Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21366 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21366 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28459/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ; rappresentate difese da ll’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura a margine del ricorso;
-ricorrenti-
nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del procuratore generale e rappresentante per l’Italia, NOME COGNOME; rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura allegata al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 1847/2022 della CORTE d ‘ APPELLO di CATANIA, depositata il 28 settembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Le sorelle NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME -premesso che erano comproprietarie di un immobile sito in Acireale, reso inagibile dal sisma del 28 ottobre 2002; che esso immobile rientrava tra quelli per la cui ricostruzione era stato previsto un contributo pubblico con Direttive della Presidenza della Regione Sicilia dell’11 giugno 2003 e del 20 dicembre 2005; che avevano incaricato l’AVV_NOTAIO di curare la pratica per l’ottenimento di tale contributo; e che l’istanza da lui presentata era stata però respinta per mancanza del progetto esecutivo -convennero il professionista davanti al Tribunale di Catania, chiedendone la condanna al risarcimento del danno da loro subìto in conseguenza del suo inadempimento, quantificato in Euro 672.576,00, di cui Euro 272.576,00 a titolo di perdita del contributo (in tale importo quantificato sulla base di perizia giurata precedentemente rilasciata dallo stesso professionista) ed Euro 400.000 a titolo di ulteriore pregiudizio derivante dalla riduzione del
valore del bene immobile a causa della mancata esecuzione del progetto di recupero.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, chiamò in manleva la sua società assicurativa, RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale dichiarò l’ inadempimento di NOME COGNOME, rigettò ogni altra domanda, compensò per la metà le spese del rapporto processuale vertente tra le parti della domanda principale (condannando l’AVV_NOTAIOitetto a pagare alle attrici la residua metà) e per l’intero quelle del rapporto processuale vertente tra le parti della domanda di garanzia.
La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte d’appello di Catania, la quale ha rigettato sia l’appello principale delle germane COGNOME che quello incidentale dell’AVV_NOTAIO. COGNOME, compensando le spese del grado.
La Corte territoriale ha così deciso sul rilievo che, fermo l ‘accertato inadempimento del professionista per la mancata presentazione nei termini del progetto esecutivo, tuttavia difettava la prova -che avrebbe dovuto essere fornita dalle creditrici -della sussistenza del nesso causale tra la detta condotta inadempiente e il danno da queste ultime lamentato.
Infatti, ove si fosse considerato -in conformità a quanto già osservato dal primo giudice -, per un verso, che l’accoglimento dell’istanza per la concessione del contributo postulava la verifica, nell’ambito di una complessa procedura amministrativa, della positiva sussistenza di « presupposti giuridici, tecnici ed economici per nulla scontati » e, per l’altro, che, anche nel caso di positivo riscontro di tali presupposti, « l’erogazione sarebbe avvenuta quanto al 25% del contributo ammesso a finanziamento ad inizio lavori e quanto al 70%
a condizione dell’effettiva esecuzione dell’intervento finanziato, sulla base degli stati di avanzamento certificati dal direttore dei lavori », d oveva ritenersi mancante l’allegazione e la prova sia in ordine alla « fondatezza della domanda o quantomeno circa l’esistenza dei presupposti tecnici per l’ammissione al contributo », sia in ordine « all’importo che sarebbe stato finanziato in base dalle Direttive della Presidenza della Regione Sicilia del 11.06.2003 e del 20.12.2005 ».
La Corte di merito ha inoltre ritenuto che, per effetto della decisione negativa sui motivi di gravame concernenti la domanda principale risarcitoria, restassero assorbiti quelli, proposti in via incidentale sia dal professionista che dalla sua compagnia assicurativa, concernenti la connessa domanda di garanzia.
Infine, il giudice d’appello ha rigettato i motivi dell’impugnazione incidentale proposti dal professionista, concernenti la statuizione accessoria sulle spese.
Propongono ricorso per cassazione le germane COGNOME, sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME risponde con controricorso, proponendo ricorso incidentale sorretto da quattro motivi, cui replicano con controricorso le ricorrenti principali.
Con distinto controricorso rispondono altresì i RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
Le ricorrenti principali e il ricorrente incidentale hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale è denunciata « Violazione dell’art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. in riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1225 c.c.; 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché per falsa applicazione della Direttiva del Pres. Reg. Sic. dell’11.06.2003 e la Direttiva del Pres. Reg. Sic. del 20.12.2005; per avere errato il Giudice d’Appello nella applicazione delle norme sul nesso di causalità; ritenendo non provati fatti non contestati, errando nella sussunzione dei fatti (provati) alla fattispecie normativa regolativa della procedura di elargizione del contributo sisma (vincolata)».
Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha immotivatamente reputato mancante l’allegazione e la prova circa la « fondatezza della domanda o quantomeno circa l’esistenza dei presupposti tecnici per l’ammissione al contributo ».
Deducono che la pratica curata dall’AVV_NOTAIO. COGNOME riguardava un edificio rientrante tra quelli inagibili aventi ‘ priorità 1 ‘ , per i quali le Direttive del Presidente della Regione dell’11 giugno 2003 e del 20 dicembre 2005 avevano previsto la sussistenza di un vero e proprio diritto incondizionato al contributo pubblico per la ricostruzione, da erogarsi in seguito alla regolare e tempestiva presentazione dell’istanza , corredata dai documenti necessari, tra cui quello (il progetto esecutivo) di cui il professionista aveva omesso la presentazione.
Pertanto, ove la domanda fosse stata ritualmente proposta, il beneficio sarebbe stato senz’altro accordato, corrispondendo tale concessione ad un ‘ attività amministrativa vincolata e non discrezionale e non essendo essa subordinata (come invece lo era
quella prevista in relazione agli edifici non inagibili aventi ‘ priorità 2 ‘ ) alla condizione della perdurante sussistenza delle risorse finanziarie.
1.2. Con il secondo motivo è denunciata « Violazione dell’art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. in riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1225 c.c.; 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., per avere errato il Giudice d’Appello nella applicazione delle norme sul nesso di causalità e sulla prevedibilità del danno; ritenendo non provati fatti non contestati, per avere ritenuto non provato il danno conseguente all’avvenuto accertamento dell’inadempimento del professionista ».
Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha immotivatamente reputato mancante l’allegazione e la prova in ordine « all’importo che sarebbe stato finanziato in base dalle Direttive della Presidenza della Regione Sicilia del 11.06.2003 e del 20.12.2005 ».
Evidenziano che, in relazione « al quantum del contributo, la normativa riservava la quantificazione allo stesso tecnico incaricato secondo parametri predefiniti e certi, non residuando all’amministrazione, nella valutazione della domanda, margini di discrezionalità ».
1.3. Con il terzo motivo è denunciata « Violazione dell’art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. in riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1225 c.c.; 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., falsa applicazione della Direttiva del Prs. Reg. Sic. 20.12.2005; per avere errato il Giudice d’Appello nella applicazione delle norme sul nesso di causalità, facendo mal uso del criterio del ‘più probabile che non’ elaborato dalla giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ».
Le ricorrenti sostengono che, nel reputare non provato il nesso causale tra l’ accertato inadempimento del professionista e il danno da loro lamentato, la Corte d’ appello non avrebbe fatto buona applicazione della regola di funzione del ‘più probabile che non’ .
Osservano che, nel formulare il giudizio probabilistico, anche mediante l’applicazione di presunzioni, il giudice del merito avrebbe dovuto ritenere sia che la domanda di contributo, ove corredata dai documenti necessari, sarebbe stata accolta, sia che, ottenuta la prima tranche del finanziamento, esse avrebbero avviato i lavori di risanamento della casa non soltanto per ottenere la seconda tranche ma anche per evitare un ulteriore danno economico ingentissimo all’immobile, il quale senza gli interventi di risanamento sarebbe deperito.
I motivi del ricorso principale -congiuntamente esaminati per motivi di connessione e da ricondurre, al di là della formale intestazione, al paradigma di cui agli artt. 132 n. 4 e 360 n. 4 cod. proc. civ. -sono fondati, per quanto di ragione.
La Corte d’appello, infatti, dopo avere esattamente osservato, con riferimento al riparto dell’onere probatorio, che, a fronte dell’ accertato inadempimento del professionista, sarebbe spettato alle clienti provare il nesso eziologico tra tale inadempimento e il danno, non ha spiegato tuttavia le ragioni per cui, a fronte delle precise allegazioni delle attrici-appellanti (le quali avevano evidenziato che le direttive del Presidente della Regione avevano previsto un vero e proprio diritto soggettivo ad ottenere un contributo il cui importo era stato determinato dallo stesso professionista, condizionato soltanto alla tempestiva e completa presentazione della relativa pratica), ha reputato non dimostrato il detto rapporto di causalità.
Al riguardo, il giudice d’ appello ha osservato, per un verso, che le attrici non avevano provato la fondatezza della domanda, con particolare riguardo alla sussistenza dei presupposti tecnici, economici e giuridici ‘per nulla scontati ‘ da verificare all’ esito di una complessa procedura amministrativa; per altro verso, che neppure era stato provato l’importo che sarebbe stato finanziato in base alle previsioni contenute nelle succitate direttive, avuto riguardo alla circostanza che esso sarebbe stato erogato in diverse tranches solo a condizione che i lavori fossero stati iniziati e fosse stato successivamente certificato il loro stato di avanzamento.
Entrambe le argomentazioni sono peraltro logicamente carenti e concettualmente contraddittorie, comunque non tali da soddisfare il ‘minimo costit uzionale ‘ della motivazione richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e da porre la sentenza impugnata al riparo dal conseguente vizio di nullità.
La prima argomentazione, movendo dal riconoscimento che la valutazione della fondatezza dell’istanza amministrativa volta all’ ottenimento del contributo presupponeva la complessa verifica della sussistenza dei « presupposti giuridici, tecnici ed economici », avrebbe dovuto coerentemente condurre il giudice del merito all’accoglimento dell’istanza di CTU formulata dalle ricorrenti, istanza che il Tribunale aveva invece rigettato sull’ erroneo rilievo della sua tardività (non trattandosi della richiesta di ammissione di un mezzo di prova in senso tecnico) e che la Corte d’ appello ha omesso del tutto di esaminare.
Peraltro, questa Corte di legittimità ha affermato -e più volte ribadito -che, sebbene la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisca un potere discrezionale del
giudice del merito, tuttavia questi è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono che si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di esso, specie a fronte di una domanda di parte, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza (in tal senso, da ultimo, Cass. 13/05/2024, n. 13038; in precedenza, v., nello stesso senso, Cass. 16/12/2022, n. 37027 e Cass. 01/09/2015, n. 17399).
Nell’ osservanza di tale principio, il giudice del merito, riconosciuta la necessità di valutare tecnicamente la sussistenza di presupposti giuridici, tecnici ed economici ‘ per nulla scontati ‘, avreb be dovuto disporre apposita consulenza tecnica, non potendo far rientrare tale valutazione nel l’ alveo dell’onere probatorio della parte.
Quanto alla seconda argomentazione, essa si infrange sull’ agevole rilievo che il beneficio invocato dalle ricorrenti costituiva pacificamente un contributo preventivo per la ricostruzione e non un rimborso erogato all’esito dell a stessa, sicché la sua concessione non presupponeva la prova dell’ avvenuta esecuzione dei lavori, mentre la certificazione del loro stato di avanzamento condizionava specificamente l’erogazione successiva a quella iniziale (ed avrebbe quindi potuto formare oggetto di successiva verifica), ma non il provvedimento di concessione, subordinato unicamente alla rituale
presentazione della domanda e alla completezza e correttezza della relativa pratica.
Il ricorso principale deve, dunque, essere accolto, nei sensi di cui in motivazione.
3.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale NOME COGNOME denuncia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c. nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 e seguenti c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1225, 1227, 2222 e seg. e 2229 e seg. c.c., in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 41 c.p. e degli art. 2043 e seg. c.c. in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c. omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 , n.5 c.p.c.. ».
Il ricorrente incidentale, c ondizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha confermato, condividendone la motivazione, la statuizione della sentenza di primo grado, circa l’ accertamento della sua condotta inadempiente rispetto al mandato professionale ricevuto.
Il motivo è inammissibile in quanto, al di là della formale intestazione, contesta il motivato accertamento di merito circa la mancata presentazione , da parte dell’ AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO, del progetto esecutivo a corredo dell’istanza di contributo presentata nell’interesse delle germane RAGIONE_SOCIALE.
Viene dunque in considerazione un giudizio di fatto, operato dal giudice del merito sulla base della corretta premessa in iure secondo cui, a fronte dell’allegazione della condotta i nadempiente del
professionista da parte delle sue creditrici, sarebbe spettato al debitore dare la prova dell’ esatto adempimento della obbligazione professionale.
3.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale viene denunciata « Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c. nullità del procedimento e della sentenza in relazione all’ 360, n. 4 c.p.c. ».
NOME COGNOME impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha confermato la statuizione di primo grado in ordine al regolamento delle spese del rapporto processuale tra le parti della domanda principale.
3.3. Il secondo motivo presenta elementi di connessione col (e va pertanto esaminato congiuntamente al) quarto motivo, con cui è denunciata nuovamente « Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360 n. 4, c.p.c. ».
Con esso, il ricorrente incidentale impugna la sentenza d’appello nella parte in cui ha confermato la statuizione di primo grado in ordine al regolamento delle spese del rapporto processuale tra le parti della domanda di garanzia.
Il secondo e il quarto motivo del ricorso incidentale sono inammissibili perché si configurano , in realtà, come ‘non motiv i ‘, dal momento che alla rinnovazione del regolamento delle spese, in ordine ad entrambi i rapporti processuali evocati e con riguardo a tutti i gradi del giudizio, sarà chiamato il giudice del rinvio all’esito della nuova delibazione della domanda principale risarcitoria nonché di quella connessa di garanzia.
3.4. Con il terzo motivo del ricorso incidentale è denunciata « Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.; nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1892 e 1893 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.; omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. ».
NOME COGNOME deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, sia pure per effetto dell’assorbimento, non ha pronunciato sulla domanda di garanzia.
Anche questo motivo è inammissibile.
Lo stesso ricorrente incidentale riconosce che il giudice d’ appello non ha né omesso di pronunciare né pronunciato negativamente (con statuizione di inammissibilità o di rigetto) sulla domanda di garanzia, la quale è rimasta semplicemente assorbita per effetto della reiezione della domanda principale risarcitoria.
Dunque, il motivo è inammissibile poiché non censura una statuizione (asseritamente) viziata della sentenza impugnata rispetto alla quale il ricorrente incidentale sia rimasto soccombente.
Piuttosto, tenuto conto che nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell’art. 346 cod. proc. civ., sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio (Cass. 02/12/2005, n. 26264; Cass. 24/01/2011, n. 1566; Cass. 26/05/2023, n.14813).
In definitiva, va accolto, per quanto di ragione, il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale.
La sentenza va cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ appello di Catania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di C atania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza