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Responsabilità patronato: risarcimento anche con colpa

Una lavoratrice perde l’indennità NASPI per una domanda errata presentata da un patronato. Il Tribunale di Venezia riconosce la responsabilità professionale del patronato, ma la riduce del 50% per il concorso di colpa della lavoratrice, che aveva omesso di dichiarare un secondo rapporto di lavoro. La sentenza stabilisce un risarcimento basato sul danno effettivo, ripartendo la colpa tra le parti.

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Responsabilità Professionale Patronato: Risarcimento Diviso a Metà

La gestione delle pratiche previdenziali richiede precisione e diligenza. Ma cosa succede se un errore nella domanda causa la perdita di un beneficio economico? E se l’errore è frutto di una negligenza condivisa tra il cittadino e l’intermediario? Una recente sentenza del Tribunale di Venezia affronta proprio il tema della responsabilità professionale del patronato, stabilendo un principio importante sul concorso di colpa con l’assistito.

I Fatti del Caso: Domanda NASPI errata e danno richiesto

Una lavoratrice, dopo la cessazione di uno dei suoi due rapporti di lavoro part-time, si rivolge a un patronato per richiedere l’indennità di disoccupazione NASPI. L’operatore del patronato inoltra la domanda, ma questa viene respinta dall’ente previdenziale. Il motivo? La mancata indicazione del reddito percepito dall’altro rapporto di lavoro ancora attivo, un’informazione che la lavoratrice aveva omesso di comunicare.

Successivamente, l’ente previdenziale contatta il patronato, segnalando l’errore e suggerendo la possibilità di correggere la situazione. L’operatore, tuttavia, invece di presentare una nuova domanda completa entro i termini, tenta una semplice integrazione della pratica già respinta, per di più fuori tempo massimo. Di conseguenza, la lavoratrice perde definitivamente il diritto all’indennità. Decide quindi di citare in giudizio il patronato, chiedendo un risarcimento di oltre 15.000 euro per la perdita del sussidio e della contribuzione figurativa.

La Valutazione del Tribunale e la Responsabilità professionale del patronato

Il Tribunale ha affrontato il caso nominando un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per determinare l’effettivo danno subito dalla ricorrente. La perizia ha chiarito un punto fondamentale: anche se la domanda fosse stata presentata correttamente, l’importo della NASPI sarebbe stato significativamente ridotto, come previsto dalla normativa in caso di altri redditi da lavoro dipendente. Il danno reale, quindi, non era l’intera indennità richiesta, ma una somma inferiore, calcolata in circa 6.400 euro tra indennità e contributi.

Il cuore della decisione, tuttavia, risiede nell’analisi della responsabilità professionale del patronato e nel ruolo avuto dalla lavoratrice. Il giudice ha riconosciuto l’esistenza di un concorso di colpa, attribuendo a ciascuna parte il 50% della responsabilità per il danno verificatosi.

Le Motivazioni della Sentenza: il Concorso di Colpa

La sentenza si fonda su un’attenta ponderazione delle negligenze di entrambe le parti.

Da un lato, la lavoratrice ha una colpa grave e innegabile: ha omesso di fornire un’informazione essenziale e decisiva per il corretto esito della pratica, ovvero l’esistenza di un secondo rapporto di lavoro. Sottoscrivendo la domanda, si era assunta la responsabilità della veridicità delle informazioni fornite.

Dall’altro lato, il patronato non è esente da colpe. Una volta venuto a conoscenza dell’errore tramite la comunicazione dell’ente previdenziale, il suo operatore ha commesso un errore procedurale determinante. Invece di seguire la via corretta, ovvero la presentazione di una nuova domanda completa di tutti i dati, ha optato per un’integrazione tardiva e inefficace. Questo comportamento denota una mancanza della diligenza professionale richiesta, poiché era suo onere, in virtù del mandato ricevuto, portare a compimento la pratica nel modo più adeguato per tutelare gli interessi della sua assistita.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che le due condotte colpose – l’omissione della lavoratrice e l’errore procedurale del patronato – avessero contribuito in egual misura a causare il danno finale. Per questo motivo, ha stabilito una pari responsabilità.

Le Conclusioni: Risarcimento Dimidato e Implicazioni Pratiche

In conclusione, il Tribunale ha condannato il patronato a risarcire la lavoratrice, ma solo per la metà del danno effettivo, liquidando una somma di 3.200 euro, oltre agli interessi legali. Ha inoltre accolto la domanda di manleva del patronato nei confronti della propria compagnia assicuratrice, che dovrà quindi coprire l’importo.

Questa sentenza offre un importante spunto di riflessione. Per i cittadini, sottolinea l’importanza di fornire informazioni complete e veritiere agli intermediari. Per i professionisti e gli operatori di patronato, ribadisce che la diligenza professionale non si esaurisce nella semplice compilazione di un modulo, ma include il dovere di gestire l’intera pratica con competenza, anche di fronte a errori o imprevisti, adottando le soluzioni procedurali più corrette per salvaguardare i diritti dell’assistito.

Se un cittadino fornisce informazioni incomplete a un patronato, quest’ultimo è sempre esente da responsabilità?
No, la sentenza stabilisce che anche se il cittadino ha omesso informazioni cruciali, il patronato ha comunque una responsabilità professionale nel gestire correttamente la pratica una volta venuto a conoscenza dell’errore. In questo caso, il patronato avrebbe dovuto presentare una nuova domanda anziché tentare un’integrazione tardiva e inefficace.

Come viene calcolato il danno in un caso di perdita dell’indennità NASPI per errore professionale?
Il danno non corrisponde all’intero importo teorico dell’indennità. Il Tribunale, tramite una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), ha calcolato l’importo che la persona avrebbe effettivamente percepito se la domanda fosse stata corretta fin dall’inizio, tenendo conto delle riduzioni previste dalla legge per altri redditi da lavoro. Il risarcimento si basa su questa cifra reale.

Cosa significa “concorso di colpa” in un caso di responsabilità professionale del patronato?
Significa che la colpa per il danno verificatosi è attribuita sia al cliente (per aver fornito dati incompleti) sia al professionista (per non aver gestito correttamente la pratica dopo la scoperta dell’errore). In questa sentenza, il giudice ha ritenuto le colpe equivalenti (50% ciascuna), dimezzando di conseguenza l’importo del risarcimento dovuto dal patronato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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