Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4835 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7376/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL ) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL)
– ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avvocati COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL) e COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di FIRENZE n. 2042/2020 depositata in data 1/10/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 9/11/2023, dal Consigliere NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO rogò in data 30/10/2000 un atto di compravendita di un appartamento sito in Firenze, alla INDIRIZZO, tra NOME COGNOME e tali NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali a loro volta avevano acquistato l’immobile dalla curatela fallimentare di NOME COGNOME, in forza di decreto di trasferimento del Tribunale di Firenze -Sezione Fallimentare del 13/07/2000, ed ella, ai fini della stipula dell’atto di vendita, svols e anche l’attività di verifica della documentazione ipocatastale concernente l’immobile compravenduto.
Successivamente alla stipula del detto atto, NOME COGNOME si avvide che l’immobile acquistato era stato gravato di trascrizione di domande giudiziali (segnatamente la trascrizione n. 11898 del 3/07/1997) per domanda giudiziale di rivendicazione del diritto di abitazione da parte di NOME COGNOME nei confronti del COGNOME, che non era stato verificato se gli alienanti fossero effettivi proprietari di una quota del piazzale condominiale e che nella nota di trascrizione dell’atto di compravendita era stato erroneamente indicato il suo nome, ponendolo al posto del cognome.
NOME COGNOME convenne pertanto il AVV_NOTAIO dinanzi al Tribunale di Firenze e ne chiese la condanna al risarcimento dei danni, sostenendo che a seguito delle suddette inadempienze della già menzionata professionista egli aveva dovuto recedere dalla stipula di un contrato di rivendita del detto appartamento.
NOME COGNOME si costituì in giudizio e contestò la pretesa.
La domanda venne rigettata dal Tribunale.
NOME COGNOME propose appello e la Corte di Firenze, con sentenza n. 2042 del 2/11/2020, in parziale accoglimento del gravame, ha
R.g. n. 7376 del 2021 Ad. 9/11/2023; estensore: NOME COGNOME
riformato la decisione del primo giudice, riconoscendo al COGNOME il diritto al risarcimento del danno e lo ha liquidato nella somma di euro 17.610,59 oltre interessi dalla data della sentenza al saldo.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze propone ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO, con atto affidato a due motivi.
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 9/11/2023, alla quale il ricorso è stato deciso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME propone i seguenti motivi.
Con il primo motivo, lamentando omesso esame di un fatto decisivo e oggetto discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare la particolare natura (decreto di trasferimento da parte della curatela fallimentare) dell’atto di acquisito dei danti causa del COGNOME che comporterebbe che il compito demandato al AVV_NOTAIO doveva essere valutato alla stregua dei principi di buona fede e correttezza i quali ‘imponevano’ (v. ricorso p. 19) ‘nel caso concreto di non estendere gli accertamenti ipotecari oltre il decreto di trasferimento, al fine di non gravare economicamente ed inutilmente l’affare con spese teoricamente inutili’ .
II) Con il secondo motivo, denunciando violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ., la ricorrente deduce che La Corte avrebbe errato nella valutazione della sussistenza del danno derivante dal permanere della trascrizione sull’immobile , in quanto, a seguito delle due pronunce di merito conformi -emesse prima del rogito del 2000 – che avevano escluso la fondatezza della domanda giudiziale proposta dall’asserita titolare del diritto di
abitazione l” alea ‘ derivante dalla trascrizione della detta domanda non poteva dirsi sussistente.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto la censura si colloca al di fuori dell’ambito dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. Ed invero tale norma, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni ‘ o ‘deduzioni difensive’ , con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass., ord., n. 2268 del 26/01/2022), come nella specie.
La censura è, comunque, pure infondata poiché il AVV_NOTAIO, indipendentemente dalla natura dell’atto di acquisto dei venditori , deve verificare la libertà del bene immobile da pesi e vincoli, indipendentemente dalla natura giudiziale o meno del loro atto di acquisito.
È opportuno, per completezza della motivazione, osservare, con riferimento all ‘effetto purgativo del decreto di trasferimento nell’espropriazione immobiliare, quanto segue: la disciplina all’epoca dell’emanazione del decreto del 13/07/2000 in favore dei danti causa del COGNOME, era pressoché interamente mutuata (Cass. n. 5751 del 20/05/1993 Rv. 482446 – 01) dalla legge fallimentare.
Ciò in quanto la modifica dell’art. 108 legge fall. , con previsione di ordine di cancellazione di «ogni altro vincolo», ove la si voglia ritenere riferibile anche alle trascrizioni delle domande giudiziali è ascrivibile al d.lgs. n. 5 del 9/01/2006, con effetto dal 16/07/2006. L ‘ordine di cancellazione delle trascrizioni e delle iscrizioni , che realizza l’effetto purgativo della vendita forzata, cosicché l’aggiudicatario acquista il bene libero da vincoli , ha un ambito
limitato, poiché l ‘elenco delle formalità che devono essere cancellate con l’ordine giudiziale contenuto nel decreto di trasferimento è tassativo. Invero non compete al giudice dell’esecuzione (e, quindi, al giudice delegato in ambito fallimentare) il potere di ordinare la cancellazione delle trascrizioni di diritti reali o vincoli di indisponibilità gravanti sul bene immobile oggetto di espropriazione forzata opponibili al creditore procedente ai sensi degli artt. 2914 e 2915 cod. civ., né di ordinare la cancellazione delle domande giudiziali trascritte sull’immobile oggetto di espropriazione, che può essere disposta unicamente dal giudice dinanzi al quale la domanda giudiziale è stata proposta.
A tanto consegue che, essendo quella richiamata una nozione comunemente nota, o quantomeno che tale dovrebbe essere, ai professionisti legali operanti nell’ambito immobiliare, quali i notai e gli avvocati, costituiva preciso obbligo in capo all ‘attuale ricorrente quello di accertarsi di eventuali formalità, quali la trascrizione di domande giudiziali, gravanti l’immobile trasferito e insuscettibili di essere cancellate da parte dell’organo giudiziale preposto all’emanazione del decreto di trasferimento dell’immobile .
Il primo motivo è, pertanto, inammissibile e comunque infondato.
3. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Il mezzo si muove su di una linea di mera contestazione della motivazione del giudice di appello, senza incidere efficacemente sul percorso della motivazione, in relazione all’obbligo di esatto adempimento della prestazione di controllo della documentazione concernente i titoli di provenienza dell’immobile gravante sul AVV_NOTAIO.
La Corte territoriale ha svolto un complesso ragionamento (alle pagg. 7 e 8 in particolare) dal quale si desume che essa, lungi dal
ritenere sussistente un danno in re ipsa , come sostenuto dalla ricorrente, in base ad un accertamento in fatto e con una valutazione ex ante, ha reputato che la trascrizione in questione avesse avuto una concreta incidenza sul valore di mercato dell’immobile ; inoltre, non ha commisurato il danno all’intero presumibile valore del diritto di abitazione ma ha, viceversa, adeguatamente valutato la circostanza che la domanda giudiziale di cui era stata effettuata la trascrizione in favore dell’asserita titolare del diritto di abitazione sull’immobile oggetto del decreto di trasferimento fosse infondata, ma ha pure evidenziato che per accertare tale infondatezza erano stati necessari, come testualmente afferma la motivazione della sentenza, due giudizi di merito, uno di cassazione, uno di merito in sede di rinvio e il definitivo suggello della Cassazione con sentenza n. 24730 del 24/11/2011.
A riprova dell’esatta considerazione e valorizzazione di tale circostanza vi è la decurtazione della posta risarcitoria, che non è stata rapportata al valore pieno dell’immobile, così come era stato chiesto dal COGNOME, bensì è stato, dalla Corte territoriale, commisurato a una quota pari al trenta per cento del diritto di proprietà, il cui valore è stato ulteriormente diminuito proprio in considerazione della prognosi favorevole in ordine alla pronosticabile infondatezza della domanda giudiziale trascritta.
La Corte ha inoltre escluso che potessero essere valutate, ai fini della determinazione dell’importo risarcito, circostanze quali la possibilità di mancato acquisto del bene immobile, qualora il COGNOME fosse stato a conoscenza della trascrizione della domanda giudiziale e la perdita di ulteriori, oltre a quella rappresentata e comprovata, intervenuta dopo circa dieci anni dall’acquisto del COGNOME, possibilità di alienazione dell’appartamento.
Il ragionamento decisorio del giudice di merito è, pertanto, scevro del vizio di errata applicazione di norme di diritto e parte ricorrente non contesta in alcun modo il procedimento che ha condotto il giudice del merito alla liquidazione dell’ ammontare del danno, che è stato determinato in una frazione del diritto di abitazione.
Il secondo motivo è, pertanto, anch’esso rigettato.
In conclusione, il ricorso deve essere complessivamente rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente nei confronti del controricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13 ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di