Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24856 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17647/2021 R.G. proposto da: COGNOMENOVA MARIO, PONZIO EMILIA, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentati e difesi dell’AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE), con ulteriore domiciliazione telematica EMAIL
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6572/2020 depositata il 22/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME ed NOME COGNOME ricorrono, sulla base di due motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza n. 6572 del 2020 della Corte di appello di Roma, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-avevano convenuto l’AVV_NOTAIO per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità professionale, in relazione a un giudizio da loro intentato, con il suo patrocinio, per la vendita di un immobile, da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, una porzione del quale era risultata non abitabile, in quanto mera soffitta;
-il Tribunale, davanti al quale aveva resistito il convenuto, aveva rigettato la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-nel contratto di compravendita il cespite era stato legittimamente indicato come complessivamente abitabile, pur comprendendo aree non tali ma strettamente funzionali alle finalità abitative e comunque pertinenze delle altre;
-stesse considerazioni dovevano farsi quanto alle risultanze catastali;
-in ogni caso il Tribunale aveva ritenuto in fatto che la circostanza che il terzo piano dell’immobile, corrispondente al secondo livello dell’appartamento, fosse una soffitta era nota ai deducenti, in base alla certificazione catastale, sicché, non essendo stata censurata quest’autonoma
ragione decisoria, il gravame per ciò solo andava disatteso;
-comunque, non poteva darsi rilievo al fatto che fosse stata proposta domanda per vendita di aliud pro alio pur contestualmente producendo il certificato di abitabilità, da cui si evinceva la destinazione a soffitta, perché il presupposto dell’azione era proprio che, nonostante quanto emergente dal preliminare e dal rogito definitivo, nonché dal certificato in parola, che pertanto andava prodotto, una porzione del cespite, al contrario, non era abitabile;
-quanto al fatto che il legale, previa rinuncia alla suddetta domanda svolta, avesse proposto tardivamente diverse domande quanti minoris e di risarcimento per inadempimento contrattuale ovvero per incolpevole affidamento nella validità del contratto, con conseguente e dichiarata inammissibilità o improponibilità per novità anche contraddittoria delle relative istanze, con l’ultima delle quali si presupponeva un’invalidità negoziale opposta a quanto assunto con l’originaria domanda, il giudice di primo grado aveva osservato che le decadenze erano state dovute alla circostanza che l’AVV_NOTAIO aveva appreso nel corso del giudizio che i fatti non stavano come rappresentato dai clienti;
-conclusivamente, il giudizio prognostico necessario all’affermazione della responsabilità professionale, presupponeva l’inconsapevolezza dell’acquirente che la porzione superiore dell’immobile non fosse abitabile, ma era risultato come detto il contrario;
è rimasto intimato NOME COGNOME;
rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 2236, 1453, 1495, 1497, cod. civ., 183, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che non si sarebbero dovuti confondere né il titolo urbanistico con l’abitabilità, né l’ipotesi di mancanza del certificato di abitabilità con la sua sussistenza recando, però, una descrizione difforme dalla realtà concreta, mentre non era dato comprendere da cosa fosse stata evinta la consapevolezza, in capo ai deducenti, della presenza di una soffitta non abitabile, neppure affermata dal Tribunale, visto che il certificato catastale non recava tale specifica indicando una complessiva abitabilità, e fermo rimanendo che l’AVV_NOTAIO avrebbe parimenti potuto trarre le stesse conclusioni sconsigliando se necessario l’azione invece scelta, e non a caso rinunciata in corso di lite, laddove quella successivamente svolta, con altro AVV_NOTAIO, nei confronti degli stessi venditori in relazione ai medesimi fatti, pur con il limite del diverso giudicato, aveva dato infatti esito positivo, a riprova della mancanza di perizia del legale convenuto;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 31, d.P.R., n. 380 del 2001, e 40, legge n. 47 del 1985, poiché la Corte di appello avrebbe errato confondendo altresì le pertinenze con le porzioni di immobile venduto nei termini di abitabilità dichiarati dai venditori, e comunque mancando di considerare che erano proponibili le diverse azioni di nullità o risoluzione per inadempimento ovvero per riduzione del prezzo, neppure prospettate dall’AVV_NOTAIO;
considerato che
