Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33333 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33333 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
Oggetto
Responsabilità professionale – Notaio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21499/2023 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, in Roma INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2115/2023, depositata in data 22 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, nel 2013, davanti al Tribunale di Roma il Notaio NOME COGNOME chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della stipula di un preliminare di compravendita di immobile da lui predisposto e redatto; danni in tesi rappresentati dagli esborsi sostenuti per il pagamento della caparra di Euro 150.000, pari al 90% del prezzo convenuto e delle spese del rogito, ed ascritti a responsabilità professionale del notaio per avere omesso di effettuare correttamente le necessarie visure ipotecarie sullo stato giuridico del bene, non rilevando, né informando l’istante, dell’esistenza di una clausola risolutiva espressa cui era sottoposto l’atto di provenienza in caso di mancato saldo prezzo, condizione poi avveratasi.
Il Tribunale, pur avendo riconosciuto la dedotta responsabilità del convenuto, rigettò la domanda, avendo escluso che il danno fosse causalmente riferibile alla condotta inadempiente del professionista.
L a Corte d’appello confermò il rigetto con la diversa motivazione della insussistenza della dedotta responsabilità.
Tale sentenza venne però cassata dalla S.C. con ordinanza n. 29642 del 2017 per violazione del giudicato interno che, in ordine alla sussistenza della responsabilità del notaio, si era formato sulla sentenza di primo grado, che l’aveva espressamente affermata, in mancanza di appello incidentale della convenuta.
Pronunciando quindi in sede di rinvio la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2115/2023, resa pubblica in data 22 marzo 2023, riconosciuto il nesso causale tra l’inadempimento e i danni dedotti, ma ritenuta anche la sussistenza del concorso -nella misura
del 50%del fatto colposo della cliente, « quale soggetto professionalmente competente che ha partecipato alla stipula fornendo l’atto di provenienza e si è esposta con una caparra atipica ed imprudente, pari quasi al 90% del prezzo di vendita », ha condannato l’appellato NOME COGNOME al pagamento in favore di NOME COGNOME dell’importo di € 86.750,00, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Avverso tale decisione, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME deposita controricorso, proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale affidato a due motivi, per resistere al quale la ricorrente principale deposita controricorso.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale NOME COGNOME denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176, 1218, 1223, 1227, primo comma e 2909 cod. civ. e dell’art. 324 c.p.c., violazione di giudicato, in relazione alla ritenuta sussistenza del concorso del fatto colposo di essa ricorrente, poiché asseritamente non configurabile in ipotesi di condotta inadempiente del professionista tenuto ad una obbligazione di mezzi e comunque affermata in violazione del giudicato interno formatosi sulla responsabilità esclusiva del notaio nella determinazione dell’evento.
Con il secondo motivo ─ rubricato « Art. 360 comma 1, nr. 3 c.p.c. – violazione e/o errata applicazione della legge -artt. 1227 comma 2° cod. civ.; art. 2909 cod. civ.; artt. 112, 324, 345 e 394
c.p.c. – violazione di giudicato – decisione ultra petita -decisione su eccezione propria non rilevabile di ufficio » ─ la ricorrente principale lamenta che erroneamente la Corte di merito ha ridotto il risarcimento facendo applicazione del secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., in mancanza di riproposizione, con appello incidentale, della relativa eccezione, da qualificarsi come eccezione della controparte e per di più violando il giudicato interno formatosi sulla responsabilità esclusiva del notaio.
Con il terzo motivo (rubricato « Art. 360 comma 1, nr. 5 c.p.c. violazione e/o errata applicazione della legge in relazione all’art. 132 comma secondo nr. 4 c.p.c. ed art. 111 Cost. – motivazione omessa o apparente – manifesta illogicità ed evidente contraddittorietà per assenza di una approfondita disamina logico-giuridica degli elementi di fatto ») NOME COGNOME denuncia vizio di motivazione apparente, manifestamente illogica e contraddittoria.
Lamenta che « affidandosi a semplici e personali congetture, senza fare riferimento a massime di esperienza e fatti notori, che rendano coerente il ragionamento e percepibile il fondamento della decisione, si è affidata a mere ed ipotetiche congetture, basandosi su circostanze di fatto ─ ‘ soggetto professionalmente competente che ha partecipato alla stipula fornendo l’atto di provenienza; ha corrisposto una caparra atipica ed imprudente, pari quasi al 90% del prezzo di vendita ‘ ─ irrilevanti, non univoche e prive di qualsiasi riferimento al concreto atteggiarsi dei fatti, in particolare alla circostanza che il ricorso all’opera professionale del notaio per la trascrizione del preliminare rappresentava, se prima in grado, certamente idonea garanzia atta a giustificare il versamento di una caparra di importo elevato anche per il cliente avvocato ».
Con il primo motivo del proprio ricorso incidentale NOME COGNOME denuncia « violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in ordine al nesso di causalità (artt. 41 c.p. e art. 1227 comma 1
c.p.c.) », ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..
Lamenta che erroneamente la Corte d’appello abbia ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta del professionista e il danno subito dalla cliente: a) sia perché emergeva dagli atti che questa avesse conosciuto e attentamente studiato il contenuto dell’atto di provenienza, con la necessaria conseguenza della conoscenza della condizione risolutiva ben prima della sottoscrizione del preliminare; b) sia perché un comportamento, altrimenti dissennato, consistente nel pagamento di oltre l’80% del prezzo a fronte del mero impegno al trasferimento della proprietà dell’immobile (al di fuori dell’ipotesi ricorrente nella pratica del preliminare con consegna anticipata), si spiega soltanto ipotizzando che la COGNOME, ben conscia della condizione risolutiva, avesse corrisposto detta ingente somma al fine di dotare la società promittente venditrice dell’importo (o di una parte dell’importo) occorrente per saldare il prezzo dovuto alla sua dante causa’ (pagg. 9-10).
Sostiene che, in tale contesto, appare certo che la cliente NOME COGNOME non avrebbe potuto con ragionevole certezza conseguire una situazione economicamente più vantaggiosa, qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione « delle norme di diritto in ordine al nesso di causalità (art. 41 c.p.) » per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta del professionista e il danno subito dalla COGNOME, nonostante fosse documentalmente provato che le somme erano state corrisposte in data antecedente al rogito.
Sostiene che erroneamente si afferma in sentenza che nel preliminare si dà atto che « il pagamento era avvenuto in pari data e quindi in connessione causale con la stipula di cui era elemento
essenziale », il contrario emergendo:
a) dal dato testuale del contratto preliminare là dove, all’art. 4, si dichiara che « quanto ad Euro 150.000 (centocinquantamila) vengono corrisposti in data odierna mediante assegno bancario di conto corrente tratto su Banca Nazionale del Lavoro n. Lavoro n. NUMERO_DOCUMENTO all’ordine di RAGIONE_SOCIALE assegno che la parte promittente venditrice, come sopra rappresentata, dichiara di aver già ricevuto, a titolo di caparra confirmatoria, prima d’ora , dalla parte promissaria acquirente, alla quale rilascia ampia e liberatoria quietanza »;
b) dalla mail del 9 marzo 2009 in cui l’Avv. COGNOME precisava: « Ho pertanto riportato i dati catastali del locale C/2 oggetto della futura compravendita ed ho inserito tutti i dati mancanti », là dove i ‘dati mancanti’, come aveva esattamente rilevato il giudice di primo grado, non possono attenere ai dati catastali che l’appellante dice di aver già ‘riportato’ ma afferiscono appunto ai dati relativi all’assegno corrisposto antecedentemente alla promittente venditrice.
Il primo motivo del ricorso principale, di rilievo logico preliminare nella parte in cui assume l’esistenza di un giudicato interno sula affermazione della esclusiva responsabilità del notaio nella causazione del danno, è manifestamente infondato.
Come si ricava a chiare lettere dalla ordinanza di cassazione con rinvio e dagli stessi stralci della sentenza di primo grado trascritti in ricorso, ad essere passata in giudicato è soltanto l’affermazione della sussistenza di una condotta inadempiente del notaio, non anche l’accertamento del nesso causale tra questa e il danno dedotto. Non si vede, del resto, come potrebbe mai sostenersi il contrario atteso che ─ senza che sia necessario indugiare sulla differenza concettuale e prima ancora naturalistica tra inadempimento, evento di danno e nesso causale tra l’uno e l’altro (tutti elementi integranti del fatto costitutivo della pretesa risarcitoria e dunque tutti, non solo il primo,
necessari perché questa possa trovare accoglimento: cfr. Cass. 11/11/2019, n. 28991-28992 ) ─ proprio la sentenza di primo grado, fonte del dedotto giudicato, se da un lato ha affermato l’inadempimento (accertamento su cui è ca duto il giudicato in mancanza di appello incidentale ), dall’altro ha escluso il nesso di causa tra questo e il danno, per tal motivo rigettando la domanda.
Lo scrutinio deve ora procedere dando priorità ai motivi del ricorso incidentale, in quanto di rilievo preliminare e potenzialmente assorbente poiché entrambi diretti a contestare, sotto vari profili, l’affermazione di un nesso causale tra la condotta del notaio e il danno.
Entrambi i motivi, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono inammissibili.
8.1. Lungi dal far emergere una erronea qualificazione giuridica della fattispecie concreta così come accertata in sentenza, sotto il profilo della asserita violazione dei principi in tema di causalità, entrambi impingono esclusivamente nella ricognizione della stessa, sindacabile solo sul piano della motivazione, nei limiti del vizio rilevante ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ. .
Pur riguardati in tale diversa prospettiva censoria, ne va comunque predicata l’inammissibilità per essere il primo dedotto in termini palesemente estranei al paradigma a tal fine indicato da Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 -8054 e per risultare il secondo inosservante degli oneri di specifica indicazione degli atti richiamati.
8.2. Il secondo motivo, in particolare, sembra prospettare, nella sostanza, un vizio di travisamento della prova là dove rileva (v. supra § 5, lett. a) che l’ informazione probatoria che in sentenza si dice ricavabile dal contenuto della scrittura contrattuale autenticata dal notaio (vale a dire quella secondo cui « lo stesso Notaio diede atto che il pagamento era avvenuto in pari data »: v. sentenza, pag. 5, secondo cpv., in fine) è contraddetta dal dato formale-percettivo della
fonte considerata.
Al riguardo, va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte (sent. 05/03/2024, n. 5792) hanno stabilito che « il travisamento del contenuto oggettivo della prova ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, e trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale ».
Anche secondo tale chiave di lettura alla censura non può però darsi ingresso in quanto dedotta in termini palesemente inosservanti degli oneri imposti, a pena di inammissibilità, dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.. Ed infatti, sebbene del documento in questione sia trascritto il contenuto nella parte rilevante, il ricorrente incidentale omette di localizzarlo nel fascicolo di causa, non indicando se e dove esso sia reperibile onde consentire a questa Corte di averne diretta visione, né risulta materialmente prodotto unitamente agli atti depositati telematicamente.
Nel far riferimento poi al contenuto della mail del 9 marzo 2009 (v. supra § 5, lett. b) la censura difetta di decisività, dal momento che l’argomento che ne è tratto deve ritenersi superato, nel ragionamento esposto in sentenza, dal contenuto che ivi si attribuisce al preliminare, nella parte in cui si ritiene contenente l’attestazione notarile di un pagamento del prezzo contestuale alla stipula.
Tornando, dunque, all’esame del ricorso principale , va rilevata l’inammissibilità del secondo motivo, ex art. 366 n. 4 cod. proc. civ.,
per l’evidente eccentricità rispetto alla ratio decidendi .
Non può dubitarsi, infatti, che la valutazione esposta in sentenza circa l’incidenza causale della condotta colposa della danneggiata attenga alla prima serie causale che collega l’esborso della somma predetta ai fatti che lo precedono, tra cui l’inadempimento e la determinazione della promissaria di effettuarlo in misura assai vicina a quella pattuita come prezzo della promessa compravendita: nesso causale retto dai principi della causalità materiale e pertanto soggetto alla valutazione del giudice in base alle prove offerte, indipendentemente da eccezione di parte. Senza quella determinazione è l’evento di danno , non una sua conseguenza, che non si sarebbe determinato nella misura in cui si è invece realizzato; una più prudente condotta della danneggiata non avrebbe ridotto le ulteriori conseguenze dannose da quello derivanti, ma ben prima, a monte, avrebbe dato a quell’evento una consistenza minore.
Quanto poi alla iterata doglianza di violazione del giudicato valga quanto già s’è detto a proposito del primo motivo.
Il terzo motivo del ricorso principale è parimenti inammissibile.
Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, « la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione » (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Nel caso di specie non è ravvisabile alcuna delle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti; piuttosto, è la censura a porsi chiaramente al di fuori del paradigma tracciato dalle Sezioni Unite nella misura in cui pretende di ricavare un siffatto radicale vizio della sentenza da elementi estranei alla motivazione stessa (sostanzialmente mirandosi, inammissibilmente, ad una rilettura del materiale istruttorio).
Devesi invero ribadire che, intanto un vizio di motivazione omessa o apparente è configurabile, in quanto, per ragioni redazionali o sintattiche o lessicali (e cioè per ragioni grafiche o legate alla obiettiva incomprensibilità o irriducibile reciproca contraddittorietà delle affermazioni delle quali la motivazione si componga), risulti di fatto mancante e non possa dirsi assolto il dovere del giudice di palesare le ragioni della propria decisione.
Non può invece un siffatto vizio predicarsi quando, a fronte di una motivazione in sé perfettamente comprensibile, se ne intenda diversamente evidenziare un mero disallineamento dalle acquisizioni processuali (di tipo quantitativo o logico: vale a dire l’insufficienza o contraddittorietà della motivazione).
In questo secondo caso, infatti, il sindacato che si richiede alla Cassazione non riguarda la verifica della motivazione in sé, quale fatto processuale riguardato nella sua valenza estrinseca di espressione linguistica (significante) diretta a veicolare un contenuto (significato) e frutto dell’adempimento del dovere di motivare (sindacato certamente consentito alla Corte di cassazione quale giudice anche della legittimità dello svolgimento del processo: cfr.
Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077), ma investe proprio il suo contenuto (che si presuppone, dunque, ben compreso) in relazione alla correttezza o adeguatezza della ricognizione della quaestio facti.
Una motivazione in ipotesi erronea sotto tale profilo non esclude, infatti, che il dovere di motivare sia stato adempiuto, ma rende semmai sindacabile il risultato di quell’adempimento nei ristretti limiti in cui un sindacato sulla correttezza della motivazione è consentito, ossia, secondo la vigente disciplina processuale, per il diverso vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.), salva l’ipotesi dell’errore revocatorio.
Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato e quello incidentale dichiarato inammissibile.
La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso principale e, rispettivamente, per quello incidentale, ove dovuti , a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura
pari a quello previsto per il ricorso principale e, rispettivamente, per quello incidentale, ove dovuti, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza