Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27801  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22255/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIOCOGNOME  che  li rappresenta  e  difende  con  l’avvocato  NOME  COGNOME  giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in persona  del  legale  rappresentante pro  tempore ,  elettivamente domiciliata  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  degli avvocati  NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 93/2019 della CORTE  D’APPELLO  di VENEZIA, depositata il 15/01/2019;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnarono la delibera n. 20035 del 21 giugno 2017, così come rettificata con la delibera n. 20059 del 6 luglio 2017, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE all’esito del procedimento n. 46237/2016 ai sensi dell’art. 191 co. 2 d.lgs. n. 58/98 (TUF), al tempo vigente, adottata a seguito dell’attività di vigilanza ispettiva condotta dalla stessa Autorità presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dal 12 gennaio 2015 al 25 febbraio 2016, con la quale era stata applicata a ciascuno di loro, per la violazione dell’art. 94 co. 2 e 7 del TUF, la sanzione pecuniaria di € 20.000,00. Con lo stesso mezzo vennero anche impugnati tutti gli atti presupposti, collegati e strumentali all’irrogazione della sanzione suddetta.
1.1. La RAGIONE_SOCIALE aveva contestato ai ricorrenti, quali componenti dal 26 aprile 2014, del RAGIONE_SOCIALE, la violazione dell’art. 94, commi 2 e 7 del TUF, con riguardo alla mancata rappresentazione nel ‘prospetto di base 2014’, nel ‘DR 2014’ e nei successivi supplementi, nonché nel ‘prospetto di base 2015’, di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché sulle RAGIONE_SOCIALE offerte.
Più in particolare:
<>.
1.2.   La RAGIONE_SOCIALE si costituì chiedendo respingersi l’opposizione per inammissibilità ed infondatezza delle motivRAGIONE_SOCIALE addotte.
 La  Corte  di  Appello  di  Venezia    rigettò  parzialmente l’opposizione,  riducendo  l’ammontare  della  sanzione  comminata, rideterminandola  nella  somma  complessiva  di  €  15.000,00  per ciascun ricorrente.
Gli opponenti propongono ricorso sulla base di dieci motivi. Resiste  con  controricorso  la  RAGIONE_SOCIALE.  Entrambe  le  parti  hanno depositato memorie e il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, conclusioni scritte.
 Con  il  primo  motivo  viene  denunciata  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 24, co. 1, l. n. 262/2005 e 195, co. 2, d.lgs. n. 58/1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e della l. n. 241/1990, in relazione all’art. 360 co. 1  n.  3  cod.  proc.  civ.,  per  avere  la  Corte  distrettuale  ritenuto infondate le questioni pregiudiziali proposte dagli opponenti.
Nelle specifico, per i ricorrenti, i giudici di secondo grado non avevano colto <> (quali  la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, la verbalizzazione,  la  distinzione  tra  funzioni  istruttorie  e  funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione), princìpi ai quali gli enti destinatari della disciplina sono tenuti ad adeguarsi conformando  le  RAGIONE_SOCIALE  modalità  organizzative  in  modo  da  darvi attuazione.
A tal riguardo, il RAGIONE_SOCIALE di Stato, con le sentenze n. 1595/2015 e n. 1596/2015 aveva sostenuto che <> ; di contro, il regolamento RAGIONE_SOCIALE, seppur in parte modificato in seguito a dette pronunce, si poneva comunque al di sotto dello standard del contraddittorio previsto dal legislatore, violando, in tal modo, il diritto di difesa che dovrebbe essere garantito in tutte le fasi del procedimento sanzionatorio.
La Corte veneziana, dunque, aveva violato le richiamate disposizioni ritenendo non indispensabile assicurare nelle fasi amministrative l’audizione personale dell’incolpato, affidando il rispetto dei principi del giusto processo solo <> ; aveva, inoltre, errato nell’escludere la nullità del procedimento per la mancata comunicazione delle conclusioni dell’USA (Ufficio Sanzioni Amministrative).
I ricorrenti, infine, censurano la sentenza impugnata laddove non viene riconosciuto il difetto motivazionale della delibera opposta; si sarebbe così violato, nuovamente, l’art. 24 co. 2 della Legge n. 262/2005, il quale prevede espressamente che la
motivazione del provvedimento sanzionatorio debba avere requisiti specifici, quali l’indicazione delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto che hanno determinato la decisione in relazione alle risultanze istruttorie.