preliminarmente deve darsi atto che l’AVV_NOTAIO dell’o riginario convenuto ha depositato però irritualmente davanti a questa Corte, senza svolgere difese, una nota con cui indica di aver comunicato al difensore dei ricorrenti, tale anche davanti alla Corte di appello, il giorno stesso della ricezione della notifica del ricorso per
cassazione, l’intervenuto decesso dell’AVV_NOTAIO COGNOME, desumibile dalle attestazioni comunali, nelle more della pubblicazione della sentenza di secondo grado avvenuta in data 22.12.2020, ovvero il 15 aprile 2020, dopo il trattenimento in decisione, con dichiarazione di rifiuto della notifica stessa;
ferma l’inammissibilità della suddetta nota, si sottolinea che non essendovi stata dichiarazione di decesso né essendovi stata una notifica dell’evento, peraltro accaduto in fase processuale come detto non attiva per le parti, opera -come osservato in memoria da parte ricorrente -il principio di ultrattività del mandato, sicché la notifica del ricorso per cassazione è stata validamente effettuata al difensore domiciliatario in seconde cure anche se questi non può svolgere come tale -senza farsi rilasciare nuova procura dagli eredi con cui, in ipotesi, ha l’onere di interloquire attività difensive quali quelle della notificazione e del deposito di un controricorso per cassazione per cui è necessario un mandato rappresentativo speciale (Cass., 3/04/2024, n. 8754, in linea con Cass., Sez. U., 4/07/2014, n. 15295, v. in specie a pag. 24, ultimi due capoversi);
nel merito cassatorio vale ciò che segue;
il primo motivo di ricorso è inammissibile, con assorbimento logico del secondo;
la Corte territoriale ha affermato che il Tribunale aveva ritenuto che i deducenti acquirenti sapevano della soffitta, potendone trarre la conoscenza dalla certificazione catastale, e che ciò bastava al rigetto della domanda di affermazione della responsabilità professionale, non essendo cioè imputabile al legale il rigetto dell’azione svolta, in altri termini, nella condivisione della sua infondatezza con gli assistiti, e che quest’autonoma ragione decisoria non era stata censurata in appello;
a fronte di ciò i ricorrenti (pagg. 16-22 del ricorso):
negano che il Tribunale avesse fatto una simile affermazione, ma non lo dimostrano in ricorso come imposto dall’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
affermano che non si comprende come si potesse desumere quanto detto dal certificato catastale, che, come riportato, riferiva di una complessiva abitabilità;
concludono che comunque la stessa deduzione poteva fare l’AVV_NOTAIO, sconsigliandoli se necessario dall’agire, fermo che l’azione svolta era comunque infondata, per insussistenza dell’ aliud pro alio , stante il prodotto ed esistente certificato di abitabilità;
il ricorso non dimostra, nello specifico, però, che le deduzioni sub b) e c) fossero state fatte in appello, a censura della ragione decisoria di rigetto in prime cure, quale rilevata dalla Corte di appello, ovvero a smentita dalla sua fondatezza e, al contempo, della natura di autonoma ragione decisoria di rigetto;
al riguardo anche la sintesi del giudizio di appello, fatta nel gravame qui in scrutinio, è generica (pagg. 14-16);
in questo modo l’esplicita ragione decisoria della Corte di appello (pag. 4), derivata da quella del Tribunale, non risulta scalfita, neppure dalla successiva rinuncia a quella originaria domanda fatta dall’AVV_NOTAIO in nome e per conto degli acquirenti ritenuti consapevoli, anche senza richiamare la considerazione, non oggetto di specifica censura (v. in specie a pag. 19 del ricorso), del Collegio di secondo grado, per cui il Tribunale aveva anche chiarito che le successive decadenze si erano verificate perché l’AVV_NOTAIO aveva appreso, nel corso della lite, che i fatti «non stavano come rappresentato dai clienti» (pag. 5 della sentenza qui gravata);
per completezza -pur bastando quanto sopra alla declaratoria d’inammissibilità del presente ricorso, che non potrebbe comunque giungere alla cassazione della sentenza di merito aggredita -si osserva che la seconda censura risulta sostanzialmente aggredire, in connessione, la stessa ratio decidendi nella misura in cui questa ha escluso la responsabilità professionale ritenendo che gli acquirenti stessi sapevano, in realtà, cosa stavano acquistando, condividendo, per tale via, la consapevolezza della mancanza di fondamento della pretesa quale esercitata, a nulla potendo logicamente rilevare, pertanto, il fatto che altra azione riguardo ai medesimi fatti sia stata svolta con successo in prime cure, senza sapere il successivo esito del giudizio e senza che si possa capire, dal ricorso, perciò aspecifico anche sul punto, come e in quali esatti termini sia stata svolta e giudicata questa seconda pretesa (pag. 27 del ricorso): anche in questa prospettiva, quindi, sarebbe stato necessario dimostrare, nel ricorso a questa Corte, di aver censurato il profilo in appello come la Corte territoriale nega che sia accaduto;
non deve disporsi sulle spese stante la mancata difes di parte intimata;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7/06/2024.