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Responsabilità società in house e affidamento

Un’impresa avvia un progetto basandosi sulle rassicurazioni di una società portuale, ente ‘in house’ del Comune. Quando il progetto si rivela irrealizzabile per vincoli urbanistici, la Corte di Cassazione interviene. Con l’ordinanza n. 13003/2025, stabilisce che la responsabilità della società in house è aggravata. Essendo ‘longa manus’ della P.A., non può scaricare sul privato l’onere di una diligenza che essa stessa non ha avuto, tutelando così l’affidamento del cittadino.

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Responsabilità società in house: la Cassazione tutela l’affidamento del privato

Quando un’impresa dialoga con un ente che è espressione diretta della Pubblica Amministrazione, come una società in house, può legittimamente fidarsi delle sue rassicurazioni? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13003/2025, ha fornito una risposta chiara, rafforzando la tutela del privato e delineando i contorni della responsabilità della società in house in caso di fallimento delle trattative per cause normative che l’ente pubblico avrebbe dovuto conoscere.

I fatti del caso: un progetto imprenditoriale bloccato dalla burocrazia

Una società e i suoi soci, con l’intenzione di realizzare un locale galleggiante per la somministrazione di cibi e bevande, avviano contatti con il Comune e con la società da esso controllata per la gestione del porto. Ricevono rassicurazioni, costituiscono la società, firmano un contratto di ormeggio e commissionano la costruzione dell’imbarcazione.

Tuttavia, il percorso si rivela disseminato di ostacoli. Prima emerge la necessità di una gara pubblica per l’affidamento dello specchio d’acqua, che la società si aggiudica. Successivamente, il Comune cambia orientamento e dichiara necessario un titolo edilizio, di fatto impossibile da ottenere a causa di un contrasto con il Piano Regolatore Portuale. Il progetto, a fronte di ingenti investimenti, naufraga definitivamente.

Il percorso giudiziario: dalla condanna all’assoluzione in appello

In primo grado, il Tribunale riconosce la responsabilità precontrattuale della società portuale, condannandola al risarcimento. Il giudice sottolinea come l’ente avesse incoraggiato l’iniziativa e avesse il dovere, in quanto soggetto controllato dal Comune, di verificare la conformità urbanistica del progetto.

La Corte d’Appello, però, ribalta la decisione. Pur riconoscendo la natura pubblica della società portuale, afferma che anche l’impresa privata aveva un obbligo di diligenza nel verificare la fattibilità normativa del proprio progetto. Secondo i giudici di secondo grado, la conoscenza delle norme inderogabili è richiesta a tutti i cittadini, e l’impresa non poteva essere totalmente esonerata da tale onere, escludendo così la colpa della società portuale.

La responsabilità società in house secondo la Cassazione

La Suprema Corte accoglie il ricorso dell’impresa e cassa la sentenza d’appello, offrendo una lezione fondamentale sulla responsabilità della società in house. Il punto cruciale della decisione risiede nella particolare natura di questo tipo di società.

Il concetto di ‘controllo analogo’ e l’obbligo di cooperazione

La Cassazione chiarisce che una società in house non è un privato qualsiasi. Essa è la longa manus dell’ente pubblico che la controlla. Sebbene agisca con strumenti di diritto privato (stipulando contratti), essa persegue finalità pubbliche ed è soggetta a un ‘controllo analogo’ a quello che l’ente esercita sui propri uffici.

Questo status speciale comporta un ‘obbligo di cooperazione rafforzato’ nei confronti dei privati con cui entra in contatto. Non si può, quindi, porre sullo stesso piano la diligenza richiesta al privato e quella richiesta all’ente che è, per definizione, il depositario della conoscenza delle norme e dei vincoli che esso stesso è chiamato ad applicare.

La tutela dell’affidamento del privato e la responsabilità della società in house

La Corte d’Appello ha errato nel ritenere che la conoscibilità delle norme urbanistiche escludesse la colpa della società pubblica. La Cassazione sottolinea che la situazione era complessa, tanto che la stessa Pubblica Amministrazione aveva inizialmente dato parere favorevole in una Conferenza di Servizi, per poi cambiare idea.

In un contesto del genere, l’affidamento riposto dall’impresa nelle rassicurazioni e nella condotta della società in house era legittimo e meritevole di tutela. Escludere radicalmente la responsabilità della società in house significherebbe ignorare l’asimmetria informativa e di potere tra le parti, violando i principi di buona fede e correttezza nelle trattative.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sulla base del principio che la società in house, in quanto diretta espressione della pubblica amministrazione, rappresenta per il privato un interlocutore istituzionale qualificato. L’affidamento del privato è quindi particolarmente protetto. La condotta della società portuale, che prima ha incoraggiato l’investimento e poi ne ha di fatto decretato l’impossibilità, costituisce una violazione dell’obbligo di buona fede precontrattuale. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non ponderare adeguatamente questa speciale natura della società pubblica, equiparandola a un qualsiasi contraente privato e attribuendo al privato un onere di diligenza che, nel caso di specie, era sproporzionato. La Cassazione ha ritenuto che la condotta colposa fosse attribuibile a entrambe le parti, ma che l’esclusione totale della responsabilità dell’ente pubblico fosse giuridicamente errata.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale: la responsabilità della società in house nelle trattative con i privati è aggravata dalla sua natura pubblica. L’ente non può nascondersi dietro la presunta conoscibilità delle leggi per giustificare una condotta contraddittoria che lede il legittimo affidamento dell’imprenditore. La decisione rappresenta una vittoria per la trasparenza e la correttezza nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadini, ricordando agli enti pubblici e alle loro società partecipate che il loro ruolo impone un dovere di cooperazione e lealtà superiore a quello di un normale operatore di mercato. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce di questi principi.

Una società ‘in house’ ha una responsabilità maggiore rispetto a un’azienda privata nelle trattative?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la società ‘in house’, agendo come ‘longa manus’ dell’ente pubblico, ha un ‘obbligo di cooperazione rafforzato’. Pertanto, la sua responsabilità per la violazione della buona fede nelle trattative è più pregnante rispetto a quella di un normale contraente privato.

Il privato è sempre tenuto a verificare la fattibilità normativa di un progetto quando tratta con la Pubblica Amministrazione?
Pur sussistendo un generale onere di diligenza, la sentenza chiarisce che questo può essere attenuato. L’affidamento riposto dal privato nelle rassicurazioni di un ente pubblico qualificato (come una società in house) è tutelato, e l’ente non può scaricare interamente sul privato la colpa per non aver scoperto impedimenti normativi che l’ente stesso, per primo, avrebbe dovuto conoscere e comunicare.

Cosa significa che la società in house è la ‘longa manus’ dell’ente pubblico?
Significa che la società, pur essendo un soggetto giuridico distinto, agisce come un’estensione operativa dell’ente pubblico che la controlla. Non è un soggetto terzo e autonomo, ma uno strumento attraverso cui l’amministrazione persegue i propri fini istituzionali. Questo legame stretto giustifica un maggior grado di responsabilità nei confronti dei terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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