Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8038 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23412/2021 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COMUNE ATRI, nella persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 145/2021, depositata il 02/02/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 29.11.2011 NOME COGNOME, trovandosi presso il ‘Palazzo di giustizia’ di Atri per essere sentito come testimone, mentre saliva le scale di detto stabile, cadeva rovinosamente a terra.
L’COGNOME citava in giudizio il Comune di Atri al fine di sentirlo condannare al risarcimento in suo favore della somma di €. 25.000,00 (o della diversa altra somma ritenuta di giustizia) quale giusto ristoro per le lesioni subite all’interno del ‘Palazzo di giustizia’ di Atri, di proprietà del Comune. A fondamento della domanda deduceva che: a) la caduta era stata provocata dalla presenza di acqua sulla pavimentazione degli scalini e che questi ad ogni buon conto si presentavano oggettivamente in precarie condizioni di manutenzione e scarsamente illuminati; b) a seguito della caduta, aveva riportato gravi lesioni personali (consistenti nella frattura biossea scomposta dell’epifisi distale del radio e dell’ulna sinistra) con postumi invalidanti.
Il Comune di Atri si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda attorea, sul presupposto che la caduta fosse dovuta esclusivamente al comportamento del danneggiato, idoneo ad elidere il nesso causale.
Il Tribunale di Teramo, con sentenza n. 1521/16, rigettava la domanda attorea, condannando l’COGNOME alla rifusione delle spese processuali.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado veniva proposto appello dall’COGNOME che si doleva del fatto che il giudice di primo grado, con motivazione contraddittoria, aveva erroneamente interpretato le risultanze istruttorie ed aveva erroneamente applicato l’art. 2051 c.c. con riferimento all’onere della prova.
Si costituiva il Comune di Atri, che, contestando la domanda avversaria, chiedeva la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza n. 145/2021, rigettava l’impugnazione e condannava l’Alteri al pagamento delle spese processuali relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso l’COGNOME, articolando tre motivi.
Con il primo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione il suo comportamento (giudicato imprudente), senza valutare ogni elemento indiziario per poi procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi raccolti.
Con il secondo motivo denuncia: <> nella parte in cui entrambi i giudici di merito hanno posto a fondamento della propria decisione la presunzione di non aver prestato la dovuta diligenza, che hanno fatto ricadere in capo a lui.
Con il terzo motivo denuncia illogicità e contraddittorietà della motivazione (comunque incomprensibile), nella parte in cui la corte territoriale – dopo aver affermato come <> – ha affermato che <>.
Ha resistito con controricorso il Comune di Atri.
3.Per l’odierna adunanza, come pure per la precedente adunanza del 28 febbraio 2023, il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori delle parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive richieste.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, perché tardivamente proposto.
Invero, la sentenza impugnata è stata ritualmente notificata il 4 febbraio 2021 mediante posta elettronica certificata, secondo quanto risulta dalla documentazione in atti, quale si rinviene anche a seguito del deposito del controricorrente; e non rilevando, per l’indisponibilità delle norme in tema di ammissibilità delle impugnazioni, che le parti sul punto non sviluppino argomentazioni.
Pertanto, il ricorso, per essere tempestivo, avrebbe dovuto essere notificato entro il 6 aprile 2021 (cioè, entro il termine di 60 giorni dalla data di notifica della sentenza, previsto dall’art. 325 c.p.c.), mentre risulta essere stato notificato il 2 settembre 2021, quando detto termine era già da mesi scaduto.
La dichiarata inammissibilità del ricorso per tardività rende superflua l’illustrazione e preclude lo scrutinio dei motivi.
Piuttosto – poiché il Collegio alla precedente adunanza del 28 febbraio 2023 aveva rilevato che il ricorso poneva questioni, inerenti all’interpretazione dell’art. 2051 c.c., sulle quali era stata fissata pubblica udienza, tanto da rinviare in attesa della loro definizione – può essere utile ricordare l’approdo ermeneutico al quale questa Corte è, nel frattempo, pervenuta.
Premesso che il ‘ giudizio ‘ causale, utilizzato per allocare i costi del danno, deve essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilità (tanto è vero che il contenuto della prova liberatoria è stato differenziato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione: cfr. artt. 2050, 2051, 2052, 2053 e 2054 c.c.), si è ribadito che, in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. individua una ipotesi di responsabilità oggettiva.
In particolare, con Cass. n. 11152/23 si è precisato che: la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda (non già su una presunzione di colpa del custode, ma) unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del danneggiato: Cass. n. 21675/2023; n. 2376 e n. 21065/2024) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
In estrema sintesi, ricorrendo la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., per interrompere il nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo, è sufficiente la condotta del soggetto danneggiato che sia ‘oggettivamente colposa’, in base ad una valutazione di fatto, di norma incensurabile in sede di legittimità.
All ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese del ricorrente in favore della controparte e la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del comune resistente, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 3100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2025, nella camera di consiglio