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Responsabilità legale rappresentante: ricorso inammissibile

Una società in liquidazione giudiziale ricorre in Cassazione contro la sentenza d’appello. Il ricorso viene dichiarato inammissibile perché, pur essendo stato condannato anche il suo legale rappresentante al pagamento delle spese, l’impugnazione è stata proposta solo dalla società. La Corte chiarisce che la responsabilità legale rappresentante per le spese è personale e va contestata dal diretto interessato, non dall’ente.

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Responsabilità legale rappresentante: chi paga per un ricorso infondato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 25402 del 2025 offre un chiarimento fondamentale sulla responsabilità legale rappresentante in caso di impugnazioni manifestamente infondate contro la dichiarazione di liquidazione giudiziale. La Corte ha stabilito un principio procedurale netto: la condanna personale dell’amministratore al pagamento delle spese processuali deve essere impugnata da lui stesso, e non dalla società che rappresenta. In caso contrario, il ricorso è inammissibile.

I fatti del caso

Una società operante nel settore delle materie plastiche veniva dichiarata in stato di liquidazione giudiziale dal tribunale competente su istanza di una società creditrice. La società soccombente proponeva reclamo presso la Corte d’Appello, sostenendo l’insussistenza dello stato di insolvenza e contestando sia il credito della parte istante sia ingenti debiti tributari.

La Corte d’Appello rigettava il reclamo, confermando lo stato di insolvenza sulla base di chiari indicatori: assenza di liquidità, inattendibilità dei bilanci e l’esistenza di un pesante contenzioso tributario. La Corte, inoltre, condannava non solo la società reclamante ma anche, in solido, il suo legale rappresentante al pagamento delle spese processuali, ravvisando una “manifesta infondatezza” del reclamo e un’azione legale priva di “diligente ponderazione”.

Contro questa decisione, veniva proposto ricorso per Cassazione unicamente dalla società in liquidazione giudiziale.

La questione della responsabilità legale rappresentante in giudizio

Il nodo cruciale della vicenda non riguardava tanto la sussistenza o meno dello stato di insolvenza, quanto la legittimazione a impugnare la condanna alle spese inflitta personalmente all’amministratore. La società ricorrente, con il suo ricorso, cercava di far valere anche le ragioni del suo rappresentante legale, contestando la condanna solidale.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando una distinzione fondamentale tra la posizione processuale della società e quella del suo legale rappresentante quando quest’ultimo viene sanzionato personalmente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio secondo cui la condanna del legale rappresentante, prevista dall’art. 51, comma 15, del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (CCII), costituisce una forma di responsabilità processuale autonoma e distinta da quella della società.

Questa responsabilità non deriva dalla semplice soccombenza dell’ente, ma da un comportamento personale del rappresentante: l’aver conferito la procura per un’impugnazione agendo con mala fede o colpa grave. Si tratta di una sanzione volta a scoraggiare ricorsi dilatori o palesemente infondati che, nel contesto di una procedura concorsuale, danneggiano la massa dei creditori e l’efficienza della giustizia.

Di conseguenza, essendo una posizione giuridica soggettiva e personale, solo il legale rappresentante ha la cosiddetta legitimatio ad causam, ovvero il titolo per contestarla in giudizio. La società, in quanto soggetto giuridico distinto, non può sostituirsi al suo amministratore per impugnare una condanna che lo colpisce direttamente. Poiché nel caso di specie il ricorso è stato presentato solo dalla società, la parte della sentenza relativa alla condanna del legale rappresentante è passata in giudicato interno, ovvero è diventata definitiva e non più discutibile.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica: il legale rappresentante di una società che viene condannato personalmente alle spese per un’impugnazione temeraria deve agire in prima persona per contestare tale condanna. Non può affidarsi al ricorso presentato dalla sola società. Questa decisione rafforza il principio della responsabilità legale rappresentante per le proprie azioni processuali, anche quando compiute nell’interesse (apparente) dell’ente. Gli amministratori sono così chiamati a una maggiore ponderazione prima di intraprendere azioni legali palesemente infondate, pena il rischio di essere chiamati a risponderne con il proprio patrimonio personale.

Quando un legale rappresentante può essere condannato a pagare personalmente le spese processuali?
Secondo la sentenza, il legale rappresentante di una società o di un ente può essere condannato in solido con la società al pagamento delle spese quando il giudice accerta che ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ad esempio proponendo un’impugnazione manifestamente infondata.

Chi ha il diritto di impugnare la condanna personale del legale rappresentante?
L’impugnazione contro il capo della sentenza che condanna personalmente il legale rappresentante può essere proposta unicamente dal legale rappresentante stesso, individualmente o congiuntamente alla società. La sola società non ha la legittimazione per farlo, poiché si tratta di una responsabilità processuale distinta e personale.

Cosa succede se solo la società impugna una sentenza che condanna anche il suo legale rappresentante?
Se il ricorso viene proposto unicamente dalla società, la parte della sentenza che riguarda la condanna personale del legale rappresentante non viene validamente contestata. Di conseguenza, quella specifica statuizione diventa definitiva per effetto del cosiddetto ‘giudicato interno’ e il ricorso della società, su quel punto, viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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