Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13543 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18736/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1045/2021 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA, depositata il 6/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/03/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 6/05/2021, la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME e in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE per la condanna della COGNOME al risarcimento dei danni di natura precontrattuale sofferti dalla società attrice in conseguenza dell’illegittimo recesso operato dalla COGNOME dalle trattative contrattuali conAVV_NOTAIOe tra le parti ai fini della stipulazione di un contratto di locazione immobiliare;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato il difetto di legittimazione passiva della COGNOME rispetto alla domanda di risarcimento dei danni precontrattuali proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, essendosi la COGNOME limitata, nel caso di specie, alla sola conclusione, con la stessa RAGIONE_SOCIALE, di un contratto preliminare di locazione per sé o per persona da nominare, successivamente provvedendo (nel giorno successivo) alla nomina della RAGIONE_SOCIALE ai fini dell’imputazione, in capo a quest’ultima, degli effetti del contratto preliminare di locazione già concluso, con la conseguente assunzione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, sin dall’origine, anche della posizione di parte della relazione precontrattuale intercorsa con la società attrice, così presentandosi come unica legittimata a resistere alla domanda di risarcimento dei danni ex art. 1337 c.c. proposta dalla RAGIONE_SOCIALE;
avverso la sentenza d’appello, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d ‘ impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
considerato che :
con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322 e 1362 c.c.
nonché dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che, attraverso l’originaria accettazione della proposta di locazione avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE da parte della COGNOME, fosse stato costituito tra le parti un contratto preliminare di locazione e non già un atto destinato a inserirsi in una fattispecie precontrattuale a formazione progressiva, ritenendo così legittimata passiva dell’azione risarcitoria la società nominata da parte di chi aveva accettato la proposta, anziché quest’ultima;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1377 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente escluso che la legittimazione passiva rispetto all’azione azione di responsabilità precontrattuale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE spettasse alla parte che aveva originariamente sottoscritto la proposta contrattuale di locazione;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili:
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione degli atti negoziali debba ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c.;
in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente deAVV_NOTAIOa con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la
ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);
nel caso di specie, l’odiern a ricorrente si è limitata ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, il preteso tradimento, da parte dei giudici di merito, della comune intenzione delle parti (ai sensi dell’art. 1362 c.c.), orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito ai testi e ai comportamenti negoziali interpretati, bensì attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge ( ex art. 360, n. 3, c.p.c.) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito dei fatti di causa;
sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione del comportamento e dell’attività negoziale delle parti nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, per tale via giungendo alla corretta ricostruzione del significato negoziale degli atti compiuti, sì da sfuggire integralmente alle odierne censure avanzate dalla ricorrente in questa sede di legittimità;
ciò posto, le odierne censure (valutate in riferimento a tutti i parametri normativi espressamente evocati) in altro non si risolvono, se non in una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa (peraltro, senza neppure indicare se e dove i fatti da esse rappresentati furono
oggetto di argomentazione nel giudizio di merito), sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 8.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione