Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5060 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5060 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma al INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME E NOME rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO pec: EMAIL -controricorrente – avverso la sentenza n. 4654/2021, della Corte di Appello di Napoli, pubblicata il 16.12.2021, notificata in pari data.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto: società azione di responsabilità amministratori e organi di controllo
1. -La Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Napoli, accogliendo parzialmente la domanda proposta con atto di citazione notificata agli attuali appellanti il 9 marzo 2013 dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riteneva NOME COGNOME e NOME COGNOME (sindaci della suddetta società) responsabili nei confronti della società e dei creditori sociali del danno a costoro cagionato per effetto del «comportamento clamorosamente omissivo a fronte della enorme perdita di bilancio al 31.12.2008 con azzeramento del capitale sociale che imponeva, a fronte dell’inerzia dell’organo amministrativo, il pronto intervento del collegio RAGIONE_SOCIALE», mentre «l’organo si è ben guardato dall’attivarsi chiedendo l’intervento del Tribunale com e espressamente sancito dalla normativa vigente, limitandosi ad invitare l’organo amministrativo a provvedere alla coperture delle perdite».
2. -Con appello notificato tramite pec alla menzionata RAGIONE_SOCIALE (nonché, senza relativa citazione, anche a NOME COGNOME -amministratore unico della società -ed NOME COGNOME -presidente del collegio RAGIONE_SOCIALE -) il 12 novembre 2019, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la citata pronuncia dinanzi alla Corte di Appello di Napoli che, con la sentenza qui impugnata, accoglieva l’appello con la conseguenza che, in parziale riforma della sentenza appellata, respingeva la domanda risarcitoria avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE, con atto di citazione notificato in data 9 marzo 2013, contro NOME COGNOME e NOME COGNOME.
-Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
il quarto ed ultimo motivo d’appello era fondato, ed assumeva valore assorbente rispetto alle altre censure proposte.
dagli esiti probatori risultava accertato che il bilancio della società (poi dichiarata fallita in data 22 giugno 2010) al 31 dicembre 2008, aveva registrato un patrimonio netto negativo di € 8.597.205, laddove al 31 dicembre 2007 il netto patrimoniale della società ammontava (in termini positivi) a € 636.709; tutto ciò, a fronte di una perdita di esercizio emersa nel corso dell’anno 2008 di € 9.230.913, la cui causa -come riportato dal consulente tecnico di ufficio fu indicata dall’amministratore della società, nella relazione sulla gestione allegata al relativo bilanci o, nell’«aumento del costo delle materie prime quando erano stati già firmati i contratti di fornitura»;
il predetto bilancio (non depositato presso il registro delle imprese) venne trasmesso al collegio RAGIONE_SOCIALE in data non successiva al 31 marzo 2009 (come ritenuto dal consulente tecnico di ufficio) e venne approvato il 29 giugno 2009; l’attività produttiva della RAGIONE_SOCIALE cessò, di fatto, il 29-30 giugno 2009, come riconosciuto dalle parti;
le operazioni ‘incriminate’, siccome ritenute non conservative come ribadito anche dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE – erano state poste in essere tra il 7 gennaio 2009 ed il 30 giugno 2009 e, in particolare, il 7 gennaio 2009 (nota di credito di € 770.566,80) il 13 maggio 2009 (nota di credito di € 287.500,00 (entrambe per storno dei prezzo di precedenti fatture di vendita), il 29 giugno 2009 (transazione intercorsa tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) ed il 30 giugno 2009 (nota di credito di €1.260.988,95 per un’operazione di giroconto a completo azzeramento delle posizioni di credito/debito con la RAGIONE_SOCIALE);
il Tribunale aveva ritenuto gli appellanti responsabili unicamente per non essersi attivati, a fronte della completa erosione del capitale sociale emersa nel bilancio al 31 dicembre 2008, ma aveva escluso – in termini non contestati dalla RAGIONE_SOCIALE con il necessario motivo d’appello – ogni addebito pure rivolto ai sindaci in relazione agli atti
