Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11856/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale legale
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale legale
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 194/2021 depositata il 28/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE NOME e i suoi soci, COGNOME NOME e COGNOME NOME, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Lucca la RAGIONE_SOCIALE Viareggio Porto, chiedendone la condanna al risarcimento di danni patrimoniali, a titolo di responsabilità precontrattuale e contrattuale, oltre al ristoro del danno alla loro immagine e reputazione;
2. allegavano che:
-i futuri soci si erano rivolti al Comune di Viareggio per proporre un progetto consistente nella realizzazione di un locale per la somministrazione di alimenti e bevande a bordo di un’imbarcazione, e con delibera della Giunta comunale erano stati stabiliti criteri e requisiti funzionali all’apertura di esercizi pubblici su imbarcazioni negli specchi d’acqua del INDIRIZZO Burlamacca, Avamporto e di tutte le Darsene;
-avevano quindi costituito la società e preso contatti con la RAGIONE_SOCIALE quale titolare della concessione demaniale marittima sull’area individuata, ricevendo rassicurazioni, sia dalla stessa che dagli uffici del Comune, in ragione delle quali era stato sottoscritto, con la Viareggio RAGIONE_SOCIALE, un contratto di ormeggio ed altri servizi portuali avente durata annuale con tacito rinnovo, salvo disdetta, e canone annuo;
-avevano incaricato un cantiere navale della costruzione dell’imbarcazione, poi varata, e nel frattempo erano stati completati gli adempimenti amministrativi, tra cui la Denuncia di Inizio Attività;
-la Viareggio Porto si era solo successivamente avveduta della necessità di pubblicare un bando di gara per l’affidamento a terzi dello specchio d’acqua ai fini dello svolgimento su mezzo galleggiante motorizzato dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, bando che era stato predisposto e reso pubblico, con susseguente aggiudicazione alla società deducente, unico soggetto offerente, e stipula del contratto di affidamento;
-il Comune, a sua volta, aveva ritenuto necessarie puntuali verifiche sul titolo autorizzatorio necessario, e pertanto incardinato una Conferenza di servizi, conclusa, in un primo momento, nel senso che la struttura in questione non necessitava di alcun titolo, ‘trattandosi di mezzo galleggiante temporaneamente ormeggiato alla banchina’;
-tuttavia, l’ente locale era poi giunto a diversa determinazione, segnalando alla società deducente che l’attività non poteva essere intrapresa, e ciò in base a una ‘integrazione al verbale della Conferenza di Servizi…da parte del Dirigente del Settore LLPP Edilizia privata ed Urbanistica’, che aveva indicato essere necessario un titolo edilizio per posizionare e mantenere la predetta struttura navale, con conseguente sospensione della DIA;
-contro tale provvedimento la società deducente aveva proposto ricorso al giudice amministrativo che, però, aveva respinto il ricorso affermando che, considerate le caratteristiche dell’imbarcazione, era necessario presentare una regolare richiesta di permesso di costruire al fine di consentire al Comune di verificare la sussistenza dei parametri urbanistici ed edilizi;
-essendo la società sempre interessata a dare inizio all’attività a fronte dell’investimento sostenuto, era stata depositata domanda di accertamento di conformità
urbanistica, dando contestualmente avviso alla Viareggio Porto dello spostamento del natante ai fini di manutenzione, con richiesta sospensione del pagamento del canone previsto, in attesa del conseguimento del titolo edilizio;
-la Viareggio Porto aveva comunicato la risoluzione del contratto per gravi inadempienze della società affidataria, consistenti essenzialmente nel mancato avvio dell’attività;
-il Comune di Viareggio aveva valutato il progetto d’installazione dell’imbarcazione contrastante con le norme tecniche attuative del Piano Regolatore Portuale, le quali prevedevano sull’area interessata interventi con caratteristiche diverse e, soprattutto, attuati mediante progetto di opera pubblica ai sensi della legge n. 109 del 1994;
il giudice di prime cure, davanti al quale resisteva la società Viareggio Porto, accoglieva parzialmente la domanda, osservando in particolare che:
-la Viareggio Porto aveva incoraggiato la COGNOME alla realizzazione del progetto;
-vi era stata la stipula del contratto di ormeggio e, per altro verso, un’anomala incuria e superficialità gestoria nell’obliterazione della procedura di evidenza pubblica;
-erano risultate rassicurazioni sulla fattibilità del progetto, che avevano giustificato l’investimento nella costruzione del natante;
-la verifica della conformità urbanistica del progetto spettava alla convenuta quale soggetto istituzionale dotato di competenze specifiche, interamente controllato dal Comune e perciò ente di diritto pubblico, che era così venuto meno al proprio obbligo di necessaria cooperazione amministrativa;
-non vi era prova che la società RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza dell’impossibilità di realizzazione, non essendo sufficiente che questa fosse collegata alle previsioni del Piano Regolatore Portuale;
-a riprova dell’incolpevole affidamento della società attrice andava considerato che il procedimento amministrativo era stato connotato da incertezze, il cui superamento spettava alla pubblica amministrazione che aveva avuto rapporti con il privato investitore;
-il contratto di affidamento della concessione era dunque nullo, per impossibilità dell’oggetto, che non discendeva dalle caratteristiche del natante costruito, ma dall’incompatibilità della collocazione, nella zona portuale, con il relativo Piano Regolatore;
-delle caratteristiche del natante, comunque, la Viareggio Porto era risultata consapevole, avendo mandato propri rappresentanti ad effettuare sopralluoghi sul cantiere;
-andava quindi affermata la responsabilità precontrattuale della convenuta;
la Corte di appello di Firenze riformava la decisione, con rigetto della domanda a spese compensate per la controvertibilità delle questioni trattate, osservando in particolare che:
-non vi era sostanzialmente controversia sul fatto che il giudice di primo grado aveva accordato il risarcimento dei danni patrimoniali anche ai soci che, invece, avevano chiesto solo quelli morali, al contrario esclusi per difetto di prova;
-nel residuo merito, il riconoscimento della fondatezza della domanda era da escludere perché non poteva ritenersi in colpa il contraente che non aveva informato la controparte di un’invalidità derivante da norme inderogabili poste a tutela di interessi pubblici presuntivamente ovvero
necessariamente conosciute da parte della generalità di cittadini;
-la condotta contrastante con le regole di diligenza, in questa prospettiva, era da ravvisare anche in capo alla società RAGIONE_SOCIALE che, indipendentemente dal tenore delle rassicurazioni ricevute, aveva l’obbligo di verificare la praticabilità normativa del progetto;
-tale obbligo non veniva meno anche nel caso fosse ritenuta sussistente l’ipotizzata asimmetria delle posizioni contrattuali, con una maggiore incidenza degli obblighi a carico della Viareggio Porto quale soggetto pubblico che comunque agiva iure privatorum , atteso che tutto ciò non poteva comportare il totale esonero della controparte ai fini in parola;
-sebbene vi fossero più aspetti da considerare, urbanistico, edilizio, portuale, non erano emerse particolari e obiettive difficoltà a constatare l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione in questione, stante il contrasto con le norme del Piano Regolatore Portuale;
avverso questa decisione ricorrono, sulla base di due motivi, corredati da memoria, la s.RAGIONE_SOCIALE e i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, poi posta in concordato preventivo, che ha proposto altresì ricorso incidentale basato su motivo unico.
Rilevato che
con il primo motivo del ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1337, 1338, cod. civ., in relazione agli artt. 112, 113, t.u.e.l., 823, cod. civ., 18 legge n. 84 del 1994, 30 d.lgs. n. 163 del 2006, 1, legge n. 241 del 1990, 97, Cost., poiché la Corte territoriale avrebbe errato mancando di considerare la pacifica natura pubblica della Viareggio Porto, quale
società in house , comportava uno specifico e più pregnante obbligo di cooperazione, risultato violato, laddove la deducente sapeva di avere come interlocutore istituzionale proprio il soggetto legittimamente «delegato» dal Comune di Viareggio ad occuparsi dell’approdo turistico e, come se avesse interloquito con un ufficio del Comune, si era pertanto legittimamente affidata ritenendo che, almeno da quell’amministrazione, non vi fosse ostacolo alcuno per la realizzazione dell’iniziativa;
con il secondo motivo di tale ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 2033, cod. civ., 132, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato rigettando integralmente la domanda proposta dalla società, immotivatamente omettendo di disporre la restituzione del canone di godimento del posto barca, per cui era stata svolta fondata pretesa attesa la nullità negoziale accertata;
con il motivo di ricorso incidentale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, n. 4, 91, 92, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato compensando le spese con motivazione meramente apparente, quale riferita alla mera controvertibilità delle questioni trattate.
Considerato che
preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso dei due soci, non risultando censurata la statuizione della Corte di appello secondo cui alla domanda di rifusione di danni patrimoniali era legittimata solo la società, atteso che le due persone fisiche avevano chiesto la condanna al risarcimento di danni non patrimoniali, con pretesa rigettata per carenza di prova;
sul punto le spese debbono seguire la soccombenza;
nel residuo merito cassatorio, il primo motivo di ricorso principale è complessivamente fondato;
13. va premesso che l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui la Viareggio Porto agiva iure privatorum non risulta dirimente;
la decisione impugnata conclusivamente riconosce una natura di diritto pubblico della società originariamente convenuta, evidentemente perché in house , e ciò non esclude quell’agire (pag. 14, rigo 11, pag. 17, penultimo rigo);
s’intendeva dire che si era trattato, appunto, di una pubblica amministrazione che legittimamente agiva con strumenti civilistici, stipulando infatti contratti come quello di ormeggio e poi affidamento, oggetto di lite, sia pure all’esito dell’infine esperita procedura di evidenza pubblica;
13.1. la società in house , in ottica pubblicistica, dev’essere dunque considerata, ai fini in questione, diretta espressione dell’ente, pubblico, che a mezzo di essa persegue finalità pubbliche e su di essa esercita il c.d. controllo analogo, a mente dell’art. 2, comma 1, lett. d, d.lgs. n. 175 del 2016;
è stato osservato che «non può essere accolta una nozione di controllo analogo esercitata dall’ente pubblico sulla società in house tale da declassare la società di capitali a mera articolazione interna dell’ente pubblico, del tutto priva di autonomia e sottoposta all’identico potere gerarchico esercitato dall’amministrazione sugli uffici dipendenti. Osta a tale interpretazione la previsione come analogo del controllo, con ciò intendendosi propriamente affermare che tale controllo non è uguale ma semplicemente simile a quello esercitato dall’ente pubblico sui propri servizi gestiti direttamente. Inoltre, una interpretazione del controllo analogo tale per cui la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica, indistinguibile da quello esercitato dall’ente pubblico sulle proprie articolazioni interne, appare incompatibile con i principî di autonomia patrimoniale e attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali (Cass.,
Sez. Un., 8 luglio 2020, n. 14236; Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2023, n. 3869).
In altri termini, il controllo analogo non è un controllo assoluto come su un pubblico ufficio né un controllo gerarchico, trattandosi del controllo di un soggetto esterno e rimasto distinto, a ben guardare, da quello controllato. Ne consegue ontologicamente la limitazione dell’obiettivo del controllo alle decisioni fondamentali del soggetto così controllato, ovvero a quelle riconducibili alle linee strategiche e alle più importanti scelte operative, in modo tale quindi da incidere sulla complessiva governance dell’attività della società in house , per tenere in conto e preservare le finalità pubbliche che comunque la permeano (Cass., Sez. Un., 28 giugno 2022, n. 20632)» (Cass., Sez. U., 08/01/2024, n. 567, pagg. 10 e seguenti);
13.2. resta così fermo il carattere istituzionalmente servente della società in house quale espressione della pubblica amministrazione di cui costituisce complessiva espressione -in contrapposizione alla figura di soggetto giuridico esterno ed autonomo da questa -seppure non quale mero ufficio interno di quella (Cass., Sez. U., n. 567 del 2024, cit., pag. 12), in coerenza con la giurisprudenza comunitaria (v. Corte di giustizia, sentenza 11 gennaio 2005, C-26/2003, Stadt Halle; sentenza 13 ottobre 2005, C-458/2003, Parking Brixen), «nel senso di una sua non assoluta e perfetta coincidenza o sovrapposizione (a partire da un dato anche lessicale, posto che ‘analogo’ non è sinonimo di ‘identico’) con il controllo esercitato dall’ente pubblico sui propri organi ed uffici interni, a favore di una più marcata sua identificazione nella fattispecie di influenza determinante sulle linee strategiche e sulle decisioni fondamentali della società» (v. ancora Cass., Sez. U., n. 567 del 2024, pag. 10);
tutto ciò per sottolineare che permane il profilo intersoggettivo tra società in house e amministrazione controllante;
13.3. quanto detto, però, non può escludere, per un’evidente ragione innanzi tutto logica, l’obbligo di cooperazione rafforzato, a protezione dell’altrui affidamento, che la società in house , come tale, deve ritenersi avere, nell’agire secondo il suo oggetto statutario, al pari della pubblica amministrazione da cui promana e per le cui finalità agisce nella chiave privatistica ritenuta nel caso utile (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 04/05/2018, n. 5);
ora, ad avviso della Corte distrettuale la ricostruzione appena delineata, non implicando un esonero da ogni obbligo di diligenza in capo alla controparte privata della società in house , comporterebbe la compiuta elisione del nesso causale d’imputazione della responsabilità;
14.1. in tale quadro la sentenza in questa sede gravata sottolinea che le norme del Piano Regolatore Portuale, ostative alla collocazione dell’imbarcazione, erano da ritenersi non solo inderogabili ma altresì conoscibili senza eccessive difficoltà;
la suddetta e conclusiva ragione decisoria si risolve in un’erronea obliterazione dei principî in materia di affidamento appena sopra rammentati e oggetto della denuncia cassatoria;
difatti:
la società in house , in coerenza con quanto prima visto, rappresentava, ai fini in parola, nella relazione negoziale seppur privatistica, la longa manus dell’amministrazione di cui era espressione e che di essa, proprio perciò, si serviva;
secondo quanto pacificamente risultato accertato, la Conferenza di servizi si era in un primo momento conclusa in senso opposto a quello della necessità di un permesso edilizio non assentito dalle disposizioni urbanistiche del Comune medesimo, ad obiettiva e ulteriore conferma di una valutazione non de plano dei fatti da parte della pubblica amministrazione;
la stessa Corte territoriale afferma che l’obbligo di diligenza e corretta cooperazione della Viareggio RAGIONE_SOCIALE non poteva «certo comportare il totale esonero della controparte», con ciò implicandosi che pari conclusione doveva specularmente assumersi per la società in house ;
in altri ed esplicativi termini, le «non…insuperabili difficoltà a constatare che quell’attività imprenditoriale privata non poteva essere autorizzata in quello spazio portuale», non potevano che riferirsi -e la relativa e rilevante condotta colposa addebitarsi -ad entrambe le parti, tenuto al contempo e necessariamente conto del fatto che la Conferenza di servizi comunale era terminata inizialmente con una diversa deliberazione, solo in un secondo momento modificata;
15.1. il principio secondo cui non si può reclamare una tutela contrattuale, ovvero come nel caso precontrattuale, obliterando la propria ingiustificata ignoranza di norme inderogabili e del corrispondente diritto obiettivo (Cass., 10/05/2016, n. 10156), dev’essere allora correttamente coordinato con l’ipotesi in cui la controparte è diretta emanazione della pubblica amministrazione cui fanno capo le disposizioni normative urbanistiche in discussione, certamente indisponibili ma la cui ricostruita portata, nel caso concreto, altrettanto certamente doveva essere conosciuta innanzi tutto dalla società comunale che, invece, aveva assunto una posizione e mantenuto una condotta del tutto incompatibile con l’ipotesi di palesi effetti prescrittivi impeditivi alla compiuta attuazione contrattuale;
15.2. la descritta ermeneutica è anche in linea con la giurisprudenza della C.E.D.U.: nella sentenza RAGIONE_SOCIALE altri c. Irlanda 29/11/1991 (su cui, infatti, v. Cass., Sez. U., 24/01/2023, n. 2175, pag. 20, in tema di giurisdizione ordinaria sul risarcimento da lesione dell’affidamento
nel rapporto con la pubblica amministrazione), è stato affermato che il rilascio, da parte dell’autorità pubblica competente, di un’autorizzazione a un progetto di urbanizzazione, sulla cui base gli allora ricorrenti avevano acquistato terreni per edificarli, aveva creato una «legittima aspettativa», da considerare alla stregua di un bene del privato, tutelata ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 1 (§ 51): in quella ipotesi il titolo autorizzatorio era stato rilasciato, e poi revocato dalla pubblica autorità;
deriva da quanto ricostruito che la Corte di appello non poteva fondatamente sussumere in iure la concreta fattispecie nei termini della radicale esclusione di una condotta della società in house colposamente lesiva dell’affidamento ingenerato nella controparte contrattuale, pur assumendo quest’ultima in concorrente stato di colpa;
il secondo motivo di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale sono logicamente assorbiti.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME condannando gli stessi, in solido, alla rifusione delle spese della controricorrente liquidate in 3.000,00 euro oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso;
accoglie il primo motivo della ricorrente RAGIONE_SOCIALE assorbiti gli altri e il ricorso incidentale, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze
perché, in diversa composizione, si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 17 marzo 2025