Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14441 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14441 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
Oggetto:
Responsabilità
civile
–
Responsabilità
del
professionista
–
Notaio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 444/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore ad negotium , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (PEC EMAIL) elettivamente domiciliata in Roma, presso il suo studio, INDIRIZZO, giusta procura in calce al ricorso;
–
ricorrente
–
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME ( PEC: EMAIL), elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso il suo studio, giusta procura in calce al controricorso;
-resistente – avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. 3087/2021 pubblicata in
CC 9 novembre 2023
Ric. N. 444NUMERO_DOCUMENTO2022
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
data 26/10/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 3087/2021 respingeva il gravame proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE nonché quello incidentale proposto da NOME COGNOME e confermava la sentenza di prime cure, seppure con diversa motivazione, con compensazione integrale delle spese del grado.
In particolare, la Corte d’appello precisava che il pregiudizio lamentato dalla parte attrice appellante per effetto della inesatta esecuzione della prestazione professionale da parte del AVV_NOTAIO veniva ricondotto alla perduta possibilità di realizzare un più ampio e alto edificio il cui valore si sarebbe incrementato proprio in conseguenza della ristrutturazione con ampliamento, ma che tale diritto di sopraelevare non era sussistente nella fattispecie in esame, essendo la servitù imposta con atto stipulato nell’aprile del 1919 e che, pertanto, non poteva ritenersi leso il diritto, né tantomeno ritenersi risarcibile e aggiungeva che non poteva « farsi questione relativamente al pagamento di un prezzo maggiore correlato al diritto di sopraelevazione asseritamente leso rispetto a quello di una normale compravendita ».
Per quanto ancora di interesse, con sentenza n.11439/2019, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva respinto la domanda proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME e l’aveva condannata a rifondergli le spese di giudizio.
In particolare, il Tribunale aveva accertato l’in esatto adempimento professionale del AVV_NOTAIO nell’ambito della compravendita dell’immobile de quo per non aver evidenziato l’esistenza di una servitus altius non tollendi gravante sull’immobile oggetto di compravendita, ma aveva escluso la configurabilità di un danno in capo alla società attrice eziologicamente connesso con la condotta negligente tenuta dal AVV_NOTAIO.
CC 9 novembre 2023
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Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
la RAGIONE_SOCIALE aveva convenuto in giudizio il AVV_NOTAIO, deducendone la responsabilità e chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivati dal suo inadempimento; nello specifico aveva premesso: – di aver acquistato l’immobile sito in INDIRIZZO a rogito del AVV_NOTAIO; – che questi aveva puntualizzato nell’atto di compravendita che l’immobile era libero da oneri, pesi, vincoli, iscrizioni e trascrizioni; – che era stato rappresentato al AVV_NOTAIO lo scopo dell’acquisto che era quello di demolire il fabbricato esistente e ricostruire un edificio modificato nella sagoma e nell’altezza; – che, dopo aver presentato il progetto in Comune e aver ottenuto il parere favorevole della Commissione del Paesaggio, era stata contattata dal proprietario dell’immobile sito al INDIRIZZO che aveva rivendicato l’esistenza di una servitù altius non tollendi. Pertanto, la società aveva addebitato al professionista l’omessa segnalazione della servitù sull’immobile, che diminuiva il valore dell’immobile acquistato, indicando in € 721.924,45 il minor valore dell’immobile, come emerso all’esito dell’accertamento tecnico eseguito nel contraddittorio con NOME COGNOME.
Costituitosi in giudizio, il AVV_NOTAIO aveva contestato ogni responsabilità affermando: che sia l’amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, sia i soci COGNOME e COGNOME erano certamente a conoscenza della servitù e dei vincoli che gravavano sull’immobile, visto che nel contratto preliminare (17.11.2010) la promissaria venditrice aveva garantito la libertà dell’immobile da gravami ” salvo quelli risultanti dagli atti di provenienza ” e che l’atto di provenienza del 16 aprile 1919 – che sanciva l’obbligo imposto sul fondo di INDIRIZZO di non sopralzare – gli era stato trasmesso dallo studio RAGIONE_SOCIALE con cui collaborava COGNOME; – che, in considerazione della professione del socio COGNOME – AVV_NOTAIO – non era credibile che non avesse preso attenta visione della documentazione relativa all’immobile; – che aveva eseguito gli accertamenti ipotecari e catastali dai quali erano emerse alcune situazioni pregiudizievoli (ipoteca) che aveva segnalato; che erano emersi anche gli altri vincoli sussistenti
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sull’immobile e richiamati negli atti di provenienza, tanto che il testo dell’atto veniva riportata la dichiarazione “la vendita è fatta corpo e non a misura, nello stato di fatto e di diritto in cui l’immobile attualmente si trova, con ogni accessione, diritto, azione, ragione, servitù attiva e passiva inerente, compresi i fatti e le condizioni indicati nel sopra citato atto di provenienza che qui si hanno per integralmente trascritti”; – che la mancanza di un’esplicita menzione della servitù era stata richiesta da RAGIONE_SOCIALE per timore che ne potessero derivare impedimenti burocratici rispetto alla programmata attività edilizia; – che RAGIONE_SOCIALE faceva affidamento sul parere dell’architetto incaricato del progetto che aveva interpretato la clausola nel senso che la servitù fosse limitata al villino e non a un nuovo immobile; – che in epoca successiva alla compravendita gli era stato chiesto un parere pro veritate sulla servitù. Il convenuto precisava inoltre: – che non vi erano elementi per affermare che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe concluso il contratto di acquisto ove fosse stata esplicitamente informata dell’esistenza della servitù, avendo già versato la somma di € 300.000,00 a titolo di caparra confirmatoria; – che l’intenzione di demolire il fabbricato per costruirne uno nuovo non era stata in alcun modo espressa; che l’intenzione di sopraelevazione si poneva dunque al di fuori della causa del contratto di compravendita con la conseguenza che dalla mancata sopraelevazione non poteva derivare alcun danno imputabile al AVV_NOTAIO; – che il contratto aveva realizzato esattamente gli effetti tipici dell’atto nonché il risultato pratico espresso dalle parti; – che il minor valore dell’immobile indicato dal CTU all’esito della procedura ex art. 696 bis c.p.c. era criticabile anche perché non vi era prova alcuna del pagamento di € 475.000,00 da RAGIONE_SOCIALE al proprietario dell’immobile di INDIRIZZO, né era dimostrato che tale somma corrispondesse al valore reale della servitù; – che nel novembre 2011 quando ancora RAGIONE_SOCIALE non aveva ottenuto il permesso di costruire – il nuovo P.G.T. del Comune RAGIONE_SOCIALE escludeva la possibilità di
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sopraelevazione. Aveva contestato quindi che dalla sua condotta fosse derivato un danno a RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza di appello, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell ‘ art. 380-bis 1 c.p.c.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente e parte resistente hanno depositato rispettive memorie.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta la ‘ nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ai sensi dell’ Art. 360 n, 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. ‘ e censura il provvedimento impugnato nella parte in cui aveva escluso la ricorrenza del nesso di causa fra inadempimento e danno, senza tener conto che, se il AVV_NOTAIO avesse evidenziato l’esistenza degli oneri reali, la società RAGIONE_SOCIALE -come dalla stessa dedotto -‘ non avrebbe acquistato l’immobile di INDIRIZZO ovvero, quantomeno non l’avrebbe acquistato a quel prezzo ‘ ; sostiene la società ricorrente che la motivazione, in questa sua parte, integra travisamento della domanda per omessa pronuncia sulla intera domanda effettivamente proposta da RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, nel vizio denunziato.
Insiste la ricorrente che la domanda formulata era volta ad ” accertare e dichiarare il diritto di RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento del danno consistente nel minor valore dell’immobile compravenduto, a causa dell’inadempimento contrattuale del dott. prof. NOME COGNOME e, di conseguenza, condannare il dott. Prof. NOME COGNOME a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE (…) ” (cfr conclusioni di prime cure, alleg. doc. 2).
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Ritiene, per ciò, evidente di aver prospettato ‘ sin dal primo grado ‘ la propria domanda giudiziale ‘ in termini di danno emergente sostanziato nel minor valore del bene acquistato e non, o non solo, nel lucro cessante dovuto all’impossibilità successivamente constatata di ricostruire un nuovo immobile di dimensioni maggiori e alla conseguente perdita dell’opportunità di vendita di maggiori superfici, come il Tribunale sembrava invece aver ritenuto ‘ (pag. 12 del ricorso).
Osserva che la Corte d’appello aveva, a sua volta, respinto la domanda, per la stessa ragione adottata dal Tribunale, ‘ anche se con un percorso motivazionale diverso, non più basato sulle disposizioni del regolamento edilizio del Comune di RAGIONE_SOCIALE che non avrebbero consentito la soprelevazione, bensì sulla circostanza che la servitù esisteva ed era idonea a non consentire la soprelevazione, a prescindere dalla omissione del AVV_NOTAIO nel segnalarla ‘ .
A parere della società ricorrente, quindi, la violazione del principio di corrispondenza da parte della Corte territoriale risiede esattamente in questo: nel fatto cioè, che la domanda aveva ad oggetto non il danno derivante dalla mancata facoltà di sopraelevare o modificare la sagoma dell’edificio, bensì quello derivante dal minor valore del bene nel sinallagma funzionale del contratto di vendita e che la sentenza impugnata ha preso in considerazione solo il primo aspetto; difatti, nella sentenza impugnata si afferma che ” l’appellante lamenta la lesione, per effetto dell’inesatto inadempimento del AVV_NOTAIO, del diritto a sopraelevare ” (pag. 14), mentre avrebbe trascurato del tutto di pronunciare sul secondo aspetto, non ritenendo entrambi gli aspetti ricompresi nella domanda.
Con il secondo motivo, la società ricorrente denuncia ai sensi dell’ ‘ Art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla compensazione delle spese ‘ in quanto l a sentenza impugnata avrebbe integralmente compensato fra le parti le spese di lite dell’intero procedimento di merito.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
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Questa Corte ha da tempo chiarito che la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (Cass. 17/1/2018, n. 906; Cass. 22/3/2007, n. 6945; Cass 12/9/2019, n. 22753).
La violazione denunciata non si è verificata nella fattispecie in esame , tenuto conto che la Corte d’appello ha dapprima premesso che le « doglianze richiamate vanno quindi valutate unitariamente attesa la relazione logica tra di esse intercorrente e discendente come detto dalla necessaria valutazione della configurabilità del nesso di causalità fra la condotta del AVV_NOTAIO e il danno lamentato dalla società appellante.» (pag. 8 della sentenza impugnata) e poi, ha posto debitamente in luce che «con la domanda introduttiva del giudizio di primo grado RAGIONE_SOCIALE ha inteso espressamente addebitare al professionista l’omessa segnalazione della servitù sull’immobile che diminuiva il valore dell’immobile acquistato per circa Euro 721.924,45 i n ciò individuando il danno di cui chiedeva il ristoro » precisando, altresì, che « il pregiudizio, lamentato per effetto della inesatta esecuzione della prestazione professionale da parte del AVV_NOTAIO, viene ricondotto alla perduta possibilità di realizzare più ampio e alto edificio il cui valore si sarebbe incrementato proprio in conseguenza della ristrutturazione con ampliamento » (pag. 9 della sentenza impugnata).
In merito alla lamentata lesione asseritamente verificatasi per effetto « dell’inesatto adempimento del AVV_NOTAIO, del diritto a sopraelevare »,
CC 9 novembre 2023 Ric. N. 444/2022 Pres. RAGIONE_SOCIALE. Scrima RAGIONE_SOCIALE
la Corte d’appello ha escluso che « tale diritto, in considerazione della servitù altius non tollendi imposta con atto stipulato il 16 aprile 1919» potesse ritenersi «sussistente, ragione che esclude che possa conseguentemente configurarsi in relazione al comportamento inadempiente del AVV_NOTAIO la lesione dei diritto invocata e il conseguente danno da risarcire ».
Parte ricorrente sostiene che ‘ la propria domanda non aveva ad oggetto soltanto il danno derivante dalla mancata facoltà di sopraelevare o modificare la sagoma dell’edificio, bensì quello derivante dal minor valore del bene nel sinallagma funzionale del contratto di vendita ‘ (pag. 13 del ricorso).
Ma la stessa parte non tiene conto di quanto asserito dalla Corte in proposito, ove ha ritenuto che « le voci di danno commisurate al costo della servitù presupporrebbero comunque l’esistenza del diritto di sopraelevare, nella specie, però, non esistente e che, per tale ragione, non può ritenersi leso e tan meno risarcibile, né da ultimo è fatta questione relativamente al pagamento di un prezzo maggiore correlato al diritto di sopraelevazione asseritamente leso rispetto a quello di una normale compravendita » (pag. 9 della sentenza impugnata).
Infine, ha concluso con confermare la decisione adottata dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE « Seppure dunque con la diversa motivazione espressa in base ai rilievi svolti, il cui carattere assorbente rispetto ad ogni ulteriore questione prospettata dalle parti ne rende superfluo l’esame, deve trovare conferma e l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE, nonché l’appello incidentale proposto dal AVV_NOTAIO devono essere respinti » (pag. 9 della sentenza impugnata).
Non sussiste quindi la pretesa violazione del principio del chiesto e pronunciato atteso che la Corte d’appello ha deciso sull’intera domanda proposta e ha sostanzialmente escluso, anche evidentemente in base ad una valutazione in fatto, il danno derivante dal minor valore del bene nel sinallagma funzionale.
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4. Inammissibile il secondo motivo di ricorso perché risolventesi in un ‘non motivo’ con cui si lamenta la statuizione di compensazione delle spese di lite e non involge alcun vizio della sentenza medesima e lo si condiziona all’auspicato accoglimento del ricorso (cfr. tutte in motivazione in ordine alla statuizione delle spese: Cass., Sez. 6-1, 26/01/2022, n. 2268; Cass., Sez. U., 12/11/2020 n. 25573; Cass. Sez. 3, 15/11/2017 n.26959; in merito alla compensazione, v. Cass. Sez. 6 – 3, 26/07/2021 n. 21400).
5. Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore della parte resistente.
Il rigetto del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 14.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 9