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Responsabilità professionale avvocato: il dovere del cliente

Una lavoratrice cita in giudizio il proprio avvocato per non aver avviato una causa per mobbing, causandone la prescrizione. La Corte d’Appello rigetta la domanda, confermando la sentenza di primo grado. La decisione si fonda sulla mancata collaborazione della cliente, che non ha fornito al legale i nominativi dei testimoni, elemento essenziale per l’azione legale. Viene quindi esclusa la responsabilità professionale avvocato, poiché l’insuccesso della causa è imputabile alla condotta omissiva della stessa assistita.

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Responsabilità professionale avvocato: quando la colpa è del cliente?

La questione della responsabilità professionale avvocato è un tema delicato che tocca il cuore del rapporto fiduciario tra legale e assistito. Una recente sentenza della Corte di Appello di Firenze chiarisce un aspetto fondamentale: il professionista non può essere ritenuto responsabile se l’azione legale non viene intrapresa a causa della mancata collaborazione del cliente. Questo caso evidenzia come gli obblighi non ricadano solo sul legale, ma anche sull’assistito, il cui contributo è essenziale per il successo della causa.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice conferiva incarico a un legale per intentare una causa di mobbing contro il suo ex datore di lavoro. L’avvocato preparava una bozza del ricorso ma non procedeva al deposito, sostenendo di non aver mai ricevuto dalla cliente i nominativi dei testimoni, indispensabili per provare i fatti in giudizio. A seguito della prescrizione del diritto, la lavoratrice citava in giudizio il proprio avvocato per negligenza professionale, chiedendo il risarcimento dei danni.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, ritenendo che la mancata proposizione dell’azione fosse da addebitare alla stessa cliente, la quale non aveva fornito gli elementi probatori richiesti. La lavoratrice proponeva appello avverso tale decisione.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte di Appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello e condannando l’appellante al pagamento delle spese legali anche nei confronti della compagnia assicuratrice del legale. La Corte ha ritenuto non provato l’inadempimento del professionista, attribuendo invece la responsabilità dell’esito negativo alla condotta omissiva della cliente.

Le Motivazioni: il dovere di cooperazione del cliente e la responsabilità professionale avvocato

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi del dovere di cooperazione del cliente. La Corte ha stabilito che la responsabilità professionale avvocato non sussiste se l’insuccesso è dovuto a una violazione di tale dovere.

Nello specifico, i giudici hanno evidenziato i seguenti punti cruciali:

1. La necessità delle prove: Per una causa complessa come quella per mobbing, la narrazione dettagliata dei fatti e l’indicazione dei testimoni nel ricorso iniziale sono requisiti fondamentali. Senza questi elementi, l’azione legale è destinata all’insuccesso.

2. La prova della richiesta del legale: Dalle testimonianze raccolte, in particolare quelle del marito e del figlio della ricorrente, è emerso chiaramente che l’avvocato aveva espressamente richiesto i nominativi dei testimoni per poter procedere.

3. La consapevolezza della cliente: La tesi della cliente, secondo cui non era a conoscenza della necessità di indicare i testimoni, è stata smentita. Inoltre, una sua email del 2016 dimostrava che era ben consapevole del rischio di prescrizione, contraddicendo la sua affermazione di averlo scoperto solo nel 2018.

4. Mancanza della procura alle liti: Un ulteriore elemento a sfavore della cliente è stata la circostanza, pacifica, di non aver mai rilasciato al legale una formale procura alle liti, un atto che chiunque intuisce essere necessario per avviare una causa. Questo ha fatto presumere alla Corte che la cliente stessa potesse aver avuto dei ripensamenti o aver desistito, consapevole delle difficoltà probatorie del caso.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’inerzia processuale non era imputabile a una negligenza del legale, ma alla mancata fornitura da parte della cliente degli strumenti indispensabili per esercitare utilmente il mandato difensivo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine nel rapporto cliente-avvocato: si tratta di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, che richiede una collaborazione attiva e leale da entrambe le parti. Il cliente ha l’onere di fornire al proprio difensore tutti gli elementi di fatto e di prova in suo possesso, seguendo le sue indicazioni. Se il cliente viene meno a questo dovere fondamentale, non può successivamente imputare al professionista una responsabilità professionale avvocato per il mancato avvio o il fallimento della causa. La decisione serve da monito sull’importanza della trasparenza e della cooperazione per la tutela efficace dei propri diritti.

Un avvocato è responsabile se non deposita un ricorso giudiziale causando la prescrizione del diritto?
No, l’avvocato non è responsabile se dimostra di aver richiesto al cliente gli elementi essenziali per procedere (come i nominativi dei testimoni) e il cliente non li ha forniti. La mancata collaborazione del cliente interrompe il nesso di causalità tra la condotta del legale e il danno.

Chi deve pagare le spese legali della compagnia di assicurazione chiamata in garanzia se la domanda principale viene respinta?
Secondo il principio di causalità, le spese del terzo chiamato in garanzia sono a carico della parte che, perdendo la causa, ha reso necessaria la chiamata (in questo caso, la cliente-attrice). Ciò vale a meno che l’iniziativa del chiamante (l’avvocato) non si riveli palesemente arbitraria.

Qual è il dovere principale del cliente quando conferisce un incarico a un avvocato?
Il cliente ha un dovere di cooperazione attiva. Deve fornire al legale tutte le informazioni, i documenti e le prove necessarie per istruire la causa, nonché vigilare con un minimo di diligenza sull’operato del professionista, rispondendo alle sue richieste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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