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Responsabilità professionale architetto: la sentenza

Una società committente ha citato in giudizio un architetto per un errore di progettazione relativo alla costruzione di una scala esterna, edificata in violazione delle distanze legali. La Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato il diritto prescritto, ha affermato la responsabilità professionale architetto. Il termine di prescrizione, ha chiarito la Corte, decorre non dall’esecuzione del progetto, ma dal momento in cui il danno diviene oggettivamente percepibile, ovvero dalla sentenza definitiva che ha accertato l’illegittimità dell’opera. L’architetto è stato quindi condannato al risarcimento dei danni, comprensivi dei costi di demolizione e delle spese legali del precedente giudizio.

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Responsabilità professionale architetto: prescrizione e risarcimento

La responsabilità professionale architetto è un tema cruciale nel diritto immobiliare. Un errore di progettazione può causare danni ingenti e complesse controversie legali. Una recente sentenza della Corte di Appello di Firenze offre chiarimenti fondamentali su due aspetti chiave: il momento da cui decorre la prescrizione per agire contro il professionista e l’entità del danno risarcibile. Questo caso analizza la vicenda di una società costretta a demolire una scala esterna a causa di un progetto non conforme alle distanze legali, esplorando le colpe e le conseguenze economiche che ne derivano.

I fatti del caso

Una società immobiliare incaricava un architetto di progettare un edificio plurifamiliare. A seguito della costruzione, i proprietari confinanti avviavano una causa, sostenendo che una scala esterna dell’edificio violasse le distanze minime dal confine, come previsto dal regolamento edilizio locale.

Il giudizio, arrivato fino alla Corte di Cassazione, dava ragione ai confinanti, condannando la società a demolire la scala e a rimborsare le spese legali. Successivamente, la società committente agiva in giudizio contro l’architetto, chiedendo il risarcimento di tutti i costi sostenuti (demolizione e spese legali del precedente contenzioso) a causa del suo errore di progettazione.

In primo grado, il Tribunale respingeva la domanda, ritenendo che il diritto al risarcimento fosse prescritto, calcolando il termine di dieci anni dalla data di presentazione del progetto (2001-2002). La società appellava la decisione.

La posizione delle parti

* L’appellante (la società committente): Sosteneva che il termine di prescrizione dovesse decorrere non dal progetto, ma dal momento in cui il danno si era manifestato con certezza, ovvero dalla sentenza definitiva della Cassazione che aveva accertato l’illegittimità della scala.
* L’appellato (l’architetto): Si difendeva sostenendo la correttezza del proprio operato. Affermava di aver fatto affidamento sulle mappe catastali e che una consuetudine locale consentiva deroghe alle distanze per manufatti come le scale. Chiamava inoltre in causa il direttore dei lavori, ritenendolo corresponsabile.

La decisione della Corte di Appello e la responsabilità professionale architetto

La Corte di Appello di Firenze ha ribaltato la sentenza di primo grado, accogliendo l’appello della società. I giudici hanno stabilito che:
1. Il diritto al risarcimento non era prescritto.
2. La responsabilità professionale architetto per l’errore di progettazione era pienamente sussistente.
3. Nessuna responsabilità poteva essere attribuita al direttore dei lavori.
4. Gli eredi dell’architetto (nel frattempo deceduto) sono stati condannati a risarcire alla società l’intero danno patito, quantificato nei costi di demolizione e nelle spese legali del giudizio precedente, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali.

Approfondimento sulla prescrizione nella responsabilità professionale architetto

La Corte ha specificato che il dies a quo, cioè il giorno da cui inizia a decorrere la prescrizione per il risarcimento del danno da responsabilità professionale, non coincide con il momento in cui il professionista compie l’errore, ma con quello in cui il danno si manifesta all’esterno, diventando oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato.

In questo caso, fino alla sentenza definitiva della Cassazione, esisteva un’incertezza sulla legittimità dell’opera. Solo con il passaggio in giudicato della condanna alla demolizione, il danno (costituito dall’obbligo di ripristino e dal pagamento delle spese) è diventato certo e incontrovertibile. Pertanto, l’azione legale, avviata dopo tale sentenza, era tempestiva.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su argomentazioni precise. Per quanto riguarda la colpa dell’architetto, i giudici hanno ritenuto che un professionista diligente non avrebbe dovuto ignorare la presenza di un muro di confine fisico, eretto anni prima, affidandosi unicamente alle risultanze catastali, che hanno valore meramente sussidiario. La presenza del muro era un elemento palese che avrebbe dovuto indurre l’architetto a chiedere chiarimenti alla committente. Inoltre, la presunta consuetudine locale che permetteva deroghe alle distanze è stata giudicata non applicabile al caso di specie, data l’altezza e l’ingombro della scala realizzata.

L’errore progettuale è stato quindi considerato la causa diretta del danno subito dalla società. La Corte ha escluso la responsabilità del direttore dei lavori, il cui compito era vigilare sulla corretta esecuzione dell’opera in conformità al progetto fornito dall’architetto, non di verificarne la legittimità urbanistica, che rientrava pienamente nella responsabilità professionale architetto.

Per la quantificazione del danno, la Corte ha stabilito che esso include sia il danno emergente (i costi per la demolizione) sia le spese legali che la società è stata costretta a pagare ai confinanti. Entrambe le voci di costo sono state considerate una conseguenza diretta e immediata dell’errore di progettazione. La Corte ha sottolineato che il danno non è solo l’esborso monetario già avvenuto, ma anche il sorgere di un’obbligazione di pagamento (vinculum iuris), che costituisce una posta passiva nel patrimonio del danneggiato.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di responsabilità professionale architetto. In primo luogo, stabilisce un criterio chiaro per il calcolo della prescrizione: il termine decorre da quando il danno è certo e conoscibile, spesso coincidente con una pronuncia giudiziale definitiva. In secondo luogo, sottolinea l’elevato grado di diligenza richiesto al progettista, che non può limitarsi a un esame superficiale della documentazione ma deve considerare lo stato di fatto dei luoghi. Infine, chiarisce che il danno risarcibile comprende tutti i costi e le passività derivanti dall’errore, incluse le spese legali di contenziosi correlati. Si tratta di un monito importante per i professionisti del settore e di una tutela significativa per i committenti.

Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per un’azione di responsabilità contro un architetto per un errore di progettazione?
Secondo la sentenza, il termine di prescrizione (in questo caso decennale) inizia a decorrere non dal momento in cui viene commesso l’errore (es. la redazione del progetto), ma dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile per il committente. Nel caso specifico, questo momento è stato identificato con il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato l’illegittimità dell’opera e ha condannato alla demolizione.

Può un architetto giustificare un errore di progettazione sostenendo di aver fatto affidamento sulle mappe catastali, ignorando lo stato di fatto dei luoghi?
No. La Corte ha stabilito che la diligenza professionale richiede all’architetto di non ignorare elementi evidenti dello stato dei luoghi, come un muro di confine preesistente, anche se non perfettamente allineato con le mappe catastali. Le risultanze catastali hanno un valore meramente sussidiario e la presenza di una difformità avrebbe dovuto indurre il professionista a ulteriori verifiche e a chiedere delucidazioni al committente.

Il direttore dei lavori è corresponsabile per un errore di progettazione commesso dall’architetto?
In questo caso, la Corte ha escluso la responsabilità del direttore dei lavori. Il suo compito era quello di vigilare affinché le opere fossero eseguite in conformità al progetto redatto dall’architetto. La responsabilità della conformità del progetto alla normativa urbanistica e legale ricade sul progettista, non su chi ne dirige la mera esecuzione materiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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