Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 672 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 672 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 551/2019 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Ricorrente –
Contro
COGNOME
– Intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 825/2018 depositata il 18/05/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 3 maggio 2023 ex art. 23, comma 8bis , d.l. 28 ottobre
MEDIAZIONE
2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato le seguenti conclusioni scritte: «si conclude per la declaratoria di parziale inammissibilità, come da parte motiva, e, nel resto, per il rigetto del ricorso; ed in subordine, comunque, per l’integrale rigetto del ricorso».
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, l’RAGIONE_SOCIALE iliare RAGIONE_SOCIALE di COGNOME COGNOME (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e il socio accomandatario NOME COGNOME, dei quali ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni, nella misura di euro 18.982,00, oltre accessori e spese processuali, per violazione degli artt. 1759, primo comma, 2043, cod. civ.; a fondamento della domanda risarcitoria, ha dedotto che, avvalendosi della mediazione dell’Immobiliare West Point, aveva concluso un preliminare di compravendita di un’unità abitativa e aveva successivamente appreso che la società alienante non era piena proprietaria dell’intero compendio immobiliare.
Il Tribunale di Albenga, con sentenza n. 411/2013, emessa nella contumacia dei convenuti, ha rigettato la domanda, per mancanza di prova di un danno effettivo.
La pronuncia di primo grado è stata confermata dalla Corte d’appello di Genova che, con la decisione indicata in epigrafe, nel contraddittorio dell’Immobiliare West Point e di NOME COGNOME, ha respinto l’appello di NOME COGNOME in ragione della mancanza di prova (cfr. pag. 3 della sentenza) dell’esistenza e dell’entità della ‘lesione subita’.
NOME COGNOME ha proposto ricorso, con quattro motivi, illustrati con una memoria, per la cassazione della sentenza d’appello. Il ricorso è stato notificato a NOME COGNOME e NOME COGNOME -i quali sono rimasti intimati -data l’estinzione dell’Immobiliare West Point in pendenza del giudizio di secondo grado.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunc iando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto, o, in subordine, nullità della sentenza e del procedimento, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4, 132, secondo comma, cod. proc. civ., e agli artt. 118, primo comma, disp. att., cod. proc. civ., 111, sesto comma, Cost., il ricorrente censura la manifesta contraddittorietà e l’assenza di motivazione della sentenza impugnata che, da un lato, afferma che l’appellante non ha prova to il danno; dall’altro, ammette però che quest’ultimo ha esposto, in maniera analitica, le specifiche voci del pregiudizio complessivamente sofferto.
1.1. Il primo motivo non è fondato.
1.2. Per giurisprudenza pacifica (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa
ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.».
1.3. Nelle specie, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, una motivazione esiste e non è contraddittoria. La Corte d’appello infatti ha spiegato: per un verso, che il richiedente non ha dimostrato l’esistenza di un pregiudizio e ha soltanto indicato, quali voci di danno, le spese normalmente necessarie per l’acquisto di un immobile (versamento della caparra, spese di mediazione, onorari del notaio, etc.); per altro verso, che, come già osservato dal Tribunale, in assenza della prova della risoluzione del preliminare per altrui inadempimento, ( ibidem ) «non si può escludere che il contratto si fosse in ogni caso concluso e pertanto il rimborso di tal i somme, che costituiscono un’attività accessoria e necessaria all’acquisto, costituirebbe un ingiustificato arricchimento della parte appellante».
Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto, o, in subordine, nullità della sentenza o del procedimento, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4, 115, 116, cod. proc. civ., e agli artt. 1324, 1362, 1363 e 1366, cod. civ., il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha ritenuto non provato il danno, in punto di an e di quantum debeatur , senza considerare che, in realtà, l’attore, nel giudizio di primo grado, aveva dimostrato la propria pretesa risarcitoria – fondata sulla circostanza che su una parte dell’unità abitativa oggetto del preliminare (foglio 22, mappale 28, subalterno 40) la società alienante non aveva la piena proprietà, ma un diritto di superficie – tramite la produzione di molti documenti, inseriti per autosufficienza nel testo del secondo motivo.
Con il terzo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di
norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 1759, primo comma, 1374 e 1218, cod. civ., o, in subordine, omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente assume che, a giudizio della Corte distrettuale, il danno non era provato e l’appellante s i era limitato a dedurre generiche voci di danno, senza dimostrare di non avere concluso un contratto (o meglio un contratto definitivo di compravendita), dato che non aveva formulato alcuna domanda di risoluzione. Svolta questa premessa, il ricorrente lamenta, innanzitutto, che il giudice di secondo grado non ha compreso che, come insegna la giurisprudenza di legittimità, una cosa è la responsabilità del mediatore e altra cosa è la responsabilità del venditore. Da un’altra angolazione giuridica, la medesim a questione dell’automa responsabilità del mediatore, disgiunta dalle vicende che possono incidere sul contratto di compravendita o sul suo preliminare, è sussunta entro il parametro dell’articolo 360, n. 5.
Il secondo e il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati.
4.1. È il caso di richiamare il condivisibile indirizzo sezionale, recentemente ribadito da Cass. 2/05/2023, n. 11371, per il quale «l mediatore, ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c.c., deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, o che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza impostagli dalla natura professionale dell’attività esercitata, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possano influire sulla co nclusione di esso o determinare le parti a perfezionare il contratto a diverse condizioni; ne consegue che, ove l’affare sia concluso, può sussistere la responsabilità risarcitoria del mediatore in caso di mancata informazione del promissario acquirente ci rca l’esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative
all’immobile oggetto della promessa di vendita, dovendosi comunque verificare l’adempimento di tale dovere di informazione da parte del mediatore con esclusivo riferimento al momento stesso della conclusione dell’affare. Allorché l’affare sia concluso, la responsabilità risarcitoria del mediatore reticente o mendace può correlarsi al minore vantaggio o al maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte che siano state effetto del deficit informativo subito (indipendentemente dalla eventuale responsabilità concorrente della controparte contrattuale che possa consentire al compratore di sperimentare i mezzi di tutela finalizzati al mantenimento dell’equilibrio del rapporto di scambio), o anche all’importo della provvigione corrisposta nella prospettiva di un affare che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per raggiungere gli scopi prefissi dal contraente».
4.2. Nel caso concreto, il giudice di merito, discostandosi da questi princìpi, ha negato in radice il diritto del ricorrente al risarcimento del danno facendo leva sul fallace presupposto del mancato esercizio, da parte di quest’ultimo, dell’azione di risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento della controparte contrattuale. La Corte ligure, elidendo il cruciale confine tra la responsabilità ex art. 1759, cod. civ., per violazione, da parte del mediatore, reticente o mendace, dell’obbligo di informazione, e la responsabilità del promittente venditore (ed è questo l’asse concettuale della giurisprudenza di legittimità sopra riportata), ha omesso di effettuare la necessaria indagine sul danno -da intendersi quale minore vantaggio o maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle pattuizioni negoziali che siano state effetto del deficit informativo che l’interessato assume di avere subìto, appunto, a causa della carenza di informazioni. Assumono rilievo, ad esempio, il danno connesso all’entità della provvigione corrisposta al mediatore, i
costi inutilmente sostenuti dalla parte o le spese di cui il promissario acquirente si è fatto carico per conoscere il reale stato dell’immobile.
Con il quarto motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente del d.m. 55 del 10 marzo 2014, il ricorrente censura la sentenza impugnata che, ai fini della liquidazione delle spese del grado a favore degli appellati, vittoriosi, ha considerato il valore della causa fino a euro 52.000,00, laddove più correttamente avrebbe dovuto applicare lo scaglione tra euro 5.200,01 e euro 26.000,00, dato che il valore della causa di appello era pari a euro 20.000,00, quale importo ottenuto sommando all’iniziale petitum di euro 18.982,00 l’imposta versata per la registrazione della sentenza di primo grado.
5.1. Il quarto motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo.
In conclusione, accolti il secondo e il terzo motivo, rigettato il primo motivo, assorbito il quarto motivo, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice a quo , anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, rigetta il primo motivo, dichiara assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 3 maggio 2023.