4.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
4.1.1. I primi tre commi dell’art. 24, l. n. 262/2005 dispongono:
‘ Ai procedimenti della RAGIONE_SOCIALE d’Italia, della CONSOB, dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i principi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificRAGIONE_SOCIALE. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei principi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione. Le Autorità di cui al presente comma disciplinano le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione.
 Gli  atti  delle  Autorità  di  cui  al  comma  1  devono  essere motivati.  La  motivazione  deve  indicare  le  ragioni  giuridiche  e  i presupposti di fatto che  hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
 Le  Autorità  di  cui  al  comma  1  disciplinano  con  propri regolamenti  l’applicazione  dei  principi  di  cui  al  presente  articolo, indicando  altresì  i  casi  di  necessità  e  di  urgenza  o  le  ragioni  di riservatezza per cui è ammesso derogarvi. ‘
La disposizione, articolata in più norme fra loro correlate, circoscrive quella che i ricorrenti qualificano ‘portata innovativa’ della legge, proprio alla luce della natura del procedimento, amministrativo e non giudiziario. L’attuazione dei principi viene subordinata all’accertata compatibilità e, assai emblematicamente, viene devoluto alle stesse autorità di disciplinare ‘le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione’. Autode terminazione, questa, che risulterebbe incompatibile con la pienezza del contraddittorio di tipo giurisdizionale.
Ciò posto, la sentenza impugnata ha compiutamente spiegato le ragioni per le quali risultavano essere stai rispettati i principi di cui alla l. n. 262/2005:
 la  lettera  di  contestazione  notificata  nel  maggio  del  2016 incorporava l’atto di accertamento, puntualmente motivato;
gli opponenti avevano avuto accesso agli atti e presentato specifiche deduzioni difensive;
 le  funzioni  istruttorie  e  decisorie  risultavano  affidate  a organi distinti, seppure facenti capo alla medesima autorità;
-non occorreva assicurare all’incolpato l’audizione e garanzie equiparabili a quelle del processo;
-l’eventuale inadeguatezza della motivazione avrebbe potuto trovare sede  di sindacato davanti al giudice, al quale viene sottoposto  il  rapporto  e  non  già  la  verifica  dell’atto  in  sé  della pubblica amministrazione (cfr. Cass., S.U., n. 1786/2010; conf., ex multis, Cass. nn. 17799/2014 e 12503/2018).
A fronte di ciò, i ricorrenti non individuano con apprezzabilità il ‘ vulnus ‘ che  avrebbero  effettivamente  patito dalla asserita
compressione del loro diritto di difesa, non recuperato neppure con il ricorso al giudice.
Infine,  per  completezza  deve  osservarsi  che  i  ricorrenti,  in questo  e  in  altri  motivi,  lamentano  impropriamente  violazione  di norma costituzionale.
4.1.2. La violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass., S.U., n. 25573, 12/11/2020; conf., Cass. nn. 15879/2018 e 3709/2014).
L’osservazione, onde evitare inutili ripetizioni, vale per tutte le volte in cui i ricorrenti lamentano col ricorso in esame violazione di norme costituzionali.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, della l. n. 241/1990 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, dell’art. 4 co. 2 del regolamento adottato dalla RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 18750/2013 e successive modifiche ed integrRAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 24 della l. n. 262/2005, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., nella parte in cui fissa la durata del procedimento sanzionatorio in 200 giorni decorrenti dal trentesimo giorno successivo alla data del perfezionamento della notificazione della lettera di contestazione degli addebiti.
Secondo i  ricorrenti  la  Corte  d’appello  era  incorsa  in  errore nel  reputare  infondato  il  secondo  motivo  dell’opposizione  (con  il quale era stato contestato il mancato rispetto del termine previsto dall’art. 4, co. 2, del regolamento RAGIONE_SOCIALE) richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il
procedimento sanzionatorio amministrativo risulta disciplinato dalla l. n.  689/1981,  con  conseguente irrilevanza della  norma  su richiamata e del termine perentorio dalla stessa indicato.
Di contro, come anche ritenuto dal RAGIONE_SOCIALE di Stato con la sentenza n. 542/2013, il termine suddetto avrebbe dovuto ritenersi necessariamente perentorio, attesa la stretta correlazione sussistente tra il rispetto del medesimo e il diritto di difesa.
5.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
Il RAGIONE_SOCIALE condivide e intende dare continuità al consolidato principio di diritto secondo il quale, in materia di sanzioni amministrative nei confronti degli intermediari mobiliari, la previsione di un termine perentorio per la conclusione del procedimento sanzionatorio è incompatibile con il sistema organico di norme di cui alla l. n. 689 del 1981, che delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi che non consentono, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine finale non adattabile alla complessità del caso concreto, con la conseguenza che non ha carattere perentorio il termine di duecento giorni per la conclusione del procedimento di cui all’art. 4, comma 2, del Regolamento RAGIONE_SOCIALE n. 18750 del 2013, al quale rinvia l’art. 24, comma 3, della sopravvenuta l. n. 262 del 2005, poiché, trattandosi di regolamento interno, è inidoneo a modificare le disposizioni della l. n. 689 del 1981, avendo esclusivamente funzione sollecitatoria e ordinatoria dell’attività degli uffici dell’autorità di vigilanza (Cass. Sez. 2, n. 1154, 11/01/2024).
La  sopra  richiamata  sentenza,  con  ampia  e  approfondita trattazione, spiega le ragioni per le quali l’invocata perentorietà non possa ricavarsi dall’art. 2, co. 3 della l. n. 241/1990 (siccome già affermato da Cass., S.U., n. 9591/2006), né dall’art. 24 della l. n.
262/2005. Onde evitare defatiganti ripetizioni a essa motivazione è qui bastevole far rinvio.
Con la terza doglianza viene denunciata violazione e falsa applicazione  degli  artt.  24,  co.  1,  l.  n.  262/05  e  successive modifiche, 195 T.U.F., 4 del regolamento adottato dalla RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 18750/2013 e successive modifiche ed integrRAGIONE_SOCIALE, 14 l.  n.  689/1981,  97  Cost.  e  della  l.  n.  241/90  e  successive modificRAGIONE_SOCIALE, in riferimento all’art. 360 , co. 1 n. 3 cod. proc. civ..
I ricorrenti lamentano il mancato accoglimento del quarto motivo dell’opposizione, con il quale avevano dedotto la tardività della contestazione e la decadenza della RAGIONE_SOCIALE dalla potestà sanzionatoria, posto che <>.
La Corte d’appello, inoltre, per gli esponenti aveva omesso di esaminare l’ampia documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, inviata all’anzidetta Autorità -quale allegato alla lettera del 29/8/2014 trasmessa dal RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione alla RAGIONE_SOCIALE in risposta alla lettera di quest’ultima del 26/5/2014 – nella quale venivano evidenziate le criticità riscontrate e la richiesta di rimuoverle; aveva altresì omesso di considerare l’attività di vigilanza svolta dal RAGIONE_SOCIALE, con particolare riguardo alla tematica dell’aumento di capitale del 2014.
La Corte d’appello, alla luce di ciò, avrebbe dovuto considerare tardiva la contestazione mossa dalla RAGIONE_SOCIALE. Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il termine di contestazione degli illeciti previsto dall’art. 14 l. n. 689/1981 decorre dall’accertamento della violazione anche nell’ipotesi di illeciti permanenti: <> .
6.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
6.1.1.  La  giurisprudenza  consolidata  di  questa  Corte  esclude che il termine decorra dalla mera emersione dei fatti che potrebbero assumere rilievo.
Sul punto  può  riportarsi  quanto  esposto  in  motivazione dall’ordinanza n. 34695/2023 di questa Corte, la quale ha richiamato  compiutamente  i  principi  di  diritto  condivisibilmente affermati in sede di legittimità, con giurisprudenza costante.
<>.
La Corte di Venezia, sulla base di ragionato scrutinio delle emergenze di causa, ha motivatamente escluso che la RAGIONE_SOCIALE sin dalla nota della RAGIONE_SOCIALE d’Italia del 25/11/2013 e le successive fosse stata posta in grado di conoscere pienamente i fatti rilevanti e compiutamente determinarsi, <>.
Trattasi  di  apprezzamento  di  merito,  diretto  a  verificare  la ragionevolezza  del  tempo  impiegato  dall’autorità  amministrativa per determinarsi, la cui censura è inammissibile in questa sede.
6.1.2. L’asserito omesso esame non è scrutinabile per aspecificità per difetto di autosufficienza: gli atti che si assume non essere stati presi in esame non risultano essere stati puntualmente allegati.
In  disparte  val  la  pena  osservare  che,  a  tutto  concedere,  i fatti genericamente allegati non sono decisivi, siccome si chiarirà in relazione al settimo motivo.
7.  Con  il  quarto  motivo  viene  denunciata  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 24 co. l. n. 262/05 e successive modifiche del regolamento  RAGIONE_SOCIALE  sul  procedimento  sanzionatorio  di  cui  alla delibera n. 18750 della stessa Commissione e successive modifiche, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., nonché il travisamento della prova con violazione e falsa applicazione degli artt.  115,  116  cod.  proc.  civ.,  in  relazione  all’art.  360  co.  1  n.  4 cod. proc. civ.
La  Corte  veneziana,  secondo  l’assunto,  aveva  errato  nel ritenere  inammissibile,  in  quanto  generico  ed  inconsistente,  il quinto  motivo  dell’opposizione,  con  il  quale  i  ricorrenti  avevano dedotto che il provvedimento sanzionatorio aveva fatto riferimento ad atti e documenti  non  conosciuti, comprese  anche  e-mail personali.
In particolare, si afferma che le riportate verifiche ispettive avrebbero dovuto esitare in provvedimenti di accertamento e che nell’atto di contestazione si era fatto riferimento a talune e -mail personali. Né, si soggiunge, poteva addebitarsi, come aveva fatto la RAGIONE_SOCIALE, agli esponenti il parere favorevole espresso nella riunione del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione dell’8/4/2014 dal RAGIONE_SOCIALE, stante che i ricorrenti all’epoca non ricoprivano la carica, ad eccezione di COGNOME.
7.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La critica non attinge la ‘ratio decidendi’.
La sentenza ha così motivato (pag. 18): <>.
I ricorrenti, piuttosto che puntualmente avversare il riportato assunto, ancora una volta del tutto genericamente, sostengono di non  aver  avuto  modo  di  conoscere  taluni  documenti,  non  solo neppure individuati puntualmente, ma dei quali non viene in alcun modo spiegata la forza decisiva.
Non è chiaro, di poi, quale significato assegnare ai rivendicati e mancati ‘ provvedimenti accertativi ‘.
Inoltre, la censura non coglie che la sentenza impugnata ha ampiamente spiegato che alla riunione del 2/4/2014 aveva preso parte  il  COGNOME  e  gli  esiti  di  essa  poterono  e  dovettero  essere conosciuti dagli altri due RAGIONE_SOCIALE poco tempo dopo insediatisi.
Infine, inconsistente deve ritenersi il richiamo agli artt. 115 e 116, in quanto una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., fra le tante, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299); spurie e non effettivamente correlate alla puntuale delineazione della dedotta violazione di legge appaiono i riferimenti a varie disposizioni normative, il cui contenuto si assume genericamente non rispettato.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1
4 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello omesso di considerare, da una parte, che i ricorrenti COGNOME e COGNOME non avevano partecipato al consiglio d’amministrazione dell’8/4/2014, in quanto nominati RAGIONE_SOCIALE successivamente, e dall’altra, che la Procura della Repubblica di Roma, con provvedimento del 26/5/2017, aveva archiviato la posizione del Dott. COGNOME, che all’epoca rivestiva la carica di sindaco, in ordine alla determinazione del prezzo delle RAGIONE_SOCIALE.
8.1. Il  motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità per più concorrenti ragioni.
8.1.1. Inconcludente  è  l’asserita  violazione  del  principio  di corrispondenza  tra  il  chiesto  e  il  pronunciato:  la  Corte  di  merito, invero, ha  pronunciato  su  tutti i profili di critica  mossi  con l’opposizione e i ricorrenti, nella sostanza e all’evidenza, si dolgono del contenuto della decisione.
8.1.2.  Sotto  il  paravento  della  denuncia  di  vizio  assoluto  di motivazione i ricorrenti censurano  l’apprezzamento  di merito, effettuato con motivazione niente affatto apparente.
Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentRAGIONE_SOCIALE obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019;
ma  già,  Cass.,  S.U.,  n.  22232/2016;  Cass.  n.  6758/2022;  da ultimo, Cass., S.U., n. 2767/2023, in motivazione).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non  risulti  dotata  dell’ineludibile  attitudine  a  rendere  palese  (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso  in  esame,  di  talché  appaia  di  mero  stile,  o,  se  si  vuole, standard;  cioè  un  modello  argomentativo  apriori,  che  prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermRAGIONE_SOCIALE inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053, 7/4/2014; Cass., S.U. n. 8054, 7/4/2014; Cass., Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014). Evenienze tutte che qui non ricorrono.
8.1.3.  I  ricorrenti  non  spiegano  dove  e  quando  i  fatti  qui evidenziati abbiano formato oggetto di dibattito fra le parti. Né la decisività di essi.
Inoltre, una tale decisività risulta smentita dal complessivo costrutto motivazionale della decisione, la quale ha giudicato conforme a diritto il rimprovero mosso dalla RAGIONE_SOCIALE agli incolpati, i quali, tenuto conto delle eclatanti vicende che avevano portato alla nomina del nuovo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della piena conoscibilità da parte dei componenti di tale organo delle pregiudizievoli operRAGIONE_SOCIALE in corso, a prescindere dall’epoca delle deliberRAGIONE_SOCIALE iniziali che ad esse avevano dato avvio (si vedano, a mero titolo esemplificativo, le pagg. 23-25, 28-29, 32-33 della sentenza).
Infine,  le  determinRAGIONE_SOCIALE  in  sede  penale  del  P.M.  nessuna rilevanza  assumono  in  questa  sede,  né  i  ricorrenti  si  peritano d’individuarla puntualmente.
 Con  il  sesto  motivo  viene  denunciata  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 24, co. 1, l. n. 262/05 e successive modifiche, del regolamento RAGIONE_SOCIALE sul procedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 18750 della stessa Commissione e successive modifiche, degli artt. 24 e 97 della Cost. e della l. n. 241/1990 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, dell’art. 8 della l. n. 689/81 e successive modificRAGIONE_SOCIALE, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 cod. proc. civ.
I  ricorrenti  lamentano  il  mancato  accoglimento  del  sesto motivo di opposizione con il quale era stata denunciata la violazione del principio del ‘ne bis in idem’, avendo la RAGIONE_SOCIALE dato origine  a  molteplici  procedimenti  sanzionatori,  irrogando  distinte sanzioni in presenza di fattispecie sostanzialmente identiche aventi lo scopo di tutelare un medesimo interesse giuridico.
Le condotte materiali contestate dalla RAGIONE_SOCIALE in tali procedimenti sanzionatori non dovevano, infatti, considerarsi <> rispetto a quella oggetto di causa, come ritenuto erroneamente dalla decisione impugnata, concernendo, di contro, <> .  Di  conseguenza, si conclude, <>.
9.1. Il motivo è in parte infondato e, in parte, inammissibile.
Il  vaglio  di  merito  ha  escluso  medesimezza  di  RAGIONE_SOCIALE  e omissioni, versandosi <>.
I  ricorrenti  sostengono  che  le  contestRAGIONE_SOCIALE  mosse  con  le delibere  n.  20034  del  21/6/2017  e  n.  20033  del  14/6/2017 riportino alla medesima condotta.
A tal fine richiamano la ‘ mancata rappresentazione nel Prospetto 2014 di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenite ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché sulle RAGIONE_SOCIALE offerte ‘, ‘ la mancata rappresentazione nel Prospetto Base e nella sopracitata documentazione di offerta di informRAGIONE_SOCIALE necessarie affinché gli investitori potessero pervenire ad un fondato giudizio della situazione patrimoniale e finanziaria sui risultati economici e sulle prospettive di RAGIONE_SOCIALE banca, nonché sulle obbligRAGIONE_SOCIALE offerte ‘, la mancata dotazione ‘ di procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento di cui alle relative norme di attuazione ‘, la mancata ‘ diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l’interesse dei clienti ‘.
Al di là della sommaria e monca  estrapolazione delle contestRAGIONE_SOCIALE  effettuata  dai  ricorrenti,  quest’ultimi  mostrano  di
confondere il bene tutelato, inteso in senso sommamente lato, con le condotte che esso bene, in varia misura, offendono o mettono in pericolo, avuto riguardo alle varie declinRAGIONE_SOCIALE del medesimo.
La sentenza ha spiegato, senza essere puntualmente smentita dal ricorso, che la delibera sanzionatoria di cui qui si discute <>. Il procedimento, sfociato nella delibera n. 2034, aveva ad oggetto le omissioni informative riguardanti l’emissione obbligazionaria del 2014/2015. Il procedimento, sfociato nella delibera n. 20033, aveva ad oggetto plurime condotte lesive del dovere di correttezza e trasparenza poste a tutela della clientela e non del mercato.
Allora, risulta chiaro che, a voler reputare leso, in generale e per  grandi  linee,  l’interesse  di  risparmiatori  e  clienti  a  una  sana, accorta e prudente gestione e rappresentazione dell’intermediario, le condotte lesive sono state plurime.
In disparte va rilevato che l’asserita violazione del ‘ne bis in idem’ non potrebbe qui giammai configurarsi.
Esso, per vero, ha lo scopo d’impedire che un soggetto possa essere sottoposto più di una volta a processo penale in relazione allo stesso fatto.
In tal senso l’art. 649 cod. proc. pen., che trova rinforzo nella disciplina eurounitaria: art. 4 del Protocollo VII della RAGIONE_SOCIALE EDU (‘ Nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un’infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato’ ); art. 50 della Carta Dei Diritti Fondamentali Dell’unione Europea (‘ Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il
quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge ‘).
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che le autorità indipendenti, nello svolgimento delle funzioni di garanzia loro attribuite, perseguono la tutela di interessi collettivi dello StatoComunità (quali la libertà del mercato, la tutela del risparmio, il corretto funzionamento della borsa e del sistema creditizio, etc.) e, in taluni casi, di diritti soggettivi individuali (come la tutela della riservatezza) e, nei rispettivi ambiti, esercitano funzioni sanzionatorie, ponendosi quali organi giustiziali, non equiparabili a organi di giustizia in senso proprio che pronunciano statuizioni giudiziali.
Il procedimento sanzionatorio di cui alla l. n. 262 del 2005 non partecipa, quindi, della natura giurisdizionale del processo tipicamente inteso, che è solo quello che si svolge davanti ad un giudice, e le sanzioni applicate dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia e dalla RAGIONE_SOCIALE non hanno natura penale, con la conseguenza che non è violato l’art. 6, par. 1, della RAGIONE_SOCIALE europea dei diritti dell’uomo, ben potendo l’incolpato esercitare tutti i suoi diritti di difesa nella successiva eventuale fase di opposizione, ove si realizza un pieno sindacato giurisdizionale, fino al vaglio di legittimità (Cass. Sez. 2, n. 4 del 03/01/2019; conf. Cass. n. 9371 del 21/05/2020).
Val la pena, inoltre, ricordare che questa Corte ha avuto modo di affermare (ma, per quel che al paragrafo immediatamente successivo si dirà, si tratta di ipotesi diverse dalle sanzioni qui applicate dalla RAGIONE_SOCIALE, di contenuta afflittività) <> (Cass., n. 4725/2016).
9.1.2 . Per giurisprudenza ferma di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia non sono equiparabili, quanto a tipologia, severità, incidenza patrimoniale e personale, a quelle applicate dalla RAGIONE_SOCIALE per reprimere la manipolazione del mercato, sicché esse non hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a queste ultime, né pongono, quindi, un problema di compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali dall’art. 6 CEDU (Cass. Sez. 2, n. 3656 del 24/02/2016; conf., ex multis, Cass. nn. 20689/2018, 24723/2018, 24850/2019, 4599/2020).
10.  Con  il  settimo  motivo  viene  denunciata  violazione  degli artt.  112  e  132,  co.  2  n.  4,  cod.  proc.  civ.,  in  riferimento  all’art.
360, co. 1 n. 4, cod. proc. civ.,  nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ.
La  Corte,  secondo  gli  esponenti, <> allorquando imputa agli odierni ricorrenti, in carica a far data solo dal 26.04.2014, condotte poste in essere dal consiglio di amministrazione nella riunione dell’8.04.2014; omettendo, inoltre, di considerare (come già sostenuto in altro motivo) che la Procura della Repubblica aveva archiviato la posizione del Dott. COGNOME relativa al contestato concorso nel procedimento di determinazione del valore delle RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello, inoltre, aveva di fatto reso una motivazione apparente, avendo  del tutto omesso  di valutare circostanze e fatti storici che, se specificatamente analizzati, avrebbero  comportato  un  giudizio  di  esclusione  di  qualsivoglia responsabilità in capo ai ricorrenti.
In particolare, spiegano gli istanti, non aveva tenuto conto dei richiami al rispetto della lettera della RAGIONE_SOCIALE effettuato dal Presidente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella seduta del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione dell’1/7/2014, della lettera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2/7/2014 indirizza al RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione, della lettera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 29/8/2014 indirizzata al Presidente del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione, della richiesta avanzata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella seduta del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione del 27 agosto, con la quale si invitava quest’ultimo ad assumere, in tempi rapidi, le iniziative necessarie <> , l’intervento del RAGIONE_SOCIALE in occasione del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione del 28/8/2015, l’audizione del responsabile della Direzione RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE l’8 e il 22 -23/10/2015, le esternRAGIONE_SOCIALE del
RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  fin  dal  proprio  insediamento  del  26/4/2014  su talune  criticità  afferenti  alla  imprecisa  e  tardiva  verbalizzazione delle sedute del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione e, infine, della comunicazione effettuata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 52 TUB.
In  definitiva,  si  conclude,  i  ricorrenti  avevano  fatto  quanto era in loro potere per por rimedio alle manchevolezze.
Per  le  ragioni già  enunciate  in  risposta  ad  altri  motivi, inconcludenti sono la prospettata violazione del principio di corrispondenza  fra  il  chiesto  e  il  pronunciato  e  l’asserito  difetto assoluto di motivazione.
 Con  l’ottavo  motivo  viene  denunciata  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 190 del d. lgs. n. 58/1998 (TUF), dell’art. 3 l. n. 689/1981, dell’art. 2407 cod. civ., in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ.,  in  relazione  all’art.  360,  co.  1  n.  4,  cod.  proc.  civ.;  nonché l’omesso  esame  di  un  fatto  controverso  e  decisivo,  in  relazione all’art. 360, co. 1 n. 5, cod. proc. civ.
I ricorrenti lamentano, in particolar modo, richiamando l’art. 3 della l. n. 689/1981, essere stato violato il principio di colpevolezza, invocando  il  proprio  stato  di  buona  fede  come esimente.
La Corte distrettuale, spiegano, era incorsa in errore nel ritenere infondata la difesa degli opponenti in punto di mancanza di colpa, affermando che <>.
Gli esponenti asseriscono di avere fornito ampia documentazione  e  prova  in  merito  all’incisiva  attività  svolta  dal RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  insediatosi  il  26/4/2014,  volta  a  contrastare pratiche  illegittime  e  illecite  invalse  nella  precedente  gestione  di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’ostruzionismo, diretto a impedire l’esercizio dei poteri di controllo, messo in opera dall’amministrazione e dirigenza della RAGIONE_SOCIALE.
In  sintesi,  la  Corte  distrettuale  non  aveva  tenuto  in  debito conto  le  disposizioni  di  legge  in  materia  di  responsabilità  dei RAGIONE_SOCIALE, e, in generale, dell’art. 3 della L. n. 689/1981; non av eva inoltre  valutato  la  condotta  degli  odierni  ricorrenti,  diretta  a  far tutto  ciò  che  fosse  stato  giuridicamente  e  tecnicamente  possibile per la conformità ai dettami di legge.
Pertanto, si conclude, per la radicale mancanza di colpevolezza in capo ai ricorrenti.
I due motivi, tra loro correlati, sono infondati e, in parte, sono inammissibili.
12.1. Inconcludente, ancora una volta, è l’asserita violazione del  principio  di  corrispondenza  tra  il  chiesto  e  il  pronunciato:  la Corte  di  merito,  invero,  ha  pronunciato  su  tutti  i  profili  di  critica mossi con l’opposizione e i ricorrenti, nella sostanza e all’evidenza, si dolgono del contenuto della decisione.
12.2.  Sotto  il  paravento  della  denuncia  di  vizio  assoluto  di motivazione i ricorrenti censurano  l’apprezzamento  di merito, effettuato con motivazione niente affatto apparente (si richiamano gli argomenti già svolti sul punto).
Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra riportate, avendo la Corte  d’appello  spiegato  le  ragioni  per  le  quali  gli  opponenti,
venendo meno ai loro doveri, erano incorsi nelle violRAGIONE_SOCIALE di legge loro contestate.
12.3.  Nel  resto,  ancora  una  volta,  si  addebita  alla  decisione impugnata di non aver valutato le emergenze sopra sunteggiate.
Quanto all’incidenza dell’epoca della  nomina dei componenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è già detto.
Le sollecitRAGIONE_SOCIALE, ammesso che le stesse siano state tempestive,  concludenti  e  stringenti -gli asserti difettano di specificità  per  mancata  puntuale  riproduzione  o  allegazione -,  al presidente del RAGIONE_SOCIALE d’amministrazione e a quest’ultimo organo, l’audizione svolta e la comunicazione ai sensi dell’art. 52 TUB alla RAGIONE_SOCIALE  d’Italia  non  avrebbero  potuto  sollevare  da  responsabilità  i RAGIONE_SOCIALE.
Solo la puntuale e completa comunicazione alla RAGIONE_SOCIALE delle riscontrate anomalie, non tempestivamente sanate, avrebbe potuto apprezzarsi quale condotta, se del caso, liberatoria (in tal senso si veda Cass. n. 33047/2018). Ciò, a maggior ragione tenendo conto del  contesto  di  importanti  scostamenti  dalle  pratiche  corrette  già emerso e a fronteggiare il quale era stata fatta nomina del nuovo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Tantomeno, può affermarsi, a tutto concedere, che le segnalRAGIONE_SOCIALE  enfatizzate dai ricorrenti  integrassero  ogni  sforzo esigibile per porre rimedio alla gravissima situazione, che precipitò la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla dissoluzione, con rilevanti danni per la platea dei risparmiatori coinvolti.
In  tema  di  sanzioni  amministrative  pecuniarie  irrogate  dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia (a maggior ragione per quelle irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, al  fine  di  proteggiate  il  mercato),  i  RAGIONE_SOCIALE  delle  società  bancarie per  andare  esenti  da  responsabilità  devono  dare  prova  di  aver esercitato i poteri di controllo loro spettanti, non essendo all’uopo
sufficiente, in presenza di una condotta illecita posta in essere dagli amministratori, la dedotta circostanza di esserne stati tenuti all’oscuro; in tal caso, dal comportamento inerte dei RAGIONE_SOCIALE consegue la mancata adeguata vigilanza sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l’attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori (Cass. sez. 2, n. 24170, 04/08/2022).
La permanenza in carica dell’organo di controllo interno, paradigmatico emblema rassicurante per risparmiatori, RAGIONE_SOCIALEsti e terzi, in presenza di situazione siffattamente grave, senza utile attività di contrasto e di adeguata, tempestiva segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE, implica, nella migliore delle ipotesi, la supina e colpevole accettazione dell’inutilità del ruolo e, al contempo, trasmette segnale di rassicurazione a mercato, soci e terzi privo di ogni giustificato fondamento, vieppiù allargando l’area e l’intensità del danno.
13. Con il nono motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. 1 n. 4 cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello erroneamente rigettato l’ultima censura della proposta opposizione, con la quale era stata lamentata la violazione del principio della comparazione equitativa tra la sanzione comminata e l’entità dell’infrazione e del principio della graduazione della colpa, nonché l’omessa motivazione.
Si  addebita  alla  decisione  di  non  aver  adoperato  il  dovuto controllo sul rispetto dei suddetti principi e conseguentemente sulla sanzione irrogata, avendo semplicemente operato una riduzione di essa  facendo  un  generico  riferimento  al  difficile  contesto  in  cui  il
nuovo RAGIONE_SOCIALE si era trovato ad operare in concreto e alle attività in effetti espletate dal suddetto organo, così rendendo una decisione solo apparentemente motivata.
13.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità .
Quanto  alla  dedotta  violazione  degli  artt.  112  e  132  cod. proc. civ. vale quanto già chiarito in relazione ad altri motivi.
È evidente trattarsi d’incensurabile apprezzamento di merito e,  peraltro,  la  sanzione  è  stata  ridotta  in  misura  tale  d’apparire veramente esigua rispetto alla forbice edittale.
Con il decimo e ultimo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 195, co. 7, TUF, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, cod. proc. civ., nonché violazione degli artt. 195, co. 7, TUF, 112 e 132, co. 2 n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, co. n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto superfluo disporre l’audizione personale degli opponenti con la seguente, non condivisibile motivazione: <> .
14.1. Il motivo non supera il vaglio d’ammissibilità.
Anche  in  questo  caso,  per  le  ragioni  già  espresse,  non  è apprezzabile  la  denuncia  di  violazione  degli  artt.  112  e  132  cod. proc. civ.
Nel resto, i ricorrenti non spiegano in cosa sarebbe consistito il  ‘vulnus’  patito  a  cagione  della  mancata  audizione  (conf.  Cass. nn. 4340/2010, 26157/2014, 19759/2017 e 27419/2021).
15.  In  conclusione,  rigettato  il  ricorso  nel  suo  complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno
liquidate,  tenuto  conto  del  valore  e  della  qualità  della  causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente.
16.  Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1-quater  D.P.R.  n.  115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  i  ricorrenti  in  solido  al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  euro  6.000,00  per  compensi, oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per  cento,  agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto  per  il  ricorso  principale  a  norma  del  comma  1-bis  dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda Sezione civile, il giorno 14 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME