Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24344 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2831/2023 R.G. proposto da :
PAGANO NOME, rappresentata e difesa dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentati e difesa dal l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE , con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLZANO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 176/2022 depositata il 22 novembre 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato quanto segue.
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano davanti al Tribunale di Bolzano NOME COGNOME, notaio, per ottenerne il risarcimento dei danni di euro 500.000 derivati da responsabilità professionale, avendo omesso di annotare a margine dell’atto di matrimonio ex articolo 162, quarto comma, c.c. l’atto costitutivo di fondo patrimoniale per la famiglia.
NOME COGNOME si costituiva, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza n. 667/2020, accoglieva la domanda attorea.
NOME COGNOME proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rigettava con sentenza n. 176/2022.
NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, da cui controparte si è difesa con controricorso.
In data 8 ottobre 2023 è stata pronunciata ai sensi dell’articolo 380 bis, primo comma, c.p.c. proposta di definizione nel senso della inammissibilità del ricorso; la ricorrente ha chiesto ritualmente la decisione ai sensi dell’articolo 380 bis, secondo comma, c.p.c., per cui la causa è stata chiamata in adunanza camerale.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
Ritenuto qunato segue.
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1223 e 2697 c.c. quanto all’esistenza di danno risarcibile.
1.1 La giurisprudenza di legittimità insegna che la responsabilità del prestatore d’opera intellettuale non si costituisce sulla base del
solo fatto integrante l’inadempimento -quale l’omissione di un atto al quale è tenuto per diligente esercizio dell’attività professionale -, occorrendo dimostrare che dall’omissione è derivato un danno, ovvero il nesso causale tra il secondo e la prima. Si invocano in tal senso Cass. sez. 3, 18 maggio 1993 n. 5630 (che riguarda proprio la responsabilità notarile) e Cass. sez. 3, 26 aprile 2010 n. 9917.
Il creditore deve dunque dimostrare l’esistenza di un concreto danno consistito in effettiva diminuzione del patrimonio come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento (Cass. 12354/2009). Nel caso in esame, invece, si sarebbe violato l’articolo 1223 c.c., perché gli attori non avrebbero patito alcunché, al contrario godendo di ‘una locupletazione patrimoniale’: il COGNOME, che aveva prestato due fideiussioni, ed essendo quindi debitore di ben più di 2 milioni di euro nei confronti di un istituto bancario, avrebbe transatto per solo euro 500.000, conservando la piena proprietà degli immobili oggetto del fondo patrimoniale, mai sottoposti a pignoramento ed espropriazione forzata (in particolare, nei confronti di Banca Popolare dell’Alto Adige aveva un debito di euro 2.238.853).
Non sussisterebbe, pertanto, un dannoevento, bensì ‘un mero <>, in quanto tale non assistito da alcuna tutela risarcitoria’. Inesistente sarebbe, quindi, anche il danno conseguenza che il giudice d’appello (come il primo giudice) avrebbe identificato nella somma versata per la transazione. E nel caso de quo non si sarebbe pagato un debito altrui per fatto imputabile all’omissione del notaio, bensì ‘un debito proprio’ assunto dal COGNOME quando aveva prestato fideiussione per una società a responsabilità limitata –RAGIONE_SOCIALE – di cui era socio e amministratore unico.
Comunque, quel che il giudice di merito ha qualificato danno (e precisamente danno conseguenzsuperiore, ebbe tale: i coniugi ‘non hanno subito alcuna diminuzione patrimoniale dalla transazione con
la Banca’, anzi avrebbero ottenuto un accrescimento per avere pagato di meno un debito assai superiore; e nessuno dei beni del fondo patrimoniale sarebbe stato sottratto.
Inoltre mancherebbe in questo preteso danno-conseguenza la lesione di un interesse meritevole di tutela ex articolo 1223 c.c., e mancherebbe ‘il carattere di ingiustizia del preteso danno’, non ravvisabile nel pagamento espletato per estinguere ‘una pregressa posizione debitoria’ oggetto di titolo esecutivo passato in giudicato; il pagamento, quindi, avrebbe costituito un atto dovuto ai sensi dell’articolo 1218 c.c. ‘effettuato al fine di estinguere la gravosa responsabilità patrimoniale’ di cui all’articolo 2740 c.c.
Insegna la giurisprudenza di legittimità che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti di professionista che abbia violato i suoi obblighi è accoglibile se e nei limiti in cui sussista effettivamente un danno, onde è ‘necessario valutare se i clienti avrebbero, con ragionevole certezza, potuto conseguire una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il notaio avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione’ (così Cass. 16905/2010; conformi Cass. 18244/2014 e Cass. 3657/2013). Ne consegue che il giudice d’appello avrebbe ‘illegittimamente riconosciuto’ un danno evento inesistente.
1.2 Per questa tematica è il caso di richiamare, in particolare, Cass. sez. 3, 26 agosto 2014 n. 18244 – per cui il danno risarcibile derivante da condotta inadempiente del notaio ‘non si identifica necessariamente col prezzo pagato dall’acquirente ma con la situazione economica nella quale il medesimo si sarebbe trovato qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione’ nonché Cass. sez. 3, 14 febbraio 2013 n. 3657 -la quale afferma che ‘l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista – nella specie, un notaio – che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se
e nei limiti in cui il danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione’ (conforme Cass., sez.2, 19 gennaio 2000 n. 566) -.
1.3 Pur avendo inserito la ricorrente nell’illustrazione del motivo anche elementi di natura fattuale, e quindi inammissibili, da tale illustrazione è comunque evincibile una fondata censura di diritto: il giudice d’appello non collega all’inadempimento del notaio un danno, bensì un ‘pericolo’ patrimoniale.
A fronte, infatti, del primo motivo d’appello la Corte territoriale dichiara che ‘la banca aveva provveduto all’iscrizione di ipoteca giudiziale su tutti gli immobili conferiti in fondo patrimoniale’ subito dopo la notifica al Pescoller del decreto ingiuntivo e ‘aveva espressamente annunciato l’intenzione di … esecuzione nei confronti dei garanti e dei loro beni ipotecati … i detti beni … si trovavano nell’imminente pericolo di essere sottoposti a esecuzione forzata’. Quindi – prosegue la Corte ‘il pericolo per gli appellati di perdere i predetti immobili … sussisteva ed era attuale. Tale pericolo, considerato che detti beni erano capienti … per la soddisfazione dell’intero credito …, ha indotto i coniugi COGNOME ad avviare le trattative con la creditrice’; e ‘il pericolo di perdere i beni conferiti nel fondo non era … escluso nemmeno dall’esistenza di altri beni nel patrimonio degli appellati’ (sentenza, pagine 8 -9).
1.4 Dunque, quel che la Corte d’appello identifica come pregiudizievole effetto dell’errore del notaio non è un danno, bensì un pericolo.
Non è possibile, infatti, nel contesto delle sue argomentazioni sopra riassunte, ritenere che la Corte abbia considerato come conseguenza l’iscrizione di ipoteca: la Corte, invece, per così dire, si sposta più avanti, ovvero alla ‘intenzione … di esecuzione’ dei
beni ipotecati. Il che non è avvenuto affatto, perché – è pacifico e riconosciuto espressamente dal giudice d’appello a pagina 10 della sentenza – il credito vantato dalla banca verso il Pescoller di euro 2.238.853 proprio il Pescoller, ‘grazie ad un accordo con l’istituto bancario, l’ha potuto saldare mediante il versamento di € 500.000,00’.
Si viene così, da parte del giudice d’appello, a estromettere dal ragionamento accertatorio e giuridico la sussistenza del debito verso la banca, qualificando tale pagamento – che corrisponde appunto a € 500.000 -solo il risarcimento dell’inadempimento del notaio. Eppure, proprio per la ricostruzione dei fatti offerta dalla C orte territoriale, la corresponsione di € 500.000 dal Pescoller alla banca era proprio un atto dovuto -e, per di più, ben ridotto nel quantum mediante la transazione – del primo come debitore verso la seconda, insorgente da una causa diversa rispetto all’errore del notaio: le fideiussioni rilasciate dallo stesso COGNOME all’istituto bancario.
1.5 Quindi, secondo il giudice d’appello, l’adempimento di un’obbligazione contrattuale avente ad oggetto il versamento di denaro -il classico ‘debito’, ovvero quel che si deve – costituisce un danno per il debitore: risultato che appare ancor più che paradossale, in quanto radicalmente contrastante con il sistema giuridico patrimoniale, che non colloca, usualmente, i rapporti negoziali dal contenuto corrispettivo nell’area dell’illecito e pertanto della fonte di danno, bensì in quella delle relazioni, patrimoniali appunto, di reciproco interesse sorte da accordi in cui sono confluite le libere volontà delle parti.
Solo l’ingresso nel campo dei vizi negoziali (e, a fortiori , dell’inesistenza giuridica del negozio) può allora condurre alla tematica del pregiudizio, per tutelare appunto il corretto esercizio delle volontà negoziali; ma qui nulla si è addotto avverso il rapporto negoziale tra il RAGIONE_SOCIALE e la banca (che infatti non ha
messo piede nell’agone processuale), bensì si è automaticamente identificato l’adempimento in un danno per l’adempiente. Né, tantomeno, è sostenibile che sia stata la condotta erronea del notaio a spingere il COGNOME ad adempiere il suo rapporto negoziale con la banca, perché la fonte dell’adempimento risiede non si può non ripetere nel rapporto negoziale stesso, e l’errore di un terzo non si è inserito nella sequenza di concausazione fattualegiuridica di un esatto adempimento, comunque dovuto , da una parte contrattuale alla sua controparte.
Il primo motivo del ricorso, pertanto, risulta fondato -assorbendo ictu oculi gli ulteriori due motivi (il secondo motivo è relativo al nesso causale tra l’operato del notaio e ‘il preteso (ancorché insussistente) danno’, e quindi in parte sovrapponibile al primo, il terzo motivo si pone ancora sull’accertamento del nesso causale e sull’onere probatorio quanto alla estraneità o inerenza del debito rispetto ai bisogni familiari) -, il che conduce alla cassazione della sentenza e alla decisione nel merito, nel senso del rigetto della domanda avanzata da NOME COGNOME e NOME COGNOME contro NOME COGNOME
I soccombenti, in solido per il comune interesse, vanno condannati a rifondere a NOME COGNOME le spese dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, con la precisazione che nulla viene riconosciuto titolo di esborsi per il primo grado, non essendovi alcuna richiesta al riguardo nella relativa nota in atti.
P.Q.M.
Accogliendo il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea.
Condanna in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere a NOME COGNOME le spese processuali, che liquida per il giudizio di primo grado in euro 16.000 per compensi, oltre a spese generali al
15% e accessori di legge, per il giudizio di secondo grado in euro 12.000 per compensi ed euro 1848 per esborsi, oltre a spese generali al 15% e accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in euro 9.000, oltre a euro 200 per esborsi e ad accessori di legge. Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.