Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15505 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ CIVILE PROFESSIONALE PROGETTAZIONE E DIREZIONE LAVORI EDILI
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 06/05/2024 C.C.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 1826/2021
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 1826 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) COGNOME NOME (C.F.: non indicato) COGNOME NOME (C.F.: non indicato) COGNOME NOME (C.F.: non indicato) COGNOME NOME (C.F.: non indicato) COGNOME NOME (C.F.: non indicato)
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimati-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Bolo- gna n. 1932/2020, pubblicata in data 6 luglio 2020 (che si as- sume notificata in data 6 novembre 2020);
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 6 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
A seguito di un procedimento per denunzia di nuova opera, NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti di NOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
COGNOME e NOME COGNOME, deducendo che questi ultimi avevano realizzato opere edilizie in violazione delle distanze legali da un proprio fabbricato sito nel Comune di Riccione e chiedendo la riduzione in pristino dei luoghi ed il risarcimento del danno.
I convenuti, nel contestare le domande proposte nei loro confronti, hanno chiesto, in via riconvenzionale, la demolizione e/o l’arretramento di parte della proprietà dell’attore ed hanno, comunque, chiamato in giudizio l ‘ architetto NOME COGNOME, progettista e direttore dei lavori dell ‘ intervento edilizio, per essere manlevati in caso di soccombenza. Il COGNOME ha, a sua volta, chiamato in giudizio, in garanzia, la propria compagnia assicuratrice della responsabilità civile, RAGIONE_SOCIALE. Il contraddittorio è stato esteso ai nudi proprietari dell ‘ immobile dei convenuti, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La domanda del COGNOME è stata rigettata dal Tribunale di Rimini, che ha, invece, parzialmente accolto la domanda riconvenzionale dei convenuti, con assorbimento di quelle di garanzia.
La Corte d’a ppello di Bologna, in riforma della decisione di primo grado, con una prima sentenza (parziale), in accoglimento della domanda principale, ha ordinato ai convenuti la riduzione in pristino del terrazzo realizzato al primo piano del loro fabbricato, la demolizione del balcone al secondo piano e l’arretramento del lo sporto realizzato al piano sottotetto, rimettendo la causa in istruttoria con riguardo alle domande di garanzia.
Con successiva sentenza definitiva, ha altresì accolto la domanda di manleva proposta dai convenuti NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME confronti del COGNOME, condanna ndo quest’ultimo al pagamento in loro favore della somma di € 16.500,00 ed al rimborso delle spese sostenute per la
riduzione in pristino dei luoghi, sino alla concorrenza dell’importo di € 100.000,00, oltre accessori.
Ricorre il COGNOME , sulla base di quattro motivi.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in appli- cazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con i primi due motivi del ricorso (trattati congiuntamente dallo stesso ricorrente) si denunzia « 1 Art. 360 n. 3 cpc – Violazione di legge per erronea applicazione dell ‘ art. 346 cpc e violazione dell’ art. 292 cpc per omessa notifica dell’appello incidentale condizionato al convenuto AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO contumace nel grado et 2 Art. 360 n. 4 cpc – conseguente nullità della Sentenza ».
Il ricorrente COGNOME, premesso che i convenuti NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, vittoriosi in primo grado ed appellati, avevano proposto appello incidentale condizionato, rinnovando la loro domanda di manleva nei suoi confronti con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di secondo grado, sostiene che tale atto avrebbe dovuto essergli notificato, ai sensi dell’art. 292 c.p.c., in quanto egli non era costituito in tale grado di giudizio.
L’omissione avrebbe comportato la nullità della sentenza impugnata, nella parte in cui ha accolto la domanda di manleva.
I motivi di ricorso in esame sono inammissibili, ancor prima che infondati.
La corte d’appello ha espressamente affermato che « la riproposizione della domanda di garanzia già formulata dai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME in primo grado, e
Ric. n. 1826/2021 – Sez. 3 – Ad. 6 maggio 2024 – Ordinanza – Pagina 3 di 9
assorbita dalla sentenza impugnata, non integra appello incidentale (condizionato), bensì mera riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. e, pertanto, non è soggetta alla notifica al contumace prevista dall’art. 343 c.p.c. (conff.: Cass.civ., SS.UU., sent. n. 7700/2016; Cass. civ., ord. n. 832/2017; Cass. civ., sent. n. 121/2020) ».
Il ricorrente si limita a sostenere che gli appellati avevano proposto appello incidentale condizionato e che, in tal caso, la comparsa di risposta contenente tale domanda va notificata agli appellati non costituiti nel giudizio di secondo grado.
1.1 La censura non solo non è sostenuta, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., dal richiamo specifico del contenuto dell’atto di appello, che consenta di verificare l’assunto, ma, soprattutto, non si confronta affatto con le ragioni alla base de lla statuizione impugnata, di cui non coglie l’effettiva ratio decidendi , che è evidentemente fondata sulla qualificazione della richiesta degli appellati di decisione della domanda di manleva rimasta assorbita in primo grado, in caso di accoglimento de ll’appello principale, non come una vera e propria impugnazione incidentale, ai sensi dell’art. 343 c.p.c. e, quindi, come una domanda nuova o riconvenzionale, da notificare al contumace ai sensi dell’art. 292 c.p.c., ma come una mera riproposizione della suddetta domanda, già avanzata in primo grado e non oggetto di alcuna decisione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., che, come tale, non richiede alcuna notificazione alle parti non costituite, ai sensi dell’art. 292 c.p.c..
1.2 In ogni caso, anche a fini di completezza espositiva, si osserva che la decisione della corte d’appello risulta conforme ai principi di diritto ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (che il ricorso non offre elementi idonei ad indurre a rimeditare), secondo i quali « la riproposizione nel giudizio di appello, da parte del convenuto vittorioso in primo grado, della domanda di manleva, formulata in via subordinata nei confronti
di un terzo chiamato in garanzia, non implica la proposizione da parte sua di un’impugnazione incidentale e quindi non è assoggettata al relativo regime processuale, bensì alla disciplina dell’art. 346 c.p.c. sulla riproposizione delle domande o eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, deve escludersi la decadenza da tale domanda nel caso in cui sia mancata la notificazione al terzo garante, rimasto contumace in appello » (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8973 del 05/07/2000, Rv. 538240 -01; il principio per cui « in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. », dopo alcune oscillazioni, è stato definitivamente sancito da Cass., Sez. U, Sentenza n. 7700 del 19/04/2016, Rv. 639281 -01 e costantemente confermato, successivamente: cfr. Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 832 del 16/01/2017, Rv. 642557 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2991 del 07/02/2018, Rv. 647992 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 17029 del 28/06/2018, Rv. 649443 -01; Sez. 3, Sentenza n. 121 del 08/01/2020, Rv. 656628 – 01).
Con il terzo e il quarto motivo (trattati congiuntamente dallo stesso ricorrente) si denunzia « 3) Art. 360 n. 3 cpc – Violazione di legge per erronea applicazione dell ‘ art. 1176 Cod. Civ. omessa applicazione dell ‘ art. 2236 Cod. Civ. 4) Art. 360 n. 5 cpc – Error in procedendo et giudicando per motivazione meramente apparente omesso esame di fatti decisi per il giudizio ». Secondo il ricorrente , la corte d’appello, nel riconoscere la sua responsabilità, in qualità di progettista e direttore dei lavori di esecuzione di opere edili risultate difformi rispetto alla normativa urbanistica, tanto da imporre la loro parziale demolizione, non avrebbe tenuto conto della « complessità della normativa
edilizia » e della « specificità, nel particolare caso in trattazione, dell’applicazione dell’art. 9 n. 2 del DM 1444/68 (distanza minima tra pareti finestrate) », ciò che avrebbe imposto di riconoscere sussistente, nella specie, ai sensi dell’art. 2236 c.c., la necessità di « soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà » e, quindi, avrebbe richiesto l’accertamento, quanto meno, della sua colpa grave, questione in ordine alla quale la decisione impugnata presenterebbe, a suo dire, un assoluto difetto di motivazione.
I motivi di ricorso in esame sono infondati.
2.1 La decisione impugnata, sul punto in contestazione, risulta conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte nella materia, secondo i quali « quando il contratto d’opera concerne la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, tra gli obblighi del professionista rientra quello di redigere un progetto conforme, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione su un dato territorio, in modo da non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali di un tale contratto di opera professionale; onde gli errori di progettazione concernenti la mancata adeguazione degli edifici previsti alla normativa vigente, compromettendo il rilascio della concessione, non possono che costituire inadempimento caratterizzato da colpa grave e quindi fonte di responsabilità del progettista nei confronti del committente per il danno da questi subito in conseguenza della mancata o comunque ritardata realizzazione dell ‘ opera » (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1208 del 16/02/1996, Rv. 495880 -01; conf., con riguardo alla responsabilità del progettista e direttore dei lavori, in caso di opere difformi dalla normativa edilizia e urbanistica: Sez. 2, Sentenza n. 1513 del 30/01/2003, Rv. 560207 -01; Sez. 1, Sentenza n. 22487 del
29/11/2004, Rv. 578351 -01; Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012, Rv. 622411 -01) e secondo cui, in particolare, « l’architetto, l’ingegnere o il geometra, nell’espletamento dell’attività professionale consistente nell’obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è debitore di un risultato, essendo il professionista tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, con la conseguenza che l’irrealizzabilità dell’opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell’incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell’eccezio ne di inadempimento » (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1214 del 18/01/2017, Rv. 642220 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 18342 del 09/07/2019, Rv. 654566 -01; Sez. 2, Sentenza n. 8058 del 21/03/2023, Rv. 667306 -01).
In base a tali principi, poi, ancor più recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall ‘ art. 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023, Rv. 667977 -01) che « il professionista autore di un progetto edilizio per l’edificazione di una costruzione che si riveli in viola zione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la RAGIONE_SOCIALE. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell’art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l’avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto
della normativa urbanistica locale -cui si era uniformato -con quella sovraordinata nazionale »).
2.2 La corte d’appello, nella sostanza, ha fatto corretta applicazione dei principi esposti.
Dal complesso della motivazione della sentenza impugnata (eventualmente anche integrata, ove occorra, con i presenti rilievi, essendo comunque conforme a diritto il suo dispositivo finale), infatti, si evince chiaramente che, sia pure implicitamente, i giudici di secondo grado hanno, correttamente, ritenuto non suscettibile di qualificazione in termini di colpa lieve l’errore commesso dal professionista nel predisporre un progetto e dirigere i lavori di realizzazione di una costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, ed essendo, pertanto, senz’altro responsabile dei danni subiti dal committente medesimo, nel caso -verificatosi nella specie -in cui la costruzione realizzata debba essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità, dal momento che rientra nel suo sapere specialistico anche l’obbligo di a vvedersi dell’eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. Vanno, pertanto, esclusi sia la deAVV_NOTAIOa violazione degli artt. 1176 e 2236 c.c., sia il deAVV_NOTAIOo difetto assoluto di motivazione della decisione impugnata.
3. Il ricorso è rigettato.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-