Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4792 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4792 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8711/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME ( c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL)
-ricorrente-
contro
NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 3060/2021 depositata il 9/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna NOME COGNOME chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 39.887,50, di cui Euro 4.125,08 per spese tecniche, per avere dovuto corrispondere al Comune di Bazzano l’oblazione richiesta al fine di conseguire il permesso in sanatoria in relazione alla difformità dello stato di fatto, rispetto a quanto assentito, di immobile costruito sulla base dell’incarico, conferito al con venuto, di progettazione e direzione lavori. Il Tribunale adito, previa CTU, accolse la domanda. Avverso detta sentenza propose appello con atto notificato in data 27 gennaio 2012 lo COGNOME. Con sentenza di data 9 dicembre 2021 la Corte d’appello di Bolog na rigettò l’appello.
Premise la corte territoriale, circa l’eccezione di difetto di giurisdizione, che non era pertinente all’oggetto del giudizio la legittimità o meno degli atti amministrativi, riguardando la responsabilità contestata il rapporto contrattuale instaurato con il
professionista. Osservò quindi che, sulla base della CTU, era emerso che in relazione all’immobile erano stati rilasciati licenza edilizia e certificato di abitabilità nonostante (e perciò erroneamente) le difformità del progetto e dello stato di fatto rispetto agli strumenti urbanistici, senza presentazione da parte del professionista di una richiesta di variante. Aggiunse che non rilevava la circostanza che l’appellante sarebbe stato informato dai proprietari delle difformità solo dopo la scadenza dei termini per impugnare innanzi al giudice amministrativo il permesso in sanatoria, non essendo in contestazione la legittimità di quest’ultimo, e risultando all’opposto accertate le difformità contestate che avevano determinato l’esborso economico dovuto per la sanatoria.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Sia il ricorrente che i controricorrenti hanno presentato memorie.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 37 e 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha travisato il senso dell’eccezione di giur isdizione, la quale aveva ad oggetto l’impossibilità per il giudice ordinario di accertare l’esistenza dell’abuso edilizio, il quale non può ritenersi provato per la decisione dei proprietari di aderire alla pretesa di pagamento dell’oblazione, precludendo definitivamente l’acquisizione della prova conseguibile unicamente nel giudizio amministrativo di impugnazione del provvedimento.
Il motivo è inammissibile. L’oggetto della censura non è intellegibile e non consente pertanto di raggiungere lo scopo della critica della decisione. L’eccezione di difetto di giurisdizione mira allo spostamento
del processo ad un altro plesso giurisdizionale. Non è questo l’oggetto dell’eccezione, così come rappresentata nel motivo, ma solo quello dell’impossibilità per il giudice ordinario di accertare l’abuso edilizio, neanche in sede di accertamento incidentale. Non si comprende allora perché sia stata sollevata l’eccezione di difetto di giurisdizione, che implica invece la translatio del processo al giudice speciale, rispetto al quale, peraltro, si afferma che le possibilità di accesso al giudizio amministrativo sarebbero precluse dalla mancata impugnazione dell’atto di liquidazione dell’oblazione.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la parte attrice avrebbe dovuto fornire la prova dell’abuso edilizi o, prova che sarebbe stata conseguibile solo con l’impugnazione del permesso di costruire in sanatoria, e che non è ammissibile una CTU finalizzata all’esonero della parte dall’assolvimento di tale onere probatorio, come nella specie, nella quale al consulente è stato affidato il compito di una valutazione giuridica, peraltro in ambito amministrativo. Aggiunge che è stata tempestivamente contestata la CTU, dimostrandone la completa erroneità anche nei contenuti giuridici, ed in particolare: l ‘opera è stata realizzata esattamente dove doveva essere realizzata in base all’allineamento imposto dal piano di lottizzazione; all’epoca dei fatti non era prevista la variante in corso d’opera; non si è trattato di traslazione del fabbricato, ma solo di un errore grafico nel progetto edilizio.
Il motivo è inammissibile. E’ noto che la consulenza tecnica d’ufficio ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, ma non è certo destinata ad esonerare le parti dalla prova dei fatti dalle stesse dedotti e posti a base delle rispettive richieste, fatti che devono essere dimostrati dalle medesime parti alla stregua dei criteri di ripartizione
dell’onere della prova previsti dall’art. 2697 cod. civ. (Cass. n. 21412 del 2006). In violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., il ricorrente non ha specificatamente indicato le lacune sul piano dei mezzi di prova, avuto riguardo alle prove concretamente dedotte in giudizio dalla parte attrice, che condurrebbero a concludere nel senso di un esonero della parte dall’onere della prova . Ciò che nel motivo si afferma è solo che la CTU non poteva avere ad oggetto l’accertamento dell’abuso edilizio, ma qu esto riguarda l’oggetto dell’accertamento e non il quadro della produzione documentale, rispetto al quale denunciare l’insufficienza e l’affidamento al CTU dell’onere di integrazione delle prove.
In relazione allo stesso oggetto della CTU la censura non è poi intellegibile ed è pertanto inidonea a raggiungere lo scopo della critica. Per un verso si afferma che onere della prova della parte attrice era provare l’abuso edilizio, per l’altro si afferm a che tale prova non sarebbe stata conseguibile nel processo civile, richiedendo l’impugnazione del permesso di costruire in sanatoria. A questo punto non si comprende se la parte attrice, per il ricorrente, avesse un onere probatorio e quale sarebbe, even tualmente, l’oggetto.
Quanto alla CTU, poi, non si denuncia una nullità, ma l’impossibilità per il consulente di accertare l’oggetto del suo incarico e, inoltre, una serie di inesattezze che avrebbero connotato la consulenza. Trattasi, all’evidenza, di confutazioni rilevanti su l piano del giudizio di fatto, riservate al giudice del merito e non sindacabili nella presente sede di legittimità.
Con il terzo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che risulta omesso l’esame del fatto costituito dal rilascio della licenza di abitabilità, che presupponeva la coerenza anche grafica della documentazione prodotta, e che se una difformità vi era stata, essa aveva riguardato soltanto il profilo grafico.
Il motivo è inammissibile. La circostanza del rilascio del certificato di abitabilità è stata esaminata dal giudice del merito, che ne ha evidenziato l’erroneità alla luce della difformità dello stato di fatto rispetto a quello assentito in via amministrat iva. L’oggetto della censura è pertanto rappresentato dalla confutazione del giudizio di fatto, il quale, come è noto, in quanto tale non è sindacabile in sede di legittimità. Quanto al resto delle violazioni di diritto richiamate in rubrica, esse sono rimaste non articolate nel motivo.
Con il quarto motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1218, 1227, 2230 cod. civ., 112 cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la controparte non ha rispettato l’ordinaria diligenza prevista dall’art. 1227, comma 2, c.c. e che, nel caso di specie, il danno sarebbe stato limitato se si fosse consentito allo COGNOME di impugnare l’atto amministrativo, avendo la controparte immediatamente assolto la richiesta di pagamento dell’oblazione.
Il motivo è inammissibile. In primo luogo, il fatto colposo del creditore, rilevante dal punto di vista dell’art. 1227, comma 2, c.c., costituisce un’eccezione in senso stretto (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 19218 del 2018), ma il ricorrente, in violaz ione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., ha omesso di indicare specificatamente se l’eccezione sia stata tempestivamente sollevata (ed in particolare se l’eccezione sia stata dedotta in sede di costituzione in primo grado e, soprattutto, se quest’ultima s ia avvenuta tempestivamente). In secondo luogo, e trattasi di un aspetto rilevante dal punto di vista dell’art. 380 bis n. 1 c.p.c., l’onere di diligenza imposto al creditore dall’art. 1227, comma 2, cod. civ., non si spinge fino al punto di obbligare quest’ultimo a compiere una attività gravosa o rischiosa, quale la introduzione di un processo (fra le tante, Cass. n. 14853 del 2007). In terzo luogo, la censura non è intelligibile, e pertanto non raggiunge lo scopo della
critica, perché non si comprende a cosa faccia riferimento il ricorrente quando denuncia la perdita della possibilità di impugnare l’atto amministrativo, alla luce del limite della legittimazione ad agire rispetto ad un provvedimento emesso nei confronti di altra persona.
Gli argomenti sviluppati nella memoria non offrono argomenti ulteriori per un diverso apprezzamento dei motivi.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 19 dicembre 2023
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME