Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4515 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4515 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24906/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in LIVORNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonché contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1519/2023 depositata il 10/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La BNP Paribas conveniva dinanzi al Tribunale di Milano la RAGIONE_SOCIALE, allegando di essere proprietaria di un immobile concesso in leasing alla cooperativa Stella, di essere rientrata in possesso del bene a seguito di risoluzione contrattuale per inadempimento, di aver constatato che una porzione del seminterrato era stata indebitamente incorporata all’immobile confinante di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, tramite la costruzione di un muro che separava i locali. Su questa base domandava : (i) l’accertamento della proprietà della porzione immobiliare occupata; (ii) la condanna alla riconsegna della stessa e al ripristino dello stato dei luoghi; (iii) il pagamento di un’indennità per indebita occupazione. La difesa della convenuta contestava la propria responsabilità per l’occupazione indebita e chiedeva il rigetto delle ulteriori domande della parte attrice. Affermava infatti che l’accorpamento era avvenuto durante la detenzione della cooperativa Stella. Nel corso del processo, la proprietà della porzione di immobile incorporata passava alla RAGIONE_SOCIALE, e infine ad NOME COGNOME (attuale controricorrente). Il Tribunale di primo grado accoglieva le domande della BNP Paribas e dei successori intervenienti, condannando la RAGIONE_SOCIALE a riconsegnare la porzione immobiliare, a ripristinare lo stato dei luoghi e a corrispondere un’indennità da occupazione di € 78 mensili dal 09/02/2021. La RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza, sostenendo, con due motivi di appello: (i) che non era stata accertata la sua responsabilità nell’indebita occupazione; (ii) che non poteva essere ritenuta responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto il danno era stato causato da una condotta altrui. La Corte territoriale rigettava l’appello, confermando la decisione di primo grado. Quanto al primo motivo, la Corte riteneva che la sentenza impugnata non attribuisse alla RAGIONE_SOCIALE la responsabilità
dell’accorpamento, ma si limitasse a constatare l e pacifica qualità di proprietarie delle rispettive porzioni dell’immobile in capo a BNP Paribas e a RAGIONE_SOCIALE Quanto al secondo motivo, la Corte integrava la motivazione del primo giudice, richiamando la giurisprudenza della Cassazione secondo cui il proprietario, anche locatore, conserva la custodia delle strutture murarie e risponde ex art. 2051 c.c., salvo prova del caso fortuito. Riteneva che la RAGIONE_SOCIALE non avesse fornito tale prova, evidenziando l’insufficienza delle allegazioni e della documentazione prodotta.
Ricorre in cassazione la parte convenuta con quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste la parte attrice con controricorso. Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del ricorso nel senso della manifesta inammissibilità o infondatezza. La ricorrente ne ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Del collegio fa legittimamente parte, in qualità di Presidente, il Consigliere Dr. NOME COGNOME che ha redatto la proposta di definizione. Infatti, secondo Cass. SU 9611/2024: « Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa » .
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 948 c.c. Si contesta che la Corte d’appello abbia confermato la decisione di primo grado senza accertare che la RAGIONE_SOCIALE fosse il possessore della porzione immobiliare al momento della litispendenza. Si afferma che, non essendo stata provata tale circostanza, la domanda di rivendicazione doveva essere rigettata. Si sottolinea che la proprietà confinante della RAGIONE_SOCIALE è irrilevante ai fini della legittimazione passiva, spettante unicamente al possessore.
Il primo motivo è rigettato.
Non vi è violazione dell’art. 948 c.c. La Corte di appello ha correttamente considerato pacifica la proprietà e il possesso delle parti in relazione alle rispettive porzioni immobiliari (rilevata anche l’adesione della convenuta alla domanda di rilascio dell’attrice). Inoltre, la decisione della Corte d’appello non presuppone un accertamento dell’autore materiale dell’accorpamento ma si basa sulla responsabilità ex art. 2051 c.c. in ordine agli eventi relativi alle strutture murarie.
– Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1362 ss. c.c. Si critica l’interpretazione della comparsa di risposta della RAGIONE_SOCIALE, da cui la Corte ha dedotto un consenso all’ordine di rilascio e alla responsabilità per il ripristino. Si afferma che la Corte abbia trascurato di considerare l’intera portata dell’atto, che evidenziava come l’accorpamento fosse stato opera del precedente locatario e come la RAGIONE_SOCIALE avesse chiesto l’accollo delle spese alla controparte.
Il secondo motivo è inammissibile.
Per interpretare gli atti processuali non sono impiegabili i canoni di ermeneutica contrattuale ex art. 1362 ss. c.c. perché nel processo civile non vi è una volontà negoziale degli effetti da indagare e ricostruire nel campo della multiforme varietà degli interessi (leciti) come accade appunto nel diritto sostanziale. Vi è invece uno scopo dell’atto processuale ex art. 156 c.p.c. e vi sono, correlativamente,
requisiti di formacontenuto di quest’ultimo, legislativamente previsti per far conseguire tale scopo (cfr. Cass. 22681/2023). Non a caso, l’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi decenni in materia è caratterizzata da due movimenti collegati e sintonici: da un lato, il progressivo abbandono dell’orientamento che riteneva applicabili alla domanda giudiziale le norme di ermeneutica contrattuale (cfr. Cass. 24480/2020, ove si rinvia a Cass. 20325/2006 per l’indirizzo recessivo); dall’altro lato la progress iva apertura ad un sindacato diretto da parte della Corte di cassazione, come giudice del fatto processuale, dell’interpretazione cui la domanda giudiziale è stata assoggettata dal giudice del merito, ove sia opportunamente censurata la violazione di norme processuali, in particolare dell’art. 112 c.p.c. (cfr. Cass. 11103/2020).
Inoltre, la parte della sentenza censurata dal secondo motivo cita testualmente quanto affermato dalla RAGIONE_SOCIALE nella propria comparsa di risposta di primo grado : ‘ la società RAGIONE_SOCIALE non si oppone ma bensì si unisce alla richiesta di parte attrice finalizzata all’emissione da parte del Giudice adito dell’ordine di liberazione dell’immobile e ripristino dello stato dei luoghi chiedendo però l’addebito delle relative spese a carico della società attrice, in ragione del fatto che il danno procurato al l’unità immobiliare della società RAGIONE_SOCIALE è stato cagionato unicamente dal conduttore in leasing della BNPLS ‘ .
Orbene (ad abundantiam rispetto all’ argomentato di per sé dirimente svolto indietro, nel penultimo capoverso), l’interpretazione compiuta dal giudice di merito si sottrae comunque a censure in sede di giudizio di legittimità.
Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. Si afferma che la Corte abbia erroneamente posto a carico della RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare di non essere in possesso della porzione immobiliare al momento della lite. Si sostiene che, trattandosi di domanda di rivendicazione, l’onere probatorio incombeva sull’attore,
il quale non avrebbe fornito prove sufficienti della detenzione del bene da parte della convenuta.
Il terzo motivo è rigettato.
Non vi è violazione dell’art. 2697 c.c. , poiché l’onere della prova è stato correttamente distribuito. La prova della proprietà e del possesso è stata fornita dagli attori, mentre la RAGIONE_SOCIALE non ha dimostrato di non essere nel possesso della porzione contestata. Il riferirsi da parte del giudice alla facoltà di una parte di produrre prova contraria non determina un’inversione del riparto dell’onere della prova stabilito dall’art. 2697 c.c.
– Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 2051 c.c. Si contesta l’applicazione della norma sulla responsabilità per custodia, sostenendo che il danno non sia stato causato da un dinamismo intrinseco dell’immobile della RAGIONE_SOCIALE, ma dall’attività del precedente locatario. Si afferma che, in assenza di un nesso causale diretto tra la cosa in custodia e il danno, la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE doveva essere esclusa.
Il quarto motivo è rigettato.
Dietro la censura della violazione di norme di diritto si scorge il tentativo di provocare un riesame degli accertamenti di fatto cui questa Corte è vincolata. Infatti (sentenza, p. 8): « Nella presente fattispecie, l’allegazione contenuta nella comparsa di risposta di primo grado della Coira s.r.l., prontamente contestata dalla BNP Paribas con la memoria ex art. 183 comma sesto n. 1 c.p.c., secondo cui la modifica della struttura muraria dell’immobile, che aveva condotto all’illecita occupazione del fondo altrui, era riconducibile ad una iniziativa del conduttore dell’immobile RAGIONE_SOCIALE è rimasta del tutto indimostrata in causa ». Pertanto, non entra nemmeno in gioco la necessità di argomentare il rigetto del motivo (come sarebbe pure possibile) sulla base degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in tema di art. 2051 c.c. (cfr. Cass. 21977/2022, 28228/2019, tra le altre).
6. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 3.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 3.000 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 3.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.