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Responsabilità precontrattuale soci: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34418/2024, chiarisce che in casi di fallite negoziazioni, la richiesta di risarcimento per responsabilità precontrattuale non spetta ai singoli soci. Il diritto a un’azione legale per danni è di esclusiva competenza della società che ha partecipato alle trattative, anche se i soci o i fideiussori hanno subito perdite finanziarie dirette. L’appello dei soci è stato dichiarato inammissibile, rafforzando il principio che solo la parte direttamente coinvolta nelle trattative detiene il diritto di agire.

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Responsabilità Precontrattuale Soci: La Cassazione Traccia i Confini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento sui limiti della responsabilità precontrattuale soci. La Suprema Corte ha stabilito che, in caso di interruzione ingiustificata delle trattative, il diritto al risarcimento del danno spetta unicamente alla società che era parte della negoziazione, e non ai suoi soci, anche qualora questi abbiano subito un danno diretto e personale. Questa pronuncia consolida un principio fondamentale sulla distinzione tra la personalità giuridica della società e quella dei suoi membri.

Il Contesto: Trattative Fallite e la Richiesta di Danni

Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dai soci e fideiussori di una società a responsabilità limitata contro una compagnia di assicurazioni. La società aveva intrapreso trattative con l’assicurazione per ottenere una polizza fideiussoria, indispensabile per accedere a un finanziamento bancario. La mancata emissione della polizza da parte della compagnia assicurativa aveva causato la revoca del finanziamento da parte della banca, portando a gravi conseguenze patrimoniali sia per la società che, di riflesso, per i soci che avevano prestato garanzie personali.

La Decisione dei Giudici di Merito: Solo la Società è Titolare del Diritto

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda dei soci. I giudici di merito hanno ritenuto che l’eventuale responsabilità della compagnia assicurativa dovesse essere inquadrata nell’ambito della responsabilità precontrattuale, disciplinata dall’art. 1337 c.c., per violazione del dovere di buona fede nelle trattative. Tuttavia, la controparte contrattuale in tali trattative era esclusivamente la società e non i singoli soci. Di conseguenza, solo la società (o, in caso di fallimento, il suo curatore) era titolare del diritto di agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla rottura delle negoziazioni. I danni subiti dai soci, seppur diretti, erano considerati irrilevanti ai fini della titolarità dell’azione precontrattuale.

L’Analisi della Cassazione sulla Responsabilità Precontrattuale dei Soci

La Corte di Cassazione ha confermato la linea dei giudici di merito, dichiarando inammissibile il ricorso principale presentato dai soci. La decisione si fonda su argomentazioni sia di natura processuale che sostanziale.

Inammissibilità del Ricorso Principale

La Suprema Corte ha rilevato un vizio fondamentale nel ricorso: i ricorrenti non avevano contestato la specifica ratio decidendi della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva dichiarato l’appello inammissibile per genericità, ma i soci, nel loro ricorso per cassazione, avevano ignorato questo punto procedurale, concentrandosi invece sul merito della loro pretesa. Tale approccio è stato definito ‘eccentrico’ e ha reso il ricorso inammissibile, in quanto non si confrontava con la vera ragione della decisione impugnata.

L’Accoglimento del Ricorso Incidentale sulle Spese Legali

Parallelamente, la Corte ha accolto il ricorso incidentale presentato dalla compagnia di assicurazioni, che lamentava un’errata liquidazione delle spese legali da parte della Corte d’Appello. Il compenso era stato fissato in una misura notevolmente inferiore ai minimi tariffari previsti per una causa di valore così elevato (oltre 26 milioni di euro). La Cassazione ha ribadito che il giudice può discostarsi dai valori medi ma non può scendere al di sotto dei minimi senza una specifica e adeguata motivazione, che in questo caso mancava. Di conseguenza, ha cassato la sentenza su questo punto e ha rideterminato le spese in conformità con i parametri legali.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono chiare: la responsabilità per la violazione della buona fede nelle trattative (art. 1337 c.c.) protegge l’affidamento della parte che partecipa alla negoziazione. In questo caso, la parte era la società, un soggetto giuridico distinto dai suoi soci. I danni subiti dai soci, come l’escussione delle loro fideiussioni personali, non possono essere ricondotti a una violazione di un obbligo precontrattuale nei loro confronti, poiché essi erano terzi rispetto a quella specifica trattativa. La Corte sottolinea che il fondamento giuridico dell’azione intentata era di natura precontrattuale e non poteva essere esteso per coprire pregiudizi subiti da soggetti, seppur economicamente collegati, esterni al rapporto negoziale.

Le conclusioni

La sentenza rafforza il principio della separazione patrimoniale e della distinta personalità giuridica tra società e soci. Per gli imprenditori e i professionisti, questa decisione rappresenta un monito importante: il danno subito personalmente dal socio a causa di un illecito commesso nei confronti della società non legittima, di per sé, un’azione individuale basata sulla responsabilità precontrattuale. Il veicolo per ottenere ristoro è l’azione della società stessa. Inoltre, la pronuncia sulle spese legali ricorda l’importanza del rispetto dei parametri forensi, garantendo una corretta remunerazione dell’attività difensiva in relazione al valore della controversia.

Un socio può chiedere il risarcimento per i danni personali derivanti dalla rottura ingiustificata delle trattative che coinvolgevano la sua società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’azione per responsabilità precontrattuale (art. 1337 c.c.) spetta esclusivamente alla parte che ha condotto le trattative, in questo caso la società. I soci, anche se fideiussori, sono considerati terzi e non possono agire per i danni diretti subiti, come l’escussione delle garanzie personali.

Qual è la differenza tra ‘legittimazione ad agire’ e ‘titolarità del diritto’?
La ‘legittimazione ad agire’ è una condizione processuale che riguarda l’astratta idoneità di un soggetto a far valere un diritto in giudizio. La ‘titolarità del diritto’ è una questione di merito e attiene all’effettiva appartenenza di quel diritto al soggetto che agisce. La sentenza chiarisce che il problema dei soci non era la mancanza di legittimazione, ma la non titolarità del diritto al risarcimento, che apparteneva alla società.

Perché il ricorso principale dei soci è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché non ha affrontato la specifica ratio decidendi della Corte d’Appello, la quale aveva rigettato il gravame per difetto di specificità. I ricorrenti hanno argomentato sul merito della loro pretesa (la titolarità del diritto) invece di contestare la valutazione processuale di inammissibilità del motivo d’appello, rendendo il loro ricorso in Cassazione ‘eccentrico’ e non pertinente alla decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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