Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3217 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3217  Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
VENDITA RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Ud. 23/01/2024
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 23666/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  anche  in  veste  di  incorporante RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE  IN  RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE  RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
–controricorrente e ricorrente incidentale –
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliata  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difese dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  legale  DE  RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in MILANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  ANCONA  n. 920/2021 depositata il 03/08/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto di tutti i motivi del ricorso principale così come d ell’unico motivo d i quello incidentale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
uditi  gli  avvocati  delle  parti  che  hanno  concluso  tutti  come  da rispettivi atti;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (fusa per incorporazione nella prima), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE convenivano in giudizio il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, per sentirle condannare, la prima a titolo di responsabilità contrattuale “e/o” extracontrattuale, e le seconde solo a titolo extracontrattuale, al risarcimento dei danni patiti dalle RAGIONE_SOCIALE stesse a seguito del rinvenimento, in un lotto di terreno loro ceduto dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in forza di tre atti di permuta del 1999 (costituenti esecuzione di un più ampio accordo urbanistico sostitutivo di provvedimento ex art. 11 della Legge n. 241 del 1990, allo scopo di realizzarvi un intervento edificatorio residenziale), di sostanze inquinanti riconducibili agli scarti di lavorazione del processo produttivo del gas ad uso civile estratto dal carbone fossile, ivi svolto dal volgere dal XIX secolo sino al 1974 negli impianti di proprietà comunale, staccati nel tempo in vasche sotterranee e rilasciati nel terreno circostante.
 Il  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, costituendosi  in giudizio, eccepiva il difetto  di  giurisdizione  e  l’intervenuta  prescrizione  sia  dell’azione contrattuale ex artt.1495, comma 3, c.c. decorrente dalla consegna del bene compravenduto, avvenuta all’inizio del 2003, che di quella extracontrattuale,  oltre  che  la  decadenza  delle  RAGIONE_SOCIALE  attrici dall’azione contrattuale ex artt. 1495, per non avere denunciato il vizio, scoperto il 2 aprile 2010, entro l’anno successivo
RAGIONE_SOCIALE, costituendosi, eccepiva il difetto di legittimazione passiva in merito all’azione proposta.
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
RAGIONE_SOCIALE, costituendosi, eccepiva il difetto di legittimazione attiva delle RAGIONE_SOCIALE attrici (appellanti) sia in relazione all’azione  contrattuale  riguardante  le  qualità  del  bene  oggetto  di compravendita cui la stessa era estranea, che in ordine all’azione extracontrattuale.  La  medesima  società  eccepiva  anche  il  proprio difetto di legittimazione passiva.
Infine, RAGIONE_SOCIALE, dando atto di essere assicurata con la RAGIONE_SOCIALE per i danni a terzi in ordine al periodo in cui si presumeva avvenuto il sinistro, nonché di essere assicurata “per la  responsabilità  civile  professionale  a  carico  di  Amministratori, Dirigenti  e  Funzionari,  con  la  RAGIONE_SOCIALE  (ora  RAGIONE_SOCIALE)  chiedeva  la  RAGIONE_SOCIALE  in  causa  delle  compagnie  per essere manlevata.
RAGIONE_SOCIALE costituendosi eccepiva l ‘inoperatività della garanzia dato che la polizza era limitata alla responsabilità personale di Amministratori, Sindaci e Dirigenti di RAGIONE_SOCIALE per i fatti di gestione.
RAGIONE_SOCIALE, costituendosi eccepiva la mancanza di copertura, o in subordine che questa fosse limitata ai massimali.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava le domande degli attori
Le società attrici proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Resistevano al gravame il RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE,  proponendo  anche  appello  incidentale  condizionato all’accoglimento di quello principale.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’appello.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE preliminarmente chiedendo l’estromissione  dal  giudizio  per  non  avere  RAGIONE_SOCIALE ribadito la domanda di manleva, nonché ribadendo le contestazioni
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
circa l’operatività della polizza e l’infondatezza delle domande degli appellanti.
12. La Corte d’Appello di Ancona rigettava l’impugnazione evidenziando che i motivi di gravame potevano sintetizzarsi in due specifiche critiche, una in diritto una in fatto. La prima per avere il primo giudice erroneamente qualificato l’azione degli appellanti, come volta a sentire accertare una responsabilità precontrattuale del RAGIONE_SOCIALE, quando erano state azionate in modo concorrente la responsabilità contrattuale per aliud pro alio ed extracontrattuale dell’ente (e quest’ultima anche delle municipalizzate). La seconda, per avere il primo giudice male interpretato le risultanze istruttorie.
