cod. proc. civ., del principio di diritto -al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem , negli stessi termini espressi dalla massima desunta dalla pronuncia di questa Corte n. 20322/2012 dapprima menzionata.
46. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il nono motivo di ricorso, assorbito il decimo motivo, cassa in relazione e nei limiti dell’accoglimento del nono motivo la sentenza n. 102/2020 della Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, e rinvia alla stessa sezione distaccata della Corte d’Appello di Trento in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta gli ulteriori motivi di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte