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Responsabilità per cose in custodia: la colpa del leso

Un cittadino cita in giudizio un Comune per i danni subiti a seguito di una caduta su una scala bagnata in un edificio pubblico. La Corte di Cassazione, pur dichiarando il ricorso inammissibile per tardività, ribadisce i principi sulla responsabilità per cose in custodia, sottolineando come la condotta ‘oggettivamente colposa’ del danneggiato possa interrompere il nesso causale ed escludere il risarcimento.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità per cose in custodia: quando la colpa è del danneggiato?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto civile: la responsabilità per cose in custodia prevista dall’art. 2051 del Codice Civile. Sebbene il caso specifico sia stato dichiarato inammissibile per ragioni procedurali, i giudici hanno colto l’occasione per ribadire principi fondamentali riguardo al ruolo della condotta del danneggiato nell’escludere il diritto al risarcimento. L’analisi si concentra su come un comportamento imprudente possa interrompere il legame di causalità tra la cosa e il danno.

I Fatti del Caso: Una Caduta in un Edificio Pubblico

Un cittadino si trovava presso un palazzo di giustizia per essere sentito come testimone. Mentre saliva le scale dell’edificio, di proprietà comunale, cadeva rovinosamente a terra a causa della presenza di acqua sulla pavimentazione e delle precarie condizioni di manutenzione e illuminazione. A seguito della caduta, riportava gravi lesioni personali, consistenti in una frattura scomposta a un arto.

L’infortunato decideva quindi di citare in giudizio il Comune, custode dell’immobile, chiedendo un risarcimento di 25.000 euro per i danni subiti. Il Comune si difendeva sostenendo che la caduta fosse da attribuire esclusivamente al comportamento del danneggiato, idoneo a interrompere il nesso causale.

Il Percorso Giudiziario

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda del cittadino. I giudici di merito hanno ritenuto che la decisione si fondasse sulla presunzione che la vittima non avesse prestato la dovuta diligenza. Secondo i giudici, non vi erano elementi sufficienti per considerare la scalinata bagnata come un’insidia tale da causare l’evento dannoso, soprattutto alla luce delle fotografie prodotte.

Insoddisfatto, il cittadino ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 116 c.p.c. e art. 2051 c.c.) e l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello.

Le Motivazioni della Cassazione: Responsabilità per cose in custodia e tardività del ricorso

La Corte di Cassazione ha innanzitutto dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è puramente procedurale: il ricorso è stato notificato il 2 settembre 2021, ben oltre il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica della sentenza d’appello, avvenuta il 4 febbraio 2021. Il termine era infatti scaduto il 6 aprile 2021.

Nonostante l’inammissibilità, la Corte ha ritenuto utile riepilogare l’approdo interpretativo sull’art. 2051 c.c. in tema di responsabilità per cose in custodia. Viene confermato che si tratta di una forma di responsabilità oggettiva. Questo significa che per ottenere il risarcimento, il danneggiato deve provare unicamente il nesso causale tra la cosa in custodia (le scale) e il danno subito. Non è necessario dimostrare la colpa del custode.

Il custode, per liberarsi da tale responsabilità, ha solo due possibilità:
1. Provare il caso fortuito: un evento imprevedibile e inevitabile che ha causato il danno.
2. Dimostrare la rilevanza causale della condotta del danneggiato (o di un terzo): se il comportamento della vittima è stato tale da costituire la vera causa dell’evento, il nesso causale con la cosa si interrompe.

La Corte precisa un punto fondamentale: per escludere la responsabilità del custode, è sufficiente che la condotta del danneggiato sia ‘oggettivamente colposa’. Non serve un comportamento doloso o gravemente negligente; basta una disattenzione o un’imprudenza che, in base a una valutazione di fatto, sia considerata la causa effettiva dell’incidente.

Le Conclusioni: Il Principio di Auto-responsabilità del Danneggiato

L’ordinanza, pur non decidendo nel merito a causa della tardività del ricorso, invia un messaggio chiaro. La responsabilità per cose in custodia non è un’assicurazione contro ogni tipo di incidente. Il sistema giuridico richiede anche al potenziale danneggiato di adottare un comportamento diligente e responsabile. Se la caduta è causata da una disattenzione che avrebbe potuto essere evitata con l’ordinaria prudenza, il custode del bene non può essere chiamato a risponderne. Questo principio di auto-responsabilità bilancia la tutela del danneggiato con l’esigenza di non addossare al custode conseguenze di comportamenti altrui che si pongono come causa esclusiva dell’evento dannoso.

Chi è responsabile per i danni causati da un bene in custodia, come una scala bagnata?
In base all’art. 2051 c.c., il custode del bene (in questo caso, il Comune proprietario dell’immobile) ha una responsabilità di natura oggettiva. Ciò significa che è responsabile per il solo fatto che il danno sia stato causato dalla cosa che ha in custodia, a prescindere da una sua colpa.

Come può il custode di un bene liberarsi dalla responsabilità?
Il custode può essere esonerato dalla responsabilità se dimostra il ‘caso fortuito’, ovvero un evento imprevedibile e inevitabile. La giurisprudenza ha chiarito che il caso fortuito può consistere anche nella condotta ‘oggettivamente colposa’ del danneggiato, se tale condotta è sufficiente a interrompere il legame di causa-effetto tra la cosa e il danno.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto tardivamente. La legge (art. 325 c.p.c.) prevede un termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza precedente per presentare ricorso. In questo caso, il ricorrente ha notificato il proprio atto molti mesi dopo la scadenza di tale termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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