Quanto alla qualificazione dell’azione, secondo la Corte d’Appello il fatto dedotto dalle società appellanti era che, se il RAGIONE_SOCIALE non avesse loro sottaciuto le condizioni dei terreni, non avrebbero proceduto all’acquisto (quantomeno nei termini effettivamente convenuti) e conseguentemente non avrebbero patito i danni (ingiusti) di cui chiedevano il risarcimento. Ciò fonderebbe una responsabilità extracontrattuale. In secondo luogo, gli appellanti avevano dedotto che, nel caso di specie, a cagione dell’inquinamento, i terreni ceduti come edificabili, tali non erano, configurando quindi la consegna di un bene diverso e, quindi, ricadente nella disciplina dell’ aliud pro alio , che legittima il compratore all’azione di risoluzione del contratto (non esercitata) ed al risarcimento del danno.
12.1 Ciò premesso,  secondo  il giudice del gravame,  la qualificazione  dell’azione  quale  responsabilità  precontrattuale  era esatta.
La norma di riferimento era l’art 1337 c.c., che impone alle parti di  comportarsi  secondo  buona  fede  nella  fase  di  formazione  del
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contratto. La buona fede cui richiama detta norma doveva intendersi in senso oggettivo, ovvero come sinonimo di correttezza e regola di condotta, da valutarsi, da un lato, in un’accezione negativa come dovere di astenersi da qualsiasi condotta lesiva dell’interesse altrui e, dall’altro lato, in un’accezione positiva, come dovere di collaborazione volto alla promozione o alla soddisfazione delle reciproche aspettative. L’art. 1337 c.c., dunque, imponeva alle parti di adempiere a doveri di informazione e chiarezza in merito a tutto quanto potesse involgere l’interesse della controparte ed a porre in essere ogni atto necessario per assicurare la validità ed efficacia del contratto e del regolamento negoziale, evitando inerzie o reticenze.
L ‘ inquadramento della responsabilità precontrattuale nell’ambito della responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, tuttavia, rendeva il motivo di doglianza privo di effettivo interesse per l’appellante, posto che la disciplina applicabile era più favorevole sia in materia di prescrizione, con la applicabilità del termine decennale (art. 2946 c.c.) e non quinquennale (art. 2947 c.c.), sia in materia di ripartizione dell’onere della prova, posto che in materia contrattuale il danneggiato può limitarsi a provare la fonte da cui scaturisce il proprio diritto e allegare l’inadempimento di controparte, senza richiedere una verifica sull’elemento soggettivo della colpa come invece richiesto per la responsabilità extracontrattuale.
Dunque, qualificando la responsabilità evocata come precontrattuale, all’appellante era riconosciuta una  tutela più incisiva ed efficace rispetto a quella garantita dalla responsabilità extracontrattuale ex art. 2043  c.c.. Anche  l’ area del  danno risarcibile, conseguente alla suddetta qualificazione, coincideva.
12.2 Quanto alla doglianza circa l’ aliud pro alio , era del pari infondata, posto che, in virtù dell’inquinamento, i terreni erano solo temporaneamente inedificabili, potendo darsi luogo al l’ attività edificatoria a bonifica ultimata. Vi erano alcuni fatti incontestati ovvero che i terreni in questione erano utilizzati, da prima della Seconda guerra mondiale, dall’RAGIONE_SOCIALE– dal 1995 divenuta RAGIONE_SOCIALE, ed oggi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE operante nel settore della lavorazione del carbon-fossile, per la produzione del gas combustibile. I residui di tali lavorazioni consistevano in catrami e gli stabilimenti erano stati distrutti dall’esercito tedesco in ritirata nel 1944. Nel 2002, adempiendo al l’ obbligo di censimento dei siti inquinati, il RAGIONE_SOCIALE, non più proprietario del sito, anziché richiedere all’appellante di provvedere in proprio, aveva inviato il relativo questionario alla Regione, indicando il sito solo come potenzialmente pericoloso (invece che effettivamente inquinato, come poi si era rivelato). Con una scrittura privata datata 3 giugno 2008, le società riunite nella parte appellante si erano accordate, nel caso nel suolo fossero presenti rifiuti e scorie industriali, pattuendo che ” tutte le spese che dovevano essere sostenute per la bonifica e lo smaltimento di eventuali rifiuti e/o scorie industriali, da trattare come materiale inquinante, eventualmente emergenti dagli scavi di sbancamento, ovunque fossero rinvenuti, dovevano essere a carico dei lottizzanti in proporzione ai millesimi “. Questa scrittura era stata scoperta e sequestrata dalla Procura di Ancona nell’anno 2012, in virtù di intercettazioni dalle quali era emerso che i legali rappresentanti dell’appellante si erano accordati per non diffonderla.
Il  7  aprile  2010,  su  segnalazione  di  alcuni  residenti  che lamentavano forti “emanazioni odorigene” provenienti dal cantiere,
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
il  RAGIONE_SOCIALE  aveva  eseguito  un sopralluogo  accertando  che  nel  corso  dei  lavori  le  ditte  avevano portato  alla  luce  alcune  cisterne  interrate,  il  cui  contenuto  di idrocarburi era fuoriuscito, inquinando il terreno circostante.
Risultava dimostrata la consapevolezza del potenziale inquinamento del sito e, quindi, del rischio connesso alle spese da sostenere per la bonifica fin dalla conclusione del contratto, sulla base  della  scrittura  privata  del  2008,  della  reticenza  circa  la medesima mantenuta dagli appellanti,  dell’inerzia degli appellanti nel  contestare  al  RAGIONE_SOCIALE  l’inquinamento  del  sito  alle  prime avvisaglie.
12.3 Secondo la Corte d’Appello nessuna delle parti in causa poteva avere la consapevolezza precisa delle condizioni del terreno in questione (lo stesso RAGIONE_SOCIALE affermava essere ignaro della gravità dell’inquinamento al momento della cessione, ed anche dopo) e, quindi, neppure gli appellanti. Nondimeno era indiscutibile che questi ultimi avessero acquistato il terreno con la piena coscienza che questo avrebbe potuto manifestare le criticità poi manifestate, né valeva a diminuire il significato di questa consapevolezza, affermare che l’appellante si era rappresentato (o avesse confidato in) una situazione meno problematica. Ciò escludeva che potesse riscontrarsi una negligenza, in capo al RAGIONE_SOCIALE, consistente nella violazione dell’obbligo di informazione e, dunque, venivano a mancare i presupposti dell’azione (pre)contrattuale così come quelli dell’azione extracontrattuale.
12.4  Quanto  alla  richiesta  di  accertamento  di  responsabilità extracontrattuale  (e  conseguente  condanna  al  risarcimento)  di RAGIONE_SOCIALE  ed  RAGIONE_SOCIALE,  la  domanda  era  inammissibile.  In disparte  il  fatto  che  il  primo  giudice  non  aveva  statuito  sulla
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medesima, ciò che rilevava era che l’appellante, nell’atto introduttivo di primo grado, aveva dedotto la responsabilità extracontrattuale di RAGIONE_SOCIALE per avere negligentemente omesso di informare il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE riguardo allo stato di contaminazione del sito. Solo con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., gli appellanti avevano dedotto la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE in quanto detentrici e custodi dell’area stessa, per poi, in sede di conclusionale, modificare ancora la domanda deducendone la responsabilità per omessa bonifica, in violazione dell’art. 17, comma 13 bis, d.lgs. n. 22/97.
La  tardività  e  la  inammissibilità  delle  domande  era  stata eccepita dall’appellata RAGIONE_SOCIALE, sia con la RAGIONE_SOCIALE memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., che in sede di conclusionale e memoria di replica e ribadita in appello.
12.5 L’appello incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE sulla questione di  giurisdizione  era  palesemente  infondato,  in  quanto  non  era invocata  la  sua  responsabilità  quale  soggetto  agente  in  virtù  dei poteri e delle funzioni attribuitigli per il perseguimento del pubblico interesse in posizione di supremazia rispetto al privato, ma la sua negligenza  nell’azione  in  una  sfera  completamente  regolata  dal diritto privato, questione pacificamente rimessa all’autorità giudiziaria ordinaria.
 RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE (fusa per incorporazione nella prima), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale.
 RAGIONE_SOCIALE  ha  resistito  con  controricorso  ed  ha proposto ricorso incidentale, da ritenersi condizionato solo quanto ai primi due dei tre motivi proposti.
 Entrambe  le  parti  con  memoria  depositata  in  prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 2909 c.c. e (quindi) violazione degli art. 1337, 1218 e 1223 c.c. e dell’art. 1 del protocollo addizionale 1) della CEDU.
La censura ha ad oggetto la parte della sentenza che ha escluso in capo al RAGIONE_SOCIALE la violazione dell’obbligo di cui all’art. 1337 c.c. di comportarsi secondo buona fede nella fase di formazione del contratto, non sussistendo alcuna negligenza in quanto ignaro della gravità dell’inquinamento al momento della cessione mentre all’opposto viene considerata “dirimente” una scrittura privata del 2008 dalla quale si dovrebbe ricavare che le Ditte fossero consapevoli “fino dalla conclusione del contratto” del possibile inquinamento e della sua gravità e si sarebbero assunte il rischio dell’operazione.
La  Corte  anconetana  nell’affermare  ciò  non  avrebbe  tenuto conto della sussistenza del presupposto processuale negativo del ne bis in idem, stante l’esistenza del giudicato amministrativo di cui alla sentenza  n.  1785/2016  della  V  Sezione  del  Consiglio  di  Stato formatosi  sul  punto.  Da  tale  sentenza  risulterebbe,  sulla  base dell’esame delle stesse circostanze, un accertamento contrario inter partes quanto alla “violazione dell’obbligo di informazione”.
Il giudicato attiene al rigetto del ricorso del RAGIONE_SOCIALE contro la determina  della  Provincia  di  RAGIONE_SOCIALE-Urbino  n.  2972/9.10.201  O (prodotta in causa dal RAGIONE_SOCIALE come doc. 33 in primo grado – doc. 30 fascicoletto Cass), che individuava la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in quanto figura inadempiente nei confronti delle acquirenti del sito per la mancanza dell’informazione attinente alla presenza dell’inquinamento sotterraneo ed alla sua fonte.
Se il giudice d’appello non avesse violato il giudicato e avesse deciso,  conformandosi  ad  esso,  che  il  RAGIONE_SOCIALE  aveva  violato l’obbligo  di  informazione  in  quanto  a  conoscenza  delle  effettive condizioni del terreno venuto, avrebbe dovuto dichiarare la responsabilità  (pre)  contrattuale  del  RAGIONE_SOCIALE  per  comportamento negligente  in  fase  di  conclusione  delle  permute;  e  quindi  il  suo inadempimento all’obbligo di cui all’art. 1337 c.c.
L’inadempimento del RAGIONE_SOCIALE avrebbe altresì violato l’art. 1 del Protocollo Addizionale 1) della CEDU in quanto l’omessa informazione avrebbe profondamente alterato il sinallagma contrattuale, causando un danno gravissimo alle stipulanti per aver ricevuto un bene (dato in permuta) come edificabile mentre non lo era.
 Il  secondo  motivo  di  ricorso  è  così  rubricato:  violazione dell’art.  2909  c.c.,  dell’art.  1453  c.c.  e  dell’art.  1  del  protocollo addizionale 1) della CEDU.
La sentenza impugnata nella parte in cui disattende la censura dell’aliud pro alio, con l’affermare che il sito potrà tornare edificabile dopo  la  bonifica  incorre  in  una  plateale  violazione  del  giudicato derivante  dal  processo  penale  che  ha  visto  coinvolti  i  legali rappresentanti delle Ditte (RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE),
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
processo nel quale il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE era costituito parte civile. Sulla domanda civile la Corte d’Appello di Perugia in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione penale avrebbe accertato la consolidata, ingravescente, permanente e preesistente situazione di inquinamento ambientale derivante dall’attività industriale di produzione del gas cittadino operata dalla RAGIONE_SOCIALE per conto del RAGIONE_SOCIALE, e la totale estraneità delle Ditte private ad essa, non dichiarata con le permute del 1999.
La Corte d’Appello se avesse pronunciato sulla domanda di responsabilità del RAGIONE_SOCIALE per “aliud pro alio” tenendo conto di tale accertamento, oramai irretrattabile, avrebbe logicamente dovuto riconoscere la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE perché risultava indubbiamente alterato gravemente il sinallagma contrattuale: infatti non aveva alcun rilievo se il sito avesse potuto e meno tornare edificabile a seguito di onerosi interventi di bonifica, perché questi non erano stati previsti nelle permute, mentre la presenza della “consolidata, ingravescente e persistente situazione di inquinamento ambientale” -non dichiarataex se era tale da alterare il sinallagma contrattuale, senza che avesse alcun rilievo un eventuale, presunto, possibile (in un futuro non precisato) ripristino dell’edificabilità.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt.  115  e  116  c.p.c.  e  dell’art.  2967  c.c.,  dell’art.  1337  c.c.  e dell’art. 1 del protocollo addizionale 1) della CEDU.
La  censura  investe  le  seguenti  due  affermazioni  della  Corte d’Appello :  ” nessuna  delle  parti  poteva  avere  la  consapevolezza precisa delle condizioni del terreno …. “; ” lo stesso RAGIONE_SOCIALE afferma essere  ignaro  della  gravità  dell’inquinamento  al  momento  della cessione “.
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
La prima affermazione sarebbe, per quanto attiene al RAGIONE_SOCIALE, contrastante, oltre che con i giudicati amministrativo e penale, con le prove documentali e testimoniali dedotte in causa che oneravano il Giudice a decidere (art. 115 c.p.c.) sulla base delle prove dedotte nonché dei fatti non specificamente contestati.
