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Responsabilità proprietario immobile: quando risponde?

Un’ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità del proprietario di un immobile per le immissioni moleste (fumi e odori) prodotte dall’attività del suo inquilino. La Corte ha ribadito che la mera proprietà non è sufficiente a fondare una responsabilità per danni, essendo necessario dimostrare un concorso attivo e consapevole del locatore nella produzione del fatto illecito. In questo caso specifico, il ricorso del danneggiato è stato dichiarato inammissibile per motivi procedurali, poiché mirava a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità, confermando così la sentenza che escludeva la responsabilità proprietario immobile.

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Responsabilità proprietario immobile: quando paga per i danni dell’inquilino?

La questione della responsabilità del proprietario di un immobile per i danni causati a terzi dall’attività del proprio inquilino è un tema ricorrente e complesso. Chi deve risarcire il vicino disturbato da fumi, rumori o odori molesti provenienti da un locale in affitto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4430/2024, torna su questo punto cruciale, ribadendo un principio fondamentale: essere proprietari non significa essere automaticamente responsabili. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso

La controversia nasce a causa delle immissioni di fumi e odori provenienti da una rosticceria e pizzeria, che danneggiavano la proprietà adiacente, dove si svolgeva un’attività artigianale di produzione di confetti. I proprietari del laboratorio citavano in giudizio i titolari dell’immobile da cui provenivano le molestie, chiedendo l’inibizione delle attività dannose e il risarcimento dei danni. Il problema era causato da una canna fumaria e da potenti ventilatori installati nella cucina del locale, gestito da un inquilino (conduttore).

Il Lungo Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda dei danneggiati, condannando i proprietari del locale a modificare gli impianti e a pagare un risarcimento di 30.000 euro. La Corte d’Appello, in un primo momento, confermava questa decisione. Tuttavia, i proprietari ricorrevano in Cassazione, sostenendo di non poter essere ritenuti responsabili per le azioni del loro inquilino, non essendo loro a gestire l’attività commerciale.

La Corte di Cassazione, con una prima pronuncia, accoglieva il loro ricorso, stabilendo un principio chiave: la responsabilità del proprietario non può derivare dalla semplice titolarità del bene. Per essere chiamato a risarcire, è necessario provare che il proprietario abbia concorso materialmente e moralmente alla realizzazione del fatto dannoso. La causa veniva quindi rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Nel successivo giudizio di rinvio, la Corte d’Appello, attenendosi al principio della Cassazione, respingeva la domanda di risarcimento, non ravvisando prove di un concorso attivo dei proprietari. Contro questa nuova sentenza, i danneggiati proponevano un ulteriore ricorso in Cassazione, che ha dato origine all’ordinanza in esame.

Il Principio sulla responsabilità proprietario immobile

L’ordinanza n. 4430/2024 conferma e consolida l’orientamento precedente. La Corte Suprema chiarisce che la responsabilità proprietario immobile per le immissioni prodotte dal conduttore sorge solo se si dimostra un suo contributo causale diretto e concreto. Non è sufficiente che il proprietario sia consapevole della situazione dannosa.

È necessario provare che egli abbia, ad esempio:
– Autorizzato o partecipato alla realizzazione di opere o modifiche sull’immobile che hanno poi generato le immissioni (es. l’installazione di una canna fumaria non a norma).
– Cooperato attivamente con il conduttore nella gestione dell’attività fonte del danno.

In assenza di queste prove, la responsabilità per il fatto illecito ricade unicamente sull’autore materiale della condotta, ovvero l’inquilino che gestisce l’attività.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il secondo ricorso dei danneggiati inammissibile. Le motivazioni di questa decisione sono prevalentemente di natura procedurale, ma rafforzano la sostanza del principio. I giudici hanno rilevato che i ricorrenti, con i loro motivi, non stavano denunciando una violazione di legge da parte della Corte d’Appello, ma stavano tentando di ottenere un nuovo esame delle prove e dei fatti (come le dichiarazioni rese in un interrogatorio formale o i documenti prodotti). Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione delle norme di diritto, non sul merito delle prove. Il ricorso, inoltre, non rispettava i rigorosi requisiti formali richiesti dal codice di procedura civile per l’indicazione e la localizzazione degli atti processuali su cui si fondava. Di conseguenza, non potendo entrare nel merito delle doglianze fattuali, la Corte ha confermato la decisione impugnata, rendendo definitiva l’esclusione della responsabilità dei proprietari.

Le conclusioni

Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: chi subisce un danno da immissioni provenienti da un immobile in affitto deve indirizzare la propria azione legale primariamente contro il conduttore, ovvero chi gestisce l’attività molesta. Per coinvolgere con successo il proprietario, non basta dimostrare la sua inerzia o la sua conoscenza del problema; è indispensabile fornire prove concrete di un suo ruolo attivo e di un suo contributo causale diretto alla produzione del danno. In mancanza di tale prova, la responsabilità proprietario immobile non può essere affermata.

Il proprietario di un immobile è sempre responsabile per i danni causati dal suo inquilino (conduttore)?
No, la sola qualità di proprietario non è sufficiente per fondare una sua responsabilità. Secondo la Corte di Cassazione, è necessario dimostrare un suo concorso attivo, un contributo causale concreto, nella realizzazione del fatto dannoso.

Cosa si intende per ‘concorso’ del proprietario nel fatto illecito del conduttore?
Per ‘concorso’ si intende una partecipazione diretta alla causazione del danno. Ad esempio, il proprietario potrebbe essere ritenuto responsabile se ha autorizzato o realizzato personalmente modifiche strutturali all’immobile (come l’installazione di un impianto non a norma) che sono la fonte delle immissioni illecite. La semplice conoscenza della situazione o il non aver diffidato l’inquilino non sono, di per sé, sufficienti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano una violazione di legge, ma chiedevano alla Corte una nuova valutazione delle prove e dei fatti già esaminati dal giudice di merito. Questo compito non rientra nelle funzioni della Corte di Cassazione, che si limita a verificare la corretta applicazione del diritto. Inoltre, il ricorso non rispettava i requisiti formali previsti dal codice di procedura per essere esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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