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Responsabilità presidente: quando risponde dei debiti?

La Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità del presidente di un’associazione non riconosciuta. La sentenza analizza il principio secondo cui la responsabilità personale e solidale non deriva dalla semplice carica ricoperta, ma dall’effettiva attività negoziale svolta in nome e per conto dell’ente. Il caso riguardava il mancato pagamento di oneri da parte di un’associazione a una società creditrice. La Corte ha cassato la decisione d’appello per errata valutazione della prova presuntiva, sottolineando che gli indizi a carico del presidente devono essere valutati nel loro complesso e non singolarmente.

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Responsabilità Presidente Associazione: la Carica Non Basta per Rispondere dei Debiti

La questione della responsabilità del presidente di un’associazione non riconosciuta per i debiti contratti dall’ente è un tema cruciale e spesso dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, ribadendo che la semplice titolarità della carica di presidente non è sufficiente a far scattare automaticamente una sua responsabilità personale e solidale. È necessario, invece, che il creditore dimostri l’effettiva attività negoziale svolta da chi ha agito in nome e per conto dell’associazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un decreto ingiuntivo emesso da un Tribunale su richiesta di una società di gestione parcheggi. L’ingiunzione era rivolta sia a un’associazione culturale sia al suo presidente, per il pagamento di una somma cospicua relativa a oneri per utenze e manutenzione di parti comuni. La società creditrice sosteneva che, avendo l’associazione ricevuto in assegnazione degli spazi dal Comune, fosse tenuta al pagamento di tali oneri e che il suo presidente, in qualità di rappresentante legale, fosse coobbligato in solido.

Il Percorso Giudiziario: dal Tribunale alla Corte d’Appello

In primo grado, il Tribunale, pur revocando il decreto ingiuntivo, aveva condannato l’associazione a pagare l’intera somma e il presidente a pagare un importo ridotto in solido con l’ente. La decisione si basava sulla presunzione che il presidente, in virtù della sua carica al momento della stipula della convenzione con il Comune, avesse agito in rappresentanza dell’associazione.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha riformato la sentenza. Accogliendo il ricorso del presidente, ha stabilito che egli non dovesse alcuna somma. Il giudice di secondo grado ha sottolineato che, secondo l’art. 38 del codice civile, la responsabilità personale sorge solo per chi concretamente agisce in nome dell’associazione. La società creditrice, che nel giudizio di opposizione riveste il ruolo di attore sostanziale, non aveva fornito la prova di tale attività negoziale da parte del presidente, limitandosi a invocarne la carica.

L’Onere della Prova e la Prova Presuntiva

La Corte territoriale ha chiarito che l’onere di provare la sottoscrizione della convenzione da parte del presidente gravava sulla società creditrice. Invertire tale onere sarebbe stato illegittimo. Inoltre, ha ritenuto non decisiva la circostanza che il presidente avesse firmato un accordo per la consegna di un assegno a titolo di garanzia, considerandolo un atto separato e non sufficiente a dimostrare il suo coinvolgimento nell’obbligazione originaria.

Le Motivazioni della Cassazione: la corretta valutazione della responsabilità del presidente associazione

La Corte di Cassazione, pur confermando il principio di diritto applicato dalla Corte d’Appello, ne ha censurato il ragionamento probatorio. La Suprema Corte ha affermato che la responsabilità personale e solidale di cui all’art. 38 c.c. non è legata alla mera titolarità della rappresentanza, ma all’attività negoziale concretamente svolta.

L’errore della Corte d’Appello, secondo la Cassazione, è stato quello di aver compiuto un esame “parcellizzato” degli indizi, valutandoli singolarmente anziché in modo complessivo e coerente. Questo approccio ha di fatto vanificato il senso della prova presuntiva (art. 2729 c.c.).

La Corte ha evidenziato che diversi elementi, se valutati insieme, avrebbero potuto condurre a una conclusione diversa:

1. La carica di Presidente: Il soggetto era effettivamente il presidente dell’associazione.
2. La dichiarazione in interrogatorio: Il presidente si era limitato a dire di “non ricordare” di aver firmato la convenzione, una difesa giudicata “assai poco credibile”.
3. La garanzia personale: Egli aveva dato la propria disponibilità a garantire personalmente il debito con un assegno, in attesa della predisposizione di una fideiussione bancaria.

Secondo la Cassazione, questi indizi, letti congiuntamente, costituiscono un quadro probatorio che la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare globalmente per accertare se il presidente avesse effettivamente agito in nome e per conto dell’ente, assumendo gli specifici obblighi contestati. La strategia difensiva della società creditrice non si basava sul mero “assioma” della presidenza, ma su una serie di fatti concreti che, nel loro insieme, potevano fondare una presunzione di responsabilità.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza e rinviando il giudizio alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi sulla prova presuntiva enunciati dalla Suprema Corte. La decisione ribadisce un punto fondamentale: per affermare la responsabilità del presidente di un’associazione, il creditore deve fornire la prova del suo ruolo attivo nella nascita dell’obbligazione. Tuttavia, tale prova può essere raggiunta anche attraverso presunzioni, a condizione che il giudice valuti tutti gli indizi a disposizione in modo unitario e coerente, senza isolarli l’uno dall’altro. Questo principio garantisce un corretto equilibrio tra la tutela dei terzi creditori e la necessità di non estendere la responsabilità oltre i limiti previsti dalla legge.

Il presidente di un’associazione non riconosciuta risponde sempre dei debiti dell’ente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità personale e solidale del presidente non deriva automaticamente dalla carica ricoperta, ma sorge solo se viene provato che ha concretamente agito in nome e per conto dell’associazione nel momento in cui è sorta l’obbligazione.

Chi deve provare che il presidente ha agito per conto dell’associazione?
L’onere della prova grava sul creditore che intende far valere la responsabilità personale del presidente. È il creditore a dover dimostrare l’effettiva attività negoziale svolta dal rappresentante dell’ente.

Cosa significa che la prova presuntiva non deve essere “parcellizzata”?
Significa che il giudice non deve valutare ogni singolo indizio (fatto noto) in modo isolato, ma deve considerarli tutti insieme, in una valutazione globale e coerente. La forza probatoria di più indizi combinati può essere superiore alla somma delle loro singole forze, permettendo di risalire al fatto ignoto da provare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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