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Responsabilità professionale architetto: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15505/2024, ha confermato la responsabilità professionale dell’architetto per gli errori di progettazione che hanno causato la violazione delle distanze legali tra edifici. Il caso riguarda una richiesta di risarcimento danni da parte dei committenti, condannati a demolire parte della loro costruzione, nei confronti del professionista. La Corte ha stabilito che rientra negli obblighi dell’architetto redigere un progetto conforme non solo alle regole tecniche, ma anche a quelle giuridiche, e che la complessità della normativa non attenua la sua colpa, trattandosi di un inadempimento grave.

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Responsabilità Professionale Architetto: Progetto Errato? Paga i Danni

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale in tema di responsabilità professionale dell’architetto: il professionista è tenuto a garantire non solo la qualità tecnica del progetto, ma anche la sua piena conformità alle normative urbanistiche ed edilizie. Un errore di progettazione che viola le leggi, come quelle sulle distanze tra costruzioni, costituisce un grave inadempimento che obbliga l’architetto a risarcire i danni subiti dal committente. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante ordinanza.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una causa intentata da un proprietario contro i suoi vicini, accusandoli di aver realizzato opere edilizie in violazione delle distanze legali. I vicini, convenuti in giudizio, non solo si sono difesi, ma hanno anche chiamato in causa l’architetto che aveva progettato e diretto i lavori, chiedendo di essere da lui manlevati (cioè tenuti indenni) in caso di condanna. A sua volta, l’architetto ha chiamato in causa la propria compagnia di assicurazione.

Il Tribunale di primo grado ha respinto la domanda principale, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Con una prima sentenza parziale, ha ordinato ai convenuti la demolizione di un balcone, l’arretramento di uno sporto e la riduzione di un terrazzo. Successivamente, con sentenza definitiva, la Corte d’Appello ha accolto la domanda di manleva dei committenti, condannando l’architetto a pagare loro oltre 16.000 euro e a rimborsare le spese legali, oltre a rispondere del danno per la riduzione in pristino fino a 100.000 euro.

L’architetto ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi procedurali e sostenendo che la sua responsabilità avrebbe dovuto essere attenuata data la “complessità della normativa edilizia”.

La Decisione della Cassazione sulla Responsabilità Professionale dell’Architetto

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’architetto, confermando la sua piena responsabilità. I giudici hanno chiarito diversi punti, sia di natura procedurale che di merito.

Aspetti Procedurali

Innanzitutto, la Corte ha respinto i motivi relativi alla presunta omessa notifica dell’appello incidentale. I giudici hanno specificato che la richiesta dei committenti in appello non costituiva un vero e proprio appello incidentale (soggetto a notifica), ma una semplice riproposizione della domanda di manleva che era rimasta assorbita in primo grado. Essendo stati vittoriosi in primo grado, i committenti avevano il diritto di ripresentare la loro domanda subordinata in appello senza dover notificare un atto specifico all’architetto contumace.

La Responsabilità Professionale dell’Architetto nel Merito

Il punto cruciale della decisione riguarda il nucleo della responsabilità professionale dell’architetto. La Cassazione ha affermato, in linea con il suo consolidato orientamento, che l’obbligo del professionista non si esaurisce nella redazione di un progetto tecnicamente valido, ma include il dovere di assicurare che l’opera sia giuridicamente realizzabile. Questo significa che il progetto deve essere conforme a tutte le norme giuridiche che disciplinano l’edificazione, incluse quelle sulle distanze.

L’architetto, in quanto professionista qualificato, ha il dovere di conoscere e applicare correttamente la normativa di settore. L’irrealizzabilità dell’opera a causa di errori normativi costituisce un inadempimento contrattuale. Pertanto, la violazione delle distanze legali non può essere considerata un problema tecnico di speciale difficoltà che giustificherebbe un’attenuazione della responsabilità ai sensi dell’art. 2236 c.c. Al contrario, è un errore grave che espone il professionista al risarcimento dei danni conseguenti, come i costi di demolizione e ripristino.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio che il contratto d’opera professionale con un architetto o ingegnere è un’obbligazione di risultato. Il professionista è tenuto a fornire un progetto concretamente utilizzabile, sia dal punto di vista tecnico che giuridico. L’errore nella verifica della conformità alle norme urbanistiche, anche in presenza di un potenziale contrasto tra normativa locale e nazionale, rientra nel sapere specialistico che il committente si aspetta dal professionista incaricato. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente ritenuto che l’errore commesso dal professionista nel predisporre un progetto difforme dalle norme vigenti non fosse scusabile come “colpa lieve”. Tale errore è, a tutti gli effetti, un inadempimento che causa un danno diretto al committente, costretto a demolire parzialmente l’opera realizzata.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 15505/2024 rafforza un principio fondamentale per la tutela dei committenti e per la definizione dei doveri professionali. La responsabilità professionale dell’architetto non ammette deroghe quando si tratta di rispettare le normative edilizie. La complessità delle leggi non è una scusante, ma parte integrante del bagaglio di competenze che il professionista deve possedere e applicare con diligenza. Questa decisione serve da monito: un progetto edilizio deve essere impeccabile non solo sulla carta, ma anche e soprattutto di fronte alla legge. In caso contrario, il professionista sarà chiamato a rispondere direttamente delle conseguenze economiche negative subite dal proprio cliente.

Un architetto è responsabile se il suo progetto viola le norme sulle distanze tra edifici?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la redazione di un progetto conforme alle norme giuridiche, incluse quelle sulle distanze, è un obbligo fondamentale del professionista. Un errore in tal senso costituisce un grave inadempimento contrattuale.

La complessità delle normative edilizie può ridurre la responsabilità dell’architetto?
No. Secondo la sentenza, la conoscenza e la corretta applicazione delle normative urbanistiche, anche quelle complesse o in potenziale contrasto tra loro (locali e nazionali), rientrano nel sapere specialistico richiesto al professionista. Pertanto, la loro violazione non può essere considerata un errore scusabile o un problema tecnico di speciale difficoltà che attenui la colpa.

Cosa deve fare il committente per chiedere il risarcimento all’architetto se la sua domanda di manleva viene ‘assorbita’ in primo grado ma l’appello ribalta la situazione?
Il committente, vittorioso in primo grado sulla domanda principale, deve semplicemente riproporre la domanda di manleva nel giudizio d’appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Non è necessario un appello incidentale formale, né la notifica dell’atto all’architetto che non si è costituito in appello (contumace).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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