Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1220 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1220 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27149/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE di MONTECORVINO PUGLIANO
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di SALERNO n. 396/2021 depositata il 26/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
NOME COGNOME chiamava in giudizio, davanti al Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Montecorvino Pugliano, tale amministrazione comunale esponendo di avere stipulato un contratto preliminare con la ditta edile NOME COGNOME per l’acquisto di un appartamento da realizzare sulla base di una convenzione di lottizzazione tra il Comune e il COGNOME e successiva concessione edilizia. Aggiungeva che il Tribunale penale di Salerno, con sentenze del 2004 e del 2008, aveva condannato i costruttori e gli amministratori pubblici del Comune di Montecorvino, disponendo la confisca dell’area lottizzata e dei manufatti con acquisizione in favore dell’amministrazione comunale che, successivamente aveva provveduto a venderli.
Precisava che era stata indotta alla stipula del preliminare a causa dell’accertata responsabilità penale di alcuni amministratori, ragion per cui l’ente convenuto doveva rispondere per responsabilità oggettiva ovvero per ingiustificato arricchimento, conseguente all’acquisizione degli immobili costruiti anche con l’impiego delle somme corrisposte al costruttore. Pertanto, chiedeva la condanna del Comune alla restituzione della somma di euro 17.411 asseritamente corrisposta al costruttore, oltre al risarcimento di tutti danni, anche morali, per il mancato godimento delle agevolazioni previste in materia di edilizia agevolata per l’acquisto di prima casa. Si costituiva il Comune eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, la natura di acquisto a titolo originario della confisca amministrativa, l’inefficacia della sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile e l’insussistenza di una responsabilità oggettiva, difettando un danno diretto subito da parte degli attori.
Istruita la causa e disposta consulenza tecnica il Tribunale di Salerno, con sentenza dell’11 ottobre 2017 , rigettava la domanda, rilevando il difetto di prova dell’effettivo versamento del denaro al costruttore documentato, solo limitatamente all’importo di euro 4 .500 da una
dichiarazione rilasciata da un terzo (il costruttore) e ritenendo insussistenti i presupposti per le ulteriori richieste risarcitorie.
Avverso tale decisione proponeva appello NOME COGNOME lamentando la violazione del principio di non contestazione, la contraddittorietà della motivazione e l’omessa pronunzia sulla domanda risarcitoria. L’ente appellato non si costituiva.
La Corte d’appello di Salerno con sentenza del 26 marzo 2021 rigettava l’impugnazione.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a cinque motivi.
Il Comune intimato non si costituisce.
Con istanza pervenuta il 17 settembre 2024 il ricorrente chiede la trattazione del procedimento in pubblica udienza.
Il Presidente, con decreto del 16 ottobre 2024 riserva ogni decisione alle determinazioni del collegio.
Motivi della decisione
Il Collegio rileva, preliminarmente, che non ricorrono i presupposti per la trattazione della causa in pubblica udienza, poiché la controversia non presenta profili nomofilattici, peraltro nemmeno evidenziati nell ‘ istanza del ricorrente.
Sempre in via preliminare, va rilevato che la ricorrente NOME COGNOME ha conferito procura alle liti congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME e all’avvocato NOME COGNOME abilitando ‘ogni suddetto avvocato a sottoscrivere ricorsi, controricorsi, ricorsi incidentali memori a e quant’altro necessario’, con riferimento al giudizio proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno del 18 marzo 2021. L’avvocato NOME COGNOME non compare nell’elenco speciale degli avvocati cassazionist i abilitati a svolgere tale attività.
Opera però il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è validamente sottoscritto anche da uno soltanto dei due o più difensori muniti di procura, quando il ministero difensivo sia loro
affidato dalla parte senza l’espressa volontà di esigere l’espletamento congiunto dell’incarico, atteso che, ai sensi dell’art. 1716 cod. civ., in caso di coesistenza di più mandati con lo stesso oggetto, ciascun mandatario è abilitato al compimento dell’atto se la delega non richieda l’azione congiunta’ (Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 11/06/2008, Rv. 603444 – 01).
Tale fattispecie ricorre nel caso di specie come emerge dal contenuto della procura alle liti.
Con il primo motivo si lamenta la violazione di articoli 2730 e 2735 c.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. La sentenza avrebbe erroneamente ritenuto insufficiente la prova del pagamento costituita dalla dichiarazione riferita all’importo di euro 4.500 che, al contrario, costituirebbe confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria. Inoltre, l’attrice avrebbe fornito la prova dell’emissione degli assegni e del ritiro degli stessi da parte del costruttore sulla base del principio secondo cui la prova dell’estinzione dell’obbligazione può essere fornita attraverso la dimostrazione della emissione dell’assegno.
Il motivo è infondato.
La quietanza rilasciata dal terzo quando venga fatta valere in giudizio non nei confronti di chi ha sottoscritto la quietanza, ma nei rapporti con un terzo, come nel caso di specie, ha il valore della confessione stragiudiziale rilasciata dal terzo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19888 del 22/09/2014, Rv. 631923 – 01). Pertanto, al pari della confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, è liberamente apprezzata dal giudice, senza soggiacere ai limiti di “revoca” della confessione sanciti dall’art. 2732 cod. civ.
La confessione stragiudiziale fatta ad un terzo non ha valore di prova legale, come la confessione giudiziale o stragiudiziale fatta alla parte, e può, quindi, essere liberamente apprezzata dal giudice, a cui compete, con valutazione non sindacabile in cassazione se adeguatamente motivata, stabilire la portata della dichiarazione
rispetto al diritto fatto valere in giudizio (Cass. Sez. L -, Ordinanza n. 11898 del 18/06/2020, Rv. 657978 – 01).
Muovendo da queste premesse, ciò che residua della censura riguarda la valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito e costituisce un profilo che non può essere sindacato in sede di legittimità da questa Corte nell’ipotesi in cui la motivazione risulti ragionevole. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha valutato tale elemento unitamente agli altri profili probatori (come l’emissione deli assegni) ritenendolo assolutamente insufficiente ai fini della prova del pagamento delle somme di denaro.
Con il secondo motivo si deduce la violazione di articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione articolo 360, n. 3 c.p.c. La Corte territoriale avrebbe dovuto applicare il principio di non contestazione in riferimento al caso di assegno emesso in favore di un terzo e non contestato dal soggetto (Comune) contro il quale tale assegno era stato prodotto quale prova del pagamento.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta in alcun modo con la decisione e con la decisiva e pacifica argomentazione secondo cui il principio di non contestazione opera esclusivamente con riferimento alla parte processuale che ha la disponibilità del diritto. Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, ‘il silenzio sul punto serbato dal Comune convenuto non può assumere, ovviamente, alcun valore in ordine alla non contestazione, perché l’ente non poteva certo essere a conoscenza di tali vicende intercorse’ tra le parti del contratto preliminare.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione di articoli 116 e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. dal punto di vista dell’errore della percezione. In particolare, la ricorrente sostiene di avere fondato la propria pretesa sul malgoverno penalmente riconosciuto da parte dell’amministrazione comunale nel permettere ‘tale vendita rilasciando i relativi titoli edilizi’. Al contrario, la Corte territoriale avrebbe fondato la propria decisione su un errore di
percezione, ritenendo che la pretesa dell’attrice facesse riferimento a lla responsabilità oggettiva dell’ente rispetto agli atti illeciti posti in essere dal Franzese, il quale rivestiva contemporaneamente la qualità di imprenditore e promittente alienante e di funzionario dell’amministrazione comunale. Secondo la Corte terri toriale, andava esclusa la responsabilità diretta dell’ente pubblico per l’operato di un suo funzionario trattandosi di attività privata svolta da quest’ultimo, rispetto alla quale l’en te territoriale rimarrebbe estraneo. Inoltre, la responsabilità penale, continua la Corte territoriale, ‘per la lottizzazione abusiva, inerisce ad una fenomenologia che concretizza una circostanza occasionale successiva alla stipula del preliminare del 27 marzo 2003, che perseguendo fini privati dell’imprenditore edile, era ed è completamente estranea all’attività perseguita dall’ente per il tramite dei suoi funzionari’.
Il motivo è inammissibile, in quanto generico e perché dedotto in violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. Quanto al primo profilo, si sostiene l’inconferenza del (corretto) ragionamento posto a sostegno della sentenza di secondo grado, giacché la domanda proposta dall’attrice sar ebbe fondata su un differente profilo e cioè quello oggettivo del ‘malgoverno penalmente riconosciuto del Comune nel permettere tale vendita’ e rilasciare i necessari titoli edilizi. Orbene, dedotta in questi termini (pagina 16 del ricorso), la causa petendi appare così evanescente da non consentire alcuna forma di controllo. Quanto al secondo profilo, parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere i passaggi rilevanti dell’atto di citazione tesi a confutare le argomentazioni della Corte d’appello e dimostrare che vi sarebbe stata una erronea interpretazione della domanda. Al contrario, gli unici dati letterali riportati sono quelli presenti a pagina sei del ricorso, che sembrano confermare la corretta valutazione operata dal giudice di appello (si legge in ricorso: ‘COGNOME NOME assumeva dunque che per la conclamata responsabilità di taluni suoi
amministratori di taluni suoi dipendenti l’odierno attore era stato indotto a stipulare il compromesso … con i conseguenti esborsi in favore del promettente acquirente … deve rispondere per la formulata domanda di risarcimento danni per responsabilità ogge tto’).
A prescindere da ciò, parte ricorrente profila, in maniera inammissibile, un errore revocatorio e non si confronta con la ratio decidendi della sentenza che ha escluso il nesso di occasionalità necessaria rendendo in tal modo irrilevante il profilo della natura di dipendente pubblico.
Con il quarto motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 118 delle disposizioni di attuazione e 132 e 112 c.p.c. e dell’articolo 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, con riferimento all’artico lo 360, n. 4 c.p.c. La Corte territoriale avrebbe rigettato la domanda sulla base di un presupposto errato, e cioè che la richiesta di restituzione delle somme versate al Franzese si fondasse sulla duplice qualità di amministratore comunale e imprenditore, così violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato.
Al contrario, nell’atto di citazione era stata richiesta la condanna dell’amministrazione comunale ‘anche ai sensi dell’articolo 2041 c.c., oltre che per responsabilità oggettiva per l’ente per colpa dei suoi amministratori o dipendenti; in subordine … Ai sensi dell’ar ticolo 2041, combinato all’articolo 2073 e in via ancora più subordinata … Anche sensi dell’articolo 1197 c.c. delle pattuizioni portate dalla scrittura privata’. La Corte territoriale si sarebbe occupata di un la suoi tema estraneo alla domanda della attrice, senza trattare responsabilità oggettiva del Comune ‘per colpa dei amministratori o dipendenti’.
Il motivo è inammissibile per quanto già detto in precedenza con riferimento alla genericità della censura e alla permanente incertezza in ordine alla causa petendi . Nella trascrizione delle conclusioni
dell’atto di citazione parte ricorrente insiste per una forma di responsabilità oggettiva ‘dell’ente per colpa dei suoi amministratori o dipendenti ‘. Rispetto a questa domanda la Corte territoriale ha diffusamente argomentato, spiegando proprio che la ‘responsabilità diretta dell’ente per l’operato dei suoi funzionari -amministratori non è collegabile all’attività privata di questi, rispetto alla quale l’ente rimane estraneo e non può fondarsi sull’apodittica e mal rappresentata affermazione che l’illegalità dell’operato dei funzionari evento prevedibile, perché la responsabilità penale del funzionario ‘COGNOME‘ derivante dalla sentenza di patteggiamento, che non è prova legale in sede civile, per la lottizzazione abusiva, inerisce ad una fenomenologia che concretizza una circostanza occasionale successiva alla stipula del preliminare’.
La Corte territoriale ha evidenziato che l’imprenditore ha agito esclusivamente nella qualità di soggetto privato e che ‘non si rinviene in atti alcun elemento che, sulla base di un giudizio di causalità adeguata, possa consentire di dedurre che al momento della stipula del preliminare il COGNOME abbia approfittato della sua funzione pubblica e dei poteri attribuitigli’.
Parte ricorrente non si confronta in alcun modo con tali specifiche e puntuali argomentazioni.
Con il quinto motivo si deduce la violazione degli articoli 2043 c.c. e 28 della costituzione, in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. La Corte territoriale non avrebbe correttamente interpretato la domanda e, conseguentemente, applicato la normativa da sussumere al caso di specie. La pretesa azionata si fondava sulla lesione per l’affidamento generato dal rilascio, da parte della amministrazione, di una concessione edilizia frutto di condotte penalmente rilevanti dei funzionari. Secondo la ricorrente, nel caso di atto amministrativo lesivo dei diritti dei terzi, l’amministrazione sarebbe obbligata al risarcimento anche nel caso in cui il danno fosse stato dolosamente
preordinato dalle persone fisiche che lo hanno materialmente deliberato.
La censura è inammissibile, perché parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere i passaggi essenziali dell’atto di citazione che consentirebbero di individuare nella lesione di un giustificato affidamento, nella correttezza e nella legittimità dell’azione amministrativa, la causa petendi del giudizio. Al contrario, la ricostruzione della effettiva pretesa fatta valere dall’attrice viene ricondotta a generiche argomentazioni del tutto sganciate dagli atti di causa, che dimostrano di non cogliere la ratio decidendi del provvedimento impugnato.
Da quanto precede deriva il rigetto del ricorso.
Alcun provvedimento va emesso riguardo alle spese, perché il Comune non si è costituito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte