Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1249 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1249 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13542/2023 R.G. proposto da: COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in BARLETTA, INDIRIZZO DIGINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO COGNOME COGNOME, COGNOME NOME COGNOME NOME;
– intimati – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI POTENZA n. 703/2022, depositata il 07/12/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Matera la società RAGIONE_SOCIALE ed il Condominio «RAGIONE_SOCIALE» (‘il Condominio’), chiedendo accertarsi la responsabilità ex art. 1669 cod. civ. della società costruttrice convenuta rispetto agli immobili di loro proprietà facenti parte del Condominio convenuto, con conseguente condanna all’esecuzione delle opere di adeguamento, al risarcimento dei danni patiti e al rimborso delle spese sostenute per garantire la salubrità del luogo, nonché la condanna in solido del Condominio convenuto ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.
Nel corso del giudizio, a séguito della cessazione della società costruttrice, il giudizio, interrotto, veniva riassunto nei confronti dei soci, alcuni dei quali rimasti contumaci.
Il Tribunale di Matera accoglieva parzialmente la domanda degli attori.
La pronuncia di primo grado veniva impugnata, innanzi alla Corte d’Appello di Potenza, con distinti atti di appello proposti da taluni dei soci della RAGIONE_SOCIALE liquidata e dal Condominio.
Il giudice di seconde cure -per quanto ancora di interesse in questa sede – accoglieva il gravame proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, soci della RAGIONE_SOCIALE liquidata, sostenendo che poiché dal bilancio finale della società (attestante che la liquidazione si era chiusa con una perdita di €. 325.002,98) si evinceva che non vi era stata alcuna distribuzione di somme in favore dei soci, questi, in virtù dell’art . 2495 cod. civ., non avrebbero potuto essere ritenuti illimitatamente responsabili, con la
conseguenza che la condanna nei loro confronti, contenuta nella sentenza di primo grado, andava revocata. Del resto, concludeva la Corte territoriale, incombeva sui creditori l’onere di dimostrare la distribuzione dell’attivo sociale e della riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale.
La sentenza in epigrafe veniva impugnata per la cassazione da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e il ricorso affidato ad un unico motivo.
Restavano intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché il Condominio «Sobborgo INDIRIZZO».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c od. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. I ricorrenti sostengono che le Sezioni Unite (Cass. 6070/2013) hanno affermato il principio per cui sono sempre i soci coloro che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione. Essi contestano, quindi, il corollario desunto dalla Corte d’Appello in merito alla possibilità di una responsabilità dei soci limitata alla distribuzione di somme e/o beni in loro favore. In tesi: che i soci abbiano goduto o no di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente ai fini dell’esclusione dell’interesse del creditore, in quanto l’assenza di ripartizione agli ex soci nel bilancio finale di liquidazione della società non esclude l’interesse, in ragione della natura dinamica dell’interesse ad agire, a procurarsi un titolo nei loro confronti, in relazione a possibili sopravvenienze attive,
ovvero all’esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio finale di liquidazione od anche solo, ad esempio, in funzione di escussione di garanzie.
1.1. Il motivo è infondato.
In materia di rapporti giuridici facenti capo a società di capitali estinta, una volta approvato il bilancio di liquidazione, questa Corte ha avuto modo di precisare che:
l’art. 2495, comma 2, cod. civ. ammette la cancellazione e, quindi, l’estinzione di una società dal registro delle imprese anche se essa ha ancora debiti verso terzi: proprio per questa evenienza dispone espressamente il comma secondo della citata norma che quale, ferma appunto restando l’estinzione della società, gli eventuali creditori insoddisfatti possono sempre agire contro gli ex soci, nei limiti di quanto da questi ultimi percepito ad esito della liquidazione; e contro i liquidatori, ove il mancato pagamento sia dipeso da loro colpa; effetto peraltro valevole anche per le società di persone (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4060 del 22/02/2010, Rv. 612083 -01; n. 4061 e 4062; Cass. Sez. 1, n. 26196 del 19.12.2016, Rv. 642761 – 01; Cass. Sez. 3, n. 12155 del 14.06.2016);
dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nel limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che,
pendente societate , fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013 (Rv. 625323 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 6071 del 12/03/2013, Rv. 625328 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 6072 del 12/03/2013, Rv. 625329 – 01);
– nonostante alcune incertezze (Cass., ord. 23 novembre 2016, n. 23916 e, in precedenza, 26 giugno 2015, n. 13259; ancora più esplicita Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444), è stato precisato che la mancata ripartizione di somme in assenza di attivo in bilancio non è circostanza che possa incidere né sulla legittimazione passiva dei soci – giacché non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società (in termini: Cass., Sez. U, 12 marzo 2013, nn. 6070 e 6072) né sull’interesse ad agire dei creditori. Le stesse Sezioni Unite sopra richiamate (Cass., nn. 6070 e 6072 del 2013) hanno ammonito che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto. Si può porre il caso di diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, i quali pur sempre si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con la sola esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei
crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (vedi, al riguardo, Cass. 19 ottobre 2016, n. 21105, che ha riconosciuto l’interesse ad agire del creditore che abbia esperito azione revocatoria ove la società debitrice alienante si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese).
1.2. Tanto precisato, nel caso che ci occupa non era in discussione il fatto che non ci fossero maggiori ricavi accertati, accantonati ovvero reinvestiti, rispetto ai quali sarebbe spettato ai soci la dimostrazione della loro mancata distribuzione (Cass. Sez. 5, 22/11/2017, n. 27778; Cass., Sez. 5, 8/7/2008, n. 18640; Cass., Sez. 6-5, 18/10/2012, n. 17928); né è stata accertata la sussistenza di diritti e beni, pure non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta ma comunque trasferiti ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa. In mancanza di attivo della società liquidata, correttamente è stata pertanto respinta la domanda di condanna degli ex soci al pagamento del debito a carico della società.
La pronuncia impugnata merita, quindi, di essere confermata e il ricorso rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di questa fase processuale, in mancanza d’attività difensiva della controparte.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda