Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3103 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 30/01/2025
DIRITTI REALI
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, quale titolare del RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale notarile del 24 ottobre 2023 allegata all’atto di costituzione di nuovo difensore (in sostituzione del precedente, deceduto), dall’AVV_NOTAIO, con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL;
– ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, AVV_NOTAIO NOME; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
–
intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1428/2018, pubblicata il 20 giugno 2018;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2025 dal Presidente relatore NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato alla RAGIONE_SOCIALE e a AVV_NOTAIO, COGNOME NOME, quale titolare del RAGIONE_SOCIALE, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Arezzo – Sez. dist. di Montevarchi n. 97/2011, con la quale – in accoglimento della domanda proposta dalla citata RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti e pronunciando anche sulle domande di garanzia formulate nei riguardi dei terzi chiamati in causa AVV_NOTAIO, RAGIONE_SOCIALE Ipo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE -così decideva:
dichiarava la sussistenza, a favore della RAGIONE_SOCIALE, del diritto di comproprietà indivisa nella misura di ½ dell’intero sulla porzione di resede (classificato con altre pertinenze di fabbricato urbano) adiacente al manufatto insistente nel Comune di Bucine alla partita 2546, foglio 79, particella 274 sub 15 (che era risultato comprovato documentalmente mediante la ricostruzione della proprietà del resede come emergente dagli atti notarili antecedenti il rogito del 13.06.1996 del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO – con il quale era stata ceduta da COGNOME a COGNOME NOME l’intera proprietà del resede sull’erroneo presupposto che si trattasse di un resede di proprietà esclusiva – oltre ad essere stato riconosciuto dal medesimo COGNOME, ancorché tardivamente, ovvero in sede di precisazione delle conclusioni);
disponeva la conseguente variazione catastale e ordinava la trascrizione della sentenza;
ordinava la immediata demolizione dei manufatti e costruzioni e, in ogni caso, di tutte le opere non autorizzate esistente nel resede in comproprietà, ma limitatamente ai manufatti abusivi riguardanti solo la parte a sinistra per chi guardava dalla scala di accesso e non quella a destra;
riteneva fondata parzialmente la domanda relativa al pozzo, dichiarando la natura condominiale dello stesso, ma rigettando la richiesta di riduzione in pristino e di riapertura della botola;
dichiarava, inoltre, il COGNOME tenuto al risarcimento dei danni in favore della RAGIONE_SOCIALE, liquidati in euro 6.966,00, già rivalutati, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
condannava lo stesso COGNOME al pagamento delle spese processuali, ivi comprese quelle di CTP E CTU;
in parziale accoglimento della domanda di manleva fatta valere dallo stesso convenuto COGNOME nei confronti del AVV_NOTAIO, condannava in via generica quest’ultimo a tenere indenne lo stesso COGNOME solo limitatamente alle spese che sarebbero state necessarie per la stipula di un contratto di rettifica;
respingeva, nel resto, le domande nei riguardi dello stesso AVV_NOTAIO, compensando le spese di lite in ordine al relativo rapporto processuale;
condannava in via generica la RAGIONE_SOCIALE a rilevare indenne il AVV_NOTAIO solo limitatamente alle spese che sarebbero risultate indispensabili per la stipula del contratto di rettifica, il tutto nei limiti della polizza e ferma la franchigia prevista dall’art. 9 della stessa polizza;
rigettava le ulteriori domande di AVV_NOTAIO formulate contro la RAGIONE_SOCIALE, compensando le spese dell’inerente rapporto processuale;
respingeva la domanda di manleva proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE;
condannava la RAGIONE_SOCIALE a rifondere le spese processuali in favore di quest’ultima società;
rigettava la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE;
respingeva anche la domanda di manleva proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE, compensando le relative spese di lite.
Decidendo sull’appello del COGNOME, cui resistevano gli appellati RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (nel mentre gli altri appellati rimanevano contumaci), la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 1428/2018 (pubblicata il 20 giugno 2018), in parziale riforma della decisione di primo grado e in accoglimento per quanto di ragione del gravame, così pronunciava:
dichiarava che l’ordine di demolizione di cui alla sentenza di prime cure comprendeva la scala di accesso alle terrazze con esclusione della sola parte che copriva il posto auto, ubicata sulla destra della scala per chi sale;
condannava il COGNOME, nella qualità dedotta, al risarcimento dei danni subiti dalla RAGIONE_SOCIALE nella ridotta misura di euro 1.836,00, oltre interessi dalla domanda;
regolava le spese processuali relative ai distinti rapporti processuali instauratisi;
confermava nel resto l’impugnata sentenza.
Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, il COGNOME NOME.
Le parti intimate non hanno svolto alcuna attività difensiva in questa sede. Con ordinanza interlocutoria n. 14541/2024 il collegio disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rimaste contumaci in appello, siccome litisconsorti necessarie (alla stregua della loro qualità di garanti in senso proprio, donde la configurabilità di un’ipotesi di inscindibilità delle cause ai sensi dell’art. 331 c.p.c.), rinviando la causa a nuovo ruolo, rifissata per l’odierna adunanza camerale, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 -bis.1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 343 e 112 c.p.c., ovvero un asserito vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la pronuncia di primo grado avesse voluto inequivocabilmente ricomprendere nell’ordine di demolizione anche la scala di accesso, escludendo solo la parte di terrazza sovrastante il garage e ciò malgrado l’appellata RAGIONE_SOCIALE non avesse formulato appello incidentale sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto – sempre in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – l’erronea applicazione dell’art. 1102 c.c., avuto riguardo alla non rilevata circostanza che la permanenza della scala di accesso non pregiudicava, in ogni caso, l’uso comune del resede in comproprietà.
Con il terzo motivo il ricorrente ha lamentato – con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 1102 c.c. in merito all’ordine di demolizione integrale della tettoia, sostenendo che, ferma la statuizione sulla comproprietà del resede (non oggetto di impugnazione), l’esclusione della (sola) tettoia dall’ordine di
demolizione non avrebbe precluso nulla in ordine alla libera fruibilità del resede da parte di entrambi i condomini -comproprietari.
Con il quarto motivo il ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 907, 1102 e 1122 c.c., circa la ritenuta ‘illegittimità intrinseca’ dei manufatti realizzati da esso RAGIONE_SOCIALE, in riferimento alla pronuncia di rigetto della domanda di manleva dallo stesso proposta nei confronti del AVV_NOTAIO (non potendosi – a prescindere dall’indagine sulla situazione petitoria del resede – ricavare ‘aliunde’ un’illegittimità tale da implicare ‘ipso iure’ la demolizione degli interi manufatti, posto che la costruzione delle terrazze avrebbe trovato motivo di illegittimità della condominialità del terreno su cui le stesse poggiavano, dovendosi ritenere erroneo l’assunto circa la violazione della condominialità del muro perimetrale).
Con il quinto motivo il ricorrente ha denunciato – con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – un omesso esame circa un fatto decisivo con riferimento alla circostanza del legittimo affidamento e della buona fede di esso COGNOME in relazione alla domanda di manleva nei confronti del AVV_NOTAIO, che aveva redatto l’atto di trasferimento dell’intera proprietà del resede dalla società RAGIONE_SOCIALE (che, in effetti, era proprietaria solo della metà), determinando in esso ricorrente la convinzione di esserne diventato proprietario esclusivo, non trascurando il fatto che la confinante RAGIONE_SOCIALE per quasi dieci anni non aveva ritenuto di agire in rivendicazione della metà della proprietà del resede stesso.
Con il sesto motivo il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – l’omessa pronuncia circa la domanda di risarcimento danni dal medesimo proposta nei confronti del citato AVV_NOTAIO relativamente alla restituzione del bene conseguente all’evizione, nonché l’erronea applicazione dell’art. 1123 c.c. Tanto sul presupposto che, malgrado l’illegittimo rigetto delle domande risarcitorie, la Corte di appello non aveva considerato in alcun modo il pregiudizio oggettivo conseguito a suo carico in dipendenza della subita evizione del bene che riteneva in buona fede acquistato per intero e ciò indipendentemente dalla presunta illegittimità delle opere successivamente eseguite sul resede oggetto di
controversia. Pertanto, sulla scorta di questa prospettazione, la Corte toscana avrebbe dovuto riconoscere, in favore di esso ricorrente, il diritto alla restituzione del prezzo pari alla metà del valore del resede stesso, e non limitarsi – nel confermare la decisione di primo grado – a ritenere operante la manleva alle sole spese che sarebbero state necessarie per la stipula di un contratto notarile di rettifica.
Con il settimo ed ultimo motivo il ricorrente ha lamentato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – l’erronea applicazione degli artt. 1218, 1223, e 2058 c.c. in riferimento al mancato riconoscimento dei danni e dei pregiudizi derivanti dall’evizione, oltre all’omessa pronuncia sulle relative domande, avuto riguardo alle distinte voci che erano state indicate con l’atto di appello.
8. Il primo motivo è infondato.
Non sussiste il denunciato vizio di ultrapetizione, perché con detto motivo viene, in effetti, dedotta un’asserita erronea interpretazione che la Corte di appello avrebbe fatto della portata della sentenza di primo grado circa la disposta condanna alla demolizione della scala di accesso insistente sul resede, con l’aggiunta che è rimasta esclusa dalla demolizione solo la parte di terrazza sovrastante il garage. Peraltro, la Corte di appello motiva adeguatamente sul fatto che -in base alla seconda relazione a chiarimenti del CTU e sulla scorta delle stesse argomentazioni difensive del COGNOME – la demolizione avrebbe dovuto riguardare solo la parte a sinistra per chi guarda la scala di accesso e non quella a destra.
9. Il secondo motivo si profila inammissibile perché, con esso, si sollecita, in effetti, questa Corte a rivalutare -con apprezzamento di merito – un passaggio della sentenza impugnata circa una teorica necessità della demolizione di tutta la terrazza, compresa la parte insistente sulla rampa carrabile, ricomprendendo la scala in ragione della violazione dell’art. 1102 c.c. e, quindi, non si riesce a comprendere quale sarebbe l’effettiva lesività dell’assunto, non avente una corrispondenza concreta nei luoghi di causa. Del resto, la Corte territoriale ha compiuto anche un’ulteriore ipotesi sulla demolibilità parziale della terrazza grande.
Oltretutto che il ricorrente richieda -inammissibilmente -una rivalutazione di merito in questa sede scaturisce anche dalla frase contenuta ai righi 6-8 della pag. 16 del ricorso laddove si afferma che
‘ non sembra corretta la motivazione del giudice che fa discendere de plano l’illegittimità delle scale, per l’asserita violazione dell’art. 1102 c.c.’.
10. Anche il terzo motivo si prospetta inammissibile perché impinge nel merito circa la valutazione sulla sussistenza delle condizioni conducenti all’ordine di demolizione integrale della tettoia, sulla scorta di una rivisitazione delle risultanze della CTU.
Anche a tal proposito la Corte territoriale ha adottato una motivazione plausibile sul piano tecnico e rapportata alla condizione dei luoghi laddove ha ritenuto che -ancorché fosse vero quanto sostenuto dal COGNOME che la tettoia non poggiava direttamente a terra sul resede comune, in quanto installata sul muro del fabbricato dello stesso ricorrente in questa sede e risultando sorretta da paletti infissi sul pavimento della terrazza -è altrettanto vero (circostanza appurata come pacifica) che in quel punto la terrazza sovrastava il terreno comune: pertanto -soggiunge correttamente la Corte di appello -in applicazione del principio secondo cui la proprietà si estende usque ad sidera et usque ad inferos , tutto quello che si trovava in proiezione al di sopra del resede non poteva essere adibito ad uso esclusivo di uno dei condomini in violazione dell’art. 1102 c.c.
Anche a questo proposito l’intenzione del ricorrente di invocare una rivalutazione di merito si evince dalla frase -di cui ai righi 13-16 di pagina 18 del ricorso -in base alla quale ‘sembra potersi escludere che la permanenza della sola tettoia possa determinare una alterazione significativa della destinazione del bene comune e una correlata significativa compressione delle facoltà comuni…’.
11. Sono fondati, invece, nei sensi di cui in appresso, i motivi dal quarto al settimo, esaminabili congiuntamente siccome connessi.
Essi risultano incentrati, sotto diversi profili, sull’accoglimento solo parziale della domanda di manleva nei confronti del AVV_NOTAIO, che aveva rogitato l’atto (in data 13 giugno 1996) con il quale era stata venduta al RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE l’intera proprietà del resede, malgrado poi fosse rimasto accertato che lo stesso, in effetti, era, già in precedenza, in comproprietà al 50% con la società RAGIONE_SOCIALE, confinante con il fondo del RAGIONE_SOCIALE.
Si osserva che dalla sentenza di appello, conforme sul punto a quella del Tribunale, risulta pacificamente accertato (e non contestato nemmeno dallo stesso AVV_NOTAIO che aveva chiamato in garanzia la sua compagnia assicuratrice per la copertura dei suoi rischi professionali) l’errore del AVV_NOTAIO che, nell’atto di compravendita del 13.06.1996, aveva indicato il resede come in proprietà esclusiva dell’alienante, poi risultato, sulla base dalla ricostruzione dei titoli petitori pregressi, in comproprietà alla pari con la RAGIONE_SOCIALE e, tuttavia, la Corte toscana ha ritenuto che tale responsabilità del AVV_NOTAIO si dovesse considerare ‘attenuata’ dalla circostanza che le opere costruite dal COGNOME erano comunque da ritenersi illegittime e, dunque, meritevoli di analoga sanzione demolitoria, indipendentemente da ogni indagine sulla titolarità o meno del diritto di proprietà sul resede.
Questa valutazione contiene un assioma affetto da illogicità, non rilevando la circostanza che, poi, la sentenza qui impugnata, ad un certo punto, sostiene che nulla sarebbe cambiato se anche il resede fosse stato ritenuto pur sempre di proprietà esclusiva del COGNOME, assumendo che analoghi effetti avrebbe spiegato la sentenza a carico di quest’ultimo, ove la domanda fosse stata accolta per violazione delle norme relative alla comunione e al condominio e a quelle regolatrici delle distanze nei rapporti di vicinato.
Sulla base di quest’ultima considerazione la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda di manleva fatta valere nei confronti del AVV_NOTAIO fosse accoglibile solo parzialmente, ovvero limitandola alle spese che si sarebbero rese necessarie per la stipula di un contratto di rettifica, conseguente al sopravvenuto accertamento della comproprietà del resede.
Senonché, al di là della illegittimità o meno delle opere realizzate dal RAGIONE_SOCIALE sul resede (oltretutto comunque eseguite sulla scorta di un progetto edilizio da approvare), è incontestabile che egli le avesse eseguite in buona fede, ovvero nella certezza che il resede stesso fosse di sua esclusiva proprietà, per poi vedersi costretto a demolirle una volta accertata (dopo vari anni e senza che la confinante avesse, per largo tempo, fatto valere delle contestazioni petitorie al riguardo) la comproprietà del resede anche su parte dallo stesso edificata, sulla scorta
di una relazione di causalità con l’errore professionale commesso dal AVV_NOTAIO rogante che non aveva rilevato nell’atto di trasferimento l’esistenza di diritti di terzi sul bene compravenduto (e, specificamente, per l’appunto, di quello di comproprietaria per la metà della RAGIONE_SOCIALE, originaria attrice).
Pertanto, devono ritenersi fondate le doglianze del ricorrente relative alla confutazione del rigetto della domanda proposta dal COGNOME nei confronti del AVV_NOTAIO per l’evizione, avendo legittimamente chiesto nei gradi di merito di essere tenuto indenne da ogni onere e spesa derivante dall’eventuale accoglimento dell’attrice RAGIONE_SOCIALE (che aveva agito, ancorché dopo diversi anni, in rivendicazione per l’accertamento della comproprietà del resede), con il riconoscimento del risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo trasferimento dell’intera proprietà della particella 274 n. 15 (sul presupposto erroneo -divenuto incontrovertibile -dell’indicazione nel citato rogito notarile dell’alienazione del resede in proprietà piena ed esclusiva in favore dell ‘ alienante del COGNOME) e anche sotto il profilo del minor valore del fabbricato edificato (avuto riguardo alle voci riportate nell’ultimo motivo).
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 24733/2007; Cass. n. 15728/2010; Cass. n. 15305/2013; Cass. n. 29711/2020; Cass. n. 34503/2023 e, da ultimo, Cass. 19849/2024) è consolidata nell’affermare il principio di diritto -al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio -secondo cui s ussiste la responsabilità contrattuale del AVV_NOTAIO nei riguardi della parte che sia stata pregiudicata dalla sua attività negligente nel rogitare un atto di compravendita immobiliare, quando il danno sia conseguenza della violazione di regole di condotta tipiche della diligenza qualificata esigibile da tale pubblico ufficiale ed imposte dalla legge per tutelare i soggetti che siano esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, estendendosi la prestazione d’opera professionale alle attività di controllo e verifica (in base alle risultanze dei registri immobiliari e, quindi, dei titoli giuridici trascritti nel tempo progressivamente), preparatorie e successive alla compravendita, necessarie ad assicurare la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi.
Sulla base di questo principio si è, perciò, conseguentemente statuito che il danno che il AVV_NOTAIO è tenuto a risarcire deve essere commisurato all’effettivo pregiudizio (da poter eventualmente essere rivendicato dal danneggiato unitamente, in via solidale, al contraente dante causa) sofferto dall’acquirente dell’immobile (che abbia comprato in buona fede sulla base dell’espletamento delle attività esigibili dal AVV_NOTAIO rogante in base alla necessaria osservanza del suo obbligo di diligenza professionale) risultato successivamente non di proprietà esclusiva dell’alienante, ma appartenente – come nella specie -in comproprietà ad altro soggetto, della cui parziale titolarità il AVV_NOTAIO rogante non abbia tenuto conto nella conclusione dell’atto pubblico di compravendita.
E’, quindi, evidente che il risarcimento del danno in favore dell’odierno ricorrente non avrebbe potuto essere limitato – come ha deciso la Corte di appello nella sentenza qui impugnata -al solo importo corrispondente alle spese necessarie per la successiva stipula di un contratto di rettifica, dovendo, invece, il risarcimento ricomprendere i danni comunque conseguenti al mancato trasferimento effettivo, in favore del COGNOME, dell’intera proprietà della part. 274 sub 1, sotto il profilo nel minor valore del fabbricato con annesso resede, nonché inglobare il peso delle spese sopportate per la costruzione dei manufatti oggetto di condanna demolitoria (fatta salva la valutazione dell’incidenza, a tal fine, della eventuale abusività degli stessi), nonché il pregiudizio subito sempre dal COGNOME per la possibile ripercussione dell’accertata condotta colposa notarile sulla sua attività commerciale destinata a panificio e dipendente dalla sopravvenuta indisponibilità del resede in via esclusiva.
12. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, previo rigetto dei primi tre motivi, vanno accolti i restanti quattro, con conseguente cassazione, in relazione agli stessi, della sentenza di appello impugnata ed il derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto su enunciato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto, quinto, sesto e settimo motivo; rigetta i primi tre.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della