Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30421 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30421 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché
COGNOME NOME
Oggetto:
Responsabilità promotore intermediario
e
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 29.7.2020, n.3851, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ Il Dott. COGNOME COGNOME si rivolgeva a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al fine di effettuare investimenti e veniva affidato al promotore finanziario, Sig. NOME COGNOME, il quale gli forniva i richiesti servizi di consulenza finanziaria. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riconfermava, negli anni, l’assegnazione allo stesso promotore finanziario COGNOME. Nell’ambito di tale rapporto di consulenza, e contemporaneamente alla promozione e al collocamento di altri prodotti, il promotore promuoveva e collocava presso il Dott. COGNOME, e presso numerosissimi altri clienti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la «triade» dei prodotti finanziari RAGIONE_SOCIALE che avrebbe dato oggetto al presente giudizio. Tali investimenti prevedevano apparenti rendimenti crescenti, ma in presenza di titoli di dubbia esistenza e, persino, disconosciuti dal dichiarato emittente. L’esito finale si era concretizzato nella perdita dell’intero capitale investito.
─ Nel 2011 si diffondeva la notizia di una vasta operazione truffaldina in danno a risparmiatori posta in essere da vari soggetti promuovendo titoli riferibili a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
In data 26 aprile 2010, l’RAGIONE_SOCIALE, con provvedimento n. 2798, avendo riscontrato gravi irregolarità, aveva vietato alla società RAGIONE_SOCIALE di stipulare nuovi contratti di assicurazione nel territorio italiano.
In data 24 febbraio 2011, il ricorrente esercitava la facoltà di vendita delle azioni di NOME di cui egli era proprietario in virtù degli investimenti menzionati. In data 28 marzo 2011, però, NOME – in amministrazione straordinaria – lo informava che le sue richieste di
esercizio della facoltà di vendita delle azioni non potevano essere accolte in quanto non venivano rinvenuti «validi documenti di garanzia a suo nome». Lo invitava, pertanto, ad inviare una serie di documenti per poter svolgere una più puntuale verifica. Il ricorrente inviava la documentazione richiesta, ma la missiva rimaneva priva di riscontro.
3.─ L’attuale ricorrente conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per ottenere la condanna di entrambi al pagamento della somma di € 89.659,28, pari al valore dell’investimento.
4.Il Tribunale adito accoglieva parzialmente la domanda e condannava in solido i convenuti al pagamento della minore somma di € 65.984. Dichiarava, inoltre che nei rapporti interni tra gli obbligati la responsabilità era nell’ordine del 10% a carico di SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE e del 90% a carico del COGNOME.
-San AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME proponevano gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Roma che, con la sentenza qui impugnata, ha respinto l’appello di COGNOME ed accolto quello di SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE dichiarando l’istituto non responsabile nei confronti di COGNOME ed il COGNOME tenuto al pagamento dell’ulteriore somma di € 18.416 .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
l ‘eccezione di carenza di legittimazione passiva di SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE era fondata, posto che, per quanto accertato in relazione alla responsabilità del promotore COGNOME, non appariva nel caso di specie quel rapporto di occasionalità necessaria che avrebbe radicato la responsabilità dell’intermediario ;
l’attività svolta dal promotore era consistita per i prodotti finanziari oggetto del giudizio nel loro collocamento fuori sede e i prodotti non erano riferibili a SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE; circostanza già rilevata anche dalla Consob;
l’appello incidentale d el COGNOME andava accolto perché il non contestato esborso di € 18.416, essendo precedente all’operazione di acquisto delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE e successivo alle altre operazioni, si inserisva all’ interno di quelle per le quali era dimostrato che il promotore aveva prestato consulenza. Ciò consentiva di prescindere alla utilizzazione del documento prodotto in fotocopia ed escluso in primo grado e di accertare il danno nella misura risultante dalla somma dell’importo predetto .
6. ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso e ricorso incidentale ed anche memoria.
COGNOME NOME è rimasto intimato.
Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni ai sensi dell’art. 380 bis , n. 1, c.p.c. chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
7. ─ Con il primo motivo: Violazione dell’art. 31, comma 3, TUF e dell’art. 2049 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nel capo di sentenza con cui -pur confermando la responsabilità del promotore finanziario, già dichiarata in primo grado -la Corte d’appello ha reputato insussistente la responsabilità solidale dell’intermediario preponente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché il prodotto finanziario era estraneo al novero dei prodotti che il promotore avrebbe dovuto, secondo il rapporto tra lo stesso promotore e l’intermediario, promuovere e collocare presso la clientela. In tal modo, la sentenza impugnata ha violato la norma dell’art. 31, comma 3, TUF la cui ratio è rinvenuta nella responsabilità di impresa e nella necessità di tutela del risparmiatore e, in definitiva, di tutela dello stesso mercato. Dal momento che l’intermediario
non aveva negato né il rapporto di preposizione, né di aver preposto il promotore alla cura dell’odierno ricorrente, né che il collocamento dei prodotti finanziari per cui è causa fosse avvenuto in occasione dell’esecuzione del rapporto di preposizione, la sentenza impugnata non avrebbe potuto negare, se non violando l’art. 31, comma 3, TUF, la responsabilità oggettiva e solidale di RAGIONE_SOCIALE per la condotta illecita ed inadempiente posta in essere dal promotore COGNOME ed accertata sia in primo, sia in secondo grado.
7 . 1 ─ La censura è inammissibile.
Come lo stesso ricorrente afferma (p. 18 ricorso) e come costantemente precisato da questa Corte, per radicare la responsabilità ex art. 31, comma 3, TUF è sufficiente sotto il profilo causale un rapporto di occasionalità necessaria « tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli »; tali circostanze sono ravvisabili quando « il comportamento del promotore rientri nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze allo stesso affidate » (Cass., n. 1741/2011). La responsabilità indiretta dell ‘intermediario per il fatto illecito del promotore, fondata, ai sensi dell’art. 2049 c.c., sul nesso di occasionalità necessaria tra le incombenze di quest’ultimo e il danno subìto dal terzo, postula che le funzioni esercitate abbiano determinato, agevolato o reso possibile la realizzazione del fatto lesivo, nel qual caso è irrilevante che il preposto abbia superato i limiti delle mansioni affidategli o abbia agito con dolo e per finalità strettamente personali, a condizione, però che la sua condotta abbia costituito il non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio delle mansioni ( ex multis , Cass., n.31675/2023).
In tale contesto, però, questa Corte ha più volte precisato che, in tema di responsabilità degli intermediari per gli illeciti commessi
dai promotori finanziari, la valutazione in punto accertamento del nesso di occasionalità necessaria costituisce giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cass., n. 11317/2023; Cass., n.27925/2013 in motivazione, Cass., Sez. U. n. 12348/2007; Cass., n. 15231/2007; Cass., n. 10580/2002).
C on l’apparente doglianza della violazione di norme di legge, in realtà, il ricorrente non fa che svolgere inammissibilmente censure di merito, finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione e dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dalla Corte di Appello di Roma (Cass., n. 29404/2017; Cass., 02/08/2016, n. 16056/2016; Cass., Sez. U., n. 34476/2019; Cass., n. 5987/2021), e, come tali, non sono consentite in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, nei ristretti limiti della nuova formulazione dell’art. 360 , comma 1, n. 5, c.p.c., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014, vizio neppure dedotto dal ricorrente.
La Corte nel caso di specie ha sinteticamente precisato che dai fatti di causa risulta provato che i prodotti collocati non rientravano tra quelli proposti dall’intermediario . La motivazione della Corte è esplicitata nella parte nella quale respinge il ricorso del COGNOME, mirato ad escludere la sua responsabilità nel collocamento dei prodotti oggetto del giudizio. In tale sede la Corte di merito ha respinto il motivo di appello poiché ha ritenuto che il collocamento dei prodotti sia avvenuto nell’esercizio del COGNOME di una sua personale attività di consulente di investimento ex art. 1 TUF « consistita nel promuovere l’acquisto di prodotti finanziari non del RAGIONE_SOCIALE ma di soggetti terzi», attività « del tutto estranea all’incarico affidatogli dal soggetto intermediario ». Dagli esiti probatori risulta, infatti, che il ricorrente ha sottoscritto i contratti di investimento direttamente con le società emittenti e non ha
versato alcun importo, tantomeno quale quanto dovuto per commissione, al SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE.
-Con il secondo motivo: Omesso esame di tre fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, n. 5. c.p.c.
Il primo fatto decisivo di cui è stato omesso l’esame è che il promotore COGNOME aveva promosso presso l’odierno ricorrente altri prodotti di terzi soggetti per i quali lo stesso nome di RAGIONE_SOCIALE non compariva (fatto incontestato oltre che provato documentalmente), sicché anche quei prodotti non erano riferibili a RAGIONE_SOCIALE, sebbene quest’ultimo ne abbia considerata pacifica la riferibilità al rapporto di preposizione.
La sentenza impugnata avrebbe anche omesso di esaminare e prendere in considerazione due ulteriori fatti, essenziali per l’accertamento del rapporto di occasionalità necessaria: il primo, la preposizione, da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dell’intermediario COGNOME alla cura del cliente; il secondo, il fatto che, in occasione dell’esecuzione di tale preposizione, il promotore COGNOME aveva collocato, contemporaneamente ad altri prodotti, anche quelli della «triade» RAGIONE_SOCIALE per cui è causa. Tali prodotti erano stati collocati presso l’odierno ricorrente proprio in occasione dello svolgimento delle funzioni del promotore, al quale il cliente, oggi ricorrente, era stato affidato da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: sicché si sarebbe dovuto necessariamente affermare il rapporto di occasionalità necessaria tra danno e l’esecuzione delle incombenze affidate al promotore.
8.1 -La censura è inammissibile.
La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7
agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez.U., n. 8053/2014; Cass., n. 9253/2017; Cass., n. 27415/2018). La Corte di merito ha espresso una valutazione di merito escludendo, in fatto, l’esistenza del nesso di causalità valutando gli esiti probatori.
Il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 35041/2022; Cass., SU, n. 34476/2019; Cass. n. 27686/2018; Cass., Sez. U, n. 7931/2013; Cass. n. 14233/2015; Cass. n. 26860/ 2014).
Alteris verbis , il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 30435/2022; Cass. n. 35041/2022; Cass. n.35870/2022; Cass. n. 1015/2023; Cass. n. 7993/2023).
Ed, inoltre, la «decisività» del fatto, il cui omesso esame costituisce un vizio della sentenza censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), deve essere, a pena di inammissibilità del motivo, chiaramente allegata dal ricorrente, che è tenuto a rappresentare non solo quale sia il fatto di cui sia stato omesso l’esame, ma anche il rapporto di derivazione diretta tra l’omesso esame e la decisione, a lui sfavorevole, della controversia (Cass., Sez. U., n. 8053/2014; Cass., n.29954/2022; Cass., n. 31816/2023).
Il ricorrente incidentale deduce:
9. -Con il primo motivo : Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di restituzione dell’importo di € 85.440,99 corrisposto al sig. COGNOME in forza della sentenza di primo grado, maggiorato degli interessi al tasso legale dalla data del relativo bonifico (16.10.2015) sino all’effettivo soddisfo, formulata nelle conclusioni dell’atto di appello in data 14.6.2016 , nonché nelle conclusioni della comparsa di risposta con appello incidentale in data 24.6.2016 nel giudizio r.g. 2168/2016 della Corte di appello di Roma.
9.1 -La censura è fondata.
L’art. 336 c.p.c., disponendo che la riforma o la cassazione stende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, ciò comporta che, non appena sia pubblicata la sentenza di riforma, vengano meno immediatamente sia l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di ripristino della situazione precedente .
Incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonché dall’art. 389 c.p.c. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita (Cass., n. 2662/2013; Cass., n. 8639/2016; Cass., n. 17664/2019; Cass., n. 15457/2020, Cass., n. 35093/2023).
-In subordine chiedeva, in caso di accoglimento del ricorso principale, il rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione dei motivi di appello di SanAVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE risultati assorbiti dalla favorevole decisione impugnata.
10.1 -Il motivo è assorbito dall’inammissibilità del ricorso principale.
-Per quanto esposto, il ricorso principale va dichiarato inammissibile; il ricorso incidentale va accolto e la sentenza
impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità
P.Q.M .
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale ed accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima