Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6438 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6438 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19919/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOMECODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di cassazione; rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale allegata al ricorso per cassazione; – ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; – intimata – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce (sez. dist. di Taranto) n. 13/2022, depositata il 14/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2024 dal dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Taranto, la società RAGIONE_SOCIALE per sentirne accertare la responsabilità
professionale ex art. 1759 c.c., in relazione alla mancata conclusione di un contratto (definitivo) di compravendita di un appartamento in costruzione, di proprietà di RAGIONE_SOCIALE Dedusse che, dopo la stipula di un contratto preliminare di compravendita tra le parti, non si era potuto addivenire a quella del definitivo poiché era emerso che RAGIONE_SOCIALE non aveva pagato integralmente il prezzo del terreno al proprio dante causa, ragione per la quale al promissario acquirente era stato rifiutato un mutuo per il pagamento del saldo del prezzo. Quest’ultimo aveva, quindi, prospettato di agire per la risoluzione del contratto preliminare, ma le parti avevano trovato un accordo in sede di mediazione per cui, sciogliendosi dal vincolo, Nuova Iba aveva corrisposto al Picone la somma di € 17.000,00 ( a fronte di una caparra originariamente versata di € 11.000,00).
Il Tribunale rigettò la domanda, sul presupposto che l’attore non avesse conferito alla convenuta alcun mandato volto ad eseguire verifiche ulteriori sull’immobile, né aveva condizionato la propria proposta di acquisto alla stipulazione del mutuo. Quanto alla domanda risarcitoria, osservò il giudice di primo grado che ‘non era stato provato l’esborso di somme per l’acquisto di altro immobile, superiori a quelle che il COGNOME avrebbe sostenuto se avesse stipulato il definitivo con la Nuova RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE né alcuna somma poteva essere rivendicata in relazione all’acquisto degli arredi, tenuto conto che non erano stati pagati dal COGNOME e che tali pagamenti comunque erano avvenuti successivamente alla risoluzione del contratto preliminare ed alla definizione bonaria con la società costruttrice’ (pag. 3 della sentenza impugnata).
La Corte d’appello di L ecce (sez. dist. di Taranto) confermò la sentenza di primo grado, ritenendo che ‘l’avvenuto pagamento integrale del prezzo al proprietario del suolo da parte della RAGIONE_SOCIALE (…) non fosse circostanza che il mediatore era tenuto ad accertare nell’ambito dei propri doveri di informazione di cui all’art. 1759, perché non incidente sulla complessiva sicurezza
dell’affare’ (pag. 4 della sentenza impugnata). Invero, da un lato il mediatore aveva rappresentato alle parti l’esistenza di un’ipoteca costituita dalla Nuova Iba ; dall’altro, ‘non stato comunque provato il mancato versamento del prezzo al proprietario del suolo da parte della Nuova Iba RAGIONE_SOCIALE, apparendo questa una mera valutazione della banca cui il Picone si era rivolto, cui non è seguito un riscontro istruttorio ‘ (pag. 4 della sentenza impugnata). Per quel che riguarda la domanda di risarcimento dei danni, il giudice di secondo grado ritenne che ‘non state provate le maggiori spese che il COGNOME dovuto affrontare per aver dovuto acquistare altro e diverso immobile (alcuna prova dei costi del più oneroso mutuo acceso stata fornita), né rinvenirsi danno in relazione alla mobilia già acquistata, per essere destinata all’immobile oggetto del preliminare, poiché non stato provato alcun esborso sostenuto per la custodia della stessa (in attesa della definitiva sistemazione presso altro im mobile), o per l’adattamento della predetta mobilia alla diversa abitazione, successivamente acquistata’ (pag. 5 della sentenza impugnata).
Ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, NOME COGNOME il quale ha pure depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.. È rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE.
Con il primo, composito motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1759 c.c.; 115 c.p.c. (‘per non aver la Corte di appello posto a fondamento della propria decisione la documentazione offerta dall’attore nel giudizio di primo grado’); 116, comma 2, c.p.c. ( ‘ per aver desunto argomenti di prova imputando all’autore un comportamento e che invece rispondeva a verità per tabulas ‘) ; ‘il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 numeri 3 e 5’ .
Il motivo è, anzitutto, inammissibile in relazione ai vizi ricondotti sotto l’egida del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ai sensi dell’art. 3 48-ter
c.p.c., comma 4 ( ratione temporis applicabile), essendosi in presenza di una cd. doppia conforme.
Quanto a lla denunziata violazione dell’art. 115 c.p.c., nella giurisprudenza di questa Corte è costante l’affermazione secondo cui, ‘ per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. un., n. 20867/2020). Per quanto più specificamente riguarda il principio di non contestazione, è stato altresì affermato che, ‘ ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui viene dedotta la violazione del principio di non contestazione deve indicare sia la sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, inserendo nell’atto la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi, sia, specificamente, il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori scritti difensivi, in modo da consentire alla Corte di valutare la sussistenza dei presupposti per la corretta applicazione dell’art. 115 c.p.c. ‘ (Cass., n. 15058/2024). Nel caso di specie, il ricorrente non ha assolto tali oneri, ed anzi afferma espressamente che il giudice di merito ‘ha (…) posto a fondamento della sua decisione un fatto non contestato dagli appellati (il mancato pagamento del prezzo)’ (pag. 8 del ricorso per cassazione), ciò che inequivocabilmente sposta il fuoco della censura dal principio di non contestazione alla valutazione che del fatto è stata operata. Infatti, la Corte d’appello non ha tralasciato la considerazione della circostanza del mancato integrale pagamento
del prezzo di acquisto del terreno da parte del promittente venditore, ma, a tutto concedere, l’ha ritenuta irrilevante ai fini del giudizio di responsabilità, escludendola a priori dal novero di quelle che il mediatore fosse tenuto ad accertare.
Per quel che riguarda, invece, la censura afferente all’art. 116 c.p.c., occorre rimarcare, in premessa, che ‘ in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione ‘ (Cass., n. 6774/2022) . In definitiva, ‘ il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ‘ (Cass., n. 32505/2023) . Ebbene, ciò è proprio quello cui il ricorrente anela, contestando la valutazione di merito fatta dai giudici tarantini, in ordine al significato probatorio da trarre dal documento il cui stralcio è riportato a pag. 8 del ricorso. Inoltre, il motivo è privo di decisività, dal momento che, anche a voler ritenere
provata la circostanza del mancato pagamento del prezzo da parte di RAGIONE_SOCIALE la conclusione in ordine alla (assenza di) responsabilità del mediatore non muterebbe, essendo essa fondata -come si è visto -sull’estraneità di tale informazione dagli obblighi professionali imposti al mediatore dall’art. 1759 c.c.
Giungendo, infine, a trattare della prospettata violazione di tale ultima disposizione, il ricorrente richiama Cass., n. 20512/2020, per corroborare la tesi che tra gli obblighi informativi del mediatore rientri quello relativo alla ‘capacità patrimoniale’ delle parti. Il menzionato precedente aveva riguardo ad una fattispecie nella quale, a fronte delle rassicurazioni fornite dal mediatore circa la serietà e solvibilità del promittente venditore, questi si fosse rivelato insolvente (in quanto fallito e più volte protestato), divenendo, conseguentemente, impossibile, per la promissaria acquirente, recuperare la caparra di € 70.000,00 versata , in conseguenza della vendita a terzi dell’immobile oggetto del preliminare. Nulla di simile è accaduto nel caso in questa sede in esame, nella quale il ricorrente non ha allegato di aver mai dedotto, nel giudizio di merito, né il rischio di ipotetiche formalità pregiudizievoli ‘occulte’ gravanti sul bene, né il rifiuto di stipulare il definitivo da parte di Nuova Iba, né il pericolo di non recuperare la caparra (risultando, anzi, aver percepito una somma maggiore all’esito della mediazione) . Dall’angolo visuale dell’art. 1759 c.c., dunque, non è dato comprendere sotto quale profilo -secondo la prospettazione del ricorrente -la mancata conoscenza di tale circostanza fosse tale da inficiare la sicurezza dell’affare. Il ricorrente, infatti, da un canto m utuando un’espressione tratta dalla motivazione del precedente del 2020 sopra indicato -, afferma che ‘ oggetto del contendere risulta essere la conoscenza da parte del mediatore della precaria situazione patrimoniale soggettiva del venditore non palesata al compratore (…) e non già di pesi trascritti sull’immobile (…) ‘ (pag. 7 del ricorso per cassazione) ; dall’altro, soggiunge che ‘il problema non era tanto
legato alla mancata concessione del mutuo, ma alle conseguenze che ne potevano derivare da un eventuale contenzioso con il proprietario del terreno (creditore)’ (pag. 8 del ricorso per cassazione). Deduzione, quest’ultima, del tutto generica, tenuto conto che, se si esclude il rischio di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli a carico del promittente venditore, non si vede come potesse incidere una res inter alios acta -quale l’inadempimento di Nuova Iba all’obbligazione di pagamento del prezzo nei confronti del proprio dante causa -nel diverso rapporto con il COGNOME. Se pure, dunque, si voglia far rientrare, tra le circostanze oggetto dell’obbligazione informativa del mediatore , quella dell’insolvenza delle parti (v. Cass., n. 16382/2009), è frutto di un salto logico ritenere che ciò implichi un ‘ automatica e indiscriminata indagine e comunicazione delle ‘ condizioni patrimoniali ‘ (quali che siano) delle stesse, ma soprattutto (per tornare alla fattispecie concreta) che la consapevolezza dell’insolvenza possa derivare, in capo al mediatore, dalla sola clausola del contratto di provenienza che differiva il pagamento del prezzo ai successivi due anni (in assenza, peraltro, di qualsivoglia deduzione circa il mancato adempimento della relativa obbligazione da parte di Nuova Iba).
Dall’angolo visuale dell’art. 360, n. 3, c.p.c., il motivo, pertanto, è complessivamente infondato.
Con il secondo motivo di ricorso viene parimenti censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 1759 c.c., per avere il giudice di merito ricondotto la mancata concessione del mutuo in favore del ricorrente a una ‘mera valutazione della banca’ , in tal modo ‘travisando completamente la risultanza della prova , che se fosse stata valutata correttamente avrebbe dovuto condurre al riconoscimento della responsabilità del mediatore’ (pagg. 15 e s. del ricorso per cassazione).
Il motivo è privo di decisività, dal momento che, secondo quanto già detto con riferimento al primo motivo di ricorso, la responsabilità del
mediatore, così come prospettata dal COGNOME, non ha alcuna attinenza con la mancata concessione del mutuo in suo favore, bensì con la mancata comunicazione delle condizioni patrimoniali del promittente venditore. Peraltro, il ricorrente non ha spiegato le ragioni per le quali il mutuo non gli fu concesso, né ha adeguatamente censurato la ratio decidendi , sul punto, della pronuncia impugnata, secondo cui egli non aveva condizionato il contratto la stipula del contratto definitivo all’ottenimento del finanziamento, né ‘provato di aver tentato inutilmente l’accesso al credito presso altri istituti creditizi’.
In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato , senza alcuna statuizione in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione