Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24004 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31539/2020 R.G. proposto da:
Indelicato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE; COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME
-intimata- avverso la sentenza della Corte d ‘ Appello di Catania n. 712/2020 depositata il 17/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 17/4/2020, per quanto di interesse in questa sede, in parziale accoglimento degli appelli avverso la sentenza del Tribunale di Catania proposti da Indelicato NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, membri del collegio sindacale della fallita RAGIONE_SOCIALE ha ridotto la loro condanna solidale, in favore del Fallimento, in linea capitale, alla somma di 1.040.000 euro per omesso controllo dei fatti di mala gestio addebitati all’amministratore unico NOME Mazzuoli e relativi all’operazione di acquisto da parte della società fallita di un immobile, risultato non di proprietà della dante causa RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicata ‘RAGIONE_SOCIALE‘), il cui prezzo era stato accollato dal socio RAGIONE_SOCIALE (breviter ‘Morgan’) che aveva sottoscritto e versato l’aumento di capitale della società RAGIONE_SOCIALE con parziale compensazione per ‘debiti verso soci per finanziamenti’.
1.1. Rilevava la Corte, sempre per quanto qui pertinente, che i componenti del collegio sindacale erano incorsi nella violazione dell’obbligo di verifica dell’operazione di versamento della quota di aumento di capitale sottoscritta dal socio Morgan attraverso la compensazione con la somma di € 1.040.000 oggetto di accollo da parte di quest’ultima del corrispettivo della vendita dell’immobile , divenuta invero inefficace in quanto l’alienante non era legittimo proprietario.
1.2 In particolare ai sindaci veniva imputato l’omessa analisi della regolarità, sostanziale e non solo formale, dell’imputazione a capitale di Morgan mediante la verifica della effettiva esecuzione da parte di quest’ultima degli impegni assunti con l’accollo del debito di RAGIONE_SOCIALE verso la società Ronciglione, venditrice del capannone.
1.3 Evidenziava che il corretto adempimento da parte dei sindaci degli obblighi avrebbe consentito all’amministratore in carica o , se del caso, a quello nominato dal Tribunale ex art. 2409 c.c., di agire tempestivamente nei confronti della società Morgan per l’adempimento dell’obbligazione gravante sulla stessa per la sottoscrizione del capitale.
2 Hanno proposto ricorso per Cassazione, con separati ricorsi riuniti, Indelicato NOME COGNOME Giuseppe e COGNOME NOME; il Fallimento ha svolto difese mediante controricorso.
3 A seguito di rinuncia agli atti da parte di NOME NOME COGNOME accettata dalla curatela, il Presidente, con decreto del 1/2/2022, ha dichiarato estinto il processo limitatamente al rapporto processuale tra NOME NOME COGNOME e il Fallimento. Il Fallimento ha depositato memoria ex art. 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Si dà atto della estinzione del processo, pronunciata con decreto presidenziale del 1/2/2022, limitatamente al rapporto processuale tra Indelicato NOME COGNOME e il Fallimento per effetto di rinuncia accettata dal Fallimento, estinzione che qui si conferma.
1.1. In data 30/10/2023 è stato depositato altresì atto di rinuncia agli atti di NOME COGNOME rinuncia a sua volta accettata dalla Curatela del Fallimento.
1.2 Consegue dalla circostanza anche questa seconda estinzione del processo di cassazione per rinuncia al ricorso (art. 391, comma 1, cod. proc. civ.), senza nessun provvedimento sulle spese, atteso
che l’adesione alla rinuncia preclude alla Corte la statuizione sulle spese di lite, fermo restando ed osservandosi che le parti hanno convenuto per la compensazione delle spese.
1.3 La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass.25485/2018).
Venendo all’esame del sopravvissuto ricorso di COGNOME Claudio, il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2403 e 2407 c.c. e 146 l.fall., per avere la Corte ravvisato profili di colpevolezza dell’organo di controllo pur non essendo emersi segnali rivelatori dei sintomi di attività illecite nella gestione della società con la conseguente affermazione di una non consentita responsabilità oggettiva.
2.1 A dire dei ricorrenti non poteva pretendersi dai sindaci la verifica di una anomalia nell’acquisto dell’immobile, scoperta dal curatore a seguito della relazione notarile ex art. 567 c.p.c., anche in considerazione del fatto che i sindaci furono nominati quattordici mesi dopo la stipula dell’atto. Allo stesso modo, non era presente alcun indice rivelatore della ‘falsità’ del credito compensato in sede di aumento di capitale dal momento che tale posta esisteva in contabilità già al 31/12/2006.
3 Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 132, comma 2° n. 4, c.p.c., 111, comma 6°, Cost., per avere l’impugnata sentenza reso una motivazione apparente ed apodittica sulla colpevolezza dei sindaci.
4 I primo e il secondo motivo, suscettibili di esame congiunto in quanto strettamente connessi, sono infondati.
4.1 Va rilevato che i doveri di controllo del collegio sindacale, chiamato a vigilare con professionalità e indipendenza sull’adeguatezza, razionalità e legalità della complessiva
organizzazione e gestione della società sono delineati dall’art. 2403 c.c. con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale , non solo nell’interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali. Tali doveri non si esauriscono nel ‘mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori’ essendo conferito ai sindaci il potere -dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto. Tra i principi di corretta amministrazione, assume rilievo il dovere degli amministratori di salvaguardare l’integrità del patrimonio sociale, quale garanzia generica delle obbligazioni verso terzi ex art. 2740 c.c. con la conseguenza che l’azione di sorveglianza del collegio sindacale deve esplicarsi con riferimento alle decisioni e alla attività gestionale che possono arrecare danno al patrimonio (cfr. Cass. 18770/2019). Si è ancora precisato che la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2407, comma 2°, c.c. non richiede, del resto, l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo, piuttosto, sufficiente che gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando
all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al pubblico ministero per consentirgli di provvedere, ove possibile, ai sensi dell’art. 2409 c.c. (cfr. Cass. n. 32397 / 2019, 16314 / 2017 e 13517 /2014).
4.2 Ciò premesso, le argomentazioni contenute nei motivi ricalcano nella sostanza le doglianze dell’atto di appello che la Corte ha esaminato, ritenendole infondate.
4.3 I giudici di seconde cure hanno rappresentato in maniera esaustiva e convincente i profili di antidoverosità nella condotta serbata dall’organo preposto al controllo della società.
4.4 In particolare la Corte, dopo aver rimarcato che, secondo le norme comportamentali e i principi elaborati dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti, il controllo dei sindaci sulle operazioni di variazione del capitale sociale, incidente sul patrimonio netto, deve riguardare « l’esame delle deliberazioni di assemblea dei soci e della documentazione relativa alle esecuzioni delle delibere », ha evidenziato l’omesso controllo e verifica da parte dei sindaci dell’operazione di compensazione tra le somme che il socio Morgan avrebbe dovuto corrispondere alla società fallita per la sottoscrizione dell’aumento di capitale e gli importi che quest’ultima avrebbe dovuto versare alla società Ronciglione in esecuzione dell’accollo, fittizio, del debito contratto da ADQ per l’acquisto degli immobili oggetto dell’atto di vendita.
4.5 Trattandosi di operazione attinente ad un valore di bilancio di primaria importanza qualitativa e quantitativa, data l’entità dell’importo, i sindaci avrebbero dovuto, secondo i giudici di merito, analizzare e verificare la effettiva regolarità, non solo formale ma sostanziale, dell’imputazione a capitale del credito di Morgan verso la società inizialmente precostituito come accollo di un inesistente debito della società e successivamente ‘convertito’ contabilmente in un ‘debito verso soci per finanziamento’.
4.6 In buona sostanza, ai sindaci viene addebitato uno specifico profilo di inadempimento ai doveri di diligenza professionale previsti dalla legge consistente nel non avere verificato, limitandosi all’esame del dato formale e contabile, la documentazione sottostante l’operazione di versamento del capitale sociale incrementato, per come attuata mediante liberazione dall’esecuzione dell’obbligo da parte del socio di corrispondere alla società il valore dell’aumento di capitale sottoscritto con la compensazione dei crediti.
4.7 Si è, quindi, al cospetto di condotte di omesso controllo, che non facendo emergere il mancato effettivo versamento del capitale sottoscritto al di là di quanto riportato dal bilancio, appaiono confliggenti con il principio, espressamente menzionato dall’art . 2403 c.c., di corretta amministrazione.
4.8 L’impugnata sentenza non è incorsa in alcuna delle dedotte violazioni di legge sostanziale avendo fatto buon governo dei principi sopra enunciati e men che meno è affetta da motivazione apparente o apodittica avendo la Corte compiutamente dato conto dell’iter logico-giuridico della decisione.
5 Il terzo motivo oppone violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3 e 4, c.p.c. per avere la Corte fondato la responsabilità dei sindaci per gli asseriti danni subiti dalla società per effetto del mancato versamento da parte di Morgan del capitale sottoscritto corrispondente alle somme che la stessa avrebbe dovuto versare alla Ronciglione quando invece non era stata fornita la prova dell’omesso pagamento dell’accollante al prezzo della vendita.
Il motivo è inammissibile in quanto si infrange contro l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito circa la mancata prova dell’esecuzione da parte di Morgan degli impegni asseritamente assunti con l’accollo del debito di ADQ verso la Ronciglione.
6.1 La censura, inoltre, non si confronta con la ratio decidendi che imputa ai sindaci l’omesso controllo di una operazione che , alla prova dei fatti, si è rivelata fittizia.
7 Il quarto motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 2043, 2056, 1223, 1226 e 1227 c.c. per avere il giudice d’appello riconosciuto la sussistenza di un nesso causale tra comportamento omissivo dei sindaci ed evento dannoso senza aver svolto alcun adeguato e concreto ragionamento ipotetico controfattuale alla luce del criterio del ‘più probabile che non’.
7.1 Il quinto motivo denuncia ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2697 c.c. in relazione all’art . 360, comma 1° n. 3 e 4, c.p.c., per avere la Corte affermato che la domanda di responsabilità proposta dalla curatela era da accogliere in quanto i sindaci non avevano provato che l’eventuale azione giudiziaria contro il socio debitore per la vicenda del capitale sottoscritto ma non versato sarebbe risultata infruttuosa così infrangendo le regole del riparto dell’onere probatorio che impone all’attore di provare il nesso eziologico.
7.2 Il sesto motivo deduce violazione degli artt. 132, comma 2° n. 4, c.p.c., 111, comma 6, Cost.; i ricorrenti si lamentano di una motivazione apparente e apodittica per quanto concerne il nesso di causalità non essendo stato indicato alcun elemento idoneo a dimostrare il buon fine delle azioni di recupero nei confronti di Morgan.
Il quarto, quinto e sesto motivo vanno esaminati unitariamente in quanto investono la questione del nesso di causalità e non meritano accoglimento.
8.1 La responsabilità del sindaco, atteggiandosi come concorso omissivo nel fatto illecito altrui, richiede la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi: (i) dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell’evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante
dalla condotta dell’amministratore; (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell’attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno (cfr. Cass. 28357/2020).
8.1 Il nesso, in particolare, va provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l’omessa vigilanza è causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato).
8.2 È, quindi, condivisibile, in astratto, il rilievo del ricorrente secondo il quale sindaco non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate , per una sorta di posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che l’ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l’ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato.
8.3 A tali principi la Corte si è in realtà attenuta, laddove ha accertato che, ove i sindaci avessero adempiuto ai propri doveri, rilevando la grave anomalia dell’operazione di aumento del capitale sociale e attivandosi per la nomina di un amministratore giudiziario, ai sensi dell’art . 2409 c.c., si sarebbe potuto tempestivamente agire, anche in via cautelare, nei confronti della Morgan per il recupero del mancato versamento da parte di quest’ultima nelle casse sociali del capitale sottoscritto.
8.4 La motivazione della sentenza, sul punto, è ben al di sopra del minimo costituzionale.
8.5 Nessuna violazione della ripartizione dell’onere probatorio può invero predicarsi avendo la curatela assolto all’onere di dimostrare la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta antidoverosa dei sindaci e il danno subito, costituito dalla mancata percezione della società delle somme oggetto di sottoscrizione del capitale.
9 Il settimo motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3 e 4, c.p.c. per avere la Corte malamente condannato il collegio sindacale al pagamento delle spese di giudizio relative ad entrambi i giudizi di merito nonostante la sentenza della Corte abbia accolto alcuni motivi proposti dai ricorrenti e ridotto la condanna pronunciata in primo grado.
9.1 Il motivo è inammissibile in quanto la Corte ha correttamente applicato il criterio della complessiva soccombenza del ricorrente non esclusa « dalla modesta riduzione della condanna ».
Conclusivamente il ricorso di COGNOME NOME va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio limitatamente al rapporto processuale tra NOME COGNOME e il Fallimento, dà atto della estinzione del processo limitatamente anche al rapporto processuale tra Indelicato NOME COGNOME e il Fallimento e rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME.
Condanna il ricorrente COGNOME al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 18.200 , di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 26 giugno