Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27801 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22255/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIOCOGNOME che li rappresenta e difende con l’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 93/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnarono la delibera n. 20035 del 21 giugno 2017, così come rettificata con la delibera n. 20059 del 6 luglio 2017, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE all’esito del procedimento n. 46237/2016 ai sensi dell’art. 191 co. 2 d.lgs. n. 58/98 (TUF), al tempo vigente, adottata a seguito dell’attività di vigilanza ispettiva condotta dalla stessa Autorità presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dal 12 gennaio 2015 al 25 febbraio 2016, con la quale era stata applicata a ciascuno di loro, per la violazione dell’art. 94 co. 2 e 7 del TUF, la sanzione pecuniaria di € 20.000,00. Con lo stesso mezzo vennero anche impugnati tutti gli atti presupposti, collegati e strumentali all’irrogazione della sanzione suddetta.
1.1. La RAGIONE_SOCIALE aveva contestato ai ricorrenti, quali componenti dal 26 aprile 2014, del RAGIONE_SOCIALE, la violazione dell’art. 94, commi 2 e 7 del TUF, con riguardo alla mancata rappresentazione nel ‘prospetto di base 2014’, nel ‘DR 2014’ e nei successivi supplementi, nonché nel ‘prospetto di base 2015’, di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché sulle RAGIONE_SOCIALE offerte.
Più in particolare:
<>.
1.2. La RAGIONE_SOCIALE si costituì chiedendo respingersi l’opposizione per inammissibilità ed infondatezza delle motivRAGIONE_SOCIALE addotte.
La Corte di Appello di Venezia rigettò parzialmente l’opposizione, riducendo l’ammontare della sanzione comminata, rideterminandola nella somma complessiva di € 15.000,00 per ciascun ricorrente.
Gli opponenti propongono ricorso sulla base di dieci motivi. Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE. Entrambe le parti hanno depositato memorie e il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, conclusioni scritte.
Con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 24, co. 1, l. n. 262/2005 e 195, co. 2, d.lgs. n. 58/1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e della l. n. 241/1990, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte distrettuale ritenuto infondate le questioni pregiudiziali proposte dagli opponenti.
Nelle specifico, per i ricorrenti, i giudici di secondo grado non avevano colto <> (quali la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, la verbalizzazione, la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione), princìpi ai quali gli enti destinatari della disciplina sono tenuti ad adeguarsi conformando le RAGIONE_SOCIALE modalità organizzative in modo da darvi attuazione.
A tal riguardo, il RAGIONE_SOCIALE di Stato, con le sentenze n. 1595/2015 e n. 1596/2015 aveva sostenuto che <> ; di contro, il regolamento RAGIONE_SOCIALE, seppur in parte modificato in seguito a dette pronunce, si poneva comunque al di sotto dello standard del contraddittorio previsto dal legislatore, violando, in tal modo, il diritto di difesa che dovrebbe essere garantito in tutte le fasi del procedimento sanzionatorio.
La Corte veneziana, dunque, aveva violato le richiamate disposizioni ritenendo non indispensabile assicurare nelle fasi amministrative l’audizione personale dell’incolpato, affidando il rispetto dei principi del giusto processo solo <> ; aveva, inoltre, errato nell’escludere la nullità del procedimento per la mancata comunicazione delle conclusioni dell’USA (Ufficio Sanzioni Amministrative).
I ricorrenti, infine, censurano la sentenza impugnata laddove non viene riconosciuto il difetto motivazionale della delibera opposta; si sarebbe così violato, nuovamente, l’art. 24 co. 2 della Legge n. 262/2005, il quale prevede espressamente che la
motivazione del provvedimento sanzionatorio debba avere requisiti specifici, quali l’indicazione delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto che hanno determinato la decisione in relazione alle risultanze istruttorie.
4.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
4.1.1. I primi tre commi dell’art. 24, l. n. 262/2005 dispongono:
‘ Ai procedimenti della RAGIONE_SOCIALE d’Italia, della CONSOB, dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i principi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificRAGIONE_SOCIALE. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei principi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione. Le Autorità di cui al presente comma disciplinano le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione.
