Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4039 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26977/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in rappresentata e difesa dall’Avvocato NOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
: liquidazione, COGNOME
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Spoleto n. 7520/2018 depositato in data 11/7/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ammetteva al passivo della procedura il credito di € 831.000 vantato da C.M.T. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito, per brevità, C.M.T.), compagine che aveva stipulato con la società in bonis un contratto di affitto di ramo d’azienda in forza del quale era subentrata in una serie di contratti di appalto, a titolo di risarcimento dei danni provocati dalla RAGIONE_SOCIALE
s.r.l. in conseguenza della falsa rappresentazione dello stato di consistenza degli appalti in corso (dato che, secondo la contabilizzazione della stazione appaltante, l’affittuaria vantava un minor credito di € 367.000 rispetto al sesto s.a.l. e doveva subire detrazioni per € 464.000 a causa della contabilizzazione di lavorazioni in eccesso sul quarto e quinto s.a.l.).
Il Tribunale di Spoleto, a seguito dell’opposizione proposta da C.M.T., osservava che la stipulazione di un contratto di affitto di azienda, comportante il subentro in complessi rapporti contrattuali di appalto ad opera di un’affermata società di esperi enza pluriennale operante su scala nazionale, imponeva a quest’ultima un onere di informazione su tutti gli aspetti rilevanti dell’accordo, in primo luogo sullo stato di esecuzione dei contratti.
Osservava che la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, a mente degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., assumeva rilievo anche in caso di valida conclusione del negozio quando alla parte contraente fosse imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti che avrebbero altrimenti indotto, secondo un giudizio probabilistico, a una diversa conformazione del contenuto dell’accordo contrattuale.
Rilevava, tuttavia, che il reale stato di avanzamento dei lavori dell’appalto ‘Tre Valli’ non aveva fatto parte del contenuto del contratto di affitto, ‘ essendo rimasto totalmente al di fuori degli accordi, anche impliciti, delle parti ‘.
C.M.T. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, pubblicato in data 11 luglio 2018, prospettando due motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 ll primo motivo di ricorso denuncia la falsa applicazione dell’art. 1337 cod. civ., in correlazione con l’art. 1440 cod. civ.: il
tribunale ha omesso ogni accertamento sulla dedotta violazione del principio di correttezza e buona fede da parte di RAGIONE_SOCIALE, sostenendo che era onere di C.RAGIONE_SOCIALE. accertare la reale consistenza del ramo d’azienda oggetto del contratto, quando invec e la società poi fallita aveva un dovere di informazione sulle reali possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze significative rispetto all’economia del negozio.
Il tribunale avrebbe dovuto focalizzare l’attenzione sul profilo della malafede ascrivibile a RAGIONE_SOCIALE e rinvenibile dal mero confronto fra la descrizione dello stato di consistenza contenuto nella scheda allegata al contratto e la nota successivamente inviata dall’RAGIONE_SOCIALE, con cui la stazione appaltante aveva cristallizzato una progressione dei lavori inferiore a quella prospettata.
Il vizio dedotto discende -in tesi -dall’avvenuto travisamento di un presupposto fattuale, dato che il contratto di affitto stipulato fra le parti conteneva una chiara indicazione dello stato di avanzamento dei lavori del cantiere ‘Tre Valli’ e del poten ziale diritto di credito oggetto di aspettativa in capo a C.M.T..
4.2 Il secondo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dal comportamento malfidente tenuto nella fase delle trattative e della successiva stipulazione del contratto di affitto dalla società fallita, le cui dichiarazioni, contenute nell’allegato al contratto, erano state contestate da C.M.T. in quanto mendaci ed integranti una responsabilità precontrattuale.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano, ambedue, inammissibili, per molteplici ragioni.
5.1 Il tribunale ha sì sostenuto, in via preliminare, che la qualità soggettiva della società affittuaria le imponeva un onere di informazione in ordine a tutti gli aspetti di rilievo dell’accordo, in primo luogo dello stato di esecuzione dei contratti.
Ciò nondimeno ha subito dopo osservato che non era stato prospettato in quali termini la dedotta omissione avrebbe influito negativamente sul contenuto del contratto.
Ha aggiunto, inoltre, che il reale stato di avanzamento dei lavori non risultava avere fatto parte del contenuto del contratto, essendo rimasto totalmente al di fuori degli accordi anche impliciti delle parti, cosicché non poteva attribuirsi alle annotazioni contabili di Ediltevere, asseritamente errate, un’efficacia decettiva tale da indurre in C.M.T. una falsa rappresentazione dell’esatta portata del contenuto dello stipulando contratto di affitto.
Si tratta di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla,
5.2 Entrambi i mezzi in esame muovono dal presupposto che, al contrario di quanto rilevato dal tribunale, lo stato di consistenza dell’appalto fosse contenuto e descritto all’interno di una scheda allegata al contratto.
Un simile assunto contesta un accertamento in fatto che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte, e mira alla rivalutazione dei fatti operata all’interno del provvedimento impugnato, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito.
5.3 Ne discende l’inammissibilità, per difetto di interesse, delle contestazioni sollevate in ordine alla portata del dovere informativo che ricadeva sulla società fallita.
Invero, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla
cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
5.4 Giova aggiungere, infine, che la prima censura, proposta dal ricorrente in termini di falsa applicazione di legge, non integra gli estremi del c.d. vizio di sussunzione, come tale riconducibile alla violazione di legge di cui al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. (cfr., da ultimo, Cass. 13747/2018), posto che la conformazione di tale vizio suppone che l’«accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo e indiscusso» (Cass. 6035/2018), mentre il mezzo si fonda su una ricostruzione del contenuto contrattuale diversa da quella compiuta dal tribunale.
Né è possibile predicare un omesso esame del comportamento malfidente tenuto dalla fallita, come propone il secondo mezzo, perché in realtà il tribunale ha escluso che la dedotta omissione di informazioni avesse influito negativamente sul contenuto del contratto, dato che lo stato di avanzamento dei lavori era rimasto estraneo all’accordo negoziale.
Rispetto a questa circostanza la seconda doglianza, quindi, lamenta non tanto un omesso esame, ma un esame non conforme alla lettura che l’odierna ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali; interpretazione, questa, che tuttavia non è coerente con la censura sollevabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., che consente di lamentare l’omissione dell’ esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte (Cass. 14929/2012, Cass. 23328/2012).
In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 29 gennaio 2025.