Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24979 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24849-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 469/2022 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/08/2022 R.G.N. 868/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Clausola premiale -Condizione impossibile -Responsabilità precontrattuale da contratto valido.
R.G.N. 24849/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 09/07/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 207/2020 il Tribunale di Rovigo, in parziale accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME ha condannato RAGIONE_SOCIALE a corrispondergli l’importo di € 21.000 a titolo di risarcimento del danno patito in conseguenza della nullità della clausola ‘premiale’ apposta ai contratti di collaborazione professionale quale Direttore sanitario della clinica privata della RAGIONE_SOCIALE in virtù della quale una parte della retribuzione spettante al COGNOME era subordinata all’avverarsi della condizione – impossibile da realizzarsi sin dal sorgere del rapporto contrattuale – del raggiungimento del ‘pareggio costi/ricavi mensile’. Il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda svolta dal COGNOME in via principale e volta al conseguimento dell’emolumento pattuito al richiamato art. 6 degli accordi intercorsi tra le parti, stante il mancato verificarsi della condizione alla quale era sottoposta la corresponsione delle maggiorazioni del compenso pattuite, ovverosia il raggiungimento del pareggio di bilancio, ma ha accolto la domanda svolta in via subordinata ritenendo, ai sensi dell’art. 1354 c.c., la nullità della clausola di cui si discorre, atteso che la clinica ben sapeva che la condizione inserita in tale clausola (il raggiungimento del pareggio di bilancio) era di impossibile realizzazione. Pertanto, il giudice ha ritenuto meritevole di protezione l’affidamento riposto dal Fusello in ordine alla validità e all’efficacia della clausola medesima. Su tali basi il giudice ha riconosciuto al Fusello il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1338 c.c. per violazione da parte della clinica dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.
Con sentenza n. 469/2022 del 2.8.2022 la Corte d’appello di Venezia, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava le domande proposte dal COGNOME. In particolare, la Corte d’appello, premesso che non risultava contestata la qualificazione della fattispecie come di responsabilità precontrattuale ex art. 1338 c.c., accoglieva, in base alla ragione più liquida, il quarto motivo
di appello con il quale RAGIONE_SOCIALE contestava la liquidazione del danno svolta dal Giudice di primo grado in difetto di allegazione e prova relativa al danno da responsabilità precontrattuale, da limitare al cd interesse negativo rilevando che ‘ Nel caso di specie, il COGNOME non ha allegato né provato di aver sostenuto, a causa della condotta di RAGIONE_SOCIALE, inutilmente delle spese o di essere stato distolto dalla possibilità di stipulare con alti un contratto più vantaggioso (c.d. interesse negativo), ma ha sostanzialmente domandato, sub specie di risarcimento del danno, la corresponsione dell’importo che gli sarebbe spettato laddove la clausola di cui si discorre fosse stata valida e adempiuta. Dunque, nella sostanza, è stato fatto valere il c.d. interesse positivo/interesse all’adempimento, non risarcibile a fronte di una fattispecie di responsabilità precontrattuale. L’assenza di allegazione e di prova circa la sussistenza del danno risarcibile in relazione alla fattispecie dedotta in giudizio è in ogni caso dirimente ai fini dell’accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE e del rigetto della domanda del Fusello accolta in primo grado ‘. Ad abundantiam la Corte d’appello ha esaminato, ritenendoli fondati, anche gli altri motivi di appello.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il COGNOME affidato a tre motivi.
Si difende con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 1338 c.c., in relazione al capo della sentenza che ha accolto il quarto motivo di appello – motivo di appello esaminato prioritariamente rispetto agli altri in quanto ragione più liquida che consentiva la definizione del procedimento di gravame – con cui la Corte d’appello ha dichiarato risarcibile, trattandosi di responsabilità
precontrattuale, esclusivamente il cd. interesse negativo, la cui sussistenza risultava non allegata né dimostrata. Il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata per non aver tenuto conto che, secondo l’orientamento di legittimità richiamato in ricorso, la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto ex art. 1337 e 1338 c.c. assume rilievo anche nel caso di conclusione di un contratto valido quando ad una delle parti sia imputabile l’omissione di informazione rilevanti che avrebbero indotto ad una diversa conformazione del contratto. Evidenzia che nel caso di specie il COGNOME aveva subìto un indubbio pregiudizio per il fatto che la società convenuta aveva subordinato parte della sua retribuzione ad una condizione che sapeva essere impossibile da realizzare, ed ha quindi scientemente inserito nei contratti di conferimento di incarico una clausola dall’oggetto impossibile e deduce che se fosse stato consapevole che la clausola premiale in questione non poteva in realtà mai funzionare, a dispetto di quanto appariva dai dati contabili contenuti nel gestionale RAGIONE_SOCIALE al quale egli aveva accesso, avrebbe certamente pattuito con la società RAGIONE_SOCIALE, fin da subito, un corrispettivo mensile maggiore, oppure una forma di bonus strutturato su altri parametri o su altre situazioni: ciò che peraltro gli era stato suggerito proprio dal consulente contabile di RAGIONE_SOCIALE, ma solo alla fine di giugno 2018. Esponeva, poi, che durante la gestione del RAGIONE_SOCIALE si era in ogni caso ottenuto un rilevante miglioramento della situazione economica e patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE con ottimizzazione delle risorse produttive ed una apprezzabile diminuzione dell’incidenza dei costi variabili sino a giungere nel 2018 ad un saldo positivo di € 216.442,53 e che il mancato raggiungimento del target di pareggio del bilancio era dipeso esclusivamente dal fardello dei costi fissi sui quali il RAGIONE_SOCIALE non poteva in alcun modo incidere. Deduceva che il pareggio tra costi/ricavi mensile cui faceva riferimento la clausola premiale, andava inteso in senso atecnico in relazione andamento mensile tra costi ordinari e ricavi,
laddove intesa come pareggio di bilancio in senso tecnico la clausola doveva ritenersi nulla.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce ‘errata applicazione dell’art. 1419 c.c. in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c. – erronea valutazione di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui la Corte d’Appello ha rilevato la novità della domanda risarcitoria proposta dal ricorrente solo nelle note conclusive nonostante il COGNOME la avesse proposta quale precisazione di quella originaria in sede di prima udienza e quale conseguenza di una circostanza fattuale (l’impossibilità di avveramento della condizione alla quale era subordinato il riconoscimento del bonus) introdotta in giudizio dalla controparte. Espone che in ogni caso, come dedotto nella memoria di costituzione in appello, la nullità di un contratto o di una sua clausola poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice e che, trattandosi di domanda autodeterminata, il suo mutamento nel corso del processo integrava una mera emendatio e non una mutatio.
3.Con il terzo motivo si deduce la erronea valutazione di fatti decisivi per il giudizio, ossia la inconsapevolezza di Mediclinic dell’impossibile realizzazione della clausola n. 6, nonostante il CTU avesse rilevato che l’enorme distanza che separava la società dal conseguimento del pareggio di bilancio fosse ampiamente conosciuta e che tale conoscenza emergesse anche dalle note integrative allegate ai bilanci degli anni 2016-2018; la conoscenza da parte del Fusello dei dati contabili della società.
Il ricorso è inammissibile per essere inammissibili ciascuno dei tre motivi svolti.
Ragioni di pregiudizialità logica impongono di esaminare preliminarmente il terzo motivo di ricorso che attiene al presupposto della configurabilità stessa di una responsabilità precontrattuale da contratto valido ma sconveniente ossia la sussistenza di un comportamento scorretto o l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti
le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso.
5.1. Nel caso di specie con accertamento in fatto insindacabile in questa sede la Corte d’appello ha ritenuto che non vi fosse ‘ prova che, al momento della stipula della clausola premiale di cui si discorre, RAGIONE_SOCIALE sapesse che il pareggio non era raggiungibile e che abbia taciuto informazioni rilevanti in tal senso al COGNOME ‘ anche tenuto conto che ‘ il COGNOME è stato direttore sanitario della clinica dal 2015, quindi per parte sua, conosceva o avrebbe dovuto conoscere con l’ordinaria diligenza (es dal bilancio 2015) la situazione economico-finanziaria della società. Del resto emerge documentalmente in base alle comunicazioni tra COGNOME e i consulenti della società che egli aveva contezza della situazione ‘.
5.2. Tale accertamento, come detto rimesso al giudice di merito, non risulta idoneamente censurato dal COGNOME il quale si limita inammissibilmente a lamentare una ‘erronea valutazione di fatti decisivi’ senza indicare un “fatto” dedotto e non esaminato dalla Corte d’appello, idoneo a giustificare una decisione diversa da quella assunta, ma denunciando invece l’erroneità, in blocco, della valutazione compiuta dai giudici d’appello in relazione a quei fatti esaminati.
In ordine al secondo motivo deve osservarsi che esso è inammissibile per gli stessi motivi del motivo che precede nella parte in cui lamenta l’erronea valutazione di un fatto decisivo in riferimento alla circostanza della impossibilità di raggiungere il pareggio di bilancio, e della sua conoscibilità ex ante da parte della società, con conseguente nullità della clausola premiale che a tale ‘impossibile’ risultato condizionava la spettanza del bonus. La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto che tale circostanza fosse smentita ‘ dai positivi risultati pacificamente raggiunti dal Fusello che dimostrano che, anche se il pareggio di bilancio in concreto non è stato raggiunto, l’impresa aveva una potenzialità di crescita che, in effetti, il Fusello sino a che non si è dimesso ha sviluppato ‘. Il Fusello, a
fronte di tale valutazione, svolta peraltro, tenendo espressamente conto sia delle risultanze della CTU che delle note integrative al bilancio (pag. 9), si limita a contestarne apoditticamente l’erroneità prospettandone una diversa.
6.1. Per quanto attiene alla parte in cui si deduce la violazione degli artt. 1419 c.c. e 99 e 112 c.p.c., per aver affermato la novità della domanda volta all’accertamento della nullità della clausola premiale in quanto condizionante la corresponsione del bonus ad un evento (il pareggio di bilancio) impossibile da realizzarsi, la censura è assorbita dall’inammissibilità del motivo in relazione alla insussistenza in radice di detta causa di nullità avendo la Corte d’appello accertato che il COGNOME non ha provato ‘che il pareggio di bilancio era impossibile da raggiungere’. Il motivo difetta, peraltro, di autosufficienza non avendo il ricorrente in alcun modo specificato quando e come avrebbe introdotto in giudizio la (diversa) questione della conoscenza ab origine da parte della Mediclinic dell’impossibilità di realizzazione della condizione di pareggio di bilancio, all’evidenza decisiva ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria.
Il primo motivo, allo stesso modo, è assorbito dall’inammissibilità del secondo e del terzo, posto che la questione della possibilità di commisurare il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale da contratto valido ma pregiudizievole oltre i limiti dell’interesse negativo nella misura del “minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l’interferenza del comportamento scorretto di una delle parti’ presuppone l’accertamento, nel caso di specie escluso, di una condotta posta in essere in violazione dei canoni di correttezza e buona fede.
Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.
In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente liquidate come da dispositivo.
10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente NOME COGNOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Quarta