Gli atti delle Autorità di cui al comma 1 devono essere motivati. La motivazione deve indicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei principi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi. ‘
La disposizione, articolata in più norme fra loro correlate, circoscrive quella che i ricorrenti qualificano ‘portata innovativa’ della legge, proprio alla luce della natura del procedimento, amministrativo e non giudiziario. L’attuazione dei principi viene subordinata all’accertata compatibilità e, assai emblematicamente, viene devoluto alle stesse autorità di disciplinare ‘le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione’. Autode terminazione, questa, che risulterebbe incompatibile con la pienezza del contraddittorio di tipo giurisdizionale.
Ciò posto, la sentenza impugnata ha compiutamente spiegato le ragioni per le quali risultavano essere stai rispettati i principi di cui alla l. n. 262/2005:
la lettera di contestazione notificata nel maggio del 2016 incorporava l’atto di accertamento, puntualmente motivato;
gli opponenti avevano avuto accesso agli atti e presentato specifiche deduzioni difensive;
le funzioni istruttorie e decisorie risultavano affidate a organi distinti, seppure facenti capo alla medesima autorità;
-non occorreva assicurare all’incolpato l’audizione e garanzie equiparabili a quelle del processo;
-l’eventuale inadeguatezza della motivazione avrebbe potuto trovare sede di sindacato davanti al giudice, al quale viene sottoposto il rapporto e non già la verifica dell’atto in sé della pubblica amministrazione (cfr. Cass., S.U., n. 1786/2010; conf., ex multis, Cass. nn. 17799/2014 e 12503/2018).
A fronte di ciò, i ricorrenti non individuano con apprezzabilità il ‘ vulnus ‘ che avrebbero effettivamente patito dalla asserita
compressione del loro diritto di difesa, non recuperato neppure con il ricorso al giudice.
Infine, per completezza deve osservarsi che i ricorrenti, in questo e in altri motivi, lamentano impropriamente violazione di norma costituzionale.
4.1.2. La violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass., S.U., n. 25573, 12/11/2020; conf., Cass. nn. 15879/2018 e 3709/2014).
L’osservazione, onde evitare inutili ripetizioni, vale per tutte le volte in cui i ricorrenti lamentano col ricorso in esame violazione di norme costituzionali.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, della l. n. 241/1990 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, dell’art. 4 co. 2 del regolamento adottato dalla RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 18750/2013 e successive modifiche ed integrRAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 24 della l. n. 262/2005, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., nella parte in cui fissa la durata del procedimento sanzionatorio in 200 giorni decorrenti dal trentesimo giorno successivo alla data del perfezionamento della notificazione della lettera di contestazione degli addebiti.
Secondo i ricorrenti la Corte d’appello era incorsa in errore nel reputare infondato il secondo motivo dell’opposizione (con il quale era stato contestato il mancato rispetto del termine previsto dall’art. 4, co. 2, del regolamento RAGIONE_SOCIALE) richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il
procedimento sanzionatorio amministrativo risulta disciplinato dalla l. n. 689/1981, con conseguente irrilevanza della norma su richiamata e del termine perentorio dalla stessa indicato.
Di contro, come anche ritenuto dal RAGIONE_SOCIALE di Stato con la sentenza n. 542/2013, il termine suddetto avrebbe dovuto ritenersi necessariamente perentorio, attesa la stretta correlazione sussistente tra il rispetto del medesimo e il diritto di difesa.
5.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
Il RAGIONE_SOCIALE condivide e intende dare continuità al consolidato principio di diritto secondo il quale, in materia di sanzioni amministrative nei confronti degli intermediari mobiliari, la previsione di un termine perentorio per la conclusione del procedimento sanzionatorio è incompatibile con il sistema organico di norme di cui alla l. n. 689 del 1981, che delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi che non consentono, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine finale non adattabile alla complessità del caso concreto, con la conseguenza che non ha carattere perentorio il termine di duecento giorni per la conclusione del procedimento di cui all’art. 4, comma 2, del Regolamento RAGIONE_SOCIALE n. 18750 del 2013, al quale rinvia l’art. 24, comma 3, della sopravvenuta l. n. 262 del 2005, poiché, trattandosi di regolamento interno, è inidoneo a modificare le disposizioni della l. n. 689 del 1981, avendo esclusivamente funzione sollecitatoria e ordinatoria dell’attività degli uffici dell’autorità di vigilanza (Cass. Sez. 2, n. 1154, 11/01/2024).
La sopra richiamata sentenza, con ampia e approfondita trattazione, spiega le ragioni per le quali l’invocata perentorietà non possa ricavarsi dall’art. 2, co. 3 della l. n. 241/1990 (siccome già affermato da Cass., S.U., n. 9591/2006), né dall’art. 24 della l. n.
262/2005. Onde evitare defatiganti ripetizioni a essa motivazione è qui bastevole far rinvio.
Con la terza doglianza viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 24, co. 1, l. n. 262/05 e successive modifiche, 195 T.U.F., 4 del regolamento adottato dalla RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 18750/2013 e successive modifiche ed integrRAGIONE_SOCIALE, 14 l. n. 689/1981, 97 Cost. e della l. n. 241/90 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, in riferimento all’art. 360 , co. 1 n. 3 cod. proc. civ..
I ricorrenti lamentano il mancato accoglimento del quarto motivo dell’opposizione, con il quale avevano dedotto la tardività della contestazione e la decadenza della RAGIONE_SOCIALE dalla potestà sanzionatoria, posto che <>.
La Corte d’appello, inoltre, per gli esponenti aveva omesso di esaminare l’ampia documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, inviata all’anzidetta Autorità -quale allegato alla lettera del 29/8/2014 trasmessa dal RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione alla RAGIONE_SOCIALE in risposta alla lettera di quest’ultima del 26/5/2014 – nella quale venivano evidenziate le criticità riscontrate e la richiesta di rimuoverle; aveva altresì omesso di considerare l’attività di vigilanza svolta dal RAGIONE_SOCIALE, con particolare riguardo alla tematica dell’aumento di capitale del 2014.
La Corte d’appello, alla luce di ciò, avrebbe dovuto considerare tardiva la contestazione mossa dalla RAGIONE_SOCIALE. Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il termine di contestazione degli illeciti previsto dall’art. 14 l. n. 689/1981 decorre dall’accertamento della violazione anche nell’ipotesi di illeciti permanenti: <> .
6.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
6.1.1. La giurisprudenza consolidata di questa Corte esclude che il termine decorra dalla mera emersione dei fatti che potrebbero assumere rilievo.
Sul punto può riportarsi quanto esposto in motivazione dall’ordinanza n. 34695/2023 di questa Corte, la quale ha richiamato compiutamente i principi di diritto condivisibilmente affermati in sede di legittimità, con giurisprudenza costante.
<>.
La Corte di Venezia, sulla base di ragionato scrutinio delle emergenze di causa, ha motivatamente escluso che la RAGIONE_SOCIALE sin dalla nota della RAGIONE_SOCIALE d’Italia del 25/11/2013 e le successive fosse stata posta in grado di conoscere pienamente i fatti rilevanti e compiutamente determinarsi, <>.
Trattasi di apprezzamento di merito, diretto a verificare la ragionevolezza del tempo impiegato dall’autorità amministrativa per determinarsi, la cui censura è inammissibile in questa sede.
6.1.2. L’asserito omesso esame non è scrutinabile per aspecificità per difetto di autosufficienza: gli atti che si assume non essere stati presi in esame non risultano essere stati puntualmente allegati.
In disparte val la pena osservare che, a tutto concedere, i fatti genericamente allegati non sono decisivi, siccome si chiarirà in relazione al settimo motivo.
7. Con il quarto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 24 co. l. n. 262/05 e successive modifiche del regolamento RAGIONE_SOCIALE sul procedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 18750 della stessa Commissione e successive modifiche, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., nonché il travisamento della prova con violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ.
La Corte veneziana, secondo l’assunto, aveva errato nel ritenere inammissibile, in quanto generico ed inconsistente, il quinto motivo dell’opposizione, con il quale i ricorrenti avevano dedotto che il provvedimento sanzionatorio aveva fatto riferimento ad atti e documenti non conosciuti, comprese anche e-mail personali.
In particolare, si afferma che le riportate verifiche ispettive avrebbero dovuto esitare in provvedimenti di accertamento e che nell’atto di contestazione si era fatto riferimento a talune e -mail personali. Né, si soggiunge, poteva addebitarsi, come aveva fatto la RAGIONE_SOCIALE, agli esponenti il parere favorevole espresso nella riunione del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione dell’8/4/2014 dal RAGIONE_SOCIALE, stante che i ricorrenti all’epoca non ricoprivano la carica, ad eccezione di COGNOME.
7.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La critica non attinge la ‘ratio decidendi’.
La sentenza ha così motivato (pag. 18): <>.
I ricorrenti, piuttosto che puntualmente avversare il riportato assunto, ancora una volta del tutto genericamente, sostengono di non aver avuto modo di conoscere taluni documenti, non solo neppure individuati puntualmente, ma dei quali non viene in alcun modo spiegata la forza decisiva.
Non è chiaro, di poi, quale significato assegnare ai rivendicati e mancati ‘ provvedimenti accertativi ‘.
Inoltre, la censura non coglie che la sentenza impugnata ha ampiamente spiegato che alla riunione del 2/4/2014 aveva preso parte il COGNOME e gli esiti di essa poterono e dovettero essere conosciuti dagli altri due RAGIONE_SOCIALE poco tempo dopo insediatisi.
Infine, inconsistente deve ritenersi il richiamo agli artt. 115 e 116, in quanto una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., fra le tante, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299); spurie e non effettivamente correlate alla puntuale delineazione della dedotta violazione di legge appaiono i riferimenti a varie disposizioni normative, il cui contenuto si assume genericamente non rispettato.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1
4 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello omesso di considerare, da una parte, che i ricorrenti COGNOME e COGNOME non avevano partecipato al consiglio d’amministrazione dell’8/4/2014, in quanto nominati RAGIONE_SOCIALE successivamente, e dall’altra, che la Procura della Repubblica di Roma, con provvedimento del 26/5/2017, aveva archiviato la posizione del Dott. COGNOME, che all’epoca rivestiva la carica di sindaco, in ordine alla determinazione del prezzo delle RAGIONE_SOCIALE.
8.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità per più concorrenti ragioni.
8.1.1. Inconcludente è l’asserita violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato: la Corte di merito, invero, ha pronunciato su tutti i profili di critica mossi con l’opposizione e i ricorrenti, nella sostanza e all’evidenza, si dolgono del contenuto della decisione.
8.1.2. Sotto il paravento della denuncia di vizio assoluto di motivazione i ricorrenti censurano l’apprezzamento di merito, effettuato con motivazione niente affatto apparente.
Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentRAGIONE_SOCIALE obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019;
ma già, Cass., S.U., n. 22232/2016; Cass. n. 6758/2022; da ultimo, Cass., S.U., n. 2767/2023, in motivazione).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermRAGIONE_SOCIALE inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053, 7/4/2014; Cass., S.U. n. 8054, 7/4/2014; Cass., Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014). Evenienze tutte che qui non ricorrono.
8.1.3. I ricorrenti non spiegano dove e quando i fatti qui evidenziati abbiano formato oggetto di dibattito fra le parti. Né la decisività di essi.
Inoltre, una tale decisività risulta smentita dal complessivo costrutto motivazionale della decisione, la quale ha giudicato conforme a diritto il rimprovero mosso dalla RAGIONE_SOCIALE agli incolpati, i quali, tenuto conto delle eclatanti vicende che avevano portato alla nomina del nuovo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della piena conoscibilità da parte dei componenti di tale organo delle pregiudizievoli operRAGIONE_SOCIALE in corso, a prescindere dall’epoca delle deliberRAGIONE_SOCIALE iniziali che ad esse avevano dato avvio (si vedano, a mero titolo esemplificativo, le pagg. 23-25, 28-29, 32-33 della sentenza).
Infine, le determinRAGIONE_SOCIALE in sede penale del P.M. nessuna rilevanza assumono in questa sede, né i ricorrenti si peritano d’individuarla puntualmente.
Con il sesto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 24, co. 1, l. n. 262/05 e successive modifiche, del regolamento RAGIONE_SOCIALE sul procedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 18750 della stessa Commissione e successive modifiche, degli artt. 24 e 97 della Cost. e della l. n. 241/1990 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, dell’art. 8 della l. n. 689/81 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 cod. proc. civ.
I ricorrenti lamentano il mancato accoglimento del sesto motivo di opposizione con il quale era stata denunciata la violazione del principio del ‘ne bis in idem’, avendo la RAGIONE_SOCIALE dato origine a molteplici procedimenti sanzionatori, irrogando distinte sanzioni in presenza di fattispecie sostanzialmente identiche aventi lo scopo di tutelare un medesimo interesse giuridico.
Le condotte materiali contestate dalla RAGIONE_SOCIALE in tali procedimenti sanzionatori non dovevano, infatti, considerarsi <> rispetto a quella oggetto di causa, come ritenuto erroneamente dalla decisione impugnata, concernendo, di contro, <> . Di conseguenza, si conclude, <>.
9.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
Il vaglio di merito ha escluso medesimezza di RAGIONE_SOCIALE e omissioni, versandosi <>.
I ricorrenti sostengono che le contestRAGIONE_SOCIALE mosse con le delibere n. 20034 del 21/6/2017 e n. 20033 del 14/6/2017 riportino alla medesima condotta.
A tal fine richiamano la ‘ mancata rappresentazione nel Prospetto 2014 di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenite ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché sulle RAGIONE_SOCIALE offerte ‘, ‘ la mancata rappresentazione nel Prospetto Base e nella sopracitata documentazione di offerta di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenire ad un fondato giudizio della situazione patrimoniale e finanziaria sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE banca, nonché sulle obbligRAGIONE_SOCIALE offerte ‘, la mancata dotazione ‘ di procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento di cui alle relative norme di attuazione ‘, la mancata ‘ diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l’interesse dei clienti ‘.
Al di là della sommaria e monca estrapolazione delle contestRAGIONE_SOCIALE effettuata dai ricorrenti, quest’ultimi mostrano di
confondere il bene tutelato, inteso in senso sommamente lato, con le condotte che esso bene, in varia misura, offendono o mettono in pericolo, avuto riguardo alle varie declinRAGIONE_SOCIALE del medesimo.
La sentenza ha spiegato, senza essere puntualmente smentita dal ricorso, che la delibera sanzionatoria di cui qui si discute <>. Il procedimento, sfociato nella delibera n. 2034, aveva ad oggetto le omissioni informative riguardanti l’emissione obbligazionaria del 2014/2015. Il procedimento, sfociato nella delibera n. 20033, aveva ad oggetto plurime condotte lesive del dovere di correttezza e trasparenza poste a tutela della clientela e non del mercato.
Allora, risulta chiaro che, a voler reputare leso, in generale e per grandi linee, l’interesse di risparmiatori e clienti a una sana, accorta e prudente gestione e rappresentazione dell’intermediario, le condotte lesive sono state plurime.
In disparte va rilevato che l’asserita violazione del ‘ne bis in idem’ non potrebbe qui giammai configurarsi.
Esso, per vero, ha lo scopo d’impedire che un soggetto possa essere sottoposto più di una volta a processo penale in relazione allo stesso fatto.
In tal senso l’art. 649 cod. proc. pen., che trova rinforzo nella disciplina eurounitaria: art. 4 del Protocollo VII della RAGIONE_SOCIALE EDU (‘ Nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un’infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato’ ); art. 50 della Carta Dei Diritti Fondamentali Dell’unione Europea (‘ Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il
quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge ‘).
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che le autorità indipendenti, nello svolgimento delle funzioni di garanzia loro attribuite, perseguono la tutela di interessi collettivi dello StatoComunità (quali la libertà del mercato, la tutela del risparmio, il corretto funzionamento della borsa e del sistema creditizio, etc.) e, in taluni casi, di diritti soggettivi individuali (come la tutela della riservatezza) e, nei rispettivi ambiti, esercitano funzioni sanzionatorie, ponendosi quali organi giustiziali, non equiparabili a organi di giustizia in senso proprio che pronunciano statuizioni giudiziali.
Il procedimento sanzionatorio di cui alla l. n. 262 del 2005 non partecipa, quindi, della natura giurisdizionale del processo tipicamente inteso, che è solo quello che si svolge davanti ad un giudice, e le sanzioni applicate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia e dalla RAGIONE_SOCIALE non hanno natura penale, con la conseguenza che non è violato l’art. 6, par. 1, della RAGIONE_SOCIALE europea dei diritti dell’uomo, ben potendo l’incolpato esercitare tutti i suoi diritti di difesa nella successiva eventuale fase di opposizione, ove si realizza un pieno sindacato giurisdizionale, fino al vaglio di legittimità (Cass. Sez. 2, n. 4 del 03/01/2019; conf. Cass. n. 9371 del 21/05/2020).
Val la pena, inoltre, ricordare che questa Corte ha avuto modo di affermare (ma, per quel che al paragrafo immediatamente successivo si dirà, si tratta di ipotesi diverse dalle sanzioni qui applicate dalla RAGIONE_SOCIALE, di contenuta afflittività) <> (Cass., n. 4725/2016).
9.1.2 . Per giurisprudenza ferma di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle applicate dalla RAGIONE_SOCIALE per reprimere la manipolazione del mercato, sicché esse non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono, quindi, un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 CEDU (Cass. Sez. 2, n. 3656 del 24/02/2016; conf., ex multis, Cass. nn. 20689/2018, 24723/2018, 24850/2019, 4599/2020).
10. Con il settimo motivo viene denunciata violazione degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in riferimento all’art.
360, co. 1 n. 4, cod. proc. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ.
La Corte, secondo gli esponenti, <> allorquando imputa agli odierni ricorrenti, in carica a far data solo dal 26.04.2014, condotte poste in essere dal consiglio di amministrazione nella riunione dell’8.04.2014; omettendo, inoltre, di considerare (come già sostenuto in altro motivo) che la Procura della Repubblica aveva archiviato la posizione del Dott. COGNOME relativa al contestato concorso nel procedimento di determinazione del valore delle RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello, inoltre, aveva di fatto reso una motivazione apparente, avendo del tutto omesso di valutare circostanze e fatti storici che, se specificatamente analizzati, avrebbero comportato un giudizio di esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo ai ricorrenti.
In particolare, spiegano gli istanti, non aveva tenuto conto dei richiami al rispetto della lettera della RAGIONE_SOCIALE effettuato dal Presidente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella seduta del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione dell’1/7/2014, della lettera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2/7/2014 indirizza al RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione, della lettera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 29/8/2014 indirizzata al Presidente del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione, della richiesta avanzata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella seduta del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione del 27 agosto, con la quale si invitava quest’ultimo ad assumere, in tempi rapidi, le iniziative necessarie <> , l’intervento del RAGIONE_SOCIALE in occasione del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione del 28/8/2015, l’audizione del responsabile della Direzione RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE l’8 e il 22 -23/10/2015, le esternRAGIONE_SOCIALE del
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fin dal proprio insediamento del 26/4/2014 su talune criticità afferenti alla imprecisa e tardiva verbalizzazione delle sedute del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione e, infine, della comunicazione effettuata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 52 TUB.
In definitiva, si conclude, i ricorrenti avevano fatto quanto era in loro potere per por rimedio alle manchevolezze.
Per le ragioni già enunciate in risposta ad altri motivi, inconcludenti sono la prospettata violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato e l’asserito difetto assoluto di motivazione.
Con l’ottavo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 190 del d. lgs. n. 58/1998 (TUF), dell’art. 3 l. n. 689/1981, dell’art. 2407 cod. civ., in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. 1 n. 4, cod. proc. civ.; nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ.
I ricorrenti lamentano, in particolar modo, richiamando l’art. 3 della l. n. 689/1981, essere stato violato il principio di colpevolezza, invocando il proprio stato di buona fede come esimente.
La Corte distrettuale, spiegano, era incorsa in errore nel ritenere infondata la difesa degli opponenti in punto di mancanza di colpa, affermando che <>.
Gli esponenti asseriscono di avere fornito ampia documentazione e prova in merito all’incisiva attività svolta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE insediatosi il 26/4/2014, volta a contrastare pratiche illegittime e illecite invalse nella precedente gestione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’ostruzionismo, diretto a impedire l’esercizio dei poteri di controllo, messo in opera dall’amministrazione e dirigenza della RAGIONE_SOCIALE.
In sintesi, la Corte distrettuale non aveva tenuto in debito conto le disposizioni di legge in materia di responsabilità dei RAGIONE_SOCIALE, e, in generale, dell’art. 3 della L. n. 689/1981; non av eva inoltre valutato la condotta degli odierni ricorrenti, diretta a far tutto ciò che fosse stato giuridicamente e tecnicamente possibile per la conformità ai dettami di legge.
Pertanto, si conclude, per la radicale mancanza di colpevolezza in capo ai ricorrenti.
I due motivi, tra loro correlati, sono infondati e, in parte, sono inammissibili.
12.1. Inconcludente, ancora una volta, è l’asserita violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato: la Corte di merito, invero, ha pronunciato su tutti i profili di critica mossi con l’opposizione e i ricorrenti, nella sostanza e all’evidenza, si dolgono del contenuto della decisione.
12.2. Sotto il paravento della denuncia di vizio assoluto di motivazione i ricorrenti censurano l’apprezzamento di merito, effettuato con motivazione niente affatto apparente (si richiamano gli argomenti già svolti sul punto).
Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra riportate, avendo la Corte d’appello spiegato le ragioni per le quali gli opponenti,
venendo meno ai loro doveri, erano incorsi nelle violRAGIONE_SOCIALE di legge loro contestate.
12.3. Nel resto, ancora una volta, si addebita alla decisione impugnata di non aver valutato le emergenze sopra sunteggiate.
Quanto all’incidenza dell’epoca della nomina dei componenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è già detto.
Le sollecitRAGIONE_SOCIALE, ammesso che le stesse siano state tempestive, concludenti e stringenti -gli asserti difettano di specificità per mancata puntuale riproduzione o allegazione -, al presidente del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione e a quest’ultimo organo, l’audizione svolta e la comunicazione ai sensi dell’art. 52 TUB alla RAGIONE_SOCIALE d’Italia non avrebbero potuto sollevare da responsabilità i RAGIONE_SOCIALE.
Solo la puntuale e completa comunicazione alla RAGIONE_SOCIALE delle riscontrate anomalie, non tempestivamente sanate, avrebbe potuto apprezzarsi quale condotta, se del caso, liberatoria (in tal senso si veda Cass. n. 33047/2018). Ciò, a maggior ragione tenendo conto del contesto di importanti scostamenti dalle pratiche corrette già emerso e a fronteggiare il quale era stata fatta nomina del nuovo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Tantomeno, può affermarsi, a tutto concedere, che le segnalRAGIONE_SOCIALE enfatizzate dai ricorrenti integrassero ogni sforzo esigibile per porre rimedio alla gravissima situazione, che precipitò la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla dissoluzione, con rilevanti danni per la platea dei risparmiatori coinvolti.
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia (a maggior ragione per quelle irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, al fine di proteggiate il mercato), i RAGIONE_SOCIALE delle società bancarie per andare esenti da responsabilità devono dare prova di aver esercitato i poteri di controllo loro spettanti, non essendo all’uopo
sufficiente, in presenza di una condotta illecita posta in essere dagli amministratori, la dedotta circostanza di esserne stati tenuti all’oscuro; in tal caso, dal comportamento inerte dei RAGIONE_SOCIALE consegue la mancata adeguata vigilanza sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori (Cass. sez. 2, n. 24170, 04/08/2022).
La permanenza in carica dell’organo di controllo interno, paradigmatico emblema rassicurante per risparmiatori, RAGIONE_SOCIALEsti e terzi, in presenza di situazione siffattamente grave, senza utile attività di contrasto e di adeguata, tempestiva segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE, implica, nella migliore delle ipotesi, la supina e colpevole accettazione dell’inutilità del ruolo e, al contempo, trasmette segnale di rassicurazione a mercato, soci e terzi privo di ogni giustificato fondamento, vieppiù allargando l’area e l’intensità del danno.
13. Con il nono motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. 1 n. 4 cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello erroneamente rigettato l’ultima censura della proposta opposizione, con la quale era stata lamentata la violazione del principio della comparazione equitativa tra la sanzione comminata e l’entità dell’infrazione e del principio della graduazione della colpa, nonché l’omessa motivazione.
Si addebita alla decisione di non aver adoperato il dovuto controllo sul rispetto dei suddetti principi e conseguentemente sulla sanzione irrogata, avendo semplicemente operato una riduzione di essa facendo un generico riferimento al difficile contesto in cui il
nuovo RAGIONE_SOCIALE si era trovato ad operare in concreto e alle attività in effetti espletate dal suddetto organo, così rendendo una decisione solo apparentemente motivata.
13.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità .
Quanto alla dedotta violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. vale quanto già chiarito in relazione ad altri motivi.
È evidente trattarsi d’incensurabile apprezzamento di merito e, peraltro, la sanzione è stata ridotta in misura tale d’apparire veramente esigua rispetto alla forbice edittale.
Con il decimo e ultimo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 195, co. 7, TUF, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, cod. proc. civ., nonché violazione degli artt. 195, co. 7, TUF, 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto superfluo disporre l’audizione personale degli opponenti con la seguente, non condivisibile motivazione: <> .
14.1. Il motivo non supera il vaglio d’ammissibilità.
Anche in questo caso, per le ragioni già espresse, non è apprezzabile la denuncia di violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ.
Nel resto, i ricorrenti non spiegano in cosa sarebbe consistito il ‘vulnus’ patito a cagione della mancata audizione (conf. Cass. nn. 4340/2010, 26157/2014, 19759/2017 e 27419/2021).
15. In conclusione, rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno
liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente.
16. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il giorno 14 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME