Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16991 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16991 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4240/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di CATANZARO n. 1068/2022 depositata il 27/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE NOTAIO.
R.G. 4240/2023
COGNOME
Rep.
C.C. 3/6/2025
C.C. 14/4/2022
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME socio e amministratore della RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio il notaio NOME COGNOME davanti al Tribunale di Crotone, chiedendo che fosse condannata, a titolo di responsabilità professionale, al risarcimento dei danni subiti dalla suindicata società a causa del comportamento asseritamente colposo della convenuta, previa declaratoria di nullità di tre atti di compravendita immobiliare stipulati dalla professionista in data 1° febbraio 2008.
A sostegno della domanda espose, tra l’altro, di essere socio amministratore della RAGIONE_SOCIALE e che il notaio COGNOME aveva rogitato tre atti di compravendita di beni immobili di proprietà della società, i cui corrispettivi non erano mai stati pagati nonostante la diversa dicitura in essi riportata. Aggiunse che, all’epoca del fatto, la citata società aveva due amministratori, cioè l’attore e NOME COGNOME, con poteri disgiunti per l’ordinaria amministrazione e congiunti per quella straordinaria. Poiché gli atti di compravendita erano stati stipulati in assenza di preventiva delibera societaria di uno dei due amministratori, nonostante si trattasse di atti di straordinaria amministrazione, e uno fra questi anche in conflitto di interessi, tutto ciò comportava la responsabilità professionale del notaio.
Si costituì in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda e avanzando domanda riconvenzionale di condanna dell’attore al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 del codice di rito.
Il Tribunale rigettò la domanda principale e quella riconvenzionale e compensò le spese di lite.
La pronuncia è stata impugnata in via principale dall’attore soccombente e in via riconvenzionale dal notaio in ordine alla compensazione delle spese di lite e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 27 settembre 2022, ha rigettato l’appello
principale, ha accolto in parte quello incidentale e, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha condannato NOME COGNOME al pagamento dei due terzi delle spese del giudizio di primo grado, compensate nella sola misura di un terzo, nonché all’integrale rifusione di quelle del giudizio di appello.
Ha osservato la Corte territoriale che dal verbale dell’assemblea straordinaria della società RAGIONE_SOCIALE del 25 luglio 2005 risultava che i signori COGNOME e COGNOME erano stati nominati amministratori della stessa, con poteri disgiunti per l’ordinaria amministrazione e congiunti per l’amministrazione straordinaria. Dallo statuto della società poteva evincersi che l’oggetto sociale era costituito da attività di mediazione immobiliare, costruzione e vendita di case e terreni; i tre atti di compravendita contestati, quindi, benché stipulati tramite il solo amministratore COGNOME erano da ritenere validi, in quanto atti di ordinaria amministrazione per i quali valeva il principio dell’amministrazione disgiunta.
Infondata doveva ritenersi, poi, la censura relativa al presunto mancato pagamento del prezzo delle tre compravendite, posto che negli atti notarili risultava che le parti avevano dato atto del versamento del prezzo pattuito, escludendo in tal modo la responsabilità del notaio, avendo egli attestato quanto dichiarato dalle parti.
In relazione all’ulteriore censura connessa alla presunta violazione di legge sul frazionamento del mutuo nelle compravendite immobiliari, la Corte di merito ha osservato che l’art. 8 del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, non poteva applicarsi nel caso di specie, trattandosi di disposizione di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili ancora da costruire , come tale irrilevante nella specie, posto che gli immobili oggetto di compravendita erano tutti ultimati.
Quanto, poi, alla presunta violazione dell’art. 1395 cod. civ., la Corte d’appello ha rilevato che il contratto che il rappresentante
conclude con sé stesso è annullabile, ma non nullo, di talché al notaio non era preclusa la possibilità di stipulare un simile contratto.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro propone ricorso NOME COGNOME con atto affidato a quattro motivi.
Resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi universali del defunto notaio COGNOME con un unico controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte deve preliminarmente pronunciarsi sull’eccezione di improcedibilità sollevata nel controricorso e conseguente alla mancata iscrizione a ruolo, da parte del ricorrente, di un primo ricorso notificato in data 24 novembre 2022.
Dalla consultazione dell’applicativo telematico desk per la gestione del processo di cassazione risulta che, effettivamente, l’avv. COGNOME difensore del ricorrente, nella data suindicata notificò per la prima volta il ricorso all’avv. NOME COGNOME difensore del notaio COGNOME nel giudizio di appello. Quel ricorso, come emerge dal carteggio successivo intercorso tra i difensori, non fu iscritto a ruolo; in tal senso è la pacifica ammissione dell’avv. COGNOME con la propria e.mail del 15 febbraio 2023 alle ore 10,38, inviata all’avv. NOME COGNOME codifensore del notaio COGNOME insieme all’avv. COGNOME nel giudizio di appello.
La notifica, comunque, certamente ebbe luogo, tanto che l’avv. NOME COGNOME notificò all’avv. COGNOME il proprio controricorso, a mezzo posta, in data 27 dicembre 2022, nel rispetto del termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis , prima della modifica di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.
È altrettanto pacifico, poi, che l’avv. COGNOME notificò il ricorso, una seconda volta, il successivo 22 febbraio 2023 e che in tale occasione il ricorso fu iscritto regolarmente a ruolo.
Consegue da tale ricostruzione cronologica della vicenda processuale che l’odierno ricorso è inammissibile per tardività.
Costituisce giurisprudenza pacifica di questa Corte, infatti, il principio in base al quale, nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, la seconda impugnazione deve essere notificata entro la scadenza del termine breve decorrente dalla notificazione della prima impugnazione, che dimostra la conoscenza legale della decisione da parte del ricorrente (Sezioni Unite, sentenza 27 aprile 2018, n. 10266, in linea con la precedente pronuncia, sempre delle Sezioni Unite, 13 giugno 2016, n. 12084; v. in argomento, tra le altre, anche l’ordinanza 4 giugno 2018, n. 14214). Nel caso specifico, quindi, il termine breve di 60 giorni decorreva dalla prima notifica (24 novembre 2022), rispetto alla quale la successiva notifica del 22 febbraio 2023 è palesemente tardiva.
Nonostante tale rilievo preliminare e assorbente, la Corte ritiene di dover ugualmente esaminare i motivi di ricorso, ad abundantiam , allo scopo di dimostrare come le ragioni dell’odierno ricorrente siano comunque prive di fondamento.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1176 e 2266, primo comma, cod. civ., in relazione alla sussistenza della possibilità di considerare gli atti di compravendita come di ordinaria amministrazione.
Il ricorrente contesta la premessa dalla quale muove l’impugnata sentenza, e cioè che l’assemblea straordinaria dei soci della C.A.M. del 25 luglio 2005 avesse nominato amministratori i Signori NOME COGNOME e NOME COGNOMEcon poteri disgiunti per l’ordinaria amministrazione e congiunti per la straordinaria’ e
che le ‘costruzioni e vendita di case e terreni’ rientrasse nell’oggetto sociale. Rileva il ricorrente che il contenuto economico dei tre atti avrebbe «depauperato la consistenza patrimoniale societaria, privandola di tutto il patrimonio immobiliare» e che in nessuno di essi il prezzo fu realmente versato. Quegli atti, dunque, dovrebbero essere considerati atti di straordinaria amministrazione, esorbitanti di per sé dall’oggetto sociale.
3.1. Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha descritto l’oggetto della società RAGIONE_SOCIALE e ha affermato, con un accertamento di merito insindacabile in questa sede, che, essendo l’oggetto sociale quello di svolgere attività immobiliare, ivi compresa quella di compravendita, gli atti in questione erano da ritenere di ordinaria amministrazione. Si tratta di una motivazione argomentata, in relazione alla quale il ricorso si risolve nel tentativo di ottenere un nuovo esame del merito. Quanto, poi, alla questione del depauperamento del patrimonio sociale e al presunto mancato pagamento del prezzo di vendita degli immobili, la Corte osserva che si tratta di censure che pure sono di merito e che, comunque, non hanno nulla a che vedere con la responsabilità del notaio.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’omessa valutazione, da parte del giudice di merito, della condotta gravemente negligente, imprudente ed imperita del notaio che avrebbe dovuto condurre all’affermazione della sua responsabilità professionale.
Il ricorrente ricorda che, a norma dell’art. 47 della legge notarile, il notaio, nel momento in cui riceve le dichiarazioni delle parti, ha l’obbligo di indagarne la volontà; egli, quindi, non può limitarsi alla stipula di un atto, ma deve accertarsi che esso non venga piegato a finalità e scopi diversi rispetto a quelli consentiti
dalla legge. Nel caso di specie, il notaio avrebbe dovuto astenersi dalla stipula dei tre atti di compravendita, per le seguenti ragioni: il breve lasso di tempo in cui essi furono conclusi (tutte in un unico giorno e nell’arco temporale di un’ora); la circostanza che quegli atti abbiano condotto all’azzeramento del patrimonio sociale; la mancata acquisizione del consenso dell’altro socio ed amministratore e il mancato versamento del prezzo.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Anche volendo tralasciare la circostanza per cui si è in presenza di una c.d. doppia conforme -tale di per sé da escludere l’ammissibilità del ricorso per cassazione per vizio di motivazione la Corte rileva che il presunto omesso esame non sussiste, perché la Corte d’appello ha valutato le circostanze di cui al motivo in esame e ha escluso, con valide argomentazioni, l’esistenza di comportamenti censurabili tenuti dal notaio, ritenendo le considerazioni dell’odierno ricorrente inidonee a fondare un giudizio di responsabilità professionale.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 8 e 1, comma 1, lettera d ), del d.lgs. n. 122 del 2005, per avere il notaio omesso il controllo, prodromico alla stipula della compravendita immobiliare, circa l’avvenuto frazionamento del mutuo o perfezionamento di altro titolo idoneo alla cancellazione o al frazionamento dell’ipoteca iscritta a garanzia sull’immobile.
Richiamato il contenuto delle norme suindicate e la loro finalità di tutela dei diritti patrimoniali connessi con gli immobili in corso di edificazione, il ricorrente osserva che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere tale normativa applicabile solo in relazione a immobili in corso di costruzione. Quella legge, invece, dovrebbe ritenersi applicabile anche agli immobili che, sebbene terminati, non abbiano ottenuto il rilascio del certificato di agibilità, come nel
caso qui in esame. In occasione della stipula dei tre atti di compravendita, infatti, il notaio si era limitato a ricevere dal venditore il permesso di costruire, atto prodromico alla realizzazione degli edifici, ma non certo indicativo della loro ultimazione ed agibilità. Gli immobili, cioè, erano sprovvisti del certificato di agibilità, per cui, secondo il rimettente, rientravano nell’applicazione della normativa suindicata.
5.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
È infondato in relazione alla presunta necessità di fare applicazione della legge n. 122 del 2005 anche per gli immobili già costruiti, com’è stato già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza 1° dicembre 2016, n. 24535, e ordinanza 10 agosto 2021, n. 22603).
È invece inammissibile in relazione alla questione della mancanza del certificato di abitabilità, posto che tale profilo si presenta come nuovo ed esigerebbe, comunque, un accertamento di merito incompatibile col giudizio di legittimità.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per error in procedendo , consistente nel non aver considerato la tardività, e conseguente inammissibilità, dell’appello incidentale.
La censura, richiamato il testo dell’art. 343 cod. proc. civ., secondo cui l’appello incidentale si propone con la comparsa di risposta a pena di decadenza, da depositarsi in cancelleria almeno venti giorni prima dell’udienza, afferma che nel caso in esame l’appello incidentale del notaio avrebbe dovuto essere considerato inammissibile per tardività. Rileva il ricorrente che l’appello incidentale tardivo è ammissibile «all’unica condizione che l’interesse a proporlo sia innescato dall’appello principale e non preesista a quest’ultimo, nel senso che la posizione dell’impugnante in via incidentale non sia già pregiudicata dalla sentenza ma venga,
al contrario, messa in discussione proprio dall’appello principale». Ne consegue che nel caso in esame, invece, l’appello incidentale avrebbe dovuto essere proposto nei termini, avendo ad oggetto il capo della sentenza del Tribunale che disponeva la compensazione delle spese, cioè un motivo rispetto al quale l’interesse ad impugnare sussisteva e preesisteva alla proposizione dell’appello incidentale e non era stato certamente determinato da questo. Ne consegue che rispetto alla data della prima udienza (2 ottobre 2018) l’appello incidentale era da ritenere tardivo.
6.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento.
Anche volendo tralasciare, infatti, la circostanza per cui il ricorrente non indica in che giorno venne notificato l’appello incidentale ai fini di consentire la verifica della sua ipotetica tardività, punto che costituisce ragione di inammissibilità della censura, la Corte osserva che i limiti di ammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva sono stati ampliati dalla giurisprudenza più recente, per cui la prospettata ragione di inammissibilità dell’appello incidentale non sarebbe comunque esistente (v. Sezioni Unite, sentenza 28 marzo 2024, n. 8486, nonché, tra le altre, le ordinanze 5 settembre 2022, n. 26139, e 29 maggio 2024, n. 15100).
Il ricorso, in conclusione, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 13 agosto 2022, n. 147, sopravvenuto a determinare i compensi professionali.
Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 7.400, di cui euro 200 per esborsi, più spese generali e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza