Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1514 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1514 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 09675/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME; rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 33/2022 del la CORTE d’APPELLO di CAGLIARI, Sez. SASSARI, pubblicata il 27 gennaio 2022, notificata il 31 gennaio 2022;
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2017, RAGIONE_SOCIALE conven ne l’Avv. NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, deducendo che:
nel 2001 aveva agito dinanzi al medesimo Tribunale con azione ex art. 948 cod. civ. nei confronti di NOME COGNOME per l’accertamento del suo diritto di proprietà su un’area agricola situata nel Comune di Arzachena di oltre 53 ettari;
NOME COGNOME non solo aveva resistito alla domanda ma aveva chiesto, in via riconvenzionale, l’accertamento del suo diritto di proprietà per averlo acquisito per usucapione, deducendo il possesso continuato per venti anni;
il giudizio era stato definito in primo grado con sentenza 12 gennaio 2009, n. 9, con cui il Tribunale di Tempio Pausania aveva rigettato la domanda principale di rivendicazione ed aveva accolto la domanda riconvenzionale proposta da NOME COGNOME di cui era stato accertato il diritto di proprietà, acquisito per usucapione;
questa sentenza era stata notificata nel giugno 2009 al domicilio eletto dalla società soccombente presso il suo difensore, Avv. NOME COGNOME che, sebbene rinunciante al mandato, non era stato ancora sostituito ed aveva mantenuto la qualità di domiciliatario della parte già rappresentata;
-l’Avv. COGNOME aveva però omesso di comunicarle l’avvenuta notifica, sicché essa società, confidando di poter proporre appello nel termine ‘ lungo ‘ di un anno dalla pubblicazione della sentenza, aveva atteso sino all’ultimo giorno considerato utile al riguardo, notificando l’impugnazione a d NOME COGNOME solo in data 26 febbraio 2010,
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appena prima che si concludesse il decorso del termine di 1 anno e 45 giorni dalla pubblicazione;
-l’appello era stato per tanto dichiarato inammissibile con sentenza n. 319/2015 della Corte d’Appello di Cagliari, Sez. Sassari , depositata il 17 luglio 2015.
Sulla base di queste deduzioni, RAGIONE_SOCIALE domandò che, accertata la responsabilità professionale del l’ Avv. NOME COGNOME, questi fosse condannato al risarcirle il danno provocatole, oltre al rimborso delle spese legali (Euro 2.200) poste a suo carico dalla sentenza del 2015.
Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza 9 gennaio 2019, n.4, rigettò la domanda.
RAGIONE_SOCIALE interpose appello, che la Corte d ‘ appello di Cagliari, Sez. Sassari, ha rigettato con sentenza 27 gennaio 2022, n.33.
La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
Iai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria non era sufficiente l’accertamento dell’inadempimento dell’avvocato, occorrendo la prova del nesso di causalità tra esso inadempimento e l’evento dannoso subìto dal cliente; nesso che in generale richiede la sussistenza di una ragionevole probabilità di accoglimento della domanda e che, nella fattispecie, richiedeva la ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello;
IInel caso specifico, RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato che, nel giudizio a quo , a causa della tardività dell’ impugnazione per colpa dell’avvocato, la Corte d’ appello, dichiarando l’inammissibilità della stessa senza poter delibare nel merito il gravame, non aveva potuto esaminare i documenti depositati in primo grado all’udienza del
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10 gennaio 2003, la cui produzione era indicata nel relativo verbale, dai quali si sarebbe potuta desumere la sequenza ventennale dei titoli che fondavano il suo diritto di proprietà, nonché l’ inattendibilità delle prove testimoniali dedotte da controparte per dimostrarn e l’ avvenuto acquisto per usucapione; però -ha soggiunto la Corte territoriale -la società appellante non aveva considerato che il Tribunale, in primo grado, aveva rilevato che i predetti documenti erano stati bensì dichiarati a verbale d’udienza ma non risultava che fossero stati effettivamente depositati e tale rilievo sul mancato deposito dei documenti non era stato censurato con l’ atto di appello dichiarato tardivo, che si era limitato a ribadirne l’efficacia probatoria in funzione della dimostrazione del diritto di proprietà sulla base della continuità dei trasferimenti;
IIIanalogamente, RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato che nel giudizio a quo , a causa della tardività dell’ impugnazione per colpa dell’avvocato, la Corte d’ appello, dichiarando l’inammissibilità della stessa senza poter delibare nel merito il gravame, non aveva potuto esaminare i documenti depositati in primo grado all’udienza del 24 settembre 2004. Però -ha ulteriormente rimarcato la Corte territoriale -la società appellante non aveva considerato che il Tribunale, in primo grado, aveva rilevato che questa seconda serie di documenti era stata depositata tardivamente dopo la maturazione delle preclusioni istruttorie e tale rilievo sulla intempestività del deposito non era stato cen surato con l’ atto di appello dichiarato tardivo, che si era limitato, anche con riguardo a questo secondo ordine di documenti, a ribadirne il valore probatorio (questa volta in funzione della dimostrazione dell’esercizio , da parte sua, del possesso sul terreno conteso, al fine di paralizzare la pretesa di usucapione di NOME COGNOME), senza
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censurare la declaratoria di inammissibilità degli stessi emessa dal primo giudice;
IV – quanto ai documenti depositati solo con l’atto d’ appello dichiarato tardivo, non se ne poteva esaminare la rilevanza probatoria ‘ora per allora’, in funzione del giudizio prognostico sulla sussistenza o meno di una ragionevole probabilità di accoglimento dell ‘ appello, ove fosse stato tempestivo, perché non prodotti nel giudizio risarcitorio ad quem ;
V – la denuncia-querela proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE , era irrilevante ai fini della prova dell’interruzione del possesso;
VI -neppure erano rilevanti, al riguardo, le dichiarazioni testimoniali dei testi COGNOME e COGNOME, di cui si era invocato il riesame con l’ appello tardivo;
VII – infine, con riguardo al danno costituito dalle spese (Euro 2.200) liquidate a carico della RAGIONE_SOCIALE nella sentenza del 2015 -danno che, secondo l ‘appellante non si sarebbe verificato se l’avvocato COGNOME le avesse comunicato l’avvenuta notifica della sentenza di primo grado, perché in tal caso essa non avrebbe dato corso all’appello doveva escludersene la riferibilità causale al contegno inadempiente del professionista, poiché esso pregiudizio, con elevato grado di probabilità, si sarebbe verificato anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di informazione fosse stato debitamente osservato, essendo verosimile che all’esito della comunicazione dell’ avvenuta notifica della sentenza di primo grado, la società avrebbe proposto comunque la stessa infondata impugnazione.
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Per la cassazione della sentenza della Corte sarda ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di undici motivi. Risponde con controricorso NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Il solo controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle nor me processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n.4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente censura l’omesso esame , da parte della Corte d’appello , dei documenti depositati in primo grado unitamente alle memorie di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., tutti richiamati in secondo grado sia con l’atto di citazione in appello sia con la comparsa conclusionale; precisa che essa società, con la memoria di cui all’art.183, sesto comma, n.2, cod. proc. civ., aveva prodotto i documenti già depositati nel precedente giudizio relativo alla controversia con NOME COGNOME e sostiene che nel predetto giudizio tali documenti erano stati prodotti tempestivamente, prima della maturazione della barriera preclusiva.
1.2. Con il secondo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente censura l’« omesso pronunciamento » sull’istanza formulata con la stessa memoria di cui all’art.183, sesto
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comma, n.2, cod. proc. civ. -di acquisizione dei fascicoli di primo e secondo grado del giudizio relativo alla causa vertente tra essa società e NOME COGNOME; sostiene che, se la Corte di merito avesse acquisito i fascicoli del giudizio a quo , « avrebbe avuto modo di dedurre che il ricorso in appello, se non dichiarato inammissibile, sarebbe stato accolto ».
1.3. Con il terzo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art.115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
RAGIONE_SOCIALE pone nuovamente in evidenza che, con la memoria di cui all’art.183, sesto comma, n.2, cod. proc. civ., aveva prodotto i documenti già depositati (all’udienza celebrata il 10 gennaio 2003) nel precedente giudizio relativo alla controversia con NOME COGNOME e ribadisce che, se, nel secondo grado di tale giudizio (conclusosi con declaratoria di inammissibilità dell’appello a causa della negligente condotta dell’ Avv. COGNOME) , la Corte d’ap pello avesse invece potuto esaminare tali documenti, la sentenza di primo grado sarebbe stata riformata con accoglimento della sua domanda e con il rigetto di quella proposta da NOME COGNOME.
Ciò ribadito, la società ricorrente, con il motivo in esame, censura altresì l’« omesso pronunciamento » sulla richiesta di ammissione della prova testimoniale dedotta con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ. sui sette capitoli di prova in essa articolati; sostiene che se tale prova per testi fosse stata ammessa, si sarebbe dimostrata la falsità delle dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio a quo a favore di NOME COGNOME mediante l’assunzione di testimoni che erano in gran parte suoi stretti parenti.
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N. R.G. 09675/2022
Pres. Scrima
NOME COGNOME
1.4. Con il quarto motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle nor me processuali (art. 360, comma1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente censura il « mancato esame di n. 47 ‘ documenti nuovi ‘ », ammissibili ex art 345 cod. proc. civ., indicati e depositati nel giudizio a quo con l’atto d’appello avverso la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania n. 9/2009, dichiarato inammissibile a causa del negligente contegno dell’ Avv. NOME
Osserva che la Corte di merito ne ha escluso la disamina per mancata produzione nel giudizio ad quem , senza considerare che tale mancata produzione sarebbe dipesa dall’omessa acquisizione dei fascicoli del giudizio a quo .
1.5. Con il quinto motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
RAGIONE_SOCIALE censura l’omesso esame di diversi documenti, prodotti agli atti, in particolare della denunzia di successione del 28 novembre 1973, della divisione del 22 dicembre 1974, del rogito di compravendita stipulato tra NOME COGNOME suo rappresentante legale, e NOME COGNOME in data 29 dicembre 1974, dell’atto di costituzione della s ocietà in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE, dell’atto di scioglimento di detta società e del rogito di compravendita stipulato tra NOME RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in data 27 febbraio 1992.
1.6. Con il sesto motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle
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norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente censura l’ « omesso esame » sia del « testo intero » della denuncia-querela sporta da NOME COGNOME contro NOME COGNOME sia degli atti pubblici richiamati da detta denuncia e ad essa connessi, sia dell ‘o rdinanza in data 20 maggio 1987 del Tribunale di Sassari nel procedimento n. 281/87 U.G.; evidenzia, in particolare, che l’omessa disamina di atti contenuti nei fascicoli del giudizio a quo -della cui acquisizione essa aveva formulato rituale istanza, rimasta disattesa -non avrebbe consentito alla Corte di merito di analizzare integralmente la denuncia diffamatoria e calunniosa sporta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME; denuncia dalla quale, ove esaminata nella sua interezza, sarebbe potuta emergere la dimostrazione di una interruzione del possesso dell’area agricola da parte del denunciante.
1.7. Con il settimo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente, sulla premessa che la sentenza emessa a conclusione del primo grado del giudizio nella controversia vertente con NOME COGNOME aveva erroneamente attribuito attendibilità ai testimoni dedotti dal convenuto, sostiene che tale inattendibilità sarebbe stata svelata attraverso la disamina dei documenti ‘nuovi’ (ma ammissibili ex art. 345 cod. proc. civ.) prodotti nel grado di appello dello stesso giudizio, conclusosi con la sentenza di inammissibilità del 2015; pertanto, se, nel presente giudizio risarcitorio, la Corte di merito avesse accolto l’istanza di acquisizione dei fascicoli del primo e del secondo
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grado del giudizio a quo , avrebbe potuto esaminare i documenti « riferiti ai testi rivelatisi non veritieri », così acquisendo il convincimento che, ove, in quel giudizio, l’appello non fosse stato dichiarato inammissibile, la sentenza di primo grado sarebbe stata riformata in suo favore.
1.8. Con l’ottavo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente formula una censura sovrapponibile a quella svolta con il motivo precedente partendo dalla premessa, uguale e contraria, dell’« errata interpretazione delle deposizioni dei testi a favore di RAGIONE_SOCIALE », ovverosia dell’« errato travisamento delle prove portate dai testi a favore dell’attrice » in cui sarebbe incorsa la sentenza conclusiva del giudizio di prime cure nella causa vertente tra essa società e NOME COGNOME; anche questo errore del giudice di primo grado avrebbe potuto essere emendato in appello (se il gravame non fosse stato dichiarato inammissibile per colpa dell’Avv. COGNOME) mediante la dis amina dei documenti ‘nuovi’ in esso depositati ; documenti di cui, nel presente giudizio risarcitorio, la Corte territoriale non aveva potuto tenere conto, in ragione dell’indebita omessa acquisizione dei fascicoli del giudizio a quo .
1.9. Con il nono motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
La società ricorrente svolge una censura sovrapponibile alle due precedenti muovendo dalla premessa dell’erronea interpretazione, da parte del giudice del primo grado del giudizio a quo , delle deposizioni
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dei testi di entrambe le parti sulla specifica circostanza dell’apertura di una cava, da parte di NOME COGNOME sul terreno oggetto di causa.
1.10. Con il decimo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
RAGIONE_SOCIALE censura l’ « omesso esame » del fascicolo contenente 19 documenti prodotti nel giudizio a quo da NOME COGNOME con memoria ex art. 184 cod. proc. civ. all’udienza del 23 febbraio 2003, successivamente depositato da essa società come ‘documento nuovo’ in grado di appello; ad avviso della ricorrente, anche questo documento, ove esaminato nel presente giudizio previa debita acquisizione degli atti del processo a quo , avrebbe potuto ingenerare nella Corte di merito il convincimento circa la fondatezza del gravame dichiarato inammissibile a causa dell’inadempimento dell’Avv. Amic .
1.11. Con l’undicesimo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, omessa e/o falsa applicazione delle norme processuali (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 115 e 132 c.p.c. n. 4 e 111 Cost. ».
RAGIONE_SOCIALE censura l’« omesso esame » dei verbali di causa del primo grado del giudizio svoltosi tra essa società e NOME COGNOME, prodotti con la seconda memoria di cui all’art.183, sesto comma, cod. proc. civ., anche nei gradi di merito del presente giudizio risarcitorio, ma indebitamente non considerati dalla Corte territoriale con la sentenza impugnata.
I motivi -da esaminarsi congiuntamente per ragioni di evidente connessione -vanno dichiarati inammissibili per molteplici ragioni.
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2.a. In primo luogo va ricordato che il motivo d ‘ impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un ‘non motivo’, è sanzionata con l ‘ inammissibilità ai sensi dell ‘ art. 366, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 20/03/2017, n.7074, in motiv.; tra le pronunce a Sezione semplice cfr., ex multis , Cass. 11/01/2005, n. 359; Cass. 12/03/2005, n.5454; Cass. 29/04/2005, n. 8975; Cass. 22/07/2005, n.15393; Cass. 24/01/2006, n. 1315; Cass. 14/03/2006, n.5444; Cass. 17/03/2006, n. 5895; Cass. 31/03/2006, n. 7607; Cass. 28/08/2007, n. 18210; Cass. 31/08/2015, n. 17330).
Nella fattispecie, la Corte d ‘ appello: i) ha rigettato la domanda risarcitoria sulla base dell’ argomentato giudizio che l’appello dichiarato tardivo non avrebbe avuto una ragionevole probabilità di essere accolto, in quanto esso si era limitato a ribadire la rilevanza dei documenti asseritamente depositati nel giudizio a quo all’udienza del 10 gennaio 2003 e del 24 settembre 2004 in funzione della prova del diritto di proprietà dell ‘appellante e dell’ interruzione della possessio ad usucapionem dell’appellato, ma non aveva censurato le statuizioni della sentenza di primo grado che aveva sancito il mancato deposito del primo ordine di documenti e l’ inammissibilità, per tardività, della produzione del secondo ordine; ii) ha evidenziato l’impossibilità dell’ esame ‘ora per allora’ dei documenti ‘ nuovi ‘ (asseritamente ammissibili ai sensi della formulazione applicabile ratione temporis dell’art.345 c.p.c.) depositati nel giudizio a quo all’udienza del 24
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settembre 2004 o con l’atto di appello dichiarato tardivo, rilevando che tale impossibilità era dovuta alla mancata produzione degli stessi nel giudizio risarcitorio ad quem , con ciò sanzionando l’inerzia probatoria dell’ appellante (attrice nel giudizio risarcitorio) ed implicitamente (ma correttamente) rigettando l’irrituale richiesta di acquisizione dei fascicoli di entrambi i gradi del giudizio precedente, il cui accoglimento avrebbe concretato un ‘indebita relevatio ab onere probandi della parte istante; iii) infine, ha motivato sull’irrilevanza della querela e delle testimonianze di cui si era invocato il riesame con l’a ppello tardivo.
Ebbene, la società ricorrente, nell’ insistere, anche con l’attuale ricorso, sulla rilevanza probatoria di quel documenti e nel lamentarne il mancato esame, non considera le motivazioni poste a base della sentenza impugnata, la quale ha formulato il giudizio ipotetico di non probabile accoglimento dell’appello dichiarato tardivo, non già sulla base della mancata prova del diritto di proprietà azionato da RAGIONE_SOCIALE e dell’interruzione della possessio ad usucapionem dedotta da NOME COGNOME (prova che, secondo la ricorrente, si sarebbe potuta ricavare dai documenti asseritamente non esaminati, dalle testimonianze non ammesse e da quelle le cui risultanze sarebbero state erroneamente interpretate dal giudice di prime cure nella controversia sulla proprietà dell’area agricola ), bensì sulla base dei rilievi di omessa censura delle statuizioni di mancato deposito e di inammissibilità delle produzioni documentali, di irrilevanza di talune risultanze istruttorie e di omessa assoluzione dell’onere probatorio da parte di RAGIONE_SOCIALE
2.b. Altra ragione di complessiva inammissibilità dei motivi di ricorso va ravvisata nella circostanza che essi, censurando (anche) per vizio motivazionale le argomentate statuizioni della Corte di merito,
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non tengono conto che, i n seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costitu zionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 c od. proc. civ. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
2.c. Analoghe considerazioni possono svolgersi in ordine alla censura (non esplicitata nelle relative rubriche, ma posta a fondamento sostanziale di tutti i motivi) di ‘ omesso esame ‘ , da parte della Corte d’appello nella sentenza impugnata, di ‘ documenti ‘ asseritamente prodotti o comunque producibili nel giudizio a quo , che sarebbero stati depositati in quello ad quem o che avrebbero potuto comunque essere acquisiti in accoglimento dell’istanza formulata dalla RAGIONE_SOCIALE; esame che avrebbe consentito al giudice d’appello del giudizio a quo , ove avesse potuto delibare nel merito l’impugnazione
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dichiarata, invece, inammissibile pe r colpa dell’Avv. COGNOME di ribaltare il giudizio espresso dal giudice di prime cure.
Nel formulare questa censura, la società ricorrente omette, infatti, di considerare che il ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell’art.360 n. 5 cod. proc. civ. , deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esamin ato, avrebb e determinato un esito diverso della controversia) e dall’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053, cit. ; Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 17761), sicché non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma richiamata, l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
2.d. Q uanto al dedotto ‘ omesso pronunciamento ‘ sull’istanza di acquisizione dei fascicoli dei due gradi di giudizio relativi alla controversia vertente con NOME COGNOME (acquisizione che avrebbe consentito alla Corte d’appello non solo di esaminare i predetti documenti ma anche di riscontrare l’ « errata interpretazione » delle prove testimoniali da parte del giudice di prime cure del giudizio avente ad oggetto la proprietà dell’area agricola) , va ribadito che la Corte territoriale -nel formulare il rilievo che « la mancata produzione nel presente giudizio » dei documenti nuovi, asseritamente ammissibili ex art. 345 cod. proc. civ. (già depositati nel primo grado del giudizio
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 09675/2022 Pres. Scrima Est. COGNOME
precedente all’udienza del 24 settembre 2004 o prodotti con l’atto di appello del 24 febbraio 2010, dichiarato inammissibile) « non ne consenti la loro disamina ai fini probatori -ha indirettamente sanzionato la mancata assoluzione dell’ onus probandi da parte della società attrice-appellante, per modo che, alla stregua di tale statuizione, la predetta istanza di acquisizione deve reputarsi implicitamente rigettata, in quanto diretta a sollevare indebitamente la parte dal ricordato onere probatorio, senza che sia pertanto ravvisabile alcuna omessa pronuncia nella sentenza impugnata.
2.e. Non può sottacersi, ancora, con peculiare riguardo ai motivi dal settimo al nono, la specifica ragione di inammissibilità consistente nella circostanza che, attraverso di essi, viene indebitamente introdotta una censura sulla valutazione compiuta dal giudice di prime cure del giudizio sulla proprietà dell’area agricola in ordine alle risultanze della prova testimoniale; censura che, attenendo alla valutazione delle prove, integrante un’attività riservata al giudice del m erito, non sarebbe stato possibile formulare, con ricorso per cassazione, neppure nell’ambito dello stesso giudizio in cui la predetta valutazi one era stata compiuta e che, a fortiori , appare del tutto pretestuosa nel ricorso in esame, che riguarda il successivo e distinto giudizio risarcitorio per responsabilità professionale dell’avvocato.
Analogo rilievo va svolto in ordine alla censura, formulata con il terzo motivo, di « omesso pronunciamento » sulla richiesta di ammissione della prova testimoniale dedotta con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ. sui sette capitoli di prova in essa articolati., venendo in considerazione una critica (non già ad una omessa pronuncia, bensì) al l’implicito giudizio di non rilevanza di specifiche richieste istruttorie, per di più finalizzate a provare
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circostanze di fatto poste a fondamento dei diritti reciprocamente azionati dalle parti nel precedente giudizio (distinto dall’attuale giudizio risarcitorio per responsabilità professionale dell’Avv. COGNOME ), vertente tra la ricorrente e NOME COGNOME
2.f. Infine, più in generale, tutti i motivi sono inammissibili, oltre che per le ragioni già illustrate, anche perché, risolvendosi nelle censure di omesso esame di documenti e di prove testimoniali, non ostante il formale riferimento all’art. 115 cod. proc. civ., non deducono, nella sostanza, che il giudice del merito non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti (nel che sarebbe ravvisabile la violazione della citata norma processuale), ma criticano il giudizio di fatto in ordine alla ritenuta insussistenza di una ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello nel giudizio a quo , omettendo di considerare che tale giudizio è riservato al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità -se, come nella specie, debitamente motivata -di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
In definitiva, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo
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unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la società ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione