Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30617 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30617 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16246/2022 proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, gli ultimi due quali eredi di NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 118/2022 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA, depositata il 3/2/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 3/2/2022, la Corte d’appello di Genova ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE per la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME al risarcimento del danno subito dalla società attrice in conseguenza del preteso illecito precontrattuale dei convenuti, i quali, secondo la prospettazione della società attrice, dopo aver promesso la futura vendita di un proprio immobile al prezzo di euro 900.000,00, avrebbero successivamente rifiutato la conclusione di tale vendita al prezzo di euro 680.000,00, in conformità alla proposta di riformulazione di detto prezzo, avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE, nella specie giustificata unicamente dalla rilevata presenza di taluni irregolarità edilizie dell’immobile dei convenuti che ne riducevano la superficie;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente escluso il ricorso di alcun illecito precontrattuale dei convenuti, dovendo ritenersi giustificata la mancata conclusione dell’accordo al prezzo più basso riformulato dalla RAGIONE_SOCIALE, avendo quest’ultima prospettato le condizioni del nuovo accordo in forza di una risoluzione meramente unilaterale, priva di alcuna previa trattativa tra le parti, con la conseguente insussistenza di alcun ragionevole affidamento della RAGIONE_SOCIALE sulla futura conclusione del contratto di compravendita immobiliare alle condizioni pretese dalla società attrice;
avverso la sentenza d’appello, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, gli ultimi due quali eredi di NOME COGNOME, resistono con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che,
con l’unico motivo di impugnazione proposto, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 cod. civ., in relazione al disposto dell’art. 360 c.p.c. n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente escluso la responsabilità precontrattuale dei signori COGNOME e COGNOME sul rilevo che gli stessi non fossero obbligati a vendere l’immobile di loro proprietà alle condizioni proposte da RAGIONE_SOCIALE, essendo viceversa emerso, sulla base degli elementi di prova complessivamente acquisiti al giudizio, l’effettiva sussistenza di un giustificato affidamento della società istante (nella specie, illecitamente tradito dalla controparte) sulla futura conclusione della compravendita immobiliare oggetto di lite;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, attraverso la proposizione del motivo in esame, la società ricorrente -lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata -si sia limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di
motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione della norma richiamata sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo , con particolare riguardo all’effettiva e concreta creazione, per effetto del comportamento della controparte, di un obiettivo affidamento della società interessata circa la futura conclusione del contratto deAVV_NOTAIOo alle condizioni dalla stessa proposte;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odiern a società ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della
legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 14.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione