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Responsabilità professionale: nesso causale e CTU

La Corte di Cassazione interviene su un caso di responsabilità professionale di un architetto, accusato di aver causato la perdita di un contributo pubblico per la ricostruzione post-sisma. L’ordinanza chiarisce che, a fronte dell’inadempimento del professionista, il giudice non può negare il risarcimento per mancata prova del nesso causale senza prima aver utilizzato gli strumenti a sua disposizione, come la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), per accertare se il cliente avrebbe avuto diritto al beneficio. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, rinviando per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità professionale: quando il nesso causale va provato con la CTU

Affidarsi a un professionista per pratiche complesse è una necessità, ma cosa succede se un suo errore causa un grave danno economico? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di responsabilità professionale, chiarendo i doveri del giudice nell’accertare il nesso causale tra la negligenza e il danno subito dal cliente. La vicenda riguarda la mancata ottenimento di un contributo pubblico per la ricostruzione di un immobile danneggiato da un sisma, a causa di un’omissione dell’architetto incaricato.

I fatti del caso: un contributo per la ricostruzione mai ottenuto

Tre sorelle, comproprietarie di un immobile reso inagibile da un terremoto, avevano diritto a un contributo pubblico per la ricostruzione. A tal fine, avevano incaricato un architetto di curare la relativa pratica amministrativa. Tuttavia, l’architetto ometteva di presentare il progetto esecutivo, un documento essenziale, causando il rigetto dell’istanza. Le sorelle decidevano quindi di citarlo in giudizio, chiedendo un risarcimento per la perdita del contributo e per il conseguente deprezzamento del valore dell’immobile.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’inadempimento dell’architetto, avevano respinto la richiesta di risarcimento. Secondo i giudici, le proprietarie non avevano fornito la prova del nesso causale tra l’errore del professionista e il danno lamentato. In altre parole, non era stato dimostrato con certezza che, anche se la pratica fosse stata presentata correttamente, l’istanza sarebbe stata accolta, data la complessità della procedura amministrativa e la necessità di verificare numerosi presupposti tecnici ed economici.

La responsabilità professionale e il giudizio della Corte di Cassazione

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ritenuto illogica e contraddittoria la motivazione della Corte d’Appello, individuando due errori fondamentali nel suo ragionamento.

Il nesso causale e l’onere della prova

I giudici di legittimità hanno sottolineato che, una volta accertata la negligenza del professionista, spetta al cliente dimostrare che da tale condotta è derivato un danno. Tuttavia, il giudice non può limitarsi a constatare una presunta mancanza di prova, specialmente quando la valutazione richiede competenze tecniche specifiche.

Il ruolo decisivo della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU)

La Corte di Cassazione ha stabilito che, se la valutazione sulla fondatezza della domanda di contributo richiedeva la verifica di complessi ‘presupposti giuridici, tecnici ed economici’, il giudice avrebbe dovuto accoglere l’istanza delle parti di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Il mancato espletamento di una CTU, in casi ad alto contenuto tecnico, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti e un vizio della motivazione della sentenza. In pratica, non si può addossare al cliente l’onere di una prova tecnica complessa e al contempo negargli lo strumento processuale (la CTU) per fornirla.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che la motivazione della sentenza d’appello era insufficiente e contraddittoria. Da un lato, riconosceva la necessità di una verifica tecnica complessa per stabilire se il contributo sarebbe stato concesso; dall’altro, ometteva di disporre una CTU, strumento indispensabile per tale verifica, rigettando la domanda per mancata prova. Inoltre, la Corte d’Appello aveva erroneamente interpretato la natura del contributo, considerandolo quasi un rimborso condizionato all’avanzamento dei lavori. La Cassazione ha invece chiarito che si trattava di un contributo preventivo, la cui concessione dipendeva unicamente dalla completezza e correttezza della domanda iniziale, non dall’effettiva esecuzione dei lavori. L’erogazione in ‘tranches’ era solo una modalità di pagamento successiva alla concessione.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso delle sorelle, cassando la sentenza impugnata e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale in materia di responsabilità professionale: il giudice ha il dovere di utilizzare tutti gli strumenti processuali a sua disposizione, inclusa la CTU, per accertare il nesso causale in materie tecniche. Non può rigettare una domanda di risarcimento basandosi unicamente sulla mancata prova da parte del danneggiato, quando tale prova richiede un’indagine specialistica che solo un perito può svolgere.

Quando un professionista è negligente, chi deve provare che il danno è una conseguenza diretta del suo errore?
Il cliente che ha subito il danno ha l’onere di provare il nesso causale tra l’inadempimento del professionista e il pregiudizio economico. Tuttavia, il giudice deve consentire l’uso di tutti gli strumenti processuali idonei a tale prova, come la Consulenza Tecnica d’Ufficio, se la questione è tecnicamente complessa.

Può un giudice rifiutare una richiesta di Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) se la valutazione del caso richiede competenze tecniche?
No, se la decisione dipende dalla valutazione di elementi tecnici, il giudice non può semplicemente respingere la richiesta di CTU e rigettare la domanda per mancanza di prova. Deve motivare adeguatamente il rigetto o, più correttamente, disporre la consulenza, poiché il suo mancato espletamento costituisce un vizio della motivazione della sentenza.

Qual è la differenza tra un contributo preventivo e un rimborso in un caso di responsabilità professionale?
Un contributo preventivo, come quello del caso in esame, viene concesso prima dell’inizio dei lavori sulla base della correttezza della domanda, per consentire la realizzazione dell’intervento. Un rimborso, invece, viene erogato solo dopo che le spese sono state sostenute e i lavori eseguiti. Questa distinzione è cruciale per valutare se il cliente avrebbe avuto diritto al beneficio perso a causa dell’errore del professionista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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