Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8512 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8512 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12859/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
PATRINICOLA NOME, PATRINICOLA NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 2282/2018 depositata il 30/10/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Catania accolse la domanda formulata dal Fallimento di RAGIONE_SOCIALE per il risarcimento dei danni cagionati alla società dagli amministratori e dai sindaci: i primi per aver proseguito l’attività fino alla dichiarazione di fallimento (del 27-10-2005) nonostante la perdita del capitale già maturata al 21-12-2002, i secondi per non aver fatto i controlli ai quali erano tenuti. Liquidò il danno in base a una c.t.u., segnatamente considerando che la perdita del capitale al 31-12-2004 (pari a 1.502.153,00 EUR) era stata ripianata solo parzialmente ; sicché, nell’impossibilità di ricostru ire, sulla base dei documenti sociali non correttamente tenuti, le ragioni legittimanti la svalutazione di ingenti (non contestate) voci di credito e la vera origine e natura delle poste contabili determinative di sopravvenienze passive, stimò che il pregiudizio per la società fosse pari all’intero ammontare delle dette sopravvenienze (1.243.127,35 EUR).
La sentenza venne impugnata sia dai sindaci che dagli amministratori. Due dei sindaci (COGNOME e COGNOME) rinunciarono agli atti del giudizio d’appello .
Il terzo sindaco, NOME COGNOME, la cui posizione unicamente ancora interessa in questa sede, coltivò invece l’impugnazione .
contro
Dedusse che il tribunale aveva errato: (i) nel riconoscere la legittimazione attiva del curatore fallimentare nonostante si fosse in presenza di una sRAGIONE_SOCIALE, (ii) nel valutare come non correttamente tenute le scritture contabili, (iii) nel porre a base della condanna fatti e voci di credito in verità non emergenti né dalla c.t.u., né dagli atti di causa, (iv) nel condannare esso impugnante alle spese processuali.
La corte d’appello di Catania ha respinto il gravame e contro la statuizione è ora proposto ricorso per cassazione in sei motivi.
La curatela ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
-I primi due motivi di ricorso sono connessi. Viene dedotta:
(i) la v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ., stante la mancata corrispondenza della pronuncia all’effettivo tenore della domanda in tema di sopravvenienze passive; specificamente si censura la sentenza per aver disposto la condanna in misura pari all’ammontare dei crediti oggetto di una ‘scritturazione’ di azzeramento della posta contabile relativa alle voci passive, scritturazione asseritamente ingiustificata, quando invece, nella domanda, la curatela aveva messo in evidenza tale fatto al diverso scopo di far emergere la pregressa perdita del capitale, così che il danno fosse determinabile in termini di aggravio del deficit della società conseguente a nuove operazioni;
(ii) la violazione degli artt. 164 e 112 cod. proc. civ., essendo la sentenza nulla in via derivata dal vizio inficiante l’ editio actionis , giacché la domanda del Fallimento, avendo contestato l’appostazione in contabilità di sopravvenienze passive per complessivi 1.243.127,35 EUR, sul presupposto che fosse falsa e finalizzata all’artificioso azzeramento dei crediti della società verso altri soggetti, uno solo dei quali però in effetti identificato (la RAGIONE_SOCIALE), si sarebbe dovuta considerare indeterminata.
II. – I motivi sono inammissibili, ma non perché prospettino questioni nuove (come invece obiettato nel controricorso della procedura), ma perché
niente adducono in termini di autosufficienza per contrastare quanto risulta dalla sentenza.
III. – Emerge dal ricorso (pag. 15) che il tribunale di Catania aveva affermato la responsabilità di amministratori e sindaci e li aveva condannati a rifondere il danno ‘pari al complessivo ammontare delle sopravvenienze (..), € 1.243.127,3 5 relative a crediti ritenuti indicati nella CTU’.
La corte d’appello ha confermato tale statuizione rigettando , per quanto qui rileva, i motivi di gravame secondo e terzo, tesi a sostenere (a) che era stato violato il criterio di riparto dell’onere della prova in ordine alla sussistenza di idonee ragioni giustificative della iscrizione in contabilità delle sopravvenienze passive, stante la regolare tenuta delle scritture contabili, (b) che erano stati messi a base della condanna fatti mai esposti dalla curatela, oltre che erroneamente sottoposti al vaglio del c.t.u.
Nel farlo, la corte d’appello ha puntualizzato che la contestazione della curatela aveva preso le mosse da un atto gestionale contabilizzato nel libro giornale della fallita al 2-12005, consistente ‘nell’azzeramento di poste creditorie vantate dalla società (..) verso altre società per l’ammontare complessivo di euro 1.243.127,35 ‘ , e dal fatto che nessuna documentazione giustificativa di tale azzeramento era stata fornita quanto al presupposto di asserita irrecuperabilità dei crediti.
Al riguardo la corte territoriale ha anche precisato che ‘già in atto di citazione’ la curatela aveva rilevato la presenza delle dette sopravvenienze passive in base alla relazione del consulente della procedura. Ha quindi concluso affermando che la domanda era stata in tal senso determinata e che infatti ‘l e voci di danno in questione ‘ avevano formato tutte quante l’ oggetto della domanda stesa , poiché la curatela aveva ‘chiesto accertarsi la responsabilità dell’organo gestorio e dell’organo di controllo co n riferimento all’appostazione delle sopravvenienze passive considerate nel loro complessivo ammontare (..) di euro 1.243.127,35’.
Il ricorrente obietta che invece nella domanda la curatela non aveva fatto riferimento all’appostazione fittizia delle sopravvenienze passive quale voce di danno, ma solo per affermare l’avvenuta perdita del capitale , e che
comunque la stessa si sarebbe dovuta considerare indeterminata a cagione della indicazione di un solo credito (quello verso RAGIONE_SOCIALE) come effettivamente azzerato.
Può tuttavia osservarsi che gli assunti, già di per sé alquanto capziosi a fronte di una domanda di danni per avvenuto compimento, dopo la perdita del capitale, di atti gestionali di azzeramento indebito di poste creditorie comunque individuate nelle scritture, sono assertivi.
Neppure in parte è riportato nel ricorso il contenuto della citazione introduttiva, dalla quale -ipoteticamente -doversi inferire le circostanze a sostegno della tesi svolta nei motivi.
Come questa Corte ha avuto modo di stabilire, quando col ricorso venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto a un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, e in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, la Cassazione (non essendo limitata nella propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione) è investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, ma purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito: artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (v. Cass. Sez. U n. 8077-12).
Si è dinanzi a un ‘fatto processuale’ oggetto di censura.
Il riconoscere alla Corte Suprema il potere di cognizione piena e diretta d i tale ‘ fatto processuale ‘ -di cui notoriamente la Corte è giudice – non comporta il venir meno della necessità di rispettare le regole poste dal codice di rito per la proposizione e lo svolgimento di qualsiasi ricorso per cassazione, ivi compreso quello con cui si denunciano -come nella specie errores in procedendo .
Ciò vuoi dire che pure i vizi del processo, che siano stati oggetto di specifico motivo di ricorso, implicano un previo vaglio di ammissibilità della
censura, poiché anche quella sull’ error in procedendo (o sull’ error de iure procedendi ) resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della Corte di cassazione.
IV. -Col terzo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2407, 2393, 2394, 2697 cod. civ. e l’ omesso esame di fatti decisivi, in quanto comunque non ricorrevano -a suo dire – gli elementi costituivi della responsabilità in difetto di prova di un atto gestionale di azzeramento dei crediti e della irregolare tenuta delle scritture contabili.
Col quarto mezzo censura la sentenza per v iolazione dell’art. 2697 cod. civ., giacché sarebbe stato posto in capo ai sindaci convenuti l’onere della prova della irrecuperabilità dei crediti oggetto della ripetuta posta contabile.
Col quinto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. in ordine alla valutazione della composizione del patrimonio sociale di cui al bilancio esaminato, da cui desumere le ragioni dell’appostazione a sopravvenienza passiva del credito vantato verso la società RAGIONE_SOCIALE.
Infine, col sesto mezzo, si assume di conseguenza erronea la statuizione di condanna alle spese del giudizio di merito.
– Anche i motivi appena menzionati possono essere esaminati unitariamente.
Quelli dal terzo al quinto sono inammissibili, mentre il sesto resta assorbito.
VI. – Sotto spoglie di censura in iure il ricorrente sottopone a critica la ricostruzione in fatto che emerge dalla sentenza d’appello , peraltro in doppia conforme rispetto a quella di primo grado.
Al presente giudizio , essendo stato proposto l’appello i n data (23-72013) successiva al d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in l. n. 134 del 2012, si applica l’art. 348 -ter, ult. comma, cod. proc. civ., sicché, dinanzi alla doppia statuizione di merito esattamente conforme tra il primo e il secondo grado, la sentenza d’appello non può essere impugnata per omesso esame di fatti (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.).
Essendo da considerare definitivamente accertati i fatti storici nel senso indicato in sentenza, è giocoforza rilevare che tutte le censure in iure finiscono per presupporre una distinta e non consentita esegesi dei fatti stessi: (a) a proposito della rilevanza probatoria dell’atto di azzeramento delle pos te creditorie rispetto alla tenuta della contabilità, (b) a proposito della composizione effettiva del patrimonio sociale e (c) a proposito delle ragioni della svalutazione delle poste.
Questi elementi -però -sono stati dalla corte d’appello considerati in termini motivatamente diversi da quelli pretesi dalla parte. E ciò non è sindacabile in questa sede.
VII. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 15.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì