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Responsabilità PA Concessioni: Analisi Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità della Pubblica Amministrazione nelle concessioni per mutamenti di mercato. Pur confermando la giurisdizione del giudice ordinario, la Corte ha annullato una decisione che riteneva la P.A. responsabile per danni derivanti da operatori illegali e ritardi nell’innovazione, sottolineando il concetto di rischio d’impresa e una non corretta applicazione dei principi di buona fede. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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La Responsabilità PA Concessioni: Limiti e Doveri secondo la Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26418 del 2024, offre chiarimenti cruciali sulla responsabilità PA concessioni, delineando i confini degli obblighi della Pubblica Amministrazione verso i propri concessionari. La decisione analizza il caso di un gruppo di concessionari del settore delle scommesse ippiche che avevano richiesto un risarcimento per i danni subiti a causa di mutamenti del mercato e di presunti inadempimenti della P.A. concedente. La Corte, pur confermando alcuni principi, ha ribaltato la decisione di merito, ridefinendo il ruolo del rischio d’impresa e l’applicazione dei principi di buona fede.

Il Caso: Concessionari contro Amministrazione Pubblica

La controversia nasce dalla richiesta di risarcimento avanzata da alcuni operatori titolari di concessioni per la raccolta di scommesse ippiche. Essi lamentavano due principali fonti di danno:
1. Il venir meno della riserva esclusiva di mercato, a causa dell’ingresso di operatori esteri “clandestini” che avevano eroso i loro profitti.
2. La mancata o ritardata attivazione da parte delle amministrazioni concedenti di nuove e più moderne modalità di scommessa (a quota fissa, telefoniche e telematiche), che li avrebbe resi meno competitivi.

Il lodo arbitrale prima, e la Corte d’Appello poi, avevano dato ragione ai concessionari, condannando le amministrazioni al risarcimento. La questione è quindi giunta dinanzi alla Suprema Corte.

Le Questioni di Giurisdizione e Competenza Arbitrale

Le amministrazioni ricorrenti avevano sollevato due questioni preliminari, entrambe respinte dalla Cassazione.

In primo luogo, sostenevano un difetto di giurisdizione del collegio arbitrale, ritenendo la materia di competenza esclusiva del giudice amministrativo, poiché implicava l’esercizio di poteri autoritativi. La Corte ha rigettato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: le controversie relative alla fase di attuazione ed esecuzione di un rapporto di concessione, che riguardano l’inadempimento di obbligazioni contrattuali a carattere paritetico, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario. Di conseguenza, possono essere legittimamente devolute ad arbitri.

In secondo luogo, le P.A. contestavano la validità della clausola arbitrale, definendola un “arbitrato obbligatorio” imposto per legge e quindi incostituzionale. Anche questo motivo è stato respinto. La Cassazione ha osservato che era stata la stessa Amministrazione a predisporre e imporre la clausola nel contratto di concessione, manifestando così liberamente la propria volontà di assoggettarsi al giudizio arbitrale.

Analisi sulla Responsabilità PA Concessioni nel Merito

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso, relativi al merito della controversia. La Corte di Cassazione ha censurato il ragionamento della Corte d’Appello, che aveva fondato la responsabilità della P.A. su un’interpretazione eccessivamente ampia degli obblighi di buona fede e correttezza.

Secondo i giudici di merito, la posizione monopolistica della P.A. la rendeva depositaria di speciali obblighi di protezione e salvaguardia nei confronti dei concessionari. La Cassazione ha smontato questa tesi, richiamando la giurisprudenza europea in materia di concorrenza. Detenere una posizione dominante non è di per sé un illecito; lo diventa solo se se ne abusa con pratiche anticoncorrenziali attive, volte a escludere i concorrenti dal mercato. Non si può desumere da tale posizione un obbligo generale e omissivo di proteggere i concessionari da ogni avversità di mercato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha stabilito che i principi di correttezza e buona fede non possono essere invocati in astratto per creare obblighi non previsti contrattualmente o per scaricare sulla P.A. il normale rischio d’impresa che ogni operatore economico deve sopportare. Il rapporto di concessione, pur avendo una parte pubblica, si articola in un contesto economico dove il rischio è un elemento connaturato. Pretendere che la P.A. metta al riparo il concessionario dalle dinamiche di mercato, come l’ingresso di nuovi competitor (anche se illegali), significa imporre un “eccesso” di buona fede che va oltre il limite della ragionevolezza.

La sentenza critica la Corte d’Appello per non aver specificato quali comportamenti concreti la P.A. avrebbe dovuto tenere e per aver ignorato la complessa natura discrezionale dei provvedimenti amministrativi necessari per introdurre nuove modalità di gioco. Inoltre, è stato rilevato come il giudice di merito avesse completamente trascurato importanti sentenze della Corte di Giustizia UE (come il caso Cofone), che avevano già trattato la questione dell’ingresso di operatori stranieri nel mercato italiano.

Conclusioni: Cosa Cambia per i Rapporti Concessori

La decisione della Cassazione segna un punto importante nella definizione della responsabilità PA concessioni. Stabilisce che la P.A. non è un garante universale del successo economico dei suoi concessionari. Il rischio d’impresa rimane un fattore a carico del privato, e gli obblighi di buona fede non possono essere estesi fino a snaturare l’equilibrio contrattuale. La P.A. è tenuta a rispettare gli impegni assunti, ma non può essere chiamata a rispondere per ogni fluttuazione negativa del mercato, a meno che non sia direttamente riconducibile a un suo specifico e provato inadempimento di un’obbligazione contrattuale. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello di Roma, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi più rigorosi.

A chi spetta la giurisdizione nelle controversie tra P.A. e concessionari per inadempimenti contrattuali?
Secondo la sentenza, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (e di conseguenza a un collegio arbitrale, se previsto da clausola compromissoria), poiché tali controversie riguardano la fase di esecuzione del rapporto concessorio e l’adempimento di obbligazioni di natura paritetica, non l’esercizio di poteri autoritativi della P.A.

La Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni subiti da un concessionario a causa dell’ingresso di operatori illegali sul mercato?
No, la Corte ha stabilito che tale evento rientra nel normale rischio d’impresa che grava sul concessionario. La P.A. non ha un obbligo generale di garanzia contro le turbative di mercato, a meno che non sia stato specificamente previsto nel contratto di concessione.

I principi di correttezza e buona fede possono obbligare la P.A. a proteggere il concessionario oltre i limiti del contratto?
No. La Cassazione ha chiarito che i principi di buona fede e correttezza non possono essere usati per imporre alla P.A. un sacrificio che ecceda il limite della ragionevolezza o per creare obblighi di protezione non previsti, trasformandola in un garante del successo economico del concessionario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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