di mala gestio compiuti dall’amministratore unico (e socio unico) della società, tale NOME COGNOME, tra cui – specificamente – la transazione con la RAGIONE_SOCIALE e le operazioni intrattenute con la società RAGIONE_SOCIALE, ma anche in relazione alle vendite sottocosto, non ravvisando nelle attività contestate all’amministratore unico (fra cui anche quest’ultima) alcun nesso causale tra l’adozione di tali atti e l’omesso controllo da parte dei sindaci, precisando che le condotte imputabili al titolare della funzione gestoria sono «riconducibili a scelte arbitrarie e discrezionali dell’organo amministrativo». Allo stesso modo, era stata negata la responsabilità dei sindaci per l’omesso pagamento dei debiti erariali;
le delineate condotte illecite dell’amministratore, ritenute dalla RAGIONE_SOCIALE estranee alla finalità conservative proprie della doverosa attività liquidatoria, sono state considerate dal Tribunale atti di mala gestio dell’organo gestorio rispetto ai quali, p erò, non aveva ravvisato la responsabilità dei sindaci, negando, in particolare, la sussistenza di un nesso causale tra la loro omissione ed il danno;
tale espressa statuizione non aveva costituito motivo d’appello, avendo la difesa della RAGIONE_SOCIALE esplicitamente affermato di «non proporre appello incidentale in ragione della ridotta capacità patrimoniale dei convenuti»;
il motivo di appello proposto era pertanto fondato, avendo il Tribunale negato la responsabilità dei sindaci per le attività dissipative del patrimonio sociale compiute dell’amministratore dopo che la società s’era trovata nelle condizioni di dover essere sciolta e per non aver né la RAGIONE_SOCIALE, né il primo Giudice aveva indicato altre attività compiute dall’amministratore dopo detto evento, aventi natura non conservativa dell’integrità del patrimoniale, che il sollecito intervento dei sindaci previsto dall’art. 2485, co mma 2, c.c. avrebbe potuto evitare.
4. -Fallimento ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME e NOME COGNOME hanno presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. -Con il primo motivo: Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione agli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost.). L a Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza di primo grado sul convincimento che il Tribunale di Napoli aveva «ritenuto i sindaci responsabili per non aver attivato l’intervento sostitutorio di cui all’art. 2485, co mma 2, c.c., sebbene si fosse in presenza di una ‘illecita prosecuzione dell’attività d’impresa caratterizzata dal compimento di nuove operazioni ‘ (pagina 15 della sentenza) senza, però, indicare quali fossero e dopo aver escluso la responsabilità degli appellanti per gli atti di mala gestio compiuti dall’amministrat ore, allegati e considerati dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE come attività estranee alle esigenze della liquidazione». La motivazione tuttavia è solo apparente ma nella sostanza del tutto omessa, non avendo in realtà il Tribunale giammai reso una siffatta statuizione ma, al contrario, specificamente dichiarato per gli atti di mala gestio dell’amministratore , dedotti e provati dalla RAGIONE_SOCIALE, la responsabilità del collegio RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2485, comma 2, c.c.
5.1 -La censura è inammissibile.
V a inquadrata nell’ambito dei principi già espressi da questa Corte sull’accertamento della responsabilità del sindaco per omessa vigilanza sull’operato degli amministratori di società di capitali. Tale accertamento richiede, non solo la prova dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo e del danno conseguente alla condotta dell’amministratore, ma anche che l’attore dimostri il nesso causale tra inerzia e danno, poiché l’omessa vigilanza rileva solo
quando l’attivazione del controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio (Cass., n. 28357/2020). Ed, inoltre, in tema di responsabilità dei sindaci per omesso controllo dello svolgimento di attività dannose da parte degli amministratori di società di capitali, non disponendo i sindaci di poteri di veto o di sostituzione rispetto all’organo amministrativo, il concetto di mancata produzione del danno, di cui all’art. 2407 c.c., va inteso nel senso che è necessario che l’attività di vigilanza dei sindaci sia sempre improntata alla tempestiva segnalazione agli organi competenti del pericolo di danno derivante dalla condotta degli amministratori, in modo da porre in essere le condizioni legali per l’eliminazione preventiva, o comunque l’attenuazione, dei danni conseguenti alla cattiva condotta gestoria (Cass., n. 24045/2021).
In questo quadro la Corte di merito ha valutato una serie di accertamenti di merito espletati in I grado nel quale incontestabilmente gli atti di mala gestio erano stati ritenuti esclusivamente riportabili nell’ambito dell’attività gestoria ( e come tali contestati nei confronti dell’amministratore unico della società) per i quali non vi era stata alcuna conoscenza preventiva o successiva da parte dell’organo di controllo. Tale assunto non aveva formato oggetto di gravame da parte della curatela che nel gravame proposto ha continuato ad indicare come fatti lesivi sia l’atto di transazione con RAGIONE_SOCIALE del 29.5.2009 sia le operazioni di vendita sottocosto, eventi tutti realizzati dopo la valutazione del bilancio di esercizio sottoposto alla valutazione dell’ organo di controllo.
La valutazione non contestata dagli attuali ricorrenti che gli atti erano riconducibili all’attività gestoria e la mancata indicazione di eventi ulteriori riconducibili alla palesata omissione di vigilanza sono i due pilastri della motivazione che è ampiamente articolata e non è scalfita dalle censure proposte.
La valutazione del materiale probatorio rientra nell’apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito, salvo l’obbligo
di una motivazione che deve rispondere al ‘minimo costituzionale’ e non deve essere perplessa e obiettivamente incomprensibile (secondo i criteri di cui alle S.U. di questa Corte n. 8053/2014).
-Con il secondo motivo: Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 12 delle preleggi).
La Corte di merito ha censurato la pronuncia appellata del Tribunale di Napoli contestando di avere dichiarato i sindaci responsabili per la mancata attivazione dell’intervento di cui al comma 2 dell’art. 2485 c.c., pur avendone in precedenza escluso la responsabilità per gli atti di mala gestio dell’amministratore . Il RAGIONE_SOCIALE con tale decisione ha violat o le regole ermeneutiche dettate dall’art. 12 delle preleggi completamente obliterando la statuizione del giudice di primo grado che, mantenuta distinta p er gli atti di mala gestio dell’amministratore la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE da omesso controllo da quella per mancata attivazione ex art. 2485, comma 2, c.c., ha escluso soltanto la prima mentre ha espressamente affermato la seconda.
6.1 -La censura è inammissibile.
La doglianza persegue, sotto diverso profilo, il rilievo del mancato accertamento della causa di scioglimento della società, trascurando che la Corte ha centrato la sua motivazione sulla mancata allegazione o prova da parte della RAGIONE_SOCIALE sugli elementi costitutivi della domanda risarcitoria proposta. In tale ambito il dedotto mancato accertamento assume un rilevo non essenziale e, come la Corte esplicita, questo rimane del tutto assorbito ai fini della richiesta risarcitoria dai due elementi ampiamente illustrati: il primo relativo all’ accertamento che i fatti evidenziati erano direttamente ed esclusi vamente imputabili all’attività gestoria ed il secondo concernente la mancata allegazione di fatti diversi ai quali era riconducibile il nesso di causalità della produzione del danno lamentato. In tale contesto la Corte ha ritenuto non adeguatamente
motivate le statuizioni di primo grado accogliendo parzialmente il gravame, senza che ciò possa tradursi nella violazione dell’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c.
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore di ciascun controricorrente che liquida in € 20.000,00 per compensi e € 200 ,00 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione