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Responsabilità solidale: appaltatore e committente

Una società di manutenzione è stata ritenuta corresponsabile, insieme alla ditta datrice di lavoro, per un infortunio mortale occorso a un dipendente di quest’ultima. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, stabilendo la sussistenza di una responsabilità solidale. Il principio chiave è che l’appaltatore, avendo la custodia di fatto dell’immobile, condivide la responsabilità per i danni derivanti da un pericolo noto e non segnalato, come un lucernario fragile, anche se non è stato citato in giudizio direttamente dai danneggiati.

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Responsabilità Solidale: Quando l’Appaltatore Risponde con il Committente

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale negli infortuni sul lavoro: la responsabilità solidale tra la società datrice di lavoro e l’impresa incaricata della manutenzione dell’immobile. La Corte di Cassazione chiarisce come il dovere di custodia si estenda all’appaltatore, rendendolo corresponsabile per i danni causati da pericoli presenti nell’area di sua competenza, anche senza una chiamata in causa diretta da parte dei danneggiati.

I Fatti del Caso

Un lavoratore dipendente di una società perdeva la vita cadendo da un tetto a causa della rottura di un lucernario in plexiglass, mentre effettuava una riparazione. I familiari citavano in giudizio la società datrice di lavoro, sostenendo che l’incidente era avvenuto a causa di numerose violazioni della normativa antinfortunistica.

La società convenuta, a sua volta, chiamava in causa l’impresa a cui aveva appaltato la manutenzione dell’immobile, ritenendola la vera responsabile del danno in quanto custode del bene. I giudici di primo e secondo grado accoglievano la domanda, condannando entrambe le società in solido, attribuendo a ciascuna il 50% della responsabilità. La società di manutenzione ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La questione della chiamata del terzo

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’estensione della domanda risarcitoria alla società di manutenzione. Quest’ultima sosteneva di non poter essere condannata, poiché i familiari della vittima non avevano agito direttamente contro di lei. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo un importante principio processuale: quando un convenuto chiama in causa un terzo indicandolo come il vero e unico responsabile, la domanda dell’attore si estende automaticamente a quest’ultimo. Si presume che l’attore voglia ottenere il risarcimento dal soggetto che risulterà effettivamente colpevole, creando così un vincolo di responsabilità solidale.

Analisi della responsabilità solidale e del dovere di custodia

Il cuore della decisione si fonda sull’articolo 2051 c.c. e sul concetto di custodia. La Corte ha ribadito che quando vi è un trasferimento del potere di fatto su una cosa (in questo caso, l’immobile) dall’appaltante all’appaltatore, quest’ultimo assume un dovere di custodia. Se anche l’appaltante mantiene un’ingerenza, la custodia può essere in capo ad entrambi. Nel caso di specie, la società di manutenzione aveva pieno accesso all’immobile e si era accorta della rottura dei lucernai, ma non aveva né avvisato il committente né predisposto adeguate misure di sicurezza. Questa omissione è stata considerata la causa diretta dell’incidente, giustificando la condanna in solido.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dalla società di manutenzione. In primo luogo, ha ritenuto infondate le eccezioni procedurali relative alla riassunzione del giudizio dopo il fallimento della società datrice di lavoro. Successivamente, ha confermato la competenza del giudice ordinario, poiché la domanda dei familiari era stata proposta iure proprio (per il danno subito da loro stessi) e non iure hereditatis (per i danni subiti dal lavoratore defunto), escludendo così la competenza del giudice del lavoro.

Sul merito, la Corte ha qualificato le censure della ricorrente come un tentativo inammissibile di riesaminare i fatti e la valutazione delle prove, attività riservata ai giudici di primo e secondo grado. La decisione dei giudici di merito era basata su una motivazione logica e coerente, che aveva correttamente identificato un nesso causale tra la condotta omissiva della società di manutenzione (mancata segnalazione del pericolo) e l’evento mortale. La responsabilità solidale è stata quindi confermata, poiché entrambe le società hanno contribuito causalmente al verificarsi del danno.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’appaltatore che assume la manutenzione di un immobile acquisisce anche un dovere di custodia e di controllo sulle aree in cui opera. Se rileva una situazione di pericolo, ha l’obbligo di agire per eliminarla o, quantomeno, per segnalarla efficacemente. In caso di inerzia, può essere chiamato a rispondere in solido con il committente per i danni che ne derivano. Per le imprese, ciò significa che non basta eseguire il proprio compito, ma è necessario adottare un approccio proattivo alla sicurezza, segnalando ogni potenziale rischio per prevenire incidenti e le conseguenti gravi responsabilità civili.

Se un convenuto chiama in causa un terzo ritenendolo il vero responsabile, la domanda dell’attore si estende automaticamente a quest’ultimo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, in caso di chiamata del terzo indicato come unico o principale responsabile, la domanda risarcitoria dell’attore si estende automaticamente al terzo chiamato, anche in assenza di una richiesta esplicita. Questo configura un rapporto di responsabilità solidale tra i convenuti.

Una società che ha in appalto la manutenzione di un immobile è responsabile per gli infortuni che vi accadono?
Sì, può essere ritenuta corresponsabile. Se l’appaltatore ha la custodia di fatto dell’area, come in questo caso, ha il dovere di prevenire i danni derivanti da pericoli noti. L’omissione di misure di sicurezza (come avvisare del pericolo o segnalarlo) integra una condotta colpevole che fonda la sua responsabilità solidale con il proprietario o committente.

L’azione dei familiari di una vittima di infortunio sul lavoro è di competenza del giudice civile o del lavoro?
È di competenza del giudice civile ordinario quando i familiari agiscono iure proprio, cioè per il risarcimento del danno subito direttamente da loro a causa della perdita del congiunto. La competenza del giudice del lavoro sussisterebbe se agissero iure hereditatis, cioè per far valere diritti che erano già del lavoratore defunto (come il cosiddetto ‘danno differenziale’).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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