Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1474 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1474 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 07306/2020 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME; elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME, che la rappresenta e difende, in virtù di procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio del Sig. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
( ), in virtù di procura su foglio separato da considerarsi congiunto al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché di
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale e legale rappresentante dott. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME ), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura su foglio separato congiunto al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentalee di
RAGIONE_SOCIALE ;
-intimata- per la cassazione della sentenza n. 1691/2019 del la CORTE d’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il giorno 11 luglio 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9
novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE quale proprietaria di un complesso immobiliare denominato ‘INDIRIZZO Maggiano’, di cui era parte un edificio del XVIII secolo denominato ‘INDIRIZZO‘, in data 26 febbraio 2002 concluse con Banca Agrileasing s.p.a. una compravendita immobiliare prevedente la cessione del bene e la sua ‘retrocessione’ in locazione finanziaria .
Fu stabilito che la locazione finanziaria -stipulata per l’esercizio di un’attività ricettiva alberghiera -sarebbe iniziata a decorrere dopo che
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
l’immobile, attualmente in stato di vetustà e abbandono, fosse stato restaurato e avesse ottenuto il certificato di abitabilità.
Della realizzazione del restauro fu incaricato l’ Arch. NOME COGNOME a cui fu attribuito sia il compito di redigere il progetto, sia quello di scegliere l’impresa per la sua esecuzione e di dirigerne i lavori.
Approvato il progetto ed iniziati i lavori, nel corso degli stessi si prese atto del la necessità di modificare l’intervento sull’edificio, fatiscente e con problemi di staticità, da restauro conservativo in vera e propria ristrutturazione edilizia , comportante la parziale demolizione e la successiva ricostruzione delle strutture del fabbricato.
Sebbene per questo più incisivo intervento occorresse, a differenza che per il primo, un apposito provvedimento autorizzativo, esso fu iniziato senza previamente chiedere ed ottenere il relativo titolo.
Il Comune di Siena, accertata la commissione dell’abuso, con atto notificato il 10 dicembre 2003, dispose la sospensione dei lavori e il cantiere rimase chiuso durante tutto il periodo di pendenza del procedimento amministrativo per l ‘ottenimento del provvedimento in sanatoria, che fu concesso, su istanza di RAGIONE_SOCIALE, solo il 23 febbraio 2006.
Nel frattempo, in data 1 0 marzo 2004, l’ Arch. COGNOME si era dimesso dall’incarico ed aveva chiesto il pagamento del residuo compenso per l’o pera prestata, che RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di corrispondergli.
Con citazione del 6 maggio 2008, RAGIONE_SOCIALE convenne NOME COGNOME in giudizio risarcitorio (per la somma di Euro, 800.000,00 o per la diversa somma accertanda, oltre interessi e rivalutazione) dinanzi al Tribunale di Siena.
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
Il convenuto si costituì in giudizio, resisté alla domanda, chiese in via riconvenzionale il pagamento del residuo compenso e chiamò in manleva la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, che si costituì a sua volta, a mezzo della mandataria RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale, espletata CTU, accolse la domanda principale e, con sentenza 13 agosto 2015, n. 706 condannò, in solido tra loro, NOME COGNOME e la Toro Assicurazioni s.p.a.RAGIONE_SOCIALE « oggi RAGIONE_SOCIALE », a pagare ad RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE a titolo di risarcimento, la somma di Euro 753.823,15, oltre interessi, rivalutazione e spese.
La sentenza del Tribunale di Siena fu appellata da NOME COGNOME dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE (società incorporante la Toro Assicurazioni s.p.a.).
Riunite le tre impugnazioni, la Corte di appello di Firenze, con sentenza 11 luglio 2019, n. 1691, ha: i) dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Generali Business Solutions s.c.p.a.; ii) condannato NOME COGNOME a pagare ad RAGIONE_SOCIALE s.p.a., a titolo risarcitorio, la minor somma di Euro 133.190,76, oltre interessi e rivalutazione; iii) condannato Generali Italia s.p.a. a tenere indenne NOME COGNOME di tale somma.
La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
RAGIONE_SOCIALE non era il soggetto succeduto a RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ma il soggetto che si era costituito in primo grado quale mandatario di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, cui era invece succeduta RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE; dunque, difettava di legittimazione passiva;
NOME COGNOME in qualità di architetto progettista, aveva redatto un progetto inadeguato rispetto ai lavori da compiere perché aveva previsto solo un restauro conservativo mentre sarebbe occorsa
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
una ristrutturazione previa demolizione ; al riguardo, non era fondata la sua deduzione secondo cui la necessità di tali lavori era emersa solo dopo che gli stessi avevano avuto inizio, poiché il CTU aveva accertato, al contrario, che la fatiscenza dell’immobile era immediatamente percepibile de visu ; quindi, l’ architetto avrebbe dovuto realizzare da subito un progetto diverso;
tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, l’inadeguatezza del progetto non costituiva la causa dell’abuso edilizio , poiché tale abuso era stato piuttosto la conseguenza evitabile della scelta di proseguire i lavori non ostante la loro difformità rispetto al progetto assentito; scelta, nella quale trovava, pertanto, la sua causa esclusiva;
-ciò posto, l’architetto progettista, nonché direttore dei lavori, doveva sicuramente rispondere dei danni-conseguenza derivati dall’errore progettuale ( e cioè, particolarmente, delle conseguenze dannose derivanti dal fermo del cantiere in pendenza del procedimento ipotetico per l’ottenimento di una variante al progetto originario ), ma non anche dei danniconseguenza derivanti dall’abuso edilizio;
-infatti, la scelta di proseguire i lavori non ostante la loro difformità rispetto al progetto assentito (scelta che costituiva la causa sopravvenu ta esclusiva dell’abuso) non era stata compiuta esclusivamente dal professionista, dovendo ritenersi provato, anche presuntivamente, che fosse stata concertata con la committenza, poiché solo quest’ ultima aveva interesse ad ottenere i vantaggi della ristrutturazione ( tra cui, l’ aumento della superficie dell’immobile per un valore stimabile in 230.000 Euro) senza chiedere l’ autorizzazione edilizia; al riguardo, la circostanza che, una volta scoperto l’abuso , RAGIONE_SOCIALE aveva subìto danni ben più rilevanti in ragione del fermo
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
pluriennale del cantiere e della conseguente l’impossibilità di eseguire la locazione finanziaria e di esercitare l’a ttività alberghiera, non poteva essere valorizzata in senso diverso, trattandosi, ex ante , di danni incerti a fronte di vantaggi certi; d’a ltra parte, l’ architetto non avrebbe avuto alcun interesse personale a proseguire i lavori abusivi all’insaputa della committenza o addirittura contro la sua volontà, essendo per lui naturale, al contrario, compiere la diversa scelta di chiedere l’autorizzazione ad una variante al progetto originario, per evitare, oltre che di soggiacere alle sanzioni penali e amministrative previste per l’abuso, anche di incorrere in responsabilità contrattuale verso la stessa committenza;
-pertanto, le conseguenze dannose derivanti dall’abuso edilizio, essendo il frutto di una scelta illecita concertata da committenza e professionista, non potevano formare oggetto di una richiesta di risarcimento formulata dalla prima nei confronti del secondo;
-il risarcimento spettante ad RAGIONE_SOCIALE, da porre a carico di NOME COGNOME e da circoscriversi alle conseguenze dell’errore progettuale, poteva essere liquidato equitativamente nella misura del 20% della somma complessiva già liquidata dal primo giudice, l’80% della quale andava invece imputata alle conseguenze dannose derivanti dall’abuso edilizio concertato con la società committente, di cui il professionista non rispondeva in confronto di quest’ultima ;
-infine, la condanna diretta dell’assicuratore da individuarsi in RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, soggetto succeduto a Toro Assicurazioni s.p.a. -andava riformata in quella a tenere indenne l’assicurato delle somme che questi avrebbe pagato alla società danneggiata, atteso che nella fattispecie non era configurabile un ‘ ipotesi di azione diretta del danneggiato verso l’assicuratore .
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
Avverso la sentenza della Corte fiorentina ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, quale società succeduta (a seguito di fusione per incorporazione) ad RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi.
Ha risposto con controricorso NOME COGNOME proponendo anche ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, rinunciato con atto del 15 marzo 2023.
Ha risposto con distinto controricorso anche RAGIONE_SOCIALE proponendo anch ‘ essa ricorso incidentale sulla base di quattro motivi.
Non ha svolto difese l’intimata RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale, e RAGIONE_SOCIALE controricorrente e ricorrente incidentale, hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A.1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciata « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1218, 1223 e 2236 c.c., in relazione all’art.360 comma 1, n.3 c.p.c. ».
La società ricorrente, sul presupposto che sussisterebbe il nesso di causalità materiale (indebitamente escluso dal giudice d’appello) tra l’errore progettuale del professionista e l’evento dannoso dell’abuso edilizio, censura la violazione, da parte della Corte territoriale, delle cc.dd. regole di struttura della predetta relazione di causalità, ovverosia, in particolare, dei criteri della regolarità causale e del rischio specifico.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
Sotto il primo aspetto, RAGIONE_SOCIALE sostiene che, se il progetto fosse stato ab initio adeguato, non vi sarebbe stato abuso edilizio; sotto il secondo aspetto, la ricorrente principale deduce che l’errore progettuale dell’Arch. COGNOME avrebbe creato il rischio specifico dell’ abuso edilizio.
L’illustrata censura è tacciata di inammissibilità nel controricorso del professionista resistente, sul rilievo che essa sarebbe stata non correttamente formulata mediante richiamo all’art.1223 cod. civ., che concerne (non la causalità materiale -ovverosia il nesso di causa tra la condotta e l ‘evento lesivo -, bensì) la causalità giuridica, ovverosia il nesso di causa tra l’evento lesivo e le conseguenze dannose risarcibili.
Il rilievo è esatto, ma, nondimeno, il motivo di ricorso resta ammissibile, poiché, non ostante l’indebito riferimento all’art.1223 cod. civ., la sua illustrazione è chiara nel denunciare la violazione degli artt. 40 e 41 cod. pen., ancorché non indicati come norme violate.
A.1.1. Il motivo va, però, disatteso.
Deve, infatti, ritenersi insindacabile l’apprezzamento di merito, motivatamente compiuto dalla Corte d’appello, la quale ha escluso la sussistenza del nesso di causalità materiale tra l’errore progettuale e l’abuso edilizio , individuando la causa esclusiva di quest’ultimo nella scelta, consapevolmente concertata tra professionista e società committente, di proseguire i lavori e di realizzare le opere in difformità dal progetto assentito.
Del resto, è agevole rilevare che l ‘ abuso edilizio, quale conseguenza della predetta scelta, avrebbe potuto essere realizzato anche in presenza di un progetto adeguato, ove si fosse comunque deciso di discostarsi da esso : pertanto, non può condividersi l’affermazione della ricorrente principale, secondo cui un progetto adeguato avrebbe
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
senz’altro impedito l’abuso n é l’ulteriore affermazione secondo cui il progetto inadeguato ne avrebbe creato il rischio specifico.
Occorre, piuttosto, ammettere che l’inadeguatezza del progetto autorizzato rispetto ai lavori in concreto realizzati aveva costituito, nel caso specifico, una condizione dell’abuso successivamente perpetrato; tuttavia, il concetto di ‘condizione’ non può essere equiparato al concetto di ‘causa’, specie al l’ esito dell’ormai risalente superamento, nella concezione della causalità materiale prevalsa nel diritto vivente, della teoria condizionalistica pura (cfr., al riguardo, ad es. Cass., Sez. Un., n. 576 del 2008).
Deve, dunque, concludersi che il giudice d’appello ha bene applicato, nella fattispecie, le regole di struttura della causalità materiale, rilevando l’ efficienza esclusiva della causa sopravvenuta della scelta di proseguire i lavori in difformità del progetto, in funzione della determinazione dell’evento dannoso dell’abuso edilizio .
Il primo motivo del ricorso principale va, pertanto, rigettato.
A.2. Con il secondo motivo del ricorso principale viene denunciata « Violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. ».
La società ricorrente censura la sentenza impugnata per avere « erroneamente ritenuto provato » che RAGIONE_SOCIALE era concorsa con l’Arch. COGNOME nel compimento della scelta di proseguire i lavori in difformità dal progetto assentito; sostiene che tale accertamento si sarebbe basato esclusivamente su « elementi indiziari », i quali, però, avrebbero difettato dei necessari requisiti della gravità, della precisione e della concordanza.
A.2.1. Il motivo è inammissibile.
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
Pur avendo accertato la responsabilità contrattuale del professionista, la Corte territoriale ne ha circoscritto l’obbligazione risarcitoria alle conseguenze dannose derivanti dall’errore progettuale, escludendo che egli dovesse rispondere anche di quelle derivanti dall’abuso edilizio.
A fondamento di tale decisione il giudice d’ appello ha posto un giudizio in iure e un accertamento de facto : sotto il primo profilo, ha escluso che potesse essere invocato dalla committente il risarcimento di un pregiudizio che costituisse la conseguenza di una condotta illecita concertata con il professionista; sotto il secondo profilo, ha accertato, sulla base di un ragionamento presuntivo, che tale concertazione, nel caso concreto, era stata effettivamente compiuta.
Con il motivo in esame non viene criticato il giudizio in iure , la cui correttezza è comunque fuori discussione, dal momento che il principio secondo cui il professionista (quando abbia cumulato l’incarico di progettista e di direttore dei lavori) risponde sia dell ‘ attività espletata nella fase antecedente all ‘ esecuzione delle opere sia della successiva verifica della difformità dell ‘ opera progettata rispetto a quella eseguita, non trova operatività allorché la riscontrata difformità sia di per sé indice di un accordo illecito volto alla realizzazione di un abuso edilizio (Cass. 9/07/2019, n.18342); piuttosto, viene criticato l’ accertamento, de facto , che, nel caso concreto, il predetto accordo illecito era stato effettivamente posto in essere, censurandosi la sentenza impugnata per aver ritenuto presuntivamente provato che la scelta di proseguire i lavori era stata compiuta anche -e soprattutto -da RAGIONE_SOCIALE, cosicché l’abuso edilizio era stato realizzato in concorso dalla società committente e dal professionista incaricato.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
La doglianza è, dunque inammissibile, in quanto omette di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta -insindacabile in sede di legittimità ove, come nella specie, debitamente motivata -di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi ( ex multis , Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
A.3. Con il terzo motivo del ricorso principale viene denunciata « Violazione e falsa applicazione dell ‘art. 1917 c .c. in relazione all’art.360 comma 2 n.3 c.p.c. ».
La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha riformato la statuizione, emessa dal giudice di prime cure, di condanna ‘diretta’ della società di assicurazione (in solido con l’assicurato responsabile) al risarcimento del danno subìto dalla società committente per l’ inadempimento del professionista, nella diversa statuizione di condanna a tenere indenne l’assicurato.
La ricorrente -premesso che, ai sensi dell’art. 1917, secondo comma, cod. civ., l’ assicuratore, che ha la facoltà di pagare l’indennizzo direttamente al terzo danneggiato, è addirittura obbligato in tal senso se l’ assicurato lo richieda -deduce che, n ella fattispecie, l’ Arch. COGNOME avrebbe effettivamente formulato tale richiesta, sia in primo grado che in appello; sostiene, inoltre che, ai sensi del quarto comma della stessa disposizione, l’esercizio, da parte dell’assicurato, della facoltà di chiamare in giudizio l’assicuratore determinerebbe, quale « principale effetto », che, accertata la responsabilità dell’assicurato nei
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confronti del terzo danneggiato, il giudice potrebbe « adottare una pronuncia di condanna direttamente nei confronti dell’assicuratore anche se il terzo non ha avanzato alcuna domanda nei suoi confronti »; conclude che, pertanto, correttamente il giudice di prime cure avrebbe condannato la compagnia assicuratrice a risarcire direttamente il danno subìto da RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’inadempimento di NOME COGNOME mentre, al contrario, il giudice d’appello, avrebbe « erroneamente applicato la disciplina di cui all’art.1917 c.c. », annullando la predetta statuizione e condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali in favore di Generali Italia s.p.a..
A.3.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Premesso che, con riferimento alla posizione dell ‘ assicuratore della responsabilità civile (fuori dell ‘ ambito dell ‘ assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall ‘ art. 1917 cod. civ., ricorre una ipotesi di garanzia propria (Cass., Sez. Un., 26/07/2004, n. 13968; Cass. 30/11/2011, n. 25581; Cass., Sez. Un., 4/12/2015, n. 24707), va ribadito, al riguardo, il consolidato principio per cui, diversamente dall ‘ ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell ‘ attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell ‘ eventualità della chiamata del terzo in garanzia, la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell ‘ autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo ( ex multis , Cass. 5/03/2013, n. 5400; Cass. 15/01/2020, n.516; Cass. 1/06/2021, n. 15232); principio che si applica anche nel caso in cui il chiamato venga indicato come
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corresponsabile (Cass. 27/11/2018, 30601; Cass. 28/11/2019, n. 31066; Cass. 10/06/2020, n.11103; Cass. 6/09/2022, n. 26208).
Nella fattispecie, pertanto, correttamente il giudice d’appello ha riformato l’illegittima statuizione di condanna ‘diretta’ della società assicurativa, emessa dal giudice di primo grado, tanto più che, diversamente da quanto dedotto da RAGIONE_SOCIALE, nelle conclusioni rese in tale grado di giudizio, per come trascritte nella parte illustrativa del motivo in esame (pp. 32-33 del ricorso principale), l’ assicurato NOME COGNOME non aveva affatto chiesto alla società assicuratrice di pagare l’i ndennità dovutagli direttamente al terzo danneggiato, ma si era limitato a chiedere alla Corte giudicante che, nel caso in cui l’appello non fosse stato accolto e fosse stata confermata la sua condanna al risarcimento del danno, Generali Italia s.p.a. venisse, a sua volta, condannata a tenerlo indenne delle somme che egli avrebbe dovuto versare a RAGIONE_SOCIALE
In definitiva, il ricorso principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE deve essere rigettato.
B.1. Con primo motivo del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE viene denunciata « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n.3 c.p.c. ».
La società assicurativa sostiene che, con riferimento ai danni ai quali era stata circoscritta l’obbligazione risarcitoria dell’Arch. COGNOME (ovverosia, le conseguenze pregiudizievoli strettamente dipendenti d all’errore progettuale del professionista, equitativamente liquidate in Euro 133.190,76), non sussisteva l’impossibilità o la particolare difficoltà di provarne il preciso ammontare; osserva, al riguardo, che, infatti, la Corte di merito aveva ritenuto che tali danni
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costituissero la conseguenza di una situazione (il blocco del cantiere per il tempo necessario a far approvare la necessaria variante al progetto originario) normalmente ricorrente per le opere edilizie di una certa complessità, specie quando riguardano immobili da restaurare; evidenzia che, considerata la ripetitività di consimili evenienze, avrebbe potuto essere disposta una CTU, diretta ad accertare il tempo occorrente per la pratica edilizia integrativa e che, all ‘esito dell’indagine tecnica, la danneggiata avrebbe potuto « agevolmente provare » gli eventuali e conseguenti danni, sia sub specie di danno emergente che di lucro cessante, « rapportati a tale prolungamento della tempistica dei lavori »; conclude che, pertanto, l’indebita applicazione del criterio equitativo in mancanza dei suoi necessari presupposti, avrebbe comportato, da parte della Corte di merito, sia la violazione del l’art.1226 cod . civ., sia quella del l’art. 2697 stesso codice, per essere stata indebitamente sollevata la danneggiata dell’onere d ella prova del quantum che incombeva su di essa.
B.1.1. Il motivo è infondato.
La Cor te d’appello ha ampiamente spiegato le ragioni sottostanti alla particolare difficoltà di prova dell’ammontare del danno (di cui era peraltro certa la sussistenza) derivante dall’errore progettuale del professionista, attesa, da un lato, la natura tecnicamente discrezionale del l’ipotetico procedimento di variante di durata incerta e considerate, dall’altro lato, la varietà e la difficile quantificazione delle conseguenze pregiudizievoli che si sarebbero verificate durante il periodo corrispondente alla sospensione dei lavori resa necessaria da tale ipotetico procedimento (con particolare riferimento agli oneri di prelocazione, a quelli derivanti da ll’ allestimento di un nuovo cantiere e al
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ritardo nella messa a reddito del bene risanato ristrutturato: p. 17 della sentenza impugnata).
Nell’o biettare che la stima del tempo occorrente per portare a compimento la pratica edilizia integrativa di quella positivamente conclusasi avrebbe potuto essere effettuata mediante CTU, la ricorrente incidentale riconosce che la prova dell’ammontare del danno non era nella disponibilità della danneggiata; inoltre, omette di chiarire quali parametri avrebbe dovuto seguire il consulente tecnico eventualmente nominato, così non consentendo di superare il rilievo implicito che anche simile strumento non sarebbe valso nel caso concreto a raggiungere la prova precisa del quantum debeatur .
Il motivo va pertanto rigettato, dovendosi reputare pienamente legittimo il ricorso alla liquidazione equitativa, senza possibilità di ipotizzare né la violazione dell’art. 1226 cod . civ., né quella dell’art.2697 cod. civ..
B.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE viene denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., per « motivazione apparente » sul percorso logico con il quale il danno da errore progettuale è stato determinato nella misura del 20% dei danni complessivi.
B.2.1. Il motivo è infondato.
Giova ricordare, al riguardo, che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 c od. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in qua nto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della
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motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c od. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 c od. proc. civ. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conformi: ex multis , Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
Ciò ricordato, è evidente che nella motivazione della sentenza impugnata non sono ravvisabili le predette gravi lacune che la proietterebbero al disotto del ‘minimo costituzionale ‘ , avendo la Corte territoriale dato atto non solo delle ragioni per le quali ha circoscritto la responsabilità risarcitoria dell’Arch. Mezzedimi alle conseguenze dannose dell’errore progettuale, ma anche delle ragioni per le quali tali specifiche conseguenze pregiudizievoli sono state equitativamente liquidate nella misura del 20% della somma complessiva già liquidata dal primo giudice, l’80% della quale andava invece imputata alle conseguenze dannose derivanti dall’abuso edilizio concertato con la società committente, di cui il professionista non rispondeva in confronto di quest’ultima .
Anche il secondo motivo del ricorso incidentale in esame va, pertanto, rigettato.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
B.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE viene denunciata « Violazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. e dell art.115 c.p.c. in relazione all’art.360 comma 1°, n.3 c.p.c. ».
La sentenza impugnata è censurata per aver compiuto la liquidazione del danno sulla base delle risultanze delle consulenze tecniche di parte attrice, in ragione del rilievo che ad esse era stata opposta una contestazione ‘generica’.
La ricorrente incidentale sostiene che, in tal modo, la Corte territoriale avrebbe violato sia il principio per cui la consulenza tecnica di parte costituisce una mera allegazione priva di autonomo valore probatorio , sia la regola per cui l’onere di contestazione è circoscritto ai « fatti » e non si estende ai « documenti ».
B.3.1. Il motivo è infondato.
Questa corte ha ripetutamente affermato che il giudice del merito può porre a fondamento della propria decisione una perizia di parte, persino stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte, purché fornisca adeguata motivazione di tale sua valutazione, attesa l ‘ esistenza, nel vigente ordinamento, del principio del libero convincimento del giudice (cfr. già la risalente Cass.5/09/1970, n. 1217; più recentemente, ex aliis , Cass. 12/12/2011, n. 26550; da ultimo, Cass. 1/09/2023, n. 25593).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ferma la necessità di distinguere tra le conseguenze dell’ errore progettuale e quelle dell’abuso edilizio, nonché la necessità di circoscrivere l’obbligazione risarcitoria del professionista alle prime, escludendone le seconde -ha condiviso la quantificazione complessiva dei danni, operata dal primo giudice nella somma di Euro 753.823,15, sul rilievo che tale quantificazione, pur recependo le voci di danno allegate dall’attrice , era
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
nondimeno « sufficientemente analitica e fondata su riscontri documentali », a fronte di una contestazione « alquanto generica » proveniente delle controparti.
Viene, dunque, in considerazione il motivato esercizio del potere di libera valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice del merito, il quale ha ritenuto, in modo argomentato, di attribuire inferenza probatoria, limitata al quantum debeatur , alle conclusioni degli accertamenti tecnici di parte anche in ragione del carattere generico delle contestazioni delle controparti, senza che ciò comporti né violazione delle regole di riparto dell’onere probatorio, né violazione del principio di non contestazione, la quale ultima postula, tutt’ al contrario, che il giudice ometta di porre a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.
B.4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n.4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 n.4 cod. proc. civ., per « motivazione contraddittoria e illogica in ordine alla determinazione del quantum del danno attoreo ».
La sentenza impugnata è censurata per avere omesso di tenere conto, nella determinazione delle conseguenze dannose complessive, derivanti dall’errore progettuale e dal successivo abuso edilizio, della perdita subita e del mancato guadagno verificatisi nel segmento temporale corrispondente al blocco del cantiere (tra la delibera comunale di sospensione immediata dei lavori del 10 dicembre 2003 e il rilascio della concessione in sanatoria del 23 febbraio 2006) e per avere invece asseritamente calcolato tale complessivo pregiudizio con riguardo al più lungo periodo corrispondente all’intervallo temp orale tra il 13 luglio 2004 e il 31 maggio 2008.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
B.4.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
Va, anzitutto, ribadito quanto si è premesso in sede di esame del precedente secondo motivo del ricorso incidentale in esame, in ordine al presupposto indispensabile del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza di merito: presupposto che ricorre soltanto quando la motivazione si ponga al disotto del ‘minimo costituzionale’ , presentando le gravi lacune -che devono emergere dal testo della stessa sentenza, indipendentemente dal confronto con le risultanze processuali -della totale mancanza, della mera apparenza, della irriducibile contraddittorietà intrinseca o della obiettiva incomprensibilità.
Ciò posto, è evidente che tali lacune non emergono in alcun modo dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale -condivisa o meno che sia, sul piano del merito in senso proprio (ma questo piano non può formare oggetto di censure di legittimità) -appare comunque chiara nell’indicare le ragioni della liquidazione equitativa del quantum debeaur : la Corte territoriale, infatti, ha condiviso la quantificazione complessiva dei danni operata dal primo giudice in Euro 753.823,15, sul presupposto che tale quantificazione, pur provenendo dagli atti e dagli accertamenti tecnici di parte, appariva tuttavia sufficientemente analitica e fondata su riscontri documentali; dopodiché, avuto riguardo alla ritenuta necessità di escludere dall’obbligazione di risarcimento la parte di danno derivata dall’abuso edilizio (quale frutto del l ‘il lecita concertazione tra creditrice danneggiata e debitore inadempiente: dunque, non invocabile dalla prima come oggetto della pretesa risarcitoria nei confronti del secondo), ha equitativamente individuato la restante parte (corrispondente al pregiudizio strettamente derivante dall’errore progettuale dell’ architetto) nel 20% del totale, sul
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
presupposto della particolare difficoltà di liquidare tale pregiudizio nel suo preciso ammontare, avuto riguardo, all ‘incertezza dell’intervallo temporale di durata dell’ipotetico procedimento per l’approvazione della variante al progetto originario, connotato da discrezionalità tecnica e quindi di durata non aprioristicamente determinabile, e tenuto conto, altresì, della varietà e dell ‘ardua quantificazione delle conseguenze pregiudizievoli (oneri di pre-locazione, oneri di allestimento di un nuovo cantiere; ritardo nella messa a reddito del bene risanato) che si sarebbero verificate durante il periodo corrispondente alla sospensione resa necessaria da tale ipotetico procedimento.
Lungi dall’ essere mancante, apparente, perplessa o contraddittoria, la motivazione sulla liquidazione del quantum debeatur si palesa, dunque, organica, chiara e logicamente articolata, mentre manifestamente infondato, per contro, si mostra il motivo di ricorso in esame.
In definitiva, anche il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, come quello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE, deve essere rigettato.
Il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stato rinunciato dal proponente con dichiarazione del 15 marzo 2023, depositata anteriormente all’ adunanza camerale, sottoscritta personalmente dalla parte e autenticata dal suo difensore.
Va pertanto dichiarato estinto il giudizio di cassazione relativamente allo specifico rapporto processuale instaurato con la chiamata in garanzia, vertente tra il professionista e la sua società assicuratrice, con compensazione delle relative spese.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07306/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
D. Le spese del giudizio di legittimità concernenti il diverso rapporto processuale vertente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché quelle concernenti il rapporto processuale vertente tra quest’ultima e NOME COGNOME vanno ugualmente compensate tra le parti, avuto riguardo alla reciproca soccombenza determinatasi in ordine al primo rapporto e al differente esito dei gradi di merito registratosi con riguardo al secondo.
E. Infine, tenuto conto del tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE (ricorrente principale) e di Generali Italia s.p.a. (ricorrente incidentale), di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE
dichiara estinto il giudizio di cassazione con riguardo al rapporto processuale intercorso tra il ricorrente incidentale NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE per rinuncia al ricorso incidentale, con compensazione delle relative spese;
compensa altresì le spese del giudizio di legittimità relative al rapporto processuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, nonché quelle relative al rapporto processuale tra quest’ultima e NOME COGNOME
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07306/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE nonché di Generali Italia s.p.a. , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione