Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
Oggetto
Responsabilità
professionale
–
AVV_NOTAIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2442/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
e nei confronti di
Assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio del certificato n. NUMERO_DOCUMENTO, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOMENOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1476/2020 depositata in data 29 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con sentenza n. 3015 del 2015 il Tribunale di Salerno, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME, condannò il AVV_NOTAIO a titolo di risarcimento del danno patrimoniale subito in conseguenza della stipula, a rogito del COGNOME, di atto di compravendita di un terreno e dei fabbricati ivi insistenti, questi ultimi successivamente rivelatisi non di proprietà degli alienanti, come anche attestato dagli stessi con successivo atto unilaterale di rettifica recante firme autenticate dal notaio medesimo ─ al pagamento in favore del primo della somma di Euro 62.520,00 (di cui curo 55.720,00 per il maggior prezzo corrisposto in sede di vendita ed euro 6.800,00 per spese di registrazione dell’atto); condannò, inoltre, la RAGIONE_SOCIALE, chiamata in garanzia dal notaio, a tenerlo indenne dagli effetti della condanna;
in totale riforma di tale decisione la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza in epigrafe indicata, ha invece rigettato la domanda risarcitoria sulla base delle seguenti considerazioni:
─ COGNOME NOME, con l’atto introduttivo del giudizio di primo
grado, aveva chiesto la condanna del AVV_NOTAIO, previo accertamento della sua responsabilità, al pagamento della complessiva somma di Euro 61.800,00, di cui Euro 55.720,00 per il maggior prezzo corrisposto ed Euro 6.800,00 per le maggiori spese di registrazione dell’atto di compravendita;
─ a ll’udienza del 26 febbraio 2015 l’attore aveva però precisato le conclusioni chiedendo la condanna del convenuto al pagamento della somma di euro 7.212,00 a titolo di danno patrimoniale ed euro 55.720,00 « a ristoro dei danni non patrimoniali subiti ovvero della somma maggiore o minore che il Tribunale riterrà di quantificare in sua giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito per il danno non patrimoniale … »;
─ con la sentenza appellata il Tribunale aveva poi condannato il convenuto al pagamento della complessiva somma di « Euro 62.520,00, di cui Euro 55.720 quale corrispettivo per i manufatti, in realtà mai acquisiti alla loro proprietà, ed Euro 6.800,00 per una imposta di registro inutilmente corrisposta »;
─ i l giudice di primo grado, dunque, non si era pronunciato sulla domanda, formulata per la prima volta dall’attore all’udienza di precisazione delle conclusioni, di risarcimento del danno non patrimoniale (quantificato in Euro 55.720, ossia nella stessa misura chiesta fino al maturarsi delle preclusioni assertive a titolo di danno patrimoniale);
─ la cognizione su tale domanda non è stata devoluta alla Corte d’appello perché l’appellato COGNOME, costituendosi nel relativo giudizio, ha contestato esclusivamente la fondatezza dell’appello;
─ discende da ciò la fondatezza della denuncia di extrapetizione formulata con il primo motivo di gravame, atteso che Il Tribunale ha effettivamente errato nel riconoscere al COGNOME, a titolo di danno patrimoniale, anche la somma di Euro 55.720,00, avendo l’attore, in sede di precisazione delle conclusioni, specificamente limitato il
quantum dell’originaria pretesa domandata a tale titolo, in tal modo implicitamente rinunciando alla somma originariamente domandata;
─ è anche fondato il secondo motivo d’appello, con il quale il notaio aveva contestato la sussistenza del riconosciuto esborso di Euro 6.800 per spese di registrazione, dal momento che nella produzione dell’attore non si rinviene alcuna documentazione attestante l’avvenuto pagamento di tali spese;
avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resistono entrambi gli intimati, depositando controricorsi; NOME COGNOME propone ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico mezzo;
è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; tutte le parti hanno depositato memorie;
considerato che:
con il primo motivo il ricorrente principale denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione degli artt. 2671 c.c., 2913 c.c., dell’art. 28 della legge notarile, artt. 4 e 14 del d.P.R. n. 640 del 1972, art. 1175 c.c., art. 2 della Costituzione, art. 1374 c.c., art. 1176 comma 2, c.c., art. 1218 c.c. »;
afferma che, « accettate le inadempienze lamentate dall’attore COGNOME nell’atto introduttivo del giudizio e ribadite nell’appello, la Corte di merito doveva esaminare nello specifico la sussistenza della grave responsabilità del notaio, che ben legittima la domanda formulata dall’attore di risarcimento danni per responsabilità professionale del convenuto notaio; invece, si è limitata a trattare solo il tema del risarcimento del danno; resta indiscussa quindi la responsabilità del notaio »;
con il secondo motivo ─ rubricato « violazione dell’art. 2740 c.c., art. 1226 c.c., art. 2059 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. » ─ il ricorrente lamenta che erroneamente la Corte di merito abbia ritenuto non assolto l’onere di provare l’esborso delle reclamate spese di registrazione dell’atto, non considerando che dallo stesso contratto di compravendita risulta che l’imposta di registro versata all’Erario è stata di €. 8.458,00 per l’intera consistenza, di cui €. 5.939,64 per i tre fabbricati poi esclusi dalla vendita con l’atto di rettifica, e che, inoltre, egli aveva versato al notaio il compenso calcolato sui quattro cespiti, compresi i tre fabbricati poi esclusi col successivo atto di rettifica, così pagando in più anche per la relativa registrazione;
quanto al danno non patrimoniale lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto ad essa non devoluta la relativa domanda per essersi egli limitato, costituendosi nel giudizio di secondo grado, a contestare la fondatezza dell’appello di controparte;
osserva al riguardo che nulla impediva alla Corte di esaminare la domanda così come modificata in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, perché nel primo motivo di appello l’appellante aveva denunciato la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nella parte in cui il Tribunale aveva liquidato in favore dell’attore in primo grado la somma di €. 62.520,00 in conformità all’originaria domanda; la Corte ha accolto tale censura, ma -argomenta il ricorrente- « negando il danno patrimoniale restava il danno non patrimoniale che poteva quantificare secondo equità ai sensi degli artt. 1226 e 2059 c.c. »;
con il terzo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ.;
il motivo investe la sentenza impugnata nella parte in cui, in motivazione, afferma testualmente: « invero il primo giudice non si è
nemmeno accorto che nel corso del giudizio l’attore aveva modificato la domanda probabilmente in dipendenza della circostanza che medio tempore per effetto della sentenza (n. 2355/11) intervenuta nel diverso giudizio intentato dal COGNOME contro i venditori, il Tribunale aveva condannato gli stessi a restituire al COGNOME la somma di €. 55.720,00, dichiarata la risoluzione del contratto di vendita del 11.12.2013 relativamente alla sola vendita dei fabbricati in atti descritti »;
osserva il ricorrente che, in realtà, la detta somma non era stata mai restituita dai venditori e lamenta che la Corte di merito, erroneamente dando credito a quanto sul punto affermato dall’appellante, ha dato per acquisita tale circostanza che invece non era stata provata;
il primo motivo è inammissibile, investendo tema di giudizio ─ quello relativo all’ an della responsabilità del notaio, affermata in primo grado ma contestata da quest’ultimo con il proposto appello ─ rimasto assorbito nel giudizio di secondo grado, deciso sulla base del rilievo (appunto, assorbente) della insussistenza -in parte per rinuncia implicita alla domanda, in altra parte per mancanza di prova- di un danno risarcibile;
il secondo motivo è parimenti inammissibile, con riferimento ad entrambe le censure distinguibili all’interno della sua illustrazione;
quanto alla prima (erronea valutazione circa la mancata prova degli esborsi sostenuti per la registrazione dell’atto) appare manifesta l’inosservanza dell’onere, imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., di specifica indicazione del documento richiamato, sia pure nella sola parte dalla quale si dovrebbe ricavare prova dell’avvenuto esborso: si omette , infatti, di riportarne il contenuto e anche di indicare se e quando fu prodotto nei giudizi di primo e secondo grado e dove esso risulta localizzato negli atti prodotti per il presente giudizio di cassazione;
quanto alla seconda censura (secondo cui la Corte avrebbe dovuto comunque farsi carico della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale) l’inammissibilità discende dalla mancanza di alcuna argomentazione critica a supporto dell’apodittica asserzione nella quale essa, come detto, si risolve; la Corte ha rilevato che il Tribunale non si era pronunciato sulla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, formulata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, e che la cognizione su tale domanda non era stata devoluta alla Corte d’appello perché l’appellato COGNOME, costituendosi nel relativo giudizio, aveva contestato esclusivamente la fondatezza dell’appello (in tal modo evidentemente sottintendendo che la devoluzione di quella domanda avrebbe richiesto la proposizione di un appello incidentale condizionato invece mancato); ebbene a tale argomentazione, peraltro corretta, si oppone in ricorso la mera asserzione contraria secondo cui, in sostanza, l’accoglimento del motivo dell’appello di controparte che denunciava vizio di extrapetizione quanto alla liquidazione di un danno patrimoniale che era invece da intendersi rinunciato, lasciava di per sé aperto e valut abile da parte della Corte d’appello il tema del « danno non patrimoniale », che -aggiunge il ricorrente-« la Corte poteva quantificare secondo equità ai sensi degli artt. 1226 e 2059 c.c. »: tutto ciò senza però il supporto di alcun apparato critico che indichi in quale parte e perché il ragionamento della Corte territoriale, sul piano del governo delle norme processuali, dovrebbe ritenersi errato;
anche il terzo motivo è inammissibile, investendo una affermazione meramente incidentale contenuta in sentenza e che non ne costituisce ratio decidendi ;
quanto alla esclusione di un danno patrimoniale risarcibile, da rapportare al prezzo pagato per la compravendita dei fabbricati alienati a non domino , tale ratio ─ non censurata per nulla in ricorso ─ è infatti di natura prettamente processuale e d è data
esclusivamente dalla constatazione della implicita rinuncia a quella domanda desumibile dai termini in cui lo stesso attore aveva precisato in primo grado le proprie conclusioni;
la memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 , comma primo, cod. proc. civ., non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi; tale memoria per vero -incomprensibilmente, prima ancora che inammissibilmentesi limita a eccepire « il difetto di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, che ha notificato l’atto di precetto in forza della sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 1476/2020 », così prospettando questione del tutto estranea al presente giudizio di legittimità nel quale a controdedurre sono gli assicuratori RAGIONE_SOCIALE parti del giudizio di merito e pienamente legittimati come tali a controdedurre;
il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, restando conseguentemente assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato;
ne discende la condanna del ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo e da distrarsi, quelle relative alla difesa del AVV_NOTAIO, in favore del suo difensore che ne ha fatto richiesta in memoria;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuno, in Euro 5.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; le spese relative alla difesa nel presente giudizio del controricorrente NOME COGNOME sono distratte in favore del suo difensore, AVV_NOTAIO.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza