Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8778 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 8778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso 30860/2019 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente – contro
COGNOME COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
– controricorrente e ricorrente incidentale dall’avvocato
COGNOME NOME, rappresentato e difeso NOME COGNOME NOME;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
COGNOME NOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME; -controricorrente-
nonché da
COGNOME COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME; -controricorrente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati –
avverso la sentenza n. 4949/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2024 dal consigliere NOME COGNOME;
udito il pubblico ministero nella persona del AVV_NOTAIO ed i difensori presenti alla pubblica udienza;
Fatti di causa
NOME COGNOME propose innanzi al Tribunale di Roma domanda di inefficacia dell’atto di trasferimento immobiliare a rogito AVV_NOTAIO di data 18 luglio 2012 e di quello di data 2 agosto 2012 a rogito AVV_NOTAIO, relativi all’appartamento sito in Roma alla INDIRIZZO, con condanna dei convenuti al risarcimento del danno. A fondamento della domanda espose quanto segue. In qualità di proprietario dell’appartamento di cui sopra lo aveva ceduto in locazione in data 1° giugno 2012, mediante agente immobiliare, a tale NOME COGNOME e, a seguito di intimazione di sfratto per morosità, era emerso che il soggetto cui in base ai dati anagrafici era stato locato l’immobile era estraneo a colui che aveva sottoscritto l’atto, qualificandosi falsamente come NOME COGNOME. Quest’ultimo, esibendo una procura speciale del proprietario per AVV_NOTAIO di data 18 giugno 2012, aveva venduto l’immobile per il prezzo di Euro 250.000,00 in data 18 luglio 2012 con atto per rogito AVV_NOTAIO all’AVV_NOTAIO e quest’ultimo lo aveva rivenduto per il prezzo di Euro 395.000,00 in data 2 agosto 2015 con atto a rogito AVV_NOTAIO a NOME COGNOME.
Il Tribunale adito, riconducendo la fattispecie a quella di inefficacia della compravendita ai sensi dell’art. 1398 cod. civ. (sottoposta alla condizione di efficacia della ratifica) -con salvezza degli effetti della seconda compravendita ai sensi dell’art. 1445 cod. civ. ed escludendo la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ. (alla luce della condotta dolosa degli autori della frode e non essendo ipotizzabile un contegno colposo in presenza della procura speciale, atto idoneo a generare l’affidamento, nonché rientrando il prezzo nei motivi di convenienza dell’affare), rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello l’attore.
Con sentenza di data 17 luglio 2019 la Corte d’appello di Roma accolse l’appello, dichiarando la nullità della procura speciale e degli atti di compravendita e condannando NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido fra di loro al risarcimento del danno in favore dello COGNOME nella misura di Euro 137.685,89, pari all’importo dei canoni non riscossi per effetto della illegittima vendita del bene (nella locazione del 1° giugno 2012 era indicato un canone annuo di Euro 18.000,00), nonché condannando NOME COGNOME alla restituzione in favore della COGNOME della somma di Euro 395.000,00 (e disattendendo la domanda della COGNOME con riferimento alle altre voci di danno -Euro 6.050,00 per spese di giustizia, Euro 3.000,00 per spese notarili e Euro 363,00 per IMU -, avendo l’istante goduto ininterrottamente dell’immobile e non risultando che lo avesse ancora rilasciato, per cui tutte le spese sostenute in relazione al godimento dell’immobile non potevano essere riconosciute).
3.1. Osservò la corte territoriale, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 cpc, e premesso che era intervenuta sentenza penale di condanna per truffa e falso nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la nullità
della procura speciale si era comunicata, sulla base di una concatenazione, agli altri atti. Aggiunse che il AVV_NOTAIO, attestando di essere certo dell’identità personale del sedicente COGNOME (preteso mandante) in occasione dell’autentica della sua sottoscrizione, avrebbe potuto accorgersi della sostituzione di persona se avesse curato con semplici precauzioni il dovere di identificazione della parte, ad esempio mediante l’esame di due documenti con fotografia ovvero mediante l’ausilio di fidefacienti ovvero anche mediante la presenza di persone da lui conosciute e non interessate all’atto in qualità di mallevadori in ordine all’identità della parte, invece di agire soltanto sulla base dell’esibizione della carta d’identità e del codice fiscale, con violazione dell’art. 49 della legge RAGIONE_SOCIALE per la trasgressione dei doveri di diligenza e prudenza professionale (la contraffazione dei documenti d’identità era fenomeno così diffuso che in ambito bancario la circolare ABI aveva prescritto il pagamento di assegni non trasferibili previa consegna di due documenti d’identità muniti di foto).
Osservò ancora che era nulla la prima compravendita, in primo luogo per la nullità della procura a vendere, onde l’atto di vendita era carente della presenza del venditore, in secondo luogo per il medesimo vizio radicale circa l’identificazione della persona qualificatasi come COGNOME in base alla sola carta d’identità contraffatta del sedicente COGNOME (peraltro il AVV_NOTAIO non si era avveduto nemmeno che nella procura speciale era indicato Zurigo quale luogo di nascita dello COGNOME, in luogo di NOME, risultante dall’atto di provenienza; inoltre il AVV_NOTAIO aveva erroneamente attestato l’identità del preteso mandante, ma nulla aveva certificato circa l’identità del preteso mandatario, la cui esatta identificazione era obbligo del AVV_NOTAIO compiere; infine il soggetto terzo cui si era fatto ricorso ai fini dell’identificazione delle parti era il titolare
dell’agenzia immobiliare che avrebbe ricevuto utilità dalla conclusione della vendita e pertanto soggetto interessato, tale da non potere essere considerato testimone attendibile). Precisò al riguardo, sulla base del criterio del più probabile che non, che, se i due notai avessero svolto con il dovuto rigore l’attività di accertamento dell’identità, si sarebbero immediatamente avveduti della condotta illecita posta in essere dai sedicenti COGNOME e COGNOME e ne avrebbero impedito la prosecuzione e che non era invocabile la giurisprudenza relativa all’inefficacia del negozio stipulato in difetto di rappresentanza, essendosi verificata la violazione di una norma imperativa attinente alla corretta identificazione della parte, con grave pregiudizio patrimoniale per il titolare del diritto di proprietà.
Aggiunse che la seconda compravendita era affetta da nullità derivata dalla nullità degli atti precedenti e che non ricorreva la colpa del AVV_NOTAIO, nonostante la riprovevole leggerezza e superficialità, essendo le modalità temporali della vendita ed il prezzo espressione della volontà delle parti e potendo costui fare affidamento sulla precedente compravendita quanto alla diversità del luogo di nascita dello COGNOME, mentre vi era assenza di buona fede sia con riferimento al COGNOME, che aveva acquistato l’immobile a prezzo vile e lo aveva rivenduto dopo appena quindici giorni a prezzo notevolmente maggiorato, sia riguardo alla COGNOME, per il sospetto che doveva indurre il periodo di soli quindici giorni fra le due vendite ed il prezzo di Euro 395.000,00, comunque di gran lunga inferiore rispetto a quello di mercato. Osservò ancora che dovevano essere respinte le varie domande di rivalsa poiché ognuno dei convenuti, salvo il AVV_NOTAIO, aveva concorso con la propria condotta a determinare l’evento lesivo, per cui la responsabilità doveva essere riconosciuta in pari misura.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di sette motivi. Successivamente ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME del COGNOME sulla base di cinque motivi. Quest’ultima ha proposto anche controricorso, con ricorso incidentale basato su cinque motivi. Resiste al ricorso proposto dal COGNOME NOME COGNOME, il quale ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di dieci motivi. Resiste ai ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME, il quale ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di quattro motivi. Resiste ai ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME. Resiste ai ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME NOME COGNOME. Resiste con controricorso NOME COGNOME.
E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Sono state presentate memorie. Con ordinanza di data 14 novembre 2023 i ricorsi sono stati rimessi alla pubblica udienza.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto dei ricorsi. E’ stata presentata nuovamente memoria.
Va previamente disposta la riunione delle impugnazioni.
Ragioni della decisione
Muovendo dal ricorso proposto da NOME COGNOME, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 40 cod. pen., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, avendo il giudice del merito accertato che se i notai COGNOME e COGNOME avessero svolto con il dovuto rigore l’attività di accertamento dell’identità dei due sedicenti COGNOME e COGNOME si sarebbero avveduti dell’illecito e ne avrebbero impedito la prosecuzione, l’efficienza causale dell’evento dannoso (in termini controfattuali, avuto riguardo al fatto che la condotta diligente
avrebbe impedito l’evento) si è esaurita con le condotte negligenti di costoro, per cui non può essere attribuita efficienza causale alla condotta del COGNOME (ed illegittimo risulta pertanto anche il rigetto della domanda di manleva proposta da quest’ultimo).
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 40 cod. pen ., 2697 e 1147 cod. civ., 132 n. 4 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che se il COGNOME non avesse acquistato l’unità immobiliare (42 mq commerciali ed a circa Euro 7.2000 a mq., unità acquistata per investimento su proposta dell’agente immobiliare e poi rivenduta sempre su proposta dell’agente), la stessa sarebbe stata alienata a terzi, per cui non vi è alcun concorso causale del COGNOME e che, stante l’intervento di ben due notai, l’assenza di buona fede rilevata dal giudice di appello non può essere riferita alla buona fede come ‘ignoranza di ledere l’altrui diritto’, di cui all’art. 1147.
Con il terzo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che in base alla sentenza del Tribunale penale il COGNOME è stato vittima della truffa, e non già coautore.
Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, per il caso di mancato accoglimento dei precedenti motivi, che non si coglie la ratio decidendi dell’esenzione da responsabilità del AVV_NOTAIO, nonostante la ritenuta riprovevole leggerezza e superficialità, mentre è stato ritenuto responsabile il COGNOME, nonostante avesse fatto affidamento su quanto accertato da ben due notai.
Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1398, 1445 e 2043 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il Tribunale, correttamente, aveva applicato la norma secondo cui il vizio della volontà del proprietario non pregiudica l’acquisto del terzo a titolo oneroso in buona fede (art. 1445 c.c.), ma genera solo la responsabilità del falsus procurator da fatto illecito nei confronti del falso rappresentato, essendo configurabile la responsabilità nei confronti del terzo, ai sensi dell’art. 1398 c.c., solo se annullato il negozio intervenuto fra questi ed il falsus procurator . Aggiunge che, essendo seguito al negozio un successivo negozio, l’invalidità del primo non poteva incidere sull’efficacia del secondo, intervenuto fra soggetti in buona fede ed a titolo oneroso e che comunque ricorre la corresponsabilità nei confronti del proprietario di coloro che con il falsus procurator hanno contribuito alla formazione della procura, che ha dato luogo all’incolpevole affidamento dei terzi COGNOME e COGNOME, ma non la responsabilità del terzo contraente nei confronti dello pseudo rappresentato.
Con il sesto motivo si denuncia la violazione dei principi in tema di nesso di causalità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che non vi è nesso di causalità fra la mancata percezione del reddito dell’appartamento da parte del proprietario ed il COGNOME, il quale ha occupato l’immobile solo per quindici giorni, mentre la COGNOME lo ha occupato per sette anni.
Con il settimo motivo si denuncia falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, non essendo stata svolta attività istruttoria né in primo grado, né in appello, non poteva ai fini delle spese processuali essere considerata la fase di trattazione/istruzione.
Il primo motivo è fondato. In presenza di fatti imputabili a più persone, coevi o succedutisi nel tempo, deve essere riconosciuta a tutti un’efficacia causativa del danno, ove abbiano determinato una
situazione tale che, senza l’uno o l’altro di essi, l’evento non si sarebbe verificato, mentre deve attribuirsi il rango di causa efficiente esclusiva ad uno solo dei fatti imputabili quando lo stesso, inserendosi quale causa sopravvenuta nella serie causale, interrompa il nesso eziologico tra l’evento dannoso e gli altri fatti, ovvero quando il medesimo, esaurendo sin dall’origine e per forza propria la serie causale, riveli l’inesistenza, negli altri fatti, del valore di concausa e li releghi al livello di occasioni estranee (Cass. n. 18094 del 2005; n. 92 del 2017).
Ha affermato il giudice del merito che se il AVV_NOTAIO del rilascio della procura e quello della prima compravendita avessero svolto con il dovuto rigore l’attività di accertamento dell’identità, si sarebbero immediatamente avveduti della condotta illecita posta in essere dai sedicenti COGNOME e COGNOME e ne avrebbero impedito la prosecuzione. Con tale accertamento è stato statuito che le condotte dei due notai hanno esaurito fin dall’origine e per forza propria la serie causale del danno evento il quale, in base all’argomento controfattuale dell’osservanza del comportamento diligente, non si sarebbe verificato. In tal modo il contributo del comportamento dell’acquirente della prima compravendita è stato relegato al livello di occasione rimasta estranea alla dinamica eziologica.
Consegue da ciò l’assorbimento della censura relativa alla domanda di manleva.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli altri motivi.
Passando al ricorso successivo proposto da NOME COGNOME del COGNOME, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1476, 1479, 1483 e 1282 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha, in violazione delle norme in
materia di garanzia per evizione, non riconosciuto gli interessi sul prezzo della compravendita, la provvigione per l’agenzia immobiliare, le spese notarili, nonché in violazione dell’art. 1483 non ha riconosciuto la manleva nei confronti del COGNOME per le conseguenze negative del giudizio (Cass. n. 18259 del 2015).
10.1 Il motivo è inammissibile. Quanto alla domanda proposta dalla ricorrente nei confronti del venditore, la ratio decidendi di esclusione di tutte le voci di pregiudizio allegate, ad esclusione del prezzo della compravendita (e dunque deve intendersi anche gli interessi su tale somma), è nel senso che l’istante ha goduto ininterrottamente dell’immobile e non risulta che lo abbia rilasciato al momento di esaurimento del giudizio di appello. Tale ratio non è stata specificatamente impugnata, essendosi la ricorrente limitata a richiedere l’applicazione delle norme in materia di garanzia per evizione, e dunque il motivo è privo di decisività.
Anche la censura relativa al mancato accoglimento della domanda di rivalsa nei confronti del COGNOME in quanto venditore è priva di decisività in quanto estranea alla ratio decidendi . In relazione a tale domanda viene invocata l’applicazione dell’art. 1483, ma la rivalsa è stata disattesa sul presupposto del fatto illecito ascritto anche alla COGNOME, la quale è stata così ritenuta responsabile nei confronti dell’appellante in base all’art. 2043 e non in sede di evizione ai sensi dell’art. 1483.
11. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1147, 1218, 2043 cod. civ., 40 e 41 cod. pen., 115, 116 e 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la decisione difetta della individuazione del fatto illecito commesso dalla COGNOME e del nesso causale fra il danno ed il comportamento della stessa e che in mancanza dell’identificazione degli altri elementi della fattispecie di
responsabilità civile la sola assenza di buona fede non è sufficiente a giustificare la condanna per un danno che si era già verificato per effetto degli atti notarili con cui era stata conferita la procura falsa e stipulata la prima compravendita. Aggiunge che la COGNOME è rimasta vittima della truffa e che sulla base della documentazione prodotta il prezzo corrisposto dalla medesima non poteva essere considerato irrisorio. Osserva infine che l’acquisto a distanza di quindici giorni dalla prima vendita ed il prezzo più che congruo non potevano determinare l’esclusione della buona fede.
11.1 Il motivo è fondato. Va premesso che dall’indicazione in rubrica dell’art. 132 cod. proc. civ. si intende che la denuncia di mancata indicazione del fatto illecito commesso dalla ricorrente va qualificata come denuncia di motivazione apparente.
Il danno conseguenza riconosciuto è quello della mancata percezione dei canoni di locazione ed è stato eziologicamente ricondotto all’evento di danno rappresentato dalla illegittima vendita del bene. Alla COGNOME è stato ascritto in motivazione esclusivamente il sospetto che doveva indurre il periodo di soli quindici giorni fra le due vendite ed il prezzo di Euro 395.000,00, reputato dal giudice del merito di gran lunga inferiore rispetto a quello di mercato. Non si coglie la ratio decidendi relativa al nesso di causalità fra il suddetto danno conseguenza e la qualità di seconda acquirente della COGNOME. Il profilo del nesso di causalità è reso ancora più incerto dal fatto che il giudice del merito, provvedendo sulla domanda proposta dalla COGNOME nei confronti del venditore, ha affermato che l’istante ha goduto ininterrottamente dell’immobile e non risulta che lo abbia rilasciato al momento di esaurimento del giudizio di appello, per cui evento di danno, in relazione al danno conseguenza di cui sopra, potrebbe essere l’occupazione per ipotesi senza titolo dell’immobile e non la stipulazione della seconda compravendita.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha omesso di pronunciare sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti dei tre notai, in solido con il COGNOME (domanda riproposta in appello ai sensi dell’art. 346 cpc), nonché su quella di manleva proposta nei confronti sempre dei tre notai.
12.1 Il motivo è parzialmente fondato. Vi è effettivamente omissione di pronuncia in ordine alla domanda risarcitoria proposta nei confronti dei tre notai, in solido con il COGNOME. Sul punto risulta assolto l’onere di specifica indicazione di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cpc, riguardo sia la domanda in primo grado, che la riproposizione in appello ai sensi dell’art. 346. Sulla manleva invece il giudice di appello ha pronunciato, statuendo che dovevano essere respinte le varie domande di rivalsa poiché ognuno dei convenuti, salvo il AVV_NOTAIO, aveva concorso con la propria condotta a determinare l’evento lesivo, per cui la responsabilità doveva essere riconosciuta in pari misura.
Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 49 legge RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale contraddittoriamente nei confronti del AVV_NOTAIO per un verso ha rilevato la riprovevole leggerezza e superficialità, per l’altro ne ha escluso la colpa sulla base delle modalità temporali della vendita e del prezzo espressione della volontà delle parti. Aggiunge che l’erronea indicazione del luogo di nascita dello NOME avrebbe dovuto essere individuata dal AVV_NOTAIO con l’uso di adeguata diligenza.
13.1 Il motivo è infondato. Ciò che invero si censura è la contraddittorietà della motivazione, e dunque la sua apparenza. Di contro va osservato che la ratio decidendi è chiaramente percepibile,
avendo il giudice del merito reputato che la superficialità ascritta al AVV_NOTAIO non è tale da acquisire il livello della condotta colposa rilevante ai fini del fatto illecito (dovendosi includere in tale valutazione del giudice del merito anche la circostanza del luogo di nascita dello COGNOME).
Con il quinto motivo si denuncia falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE COGNOME deve essere tenuta esente dalla condanna alle spese processuali, anche nei confronti della COGNOME, erede di COGNOME, né ha mai formulato domande nei confronti dello COGNOME.
14.1 Il parziale accoglimento del ricorso determina l’assorbimento del motivo.
Il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME del COGNOME ha il medesimo contenuto del ricorso.
Passando al ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 49 l. n. 89 del 1913, 1398, 1445 e 2043 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che in base all’art. 58 l. n. 89 del 1913 ‘l ‘atto RAGIONE_SOCIALE è nullo, salvo ciò che è disposto dall’art. 1316 del Codice civile: 1° se è stato rogato dal notaro prima che sia avvenuta l’iscrizione di lui nel ruolo a norma dell’art. 24; 2° se fu ricevuto da un notaro che abbia cessato dall’esercizio per una delle cause espresse dalla legge, e dopo che la cessazione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale; 3° se fu ricevuto in contravvenzione agli articoli 28, n. 2 e 29; la contravvenzione al n. 3 dell’art. 29 importa la nullità delle sole disposizioni accennate nello stesso numero; 4° se non furono osservate le disposizioni degli articoli 27, 47, 48, 50, 54, 55, 56, 57, e dei nn. 10 e 11 dell’art. 51; 5° se esso manca della data e non
contiene l’indicazione del Comune in cui fu ricevuto; 6° se non fu data lettura dell’atto alle parti, in presenza dei testimoni quando questi siano intervenuti. Fuori di questi casi l’atto RAGIONE_SOCIALE non è nullo, ma il notaro che contravviene alle disposizioni della legge va soggetto alle pene dalla medesima sancite ‘ . Osserva quindi che l’art. 58 non menziona fra i casi di nullità l’art. 49 della medesima legge RAGIONE_SOCIALE (‘ Il AVV_NOTAIO deve essere certo dell’identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento della attestazione, valutando tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento. In caso contrario il AVV_NOTAIO può avvalersi di due fidefacienti da lui conosciuti, che possono essere anche i testimoni ‘ ), la quale non può essere intesa, come affermato dalla corte territoriale, norma imperativa e che, come correttamente affermato dal Tribunale, la fattispecie in esame deve essere inquadrata negli artt. 1398 e 1399, con salvezza degli effetti della seconda compravendita ai sensi dell’art. 1445, coerentemente alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22891 del 2016; Cass. Sez. U. n. 11377 del 2015). Aggiunge che il falsamente rappresentato può sottrarsi agli effetti del contratto concluso dal falsus procurator dimostrando che il terzo era a conoscenza della falsità della procura, o avrebbe potuto rendersene conto usando l’ordinaria diligenza (Cass. n. 3974 del 1993) e che né il COGNOME né la COGNOME avrebbero potuto rendersi conto della falsità della procura (peraltro per il terzo acquirente di buona fede la richiesta della giustificazione dei poteri del rappresentante costituisce una mera facoltà – Cass. n. 3691 del 1995, n. 3974 del 1993).
16.1. Il motivo è parzialmente fondato.
La fattispecie deve essere sussunta nell’ipotesi legale della rappresentanza senza potere di cui all’art. 1398. Vi è accertamento di fatto da parte del giudice del merito circa la falsità della procura. In presenza di quest’ultima circostanza non è dubbio che il
rappresentante versasse in carenza di potere. Irrilevante è la circostanza che la falsità attingesse non solo la persona del rappresentato, ma anche quella del rappresentante. Il profilo determinante è dato dell’esistenza, quale entità obiettiva, del requisito dell’accordo delle parti avente ad oggetto una compravendita, mentre non rileva, ai fini dell’esistenza dell’accordo, la circostanza che il rappresentante avesse sostituito la propria persona con un’altra. Il punto è che il contratto è stato concluso in nome e nell’interesse di un terzo senza che colui che ha contrattato come rappresentante (sia pure fornendo false generalità) avesse il potere di rappresentanza, il che circoscrive definitivamente la fattispecie nell’ambito dell’art. 1398.
Nella parte in cui il motivo attinge la seconda compravendita o la posizione soggettiva dei due acquirenti è inammissibile per difetto di interesse del ricorrente.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 244, 245 e 356 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che vi è motivazione apparente circa il mancato accoglimento delle istanze di interrogatorio formale del AVV_NOTAIO e dell’agente immobiliare COGNOME in ordine alle circostanze dell’essersi il AVV_NOTAIO assicurato presso il primo dell’identità dello COGNOME e dell’essere il COGNOME cliente abituale dello RAGIONE_SOCIALE, poiché quanto all’agente immobiliare è stata svolta una valutazione ex ante di attendibilità del testimone.
17.1. Il motivo è inammissibile. Sotto le spoglie della denuncia di motivazione apparente, si sottopone a scrutinio, in modo inammissibile nella presente sede di legittimità, la valutazione del giudice del merito, il quale ha ascritto al AVV_NOTAIO la responsabilità a fini risarcitori non solo per avere erroneamente attestato l’identità del preteso mandante, ma anche per non avere
nulla certificato circa l’identità del preteso mandatario, la cui esatta identificazione, afferma il giudice del merito, era obbligo del AVV_NOTAIO compiere. L’essersi quest’ultimo assicurato presso il AVV_NOTAIO dell’identità dello COGNOME è quindi circostanza priva di decisività. Il giudizio di fatto viene confutato, inammissibilmente, anche in ordine alla valutazione di rilevanza nel giudizio delle ipotetiche dichiarazioni dell’agente immobiliare COGNOME. L’apprezzamento non sindacabile del giudice del merito è nel senso che il soggetto terzo cui si era fatto ricorso ai fini dell’identificazione delle parti era il titolare dell’agenzia immobiliare che avrebbe ricevuto utilità dalla conclusione della vendita e pertanto soggetto interessato, tale da non potere essere considerato testimone attendibile.
18. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che l’attore non ha fornito alcuna prova circa il comportamento negligente del convenuto ed il nesso di causalità fra l’evento e la condotta del AVV_NOTAIO, il quale esaminò l’atto di provenienza e la procura a vendere, verificò l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria per il mutuo bancario (che venne estinto con parte della somma versata dall’acquirente), verificò presso la Conservatoria dei registri immobiliari la nascita all’estero (risulta indicata presso tali registri solo la nazione estera -Svizzera -e non anche la città), contattò il AVV_NOTAIO per avere certezza circa l’identità personale del soggetto che aveva rilasciato la procura, ed era inoltre assicurato dal fatto che la persona presentatasi come procuratore era stato accompagnato presso il suo RAGIONE_SOCIALE da persona di sua fiducia. Aggiunge che il giudice di appello non ha tenuto conto di tali circostanze.
18.1. Il motivo è inammissibile. La censura è espressamente formulata come critica dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Costituisce ius receptum che il potere del giudice di valutazione della prova non è in quanto tale sindacabile in sede di legittimità.
19. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1226 e 2697 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il danno da mancato godimento di immobile per occupazione senza titolo non è in re ipsa , ma deve essere provato e che non è idonea prova il contratto di locazione stipulato dalla moglie dell’attore per un canone annuo di Euro 18.000,00 con il sedicente NOME COGNOME, che peraltro pagò una sola mensilità. Aggiunge che la corte territoriale non ha considerato che il proprietario si è ritrovato un immobile privo del mutuo a suo tempo gravante sull’immobile e che esclusiva responsabile del mancato godimento è la RAGIONE_SOCIALE, la quale non restituì l’immobile allo COGNOME.
19.1. Il motivo è parzialmente fondato. Va premesso che in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, rappresentato dall’impossibilità di concedere il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o di venderlo ad un prezzo più conveniente di quello di mercato (Cass. Sez. U. n. 33645 del 2022). Conforme a tale principio di diritto è la liquidazione del danno che il giudice del merito ha compiuto prendendo come parametro il contratto di locazione stipulato con il sedicente NOME COGNOME.
Osserva il ricorrente che la corte territoriale non ha considerato la circostanza che il proprietario si è ritrovato un immobile privo del
mutuo a suo tempo gravante sull’immobile. La censura, involgendo una circostanza non accertata dal giudice del merito, ha natura di denuncia di vizio di motivazione. La circostanza, rilevante dal punto di vista del criterio della compensatio lucri cum damno , non è stata tuttavia dedotta dal ricorrente in modo rituale ai fini dell’art. 360 n. 5. Nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014). Tale onere processuale non risulta assolto, essendosi limitato il ricorrente a denunciare il mero omesso esame della circostanza.
Il fatto del mancato godimento imputabile alla RAGIONE_SOCIALE per la mancata restituzione dell’immobile da parte di quest’ultima, costituente la terza censura contenuta nel motivo, risulta invece accertato dal giudice del merito, il quale, tuttavia, ha collegato al fatto, così accertato, esclusivamente gli effetti giuridici con riferimento alla domanda proposta dalla COGNOME e non anche con riferimento all’azione di rivalsa proposta contro costei. La circostanza rileva pertanto non come vizio di motivazione, ma come falsa applicazione di diritto per difetto di sussunzione.
La corte territoriale ha affermato che dovevano essere respinte le varie domande di rivalsa poiché ognuno dei convenuti, salvo il AVV_NOTAIO, aveva concorso con la propria condotta a determinare l’evento lesivo, per cui la responsabilità doveva essere riconosciuta in pari misura. Tale statuizione contrasta con il fatto accertato dell’occupazione senza titolo dell’immobile da parte della COGNOME, che è circostanza idonea a produrre effetti giuridici, dal punto di vista del nesso eziologico, rispetto al danno da mancato godimento (indiretto,
perché relativo alla mancata concessione in locazione) dell’immobile. Ferma la condanna solidale al risarcimento del danno, la circostanza dell’occupazione senza titolo dell’immobile rileva nell’ambito dell’azione di rivalsa proposta da NOME COGNOME, in relazione alla quale il giudice del merito deve valutare la rilevanza eziologica della condotta della COGNOME e non limitarsi ad un riconoscimento di pari responsabilità fra il COGNOME e la COGNOME, riconoscimento che resta indifferente rispetto al parametro della causalità.
20. Passando infine al ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente, premesso di essere stato evocato in giudizio perché chiamato in causa dal AVV_NOTAIO e dalla COGNOME in funzione di manleva, che con l’appello, come nella citazione di primo grado e nell’udienza di precisazione delle conclusioni innanzi al Tribunale, era stata chiesta la nullità ed inefficacia delle due compravendite, ma non della procura a vendere, e che non era stata dedotta la responsabilità civile del AVV_NOTAIO, ma soltanto dei notai roganti e delle parti acquirenti.
20.1 Il motivo è infondato. La violazione del principio di corrispondenza fra domanda e sentenza è denunciata sia in relazione alla dichiarazione di nullità della procura a vendere sia in relazione alla responsabilità civile del AVV_NOTAIO.
Muovendo dalla prima censura, va subito osservato che, come risultante da quanto specificatamente indicato ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6 cpc, una domanda di nullità della procura non è stata proposta. Poiché tuttavia, come insegnano le sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U. n. 26242 del 2014), ciò che bisogna verificare è se, indipendentemente dal petitum , l’effetto giuridico del fatto allegato, ed in particolare la nullità del negozio, sia suscettibile di
cadere nei limiti oggettivi del giudicato, una volta che quest’ultimo attenga al rapporto giuridico e non alla semplice coppia diritto/obbligo. Il giudicato risiede, infatti, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., nell’ «accertamento contenuto nella sentenza», a prescindere dalle concrete statuizioni dispositive dichiarative, di condanna o costitutive. Una volta che il giudice, per l’accertamento del rapporto, debba rilevare (d’ufficio) la nullità, quale questione pregiudiziale in senso logico, una pronuncia sulla nullità, nonostante la mancanza del relativo petitum , non violerebbe il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato.
Nel caso di specie, come si è visto, ricorre un’ipotesi di rappresentanza senza potere sulla base del giudizio di fatto della falsità della procura. L’accertamento di rappresentanza senza potere postula, nel caso di specie, sulla base del fatto costitutivo allegato, la nullità del negozio unilaterale di procura, proprio alla luce della falsità che comporta la mancanza del consenso del soggetto che avrebbe rilasciato la procura. Si tratta pertanto del fatto costitutivo di un valore giuridico rilevante ai fini della riconosciuta fattispecie di rappresentanza senza potere. L’osservanza del principio di corrispondenza di chiesto e pronunciato è così recuperabile dal lato dei limiti oggettivi del giudicato, cadendo la nullità della procura nel fuoco del giudicato relativo all’accertamento della rappresentanza senza potere.
Il motivo è poi inammissibile in relazione alla seconda censura.
Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del
terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo (Cass. n. 5400 del 2013, n. 23213 del 2015, n. 516 del 2020, n. 15232 del 2021). In violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cpc, il ricorrente non ha specificatamente indicato il contenuto della chiamata in giudizio, se avente la valenza dell’indicazione del soggetto tenuto a rispondere della pretesa attorea, o in funzione di mera manleva. In mancanza di tale determinante specificazione, il motivo non è scrutinabile.
21. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 101 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in via subordinata, che la corte territoriale ha omesso di sollevare il contraddittorio in ordine alla questione rilevata d’ufficio della nullità della procura a vendere.
21.1 Il motivo è inammissibile. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 26419 del 2020).
E’ circostanza pacifica in giudizio, ed accertata dal giudice del merito, il fatto costitutivo della rilevata nullità della procura rappresentato dalla falsità della procura medesima. A fronte del carattere incontroverso in giudizio della circostanza, non risulta dedotto quale sarebbe il pregiudizio per il ricorrente derivante dal
fatto che sulla detta circostanza, e la nullità che ne consegue sul piano del diritto, non sia stato instaurato il contraddittorio.
22. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112, in via gradata dell’art. 342 cod. proc. civ., ed in via ulteriormente gradata dell’art. 2909 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che il primo giudice aveva accertato quanto segue in punto di esclusione di responsabilità del AVV_NOTAIO: ‘le circostanze indicate nella procura speciale essendo frutto di un intento fraudolento del falso rappresentante sono state idonee a sviare il AVV_NOTAIO quanto alla effettiva identità del comparente, né lo stesso professionista avrebbe potuto accertare la diversa identità di detto soggetto non essendo stati allegati dall’attore diversi ed ulteriori elementi di gravità tale da indurre un professionista medio a non autenticare detto negozio’ (pag. 5 della sentenza del Tribunale). Osserva quindi di avere eccepito la formazione del giudicato in ordine a tale accertamento, essendovi nell’atto di appello solo riferimenti ai due notai roganti e agli acquirenti e che la corte territoriale ha omesso di pronunciare sulla detta eccezione di giudicato. Aggiunge, in subordine, che l’atto di appello è inammissibile ai sensi dell’art. 342 perché del tutto generico quanto alla posizione del COGNOME e che comunque vi è giudicato in ordine all’accertamento di esclusione di responsabilità del ricorrente.
22.1 Il motivo è fondato. Assorbente è la censura in termini di formazione del giudicato interno. Il Tribunale, come da trascrizione della relativa parte motivazionale della sentenza, ha escluso la ricorrenza dei presupposti della responsabilità civile del AVV_NOTAIO. Come risulta dall’atto di appello, cui il Collegio può accedere sulla base dell’assolvimento dell’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cpc da parte del ricorrente, l’accertamento di esclusione di responsabilità del COGNOME non è stato impugnato. I profili della
responsabilità risarcitoria sono esaminati nell’atto di appello da pagina 31 a pagina 36 e riguardano le parti ed i notai roganti delle due compravendite, mentre non vi è alcun riferimento al AVV_NOTAIO. A fronte di tale chiaro ed inequivoco contenuto dell’atto di appello non ha rilievo il richiamo alle pagine 25 e 26 del medesimo atto all’erronea indicazione nella procura a vendere del luogo di nascita dello COGNOME che il AVV_NOTAIO avrebbe potuto appurare, trattandosi di riferimento incidentale nel contesto del motivo di appello avente ad oggetto la questione della buona fede della parte acquirente nelle due compravendite. E’ significativo che nel controricorso dello COGNOME non vi sia una replica sul motivo di ricorso avente ad oggetto la formazione del giudicato interno.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 49 l. n. 89 del 1913, 1398 e 1399 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in via subordinata, che la legge RAGIONE_SOCIALE esclude che la non corretta identificazione della parte comporti la nullità del negozio, ferma la responsabilità del professionista, e che la fattispecie resta nei termini di acquisto di rappresentante senza poteri ai sensi dell’art. 1398, salvo il potere di ratifica del rappresentato nei cui confronti il negozio è privo di efficacia (Cass. Sez. U. n. 11377 del 2015).
23.1. Il motivo è stato espressamente proposto in via subordinata. L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.
Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che l’identificazione del sedicente
NOME COGNOME ai fini della procura era stata effettuata mediante carta d’identità e tessera sanitaria e che la responsabilità è stata ritenuta applicando uno standard, quello del banchiere, diverso da quello operante per il AVV_NOTAIO, per il quale valgono esigenze del tutto avulse dalla attività bancaria di incasso di assegni non trasferibili. Aggiunge che al AVV_NOTAIO non potevano essere ascritte le anomalie degli atti di vendita.
25. Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 2, cod. pen., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in via ulteriormente subordinata, che il mancato accertamento da parte del AVV_NOTAIO circa l’identità del falsus procurator ha determinato, in quanto causa sopravvenuta da sola idonea a produrre l’evento, l’interruzione del nesso causale con riguardo a qualsivoglia eventuale contegno del AVV_NOTAIO, facendolo scadere al rango di mera occasione.
26. Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 41, comma 2, cod. pen., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, ai fini del risarcimento per la mancata locazione dell’immobile, la corte territoriale non ha tenuto conto della circostanza che fin dall’instaurazione del giudizio l’immobile è rimasto nella esclusiva disponibilità di NOME COGNOME, la quale è pertanto la causa esclusiva del detto pregiudizio, e che la condotta di quest’ultima sfugge al controllo e prevedibilità del AVV_NOTAIO.
27. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 10 cpc, 13 l. n. 247 del 2012, 5 d.m. n. 55 del 2014, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale, nel determinare il valore della causa ai fini della liquidazione delle spese processuali, ha
erroneamente cumulato le domande relative a due cause distinte, quella proposta dallo COGNOME e quella proposta dalla COGNOME, laddove invece l’art. 10, comma 2, cpc non si applica nel caso di litisconsorzio facoltativo.
Con il nono motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cpc, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il AVV_NOTAIO è stato condannato alla rifusione delle spese in favore dell’attore COGNOME che non aveva proposto domanda nei suoi confronti, in favore della COGNOME (erede di NOME COGNOME) rispetto alla quale non vi era alcun interesse antagonista ed in favore del AVV_NOTAIO, nei cui confronti il AVV_NOTAIO non ha sollevato alcuna censura né formulato alcuna domanda.
Con il decimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in via subordinata, che è stato omesso l’esame delle circostanze allegate a fondamento della domanda di regresso nei confronti del AVV_NOTAIO e della COGNOME.
L’accoglimento del terzo motivo determina l’assorbimento dei motivi di cui sopra.
P. Q. M.
Accoglie il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, con assorbimento degli altri motivi;
accoglie il secondo e parzialmente il terzo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME del COGNOME, rigettando per il resto il ricorso, con assorbimento del quinto motivo;
accoglie parzialmente il primo ed il quarto motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, dichiarando inammissibile per il resto il ricorso;
accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo motivo, con assorbimento degli altri motivi;
cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti;
rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 26 febbraio 2024