La seconda sarebbe irrispettosa del principio dell’ onus probandi (art. 2697 c.c.) in quanto la mera affermazione di una parte non poteva portare a nulla se non provata e contrastata dagli elementi probatori opposti. Secondo i ricorrenti, solo loro non potevano avere la consapevolezza precisa delle condizioni della “consolidata, ingravescente e persistente” condizione del terreno nel sottosuolo all’atto degli atti di permuta, mentre di contro la conoscenza del RAGIONE_SOCIALE doveva essere approfondita, come dimostrato dagli appellanti nell’istruttoria e quindi il medesimo RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto informare le acquirenti.
I ricorrenti richiamano tutti gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria che a loro modo di vedere proverebbero la consapevolezza solo in capo al RAGIONE_SOCIALE e non alle ditte della situazione di inquinamento. Tale imponente apparato probatorio, non sarebbe stato considerato dalla Corte d’Appello, in violazione dell’art. 115 c.p.c. che impone al Giudice di porre a fondamento della sua decisione le prove proposte dalle parti. La Corte, inoltre, avrebbe dato ingiustamente prevalenza al fatto che il RAGIONE_SOCIALE si affermasse “ignaro” delle condizioni del sito, senza minimamente provare ciò secondo l’art. 2697 c.c., del resto non poteva essere ignaro delle condizioni del terreno sul quale era stata svolta una produzione nel suo interesse, da aziende che avevano operato in suo nome e per conto.
In tal modo la Corte d’Appello avrebbe finito per “non considerare”, la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE da omessa informazione, informazione che viceversa gli si imponeva in base all’art. 1337 c.c. all’atto delle permute con un affidamento in capo alle Ditte acquirenti, che avevano stipulato senza sapere che i terreni loro ceduti dovevano essere bonificati per essere idonei all’edificazione dedotta in contratto. Il comportamento del RAGIONE_SOCIALE sarebbe altresì violativo dell’art. 1 del Protocollo Addizionale 1) alla CEDU per ingiusta e ingiustificata violazione dell’affidamento prestato dall’acquirente sulle qualità del bene venduto: e neppure di questo si sarebbe tenuto conto da parte della Corte d’Appello.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 1337 c.c., degli artt. 1362, 1363, 1372, secondo comma, 1411 c.c., artt. 242 e 245 d.lgs. n. 152 del 2006 e art. 17, comma 2, d.lgs. n. 22 del 1997.
La  censura  ha  sempre  ad  oggetto  la  negligenza,  quanto all’obbligo di informazione del RAGIONE_SOCIALE, negata dalla Corte d’Appello sulla base di un asserita consapevolezza in capo alle acquirenti ‘ fino dalla conclusione del contratto ‘ del potenziale inquinamento del sito e, quindi, dell’assunzione del  rischio  connesso  alle  spese  da sostenere per la bonifica.
Secondo  i  ricorrenti  la  volontà  contrattuale  così  ricostruita sarebbe inesistente e  divergente  da  quella  risultante  dagli  atti  di permuta del 1999.
La Corte d’Appello sarebbe incorsa in un evidentissimo “travisamento delle prove” che contraddice una corretta attività di valutazione logico-giuridica del materiale probatorio.
Il giudice prima di tutto avrebbe travisato la portata della prova assunta come dirimente, violando gli artt. 115 e 116 c.p.c., nella
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
parte in cui ha fatto retroagire l’efficacia della scrittura del 2008 alla data della conclusione dei contratti (1999), non risultando da tale documento alcun dato che potesse far presumere che quanto in esso affermato provasse una consapevolezza pregressa, prima dell’inizio dei lavori. Il documento, infatti, attiene alla regolamentazione delle spese  per  la  realizzazione  delle  opere  che  dovevano  servire  i  2 Sottocomparti e che quindi necessitavano di preventiva individuazione e ripartizione.
. Il quinto motivo di ricorso è articolato in plurime censure:
5.a) violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. per apparente motivazione contenuta nella apparente affermazione  che  il  bene  tornerà  edificabile  dopo  la  bonifica; violazione degli art. 1453 e 1476, n. 1, c.c. per vendita e consegna di un bene inedificabile;
La Corte ritiene non sussistente la responsabilità contrattuale del RAGIONE_SOCIALE per l’aliud pro alio in quanto – si afferma in sentenza il sito tornerà edificabile dopo la bonifica.
Fin dall’atto di citazione (pag. 31 ultimo capoverso) parti attrici avevano dedotto che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, tramite le proprie RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto procedere alla bonifica, prima della permuta. Questo non è avvenuto: il terreno venduto come immediatamente edificabile, in virtù delle previsioni urbanistiche preesistenti alla permuta, non si è rilevato tale perché né il RAGIONE_SOCIALE né le RAGIONE_SOCIALE hanno provveduto alle obbligatorie (art. 17, comma 2, d.lgs. n. 22 del 1997 preesistente alla permuta poi confermato dall’art. 242 del successivo d.lgs. n. 152 del 2006) messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica.
Il  RAGIONE_SOCIALE,  a  seguito  della  distruzione  dell’impianto  (1974), avrebbe dovuto farsi carico prima delle permute della bonifica del
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
sito di sua proprietà, in quanto responsabile. Di qui l’azione di risarcimento danni nei confronti del permutante contraente RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, derivante dal suo inadempimento contrattuale, sulla base dell’azione generale di cui all’art. 1453 c.c. ed all’art. 1476, n. 1, c.c .. La Corte d’Appello ritiene erroneamente che non sia configurabile l’inadempimento per l’ aliud pro alio (pag. 5, 3° capoverso sentenza Corte Appello) soltanto perché secondo la sua affermazione ” in virtù dell’inquinamento i terreni di che trattasi sono solo temporaneamente inedificabili, potendo darsi luogo all’attività edificatoria a bonifica ultimata “, mentre non sarebbe per nulla motivata in violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. la ragione per la quale la Corte non ha ritenuto dirimente che con il contratto è stato ceduto un bene immediatamente edificabile e secondo precise quantità e destinazioni, mentre l’edificazione è stata impedita dal l’inquinamento riscontrato. La circostanza addotta dalla Corte per cui una bonifica avrebbe condizionato l’edificazione, rendendo “temporaneamente” inedificabili i terreni, non era prevista negli atti di permuta (all. 2 e 3 in primo grado, docc. 5 e 6 fascicoletto Cass), la cui portata non è stata considerata dalla Corte d’Appello che ha così travisato la prova documentale in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c .
5.b violazione dell’art. 101, secondo comma, c.p.c., violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 111, primo comma, cost., violazione delle regole del giusto processo – violazione dell’art. 6 della CEDU e quindi violazione degli artt. 1453 e 1476, n. 1, c.c. e violazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 242 del d.lgs. n. 152 del 2006: motivazione “a sorpresa” quanto alla circostanza che si potrà tornare ad edificare a bonifica ultimata. La suddetta questione (si potrà tornare ad edificare a bonifica ultimata) è stata
rilevata d’ufficio  “a  sorpresa”, ossia senza assegnare alle parti “a pena di nullità” in corrispondenza del precetto di cui all’art. 101, 2° comma, c.p.c., un termine per il deposito di  memorie costituenti osservazioni sulla medesima questione.
5.c  difetto  di  giurisdizione  del  giudice  ordinario  (quanto  alla motivazione per cui si tornerà ad edificare a bonifica ultimata, e che l’edificazione è solo temporaneamente interdetta): violazione degli artt. 1453 e 1476, n. 1, c.c.;
La  sentenza  nell’affermare  che  il  terreno  tornerà  edificabile dopo la bonifica e, quindi, negando l’inadempimento per tale motivo del RAGIONE_SOCIALE, esorbiterebbe dalla giurisdizione del Giudice ordinario. Di conseguenza la Corte d’Appello non avrebbe potuto decidere la questione dell’ aliud pro alio , utilizzando un argomento precluso alla sua giurisdizione.
5.d violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 132, n. 4, c.p.c.,  violazione  degli  artt.  1453,  1476,  n.  1,  c.c.  e  violazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 242 d.lgs.  n. 152 del 2006  (quanto  all’inidoneità  e/o  insufficienza  ed  apparenza  della motivazione quanto alla temporaneità dell’inedificabilità ad escludere l’ aliud pro alio );
La sentenza non avrebbe considerato, ed anzi avrebbe travisato, la portata dei documenti prodotti, giungendo a ritenere solo temporaneamente interdetta l’edificazione, con una insufficiente e/o apparente e contraddittoria motivazione sul punto. Infatti, non sarebbe vero il fatto che la temporaneità dell’impedimento era senza conseguenze quanto al bene venduto, invece tali conseguenze esistevano perché la convenzione e i titoli edilizi prevedevano l’attuazione in tempi determinati.
5.e violazione degli artt. 115, 116 e 132, n. 4), c.p.c., degli artt. 1453 e 1476, n. 1, c.c. (assenza di prova nel processo quanto alla circostanza che si potrà tornare ad edificare a bonifica ultimata e comunque motivazione apparente e/o insufficiente sul punto);
Mancherebbe la motivazione anche su quale elemento probatorio dimostri che si potrà dar luogo all’attività edificatoria a bonifica ultimata, né sarebbe chiaro di quale bonifica si tratti, con quale oggetto e di quale durata.
5.f violazione dell’art. 111, primo comma, cost., dell’art. 132, n. 4), c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché dell’art. 6 CEDU (principi regolatori del giusto processo) nonché violazione degli artt. 1453 e 1476 n. 1 c.c.  violazione dell’art. 1 del protocollo addizionale 1) della CEDU.
6.
8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 112, 113 e 132 n. 4, 163 c.p.c.; dell’art. 2043 c.c., dell’art. 1494 c.c. nonché dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. n.22 del 1997 ed
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
all’art.  242  del  d.lgs.  n.152  del  2006  e  dell’art.  1  del  protocollo addizionale 1) della CEDU.
9.  Il  nono  motivo  di  ricorso  attiene  alla  riproposizione  della domanda di danni che configurerebbe “questione non decisa”.
Ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
10. L’unico motivo del ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE è  così rubricato: violazione dell’art. 30 , comma 6, e d ell’art. 133 comma 1, lett. a), n. 2, e lett. f), d.lgs. n. 104 del 2010.
La censura ha ad oggetto il capo della sentenza che ha ritenuto infondato l’appello  incidentale  del  RAGIONE_SOCIALE  volto  all’accoglimento della  eccezione  di  difetto  di  giurisdizione  del  giudice  ordinario, trattandosi di accordi ex art. 11 legge n. 241 del 1990, eccezione che il  RAGIONE_SOCIALE aveva formulato in primo grado e che il Tribunale aveva rigettato.
Il ricorrente incidentale evidenzia che gli atti negoziali che hanno portato alla cessione dell’area fanno parte di un complesso accordo urbanistico per la pianificazione negoziata di alcune zone di territorio comunale. Il RAGIONE_SOCIALE fa riferimento ai protocolli di intesa del 1994 e del 1999 che hanno integrato e parzialmente modificato la convenzione urbanistica del 25 luglio 1994 relativa al piano particolareggiato di esecuzione denominato ‘Mirafiore’. Sulla base di tali atti si è stabilito che le ditte cedevano terreni destinati a verde pubblico e in cambio ricevevano un terreno da rendere edificabile ad uso residenziale. Si tratterebbe pertanto di accordi pubblici integrativi e sostitutivi di provvedimento ex art. 11 l. n. 241 del 1990 e di atti di pianificazione del territorio che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche quanto alle domande risarcitorie o per responsabilità precontrattuale.
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
Ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE
Preliminarmente la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE precisa di impugnare in via incidentale la sentenza dalla Corte di Appello di Ancona nella parte in cui assume come fatto incontestato la circostanza per cui vi sarebbe continuità soggettiva tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e nella parte in cui, riscontrando la richiesta di estromissione formulata dalle Compagnie terze chiamate in causa in primo grado, afferma che, in appello, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non avrebbe riproposto le domande di manleva ex art. 346 c.p.c., condannandola alle spese di soccombenza in favore delle terze chiamate.
 Il  primo  motivo  di  ricorso  incidentale,  subordinato  e condizionato  alla  denegata  ipotesi  di  accoglimento  del  settimo motivo di ricorso principale è così rubricato: Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 , n. 5, c.p.c.
La censura ha ad oggetto l’affermata continuità soggettiva tra la società ricorrente incidentale e la società RAGIONE_SOCIALE (e prima ancora la società del gas) senza che la Corte d’Appello abbia tenuto conto di tutte le deduzioni difensive che la escludevano.
13.  Il  secondo  motivo  di  ricorso  incidentale,  subordinato  e condizionato è così rubricato: Vizio di extrapetizione in violazione dell’art.  112  c.p.c.,  in  relazione  all’art.  360  n.  4  c.p.c.  error  in procedendo , nullità in parte qua della sentenza.
La censura è in parte ripetitiva di quella formulata con il primo motivo  del  ricorso  incidentale  ed  è  formulata  in  relazione  alla ritenuta  non  contestazione  della  suddetta  continuità  tra  i  diversi soggetti giuridici che utilizzavano i terreni in esame.
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
14. Il terzo motivo di ricorso incidentale è cosi rubricato: Vizio di  extra  petizione  in  violazione  dell’art.  112  c.p.c.,  in  relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. error in procedendo ,  nullità  in  parte qua della sentenza.
La sentenza sul punto sarebbe viziata posto che la Corte territoriale, nel riscontrare le eccezioni formulate dalla RAGIONE_SOCIALE avrebbe completamente omesso di esaminare e pronunciarsi in merito alle domande di manleva che la ricorrente incidentale ha riproposto ex art. 346 c.p.c. (al Capo 4 della comparsa di costituzione in appello, rubricato ‘ Riproposizione delle eccezioni svolte in primo grado ex art. 346 cpc. e non accolte dal Giudice di primo grado in quanto assorbite ‘, pag. 27, par. 4.3 ‘ Sulle eccezioni di difetto di legittimazione attiva e passiva sollevate da RAGIONE_SOCIALE ‘ ( all. 8 fascicolo Cassazione doc. 8.22 pag. da 31 a 33) e par. 4.4 ‘ Sulle eccezioni di RAGIONE_SOCIALE in merito alla garanzia RCT ‘ (da pag. 33 a 34).
Dal  tenore  testuale  delle  domande,  come  riproposte  nei paragrafi 4.3 e 4.4 della comparsa in appello, si comprenderebbe chiaramente  la  volontà  di  NOME  di  volersi  avvalere  della  manleva assicurativa.
Dunque, la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui oblitera totalmente di valutare e considerare tali domande nel corso della disamina  della  richiesta  di  estromissione  formulata  dalle  terze chiamate  e,  conseguentemente,  nella  parte  in  cui  qualifica  come ‘ arbitraria ‘  la  RAGIONE_SOCIALE  in  causa  delle  stesse  condannando  alle spese di soccombenza la resistente.
15. Il Procuratore Generale ha evidenziato che in via preliminare  deve  esaminarsi  il  ricorso  incidentale  del  RAGIONE_SOCIALE  di RAGIONE_SOCIALE che attiene al difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Ric. 2021 n.23666 sez. S2 – ud. 23/01/2024
In ordine a tale questione l’Uffici o di Procura ha concluso per la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulla scorta della giurisprudenza delle Sezioni Unite secondo cui la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie di cui all’articolo 133, primo comma, lettera a), numero 2, del codice del processo amministrativo, concernenti «formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni» va scrutinata esaminando il petitum sostanziale, al fine di verificare se si controverta o meno dell’adozione di strumenti negoziali che siano sostitutivi dell’esercizio, di un potere autoritativo, e se la giurisdizione del giudice amministrativo si radichi nel quadro di un rapporto ormai paritario collocato «a valle» dello strumento negoziale adottato in sostituzione del potere autoritativo. Si è esclusa pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo allorché la controversia tra P.A. ed imprenditore si sia focalizzata «su un prof ilo che non concerne la esecuzione in sé» dell’accordo negoziale, che in quel caso era un «patto territoriale, cioè la conformazione più o meno corretta degli atti del privato rispetto alle disposizioni attuative della programmazione negoziata con cui l’at tività della RAGIONE_SOCIALE. si era declinata attraverso detto strumento» (Cass., Sez. Un., 28 luglio 2021, n. 21652; Ordinanza n. 20464 del 24/06/2022).
Nella specie sarebbe evidente che la giurisdizione sulla controversia in discorso appartenga al giudice ordinario dal momento che tale controversia ha ad oggetto questioni meramente patrimoniali tra le parti, connesse non all’eventuale attività provvedimentale, ma  al comportamento in fatto consistente nell’asserito deliberato occultamento dell’esistenza dei residui
tossici,  in  violazione del principio  del neminem ledere ,  applicabile alla fase precontrattuale.
Quanto, invece, alla ritenuta sussistenza di una controversia che atteneva ai protocolli stipulati in materia urbanistica, è sufficiente osservare come gli atti di permuta dedotti in giudizio non potrebbero essere considerati come  modifica della pregressa convenzione urbanistica, essendo essi frutto di autonoma negoziazione fra la PA ed il privato in posizione paritetica.
16. Il collegio rileva che la questione di giurisdizione sottoposta all’esame della Corte con il ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non  rientri  tra  quelle  che  possono  essere  decise  dalle  Sezioni semplici ed evochi la potestà decisionale delle Sezioni Unite, ai sensi degli artt. 360, n. 1, e 374 cod. proc. civ..
Non  ricorrono  nella  specie,  infatti,  i  presupposti  perché  la decisione in ordine alla questione di giurisdizione possa essere presa dalla sezione semplice.
Deve richiamarsi quanto chiarito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui: «L’art. 374 c.p.c. va interpretato nel senso che, tranne nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, i ricorsi che pongono questioni di giurisdizione possono essere trattati dalle sezioni semplici allorché sulla regola finale di riparto della giurisdizione “si sono già pronunciate le sezioni unite”, ovvero sussistono ragioni di inammissibilità inerenti alla modalità di formulazione del motivo (ad esempio, per inosservanza dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., difetto di specificità, di interesse etc.) ed all’esistenza di un giudicato sulla giurisdizione (esterno o interno, esplicito o implicito), costituendo questione di giurisdizione anche la verifica in ordine alla
formazione del giudicato» (Sez. U, Sentenza n. 1599 del 19/01/2022, Rv. 663733 – 01).
P.Q.M.
La  Corte  dispone  rimettersi  gli  atti  al  AVV_NOTAIO  per l’eventuale assegnazione de i ricorsi alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione